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Autore: burnthemall    05/11/2020    0 recensioni
"L'amore è un chiodo sotto al piede. Chi ne è punto spreca anni sperando di trovare la propria controparte, il pezzo che avrebbe combaciato alle lacune dell'anima: un frammento di felicità elettrica. Ma perché dovrei essere la protagonista di questa storia? Ne conosco già la fine, e non sarà lieta."
Ovvero: drammi esistenziali di una adolescente convinta di sapere tutto della vita.
E che si sbaglia.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Bondage, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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I




 

“Sei in ritardo,” constato a braccia conserte, lasciando trapelare la mia irritazione.

Tecnicamente è un’esagerazione. E’ arrivato appena cinque minuti oltre l’ora stabilita. Per me sono stati un’eternità, ed una scortesia. Mai far aspettare una signorina. Specialmente se i miei sospetti verranno confermati.

Mi spiace mentire a Matilde. Per cosa, poi? Lo vedo tutti giorni a scuola, ci parlavo sempre, tralasciando il mese scorso. Il punto è, non dovrebbe essere una persona così importante da trascinarmi fuori dalla classe di Latino. Ho un disperato bisogno di seguire la lezione se voglio salvarmi la media dell’otto.  Ho un accordo con mio padre e lui mantiene sempre le sue promesse. Se mi trasformo in un’alunna modello, il prossimo Giugno andrò - da sola! - in pellegrinaggio alle rovine del Vallo Adriano, scartando il piatto tedio della Polinesia. Scalpito al solo pensarci: un’intera vacanza dedicata a visitare i luoghi dei miei libri preferiti, festeggiando la maggiore età e la libertà che implica. Scattare l’iconica foto al binario Nove e Tre Quarti, soggiornare a Glastonbury tra le rovine di Avalon e la tomba di Re Artù, passeggiare nella millenaria foresta di Sherwood, dove da piccola mi pitturavo appollaiata sulla quercia di Robin Hood, nel procinto di riempire di frecce il volgo sottostante. 

E’ tutto ciò che desidero, e sono ad un passo dall’ottenere quel biglietto aereo per Londra. 

Ad una condizione. Ci sono sempre condizioni con mio padre, è per questo che è così riverito - temuto - nel suo lavoro. Dovrò, mi ha intimato, incarnare la parte della brava ragazza, la figlia perfetta, rispettosa con tutti. Senza più sgarri. Ne va del mio futuro. Ne va del futuro della mia famiglia. Ho spesso mancato di comportarmi adeguatamente, mio padre ama ricordare, ma ormai è arrivato il tempo di crescere.

“Altrimenti,” aveva detto seduto alla scrivania, le mani incrociate a nascondere la piega in giù della bocca, segno di vecchio disappunto, “Ci saranno conseguenze.” 

Io avevo annuito seria prima di sbattere la porta del suo studio, reprimendo un brivido di sconforto. Ero consapevole che mantiene sempre anche le sue minacce.

E invece eccomi qui. Sto praticamente indisponendo la mia vita (la mia mattinata, ma tant'è) assecondando una persona che mi ha deliberatamente evitato. Tale soggetto, se avesse desiderato riallacciare i rapporti, si sarebbe semplicemente presentato a casa mia, scoccando un sorriso dritto al cuore di mia madre, affascinante quel tanto da farsi invitare a cena; e avrebbe incassato serafico i miei insulti risentiti fino all’ultima forchettata di soufflè. Poi avremmo passeggiato in giardino dietro i cespugli di begonie, quelle alte abbastanza da proteggerci contro le domestiche spione, dove avrebbe confessato perché mi aveva ignorata così a lungo. E’ stata un'idiozia passeggera, nulla di importante, ti giuro. E dopo aver supplicato in ginocchio il mio perdono, io gli avrei concesso la pace. Lieto fine, sipario.

Doveva andare così.

Non gli ho chiesto il motivo del suo rifuggirmi, ovviamente. Perchè avrei dovuto mostrarmi vulnerabile? Sarebbe stato un oltraggio al mio prezioso -  e contuso -  ego. 

