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Autore: Petricor75    06/11/2020    1 recensioni
[Alien: La Clonazione/Resurrection Special Edition]
Questa storia è una postilla integrativa superfluff, in quattro atti, che segue la mia precedente fanfiction dal titolo Strangers in a Strange Land. Un particolare momento di vita quotidiana, da tre POV.
Grazie a: AwkwardArtist, GirlWithChakram, Reaperonzolo e Silvietta. ^___^
Alien e i suoi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Strangers'
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Si sentiva il corpo pesante, aveva la sensazione di essere liquida, spalmata su quel materasso, e che le uniche cose che la stessero contenendo fossero le due persone adagiate accanto a lei, percepiva il contatto coi loro corpi, quello di Ripley, immenso e avvolgente, e quello di Call, caldo e morbido. Si sentiva al sicuro e in pace.

Provò a muovere un braccino, così, tanto per vedere se ci sarebbe riuscita, in quello stato di torpore tipico del sano dormiveglia, e scoprì che l'unico movimento reale che era riuscita a compiere era stato un insignificante guizzo alla mano che giaceva su una gamba di Call. Decise che non le importava e tornò a farsi cullare dai bisbigli nella stanza. Non aveva idea di cosa stessero parlando, roba da grandi, si disse, neanche se avesse voluto, sarebbe riuscita a seguire il filo del discorso.

Però c'era qualcosa nel modo di parlarsi fra loro che le era familiare, anche se non sapeva spiegarsi perché e da dove venisse quella sensazione. Non erano le parole, erano i toni, era come si comportavano l'una con l'altra. Le aveva osservate bene, quando guardavano vicine una mappa, per esempio, o quando Call riassumeva qualche funzione del loro mezzo di trasporto... era stato divertente, spassoso, vederla spazientirsi per aver dovuto ripetere…

"…per la terza volta, Ripley, scordati che esiste questo pulsante! Sono questi due che devono interessarti!" - "E io che ne so?! Te lo vuoi ricordare che potrei avere quasi trecento anni oppure solo qualche settimana, decidi tu, e che in ogni caso il mio cervello non fa magie come il tuo? … insomma… non mi entra in testa! … E poi se è lì a qualcosa servirà, no?"

A quel punto Call aveva minacciato di smontarlo e di buttarlo fuori bordo, quel bottone, ma non riuscendo a rimanere seria, erano scoppiate entrambe in una gran risata, ponendo così termine alla scaramuccia.

Newt sapeva che Ripley avrebbe potuto dirle che "al suo cervello non bastava un attimo per fare l'upload del manuale di bordo", ma no, si era espressa diversamente, perché Call era molto più che un androide in grado di aprire una porta o spegnere le luci di una stanza col suo… come lo avevano chiamato? … "Modulo WiFi?"…

Ripley aveva parlato di magie perché sapeva che a Call non piaceva che le fossero ricordate le sue origini. Non voleva dire qualcosa che l'avrebbe ferita. Riguardo le origini di Ripley, invece, notò come la donna ci si gongolasse volentieri, se serviva a stuzzicare l'altra, e così la bimba assisteva divertita a scenette come quella che le era appena fiorita alla memoria. Era come se giocassero in continuazione! Ma era un gioco che capivano solo loro due! Si sentì esclusa per una frazione di secondo. Le piaceva proprio tanto guardarle mentre giocavano, comunque. Quindi, forse, non c'era ragione di sentirsi esclusi, decise.

Si rese conto solo in quel momento del silenzio intorno a lei, era scivolata così profondamente in quei pensieri che non avrebbe saputo dire quando le due si fossero azzittite. L'unico suono percettibile, ma solo se vi si prestava attenzione, era il leggero rumore sordo del motore. Invece di conciliarle il sonno, quell'improvviso silenzio la riscosse dal torpore immobilizzante nel quale si era adagiata lasciandosi cullare dal familiare chiacchiericcio.

"Un penny per i tuoi pensieri…", Il sussurro di Call invalidò l'ipotesi che si fossero addormentate. "Cosa?" - "A quanto pare è un detto che gli umani usano in situazioni come queste… un penny per i tuoi pensieri…"

Anche se in quel momento Newt sapeva che avrebbe potuto muoversi, se avesse voluto, rimase ferma, una vocina le diceva che questo nuovo scambio di battute non era come il rumore di sottofondo di poco prima. Si disse che era un peccato non poterle osservare proprio allora, così trattenne il fiato e drizzò le orecchie, per cercare di cogliere cosa fosse cambiato nel tono della conversazione, utilizzando gli unici sensi a cui attualmente potesse affidarsi.

Il corpo di Ripley si mosse accanto a lei, ristabilendo un contatto che la bimba realizzò fosse andato perso, chissà quando, esattamente, "Quello che hai fatto… per Newt… per me… Ecco, sei stata fantastica…", un lieve sorriso si disegnò sul visino della bimba. Strizzò gli occhi, ancora una volta con la memoria sollecitata da qualcosa d'indefinibile.

"Avrei dovuto dirtelo allora… quanto sei stata fantastica, quanto conta ciò che hai fatto, avrei dovuto farlo davanti a tutti… avrei voluto che lo vedessero tutti… che cosa siamo… stavo per... sai? ...Ma questo… è talmente profondo…", sulle spine, Newt colse un lento movimento da parte di Call, poi il suono inconfondibile di un bacio delicato seguito dalle sue parole, appena udibili: "Forse doveva essere un momento privato…"

Non sapendo bene per quale motivo, si mosse, palesando la sua veglia, sedendosi tra di loro e si stropicciò gli occhi. Nella miriade di puntini luminosi che danzavano sotto le sue palpebre, emerse, sfuocata, l'immagine di un uomo e di una donna, guardavano nella sua direzione, sorridevano, un senso di malinconia la travolse in un attimo. Lo scacciò via come se fosse un mostro spaventoso.

"Ciao!", esclamò per tornare alla realtà, "Ciao!", fu la risposta pronta e meravigliata delle due. "Ti abbiamo svegliata con le nostre chiacchiere?", lei alzò le spalle distratta dalla recente visione, "Che cosa c'è piccolina?", stava per rispondere che non lo sapeva, ma si trattenne e mentre il suo sguardo saltellava dall'una all'altra, udì una voce, dentro la