Eppure, oggi sono stata ridotta a sporcare i mocassini nuovi attraversando l’erba umida del campo di calcio, per arrivare qui. Mi sono sprecata a fissare le lancette dell’orologio sulla torre di fronte alla palestra, in sua attesa. Lui fa i capricci e io lo accondiscendo come la più zerbinata delle balie. Le mie labbra si assottigliano in una piega severa, un principio di vera rabbia. Forse dovrei insultarlo; ho una lista memorizzata per tali momenti. Come lo scorso sabato, a quel malaugurato pranzo al ristorante dove, giunta ad inzuppare il cucchiaio nella creme-brulè, con un sorriso sibillino Leopoldo ha annunciato...  devo fermarmi, elettrizzata da una scossa di genuino terrore. Non posso pensare a l'Apocalissi imminente se voglio mantenere un briciolo di controllo. E tenermi pronta ad attaccare, giusto in caso.

Calmati, non è lui il nemico, Cat. Questo è decisamente un pessimo inizio, bisbiglia la voce di Matilde nella mia mente; lei ormai ha preso il sopravvento alla mia coscienza e logica da una decina anni. 

Già, sarei passata per stupida e, lo concedo, leggermente pazza. Meglio insultarlo se mi fa perdere ancora più tempo. Decido però di mantenere un’espressione dura, intimidatrice, e di squadrarlo con sufficienza. Il magro sacrificio da offrire alla mia vanità è di metterlo a disagio. Provo a canalizzare la mente calcolatrice di Viola, immaginando di appropriarmi del suo gelo affilato. Quella infame ragazza della classe A ogni volta che mi scorge per il corridoio ha sempre un risolino stucchevole incollato alla faccia, ed una battutina sferzante sulla bocca una volta superatami. 

“Il Classico è un tale vilipendio!” l’avevamo beccata imitarmi una mattina tornando dal cortile. Il falsetto da Pikachu e l’espressione tragica da Didone avevano scatenato l’ilarità del suo pubblico.

Io avevo tirato su il naso, indignata.  “Quell’oca nemmeno sa cosa significa.”

“Ha voti migliori dei tuoi, scommetto di sì,” mi aveva tradito Matilde, sorseggiando il suo caffè. Ma anche lei si era accigliata studiandola ridere con le sue amiche.

Viola è la capa della fazione femminile delle Cat In Hate - come le chiama Matilde - cresciuta al passo dei trofei di scherma del loro idolo, e la ragione per cui evito metà delle compagnie in classe mia.

Viola è nota per andare dietro al suo futuro sposo da quando era tappo quanto me al primo anno di Liceo, ridicolizzato dai compagni per il viso efebico, da cherubino assessuato. Ma la pubertà ritardata era stata generosa con lui, donandogli lineamenti cesellati e una miriade di spasimanti al seguito, Viola in pole position. Non che la sua devozione le avesse mai giovato.

 Era stata scartata dal voluminoso carnet quella famosa serata in discoteca al quarto anno, causando una scena memorabile e l’ilarità di chi era nel perimetro di ascolto. Come me, purtroppo. Era scappata dalla pista di ballo dopo schiamazzi indicibili, scansando gente a gomitate meglio di Mosè col Mar Rosso, mascara e lacrime colanti lungo le guance paonazze. Nella foga quasi si era scontrata contro me e Tilde. Se fossi stata più sobria l’avrei compatita. Invece, quella sera offuscata dall'alcol, ho pensato sembrasse un panda in calore. Sono scoppiata a ridere sguaiatamente, rovesciando la coca cola corretta sulla minigonna. Matilde mi ha tappato la bocca con una violenta manata, tentando come al solito di sventare la catastrofe. Come al solito senza riuscirci. Per Viola, prima di sparire dalla circolazione, era chiara una cosa: ero stata la testimone della sua totale umiliazione. 

Questa non se la sarebbe dimenticata, avevo pensato guardandola scappare via.

“Sei nei guai,” il sussurro roco all’orecchio aveva riassunto perfettamente la situazione. Il colpevole era disceso su di me stringendomi per la vita, allontanandomi dal malfatto per trascinare le mie gambe traballanti nella ressa, in mezzo a giovani esaltati intenti a dimenarsi nelle ombre. Una mano sudata chiusa sulla mia a piroettarmi quando avevo iniziato a pentirmi; le luci psichedeliche dipingevano sulla sua faccia un sorriso insolito, tagliente. Un ballo in cui mi sono gettata quasi con brutalità, sciogliendo la tensione ed il rimorso scatenandomi al ritmo della musica techno. A fine nottata ero di nuovo spensierata e dimentica che se c’era una colpa da appuntare al petto, era quello del mio cavaliere. 

Il successivo lunedì, era chiara una cosa: ero proprio nei guai. Un paio di conoscenti mi avevano dato le spalle all’entrata a Mordor, e le ghignate alle spalle mie erano iniziate, puntuali come l'orologio sulla torre di fronte alla palestra, fino all’uscita da quella terra nefasta al tramonto. Ding, dong: è suonata la tua ora

Non era giusto. Che storia assurda si era inventata Viola? Perché non prendersela con lui? Io l’avevo fatto, pubblicamente, eppure il mio entusiastico rimprovero in corridoio era stato denunciato dalla presidenza come assalto, di cui lui era vittima. E così, allontanandomi dal nero cancello con una nota di demerito in registro, era come se avessi dato il permesso a tipe che nemmeno sapevo esistere di spettegolare; implicito réclame che malignare la Cat fosse il trend dell’anno. Ironico, soffrire io di impopolarità quando lui l'aveva così cercata e lei così rifuggito, unica dama a dargli ripetutamente il benservito una volta fattosi i muscoli. Da parte mia, faticavo a trovare qualcosa di divertente in quell’ultima catastrofe, e ho sempre scansato ostinatamente il suo tentare di consolarmi, i suoi abbracci soffocanti.

“Sei più geloso che preoccupato!” Sono esplosa una serata particolarmente gravosa, in cui avevo estratto da Tilde i dettagli più piccanti delle mie presunte avventure erotiche con ultraottantenni incontinenti. I suoi occhi si sono sgranati, lasciandone trapelare lo sgomento. Ne ho gioito, perchè finalmente avvertivo provenire da lui un’emozione reale, in cui volevo affondare i denti. E avevo raggiunto il mio scopo: dopo quella sfuriata si era effettivamente tolto di torno. Almeno finchè non ho inevitabilmente finito per pentirmi, e una mattina mi sono seduta accanto a lui contro al muro della palestra, offrendogli una cola a mo’ di scusa. 

Ma né il mio risentimento, né la sua invidia, né gli occhi perpetuamente volti al cielo di Tilde avevano scalfito la mia tuttora disastrata condizione sociale. Non era giusto.

“Sarebbe questo il nuovo piagnucolio che ci dobbiamo sorbire, Cat?” aveva sbottato Matilde quando le lacrime cominciavano a bagnarmi le ciglia, “E’ la solfa di sempre, hai solo cambiato bersaglio.”

“Scusami tanto se la mia vita schifosa ti causa fastidio.

Lo concedo, posso essere monotematica. E’ comunque un sopruso venire trasformata nel bersaglio di tutte quelle bambolette scartate, capro espiatorio colpevole di aver assistito a varie delusioni amorose, e di essere la migliore amica della causa di quasi tutti i miei guai.

 Viola aveva goduto come un riccio del caos creatosi, forte della sua confidenza tornata con gli interessi, la nuvola nera della depressione dissipata all’ottenebrarsi della mia reputazione. La sua vita sociale era risorta dalle ceneri come l'araba fenice. Da allora si era dedicata a pianificare il proprio matrimonio, tifare il futuro consorte alle partite di basket... e tramare, seduta sulla tazza del water nel bagno femminile, di rendermi la vita una grandissima deiezine. Schifo assoluto

Come avrebbe reagito lei, qui? Probabilmente sarebbe stata felice di venire finalmente considerata. Probabilmente, da donna emancipata com’è, avrebbe aperto con un bel pianto isterico. No, avrebbe agito di furbizia. Cosa avrebbe detto? Qualcosa di più intelligente dei vari mugugni che mi vengono in mente. Dannazione, è inutile: non ho idea che potrebbe suggerirmi come comportarmi. Ho solo me stessa, e né io - Caterina - nè Matilde o Valerio nutrono false speranze sulla mia condotta con… l’altrui sesso.

So come Viola lo considera, almeno. Per puro interesse antropologico, ho ascoltato abbastanza delle sue fantasticherie da averle impresse a fuoco nella memoria.

“Viola e Vale, è praticamente destino!” teneva banco in sala mensa, mani giunte al petto e sospiro infervorato, cibo ignorato. Le sue seguaci chiosavano partecipi attorno a lei, intente ad ascoltare l’oracolo di Delfi fare la sua profezia. Essere testimone di tale moderna frenesia di massa mi aveva fatto andare l'acqua di traverso. La mano inclemente di Tilde a mi aveva martellato la schiena mentre tossivo. Ad ascoltare le idiozie di Viola e delle sue Vestali ero tentata di scoppiare - in lacrime. La rovinosa condizione del femminismo odierno; quella era la vera tragedia Greca. Avevo intercettato lo sguardo di Matilde, imitando di spararmi. Lei aveva sbuffato prima di tornare a sfogliare lo spartito. 

“Non incoraggiarle,” era giunto l’ammonimento, inevitabile come il Fato.

In effetti non ne avevo certo bisogno. Venivo accostata da sconosciute mentre entravo in ritardo ai neri cancelli, mezze timide e mezze pronte alla battaglia come un esercito con stendardi. Tizie contente di sparlare di me per i corridoi ma che volevano lo stesso chiedermi il permesso di frequentarlo, come se quella domanda assurda fosse il guanto di sfida che avrebbe scatenato la grande battaglia della nostra era. Si sbagliavano di grosso. Avevo provato più volte a smentirle, ma siamo solo amici a quanto pare era codice per: guerra sia. 

Mi ero lamentata con Matilde (un paio di volte appena!) di essere considerata la rivale nella romanza popolare, la carognetta bramosa di rubare lo spasimante sexy all’eroina di turno, e lei rideva e commentava che per non essere considerata d’intralcio non avrei dovuto smettere di frequentare Vale, ma smettere di essere attraente. Serviva qualcuna che fosse il mio opposto: priva del benché minimo gusto nel vestirsi, timida ma simpatica se messa a suo agio; un’adolescente come tante altre che si impegnano a scuola -

“Io sono studiosa!” Avevo percosso il tavolo della mensa, facendo rimbalzare sul piatto la fetta di pizza avanzata. Avevo fin troppo di cui angosciarmi. l'Apocalissi era ormai imminente, la mia salute mentale continuava a deperire, ed ora questo: Matilde, la mia roccia, la mia florida isola di buonsenso in un oceano di pattume, aveva dato fuori di testa.

“Ti piace leggiucchiare il tuoi libri, e basta. Sei pigra, Cat. Rubi i miei compiti costantemente.” Matilde mi aveva lanciato un’occhiataccia di rimprovero, mentre masticava la sua insalata, “Dicevo? Ti servirebbero degli occhiali spessi una dozzina di centimetri, soffrire d’acne cronica, o indossare roba sul beige.”

“Perché beige?”

“E’ noioso,” aveva spiegato con saggezza, “Ma tu sei tu e quindi una minaccia. E’ logico. E stai sulle balle a tutti perché stronza lo sei.”

Avevo scrollato le spalle, per nulla offesa dalla sua brutalità. Era altro ad indispormi. 

Non mi dispiace essere odiata - è una forma di adulazione, diceva mio padre. Tutta quell’energia spesa a pensarti significa che hai potere sui desideri altrui. L’odio non è un sentimento sgradevole per chi ha la faccia di bronzo come me. No, non mi sarebbe dispiaciuto - se almeno mi avessero odiato per quello che ero, più che per una fandonia. Ma sembrava che mi fosse stato negato quel lusso. 

“Allora è futile giurare di non essere interessata?” Avevo chiesto ancora, spinta dall’irragionevolezza della disperazione, “Tutto questo è così esageratamente drammatico, e privo della benché minima verità. Sta chiacchiera interessa solo perchè fa scalpore e fa arrabbiare. Non so perché diavolo continuino a discuterne.”

“Per lo stesso motivo per cui tu continui ad ascoltarle.” Gli occhi castani di Matilde avevano assunto una sfumatura meditabonda, “Lo trovo un fenomeno intrigante.” 

Non era la definizione che avrei usato io per descrivere suddetto fenomeno. Tilde era così, aveva sempre ragione eccetto per quelle rare volte in cui era categoricamente in torto. 

“Per fortuna tu ti salvi.” le avevo sorriso, perdonandola, “Promettiamoci di non litigare mai per stupidaggini simili. Tentare di socializzare all'asilo ha nuociuto abbastanza ai miei poveri nervi. Se ti perdo, finirò davvero a fare l’eremita nella casa in Hertfordshire. Sono già mezza contadina, circondata come sono da oche starnazzanti e satiri arrapati. La gente odierna è senza speranza. Capirei se avessero sentito…” 

Mi ero quasi strozzata con il cibo, presa dal terrore. 

Matilde mi aveva tirato un’altra pacca violenta alla schiena, ignara del mio panico. Mezza morta, avevo guardato intorno furtiva. Nella sala mensa nessuno aveva notato il mio triplo infarto, né ciò che di terribile avevo quasi articolato. 

La verità. 

Cautamente, avevo posato un pugno sul cuore fissando Matilde, e lei aveva annuito alla menzione del Segreto. 

Matilde si era schiarita la voce, chiedendo con delicatezza, “La notizia è trapelata?”

Avevo scrollato la testa in diniego spasmodico. “La versione più accreditata del bagno è che non sto con nessuno dopo che Vale mi ha scaricato,” avevo fatto le virgolette con le dita, esasperata, “Per la terza volta quest’anno. A quanto pare, sbavo per un altro giro.”

“Oh, questo è ancora peggio,” lei aveva strabuzzato gli occhi in un moto di finto orrore, “Se sei una donna libera significa che potresti stare con tutti! Ma proprio tutti, intendo, tipo quella rugosa della Taperazzi.”

La Taperazzi desidera ardentemente i miei - veri - compiti. “Tilde, sto mangiando. Comunque: tutti sì, ma non lui!”

“Le persone hanno pur diritto di sparlare. E’ un bisogno fisiologico, perciò il bagno. Preferiresti essere ignorata?”

Essere presa per scontata…  avevo involontariamente accennato ad una smorfia, e ciò è bastato a Matilde per notarla.

“Appunto,” aveva cantato vittoriosa, inforcando lattuga e pollo, “Il prezzo di non essere ordinari è la malfama. Congratulazioni.”

La mia porzione di pizza fu un boccone molto amaro.

Ovviamente, ero stata oltraggiata dal suo affronto. Il mio orgoglio esigeva tremenda,  sanguinosa vendetta. 

Quando mia madre mi aveva imposto di fare amicizia all'asilo - e no, la bambola di Sailor Moon non conta, tesoro - mi aveva descritto tale contratto sociale come una cosa bellissima. Avrei trovato qualcuno pronto a coccolarmi, adorabile e fedele come il nostro labrador; un corpicino con una mente malleabile, pronta ad eseguire tutti i miei desideri, proprio come i sottoposti di papà. Io, da bambina dolce ed innocente com’ero, ci ho pure creduto. Invece Matilde ha trovato me, puntandomi torva dall’altro capo della sala ricreazione; e da allora lei ha spezzato il mio spirito. Per farle piacere mi sono ridotta a sopportare i suoi insulti e le sue critiche gratuite. Lo faccio per elemosinare quel raro sguardo d’approvazione quando pensa che ciò che dico è mentalmente sano, e rispetta le unità Aristoteliche della poetica. 

Perciò avrei voluto inneggiare al tradimento, separare i banchi in classe, chiedere i danni morali com’era mio diritto. Eppure, tra varie rimostranze prive di mordente a vorticarmi in testa, ero stata incapace di formulare una risposta realmente adeguata, così avevo preferito tacere. Ripensandoci ora, il mio silenzio è parso come assenzione, come resa. Eppure se avessi deciso buttarmi in un dibattito serio con Matilde avrei perso sonoramente. Non ero sicura delle mie competenze in merito alle, come dice mia madre, tenere faccende del cuore. Oh, sommo schifo. Devo trovare qualcun altro per ricordarmi i detti... mi viene in mente Viola e non è un esempio di lungimiranza. Su di lei sono meglio preparata. Viola, infatti, è un argomento assai più elementare. Posso immaginare cosa le passa per il cervello quando vede lui. Sarò pure selettivamente ignorante, ma scema no.

Vale fa la sua figura, o con chi si accoppia non sarebbe affare di stato. 

Un pomeriggio meno monotono di altri trascorso nel laboratorio di chimica, la prof ci aveva ricordato come un microscopio serva a vedere realmente ciò che si liquida come un granello di polvere ad occhio nudo. Adottare una prospettiva differente dall’usuale ci aiuta a portare in primo piano ciò che si ritiene ovvio, familiare; dopotutto quasi insignificante. La verità è raramente cosa semplice, questa è stata la lezione che avevo imparato. In chimica, del resto, sono sempre stata competente. Così, quando finalmente s’è degnato di sbucare da dietro la palestra, ho colto la fugace occasione di studiarlo mentre camminava, come se fossi una ragazza normale invece di una semi sorella. Per un attimo, i miei occhi hanno faticato a riconoscerlo; il cuore no.

Valerio è’ il classico portatore di jeans, giacca di pelle e chioma nera scarmigliata, quanto basta per passare il solito, datato clichè: ragazzo cattivo, ladro di verginità, monatto diffusore di malattie veneree, e altri complimenti sui generis. Finché non conosci i suoi voti a scuola, al che gli verrebbe appioppata un’altra delicata etichetta: secchione. Ma lui non è solo questo: gli sono amica perchè è l’unico ragazzo a posto che ho conosciuto. 

Per essere un adolescente, quindi un disastro ormonale che respira, e contrariamente alle congetture di Viola e del suo fanatico seguito, non è l’ordinario predatore sornione che ti guarda senza vergogna la scollatura invece che gli occhi. Non l’ho mai sentito sciorinare i tipici discorsi sessisti mascherati da flirt. Non ha mai flirtato con me, punto. Oh, l’evitare di rimorchiarmi non è una cosa propria solo a lui. Sarò pure visivamente interessante per i miei compagni maschi, finché guardano l’inesitente scollatura dell’uniforme. Ma alla fine tutti i marpioni notano il mio sguardo da assassina e la bocca piegata in un’espressione di intenso disgusto. Una tecnica di cui vado fiera: è estremamente efficace nello scacciare i Vampiri. Per risposta l’unica è ritrarsi e bofonchiare vari commenti che suonano come è stronza, è pazza, ed il mio preferito: potrebbe morsicare

Tutte speculazioni indovinate, preciso.

Con lui non ho bisogno di ringhiare - o di fingere. Posso essere una persona intera, e finora sono state due le anime caritatevoli disposte a tollerare le mie impundenze, ascoltare i miei farnetichii, a seguirmi in avventure spericolate e vagamente suicide. La volta che sono scappata da uno degli estenuanti rinfreschi di mia madre per nuotare nello stagno di notte ero con loro, e sono stati fino all’alba a sfottermi all’ospedale quando ho inghiottito tanta acqua melmosa da darmi i crampi alla pancia. Quando c’è stato quello spiacevole infortunio al campo di Polo, ho avuto la fortuna che ci fosse Valerio a difendermi da chi mi voleva seppellita. La faccia esangue di Leopoldo ancora primeggia nei miei incubi. Mi chiedo cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente, quel giorno. 

Se lui fosse arrivato in ritardo. 

 
   
 
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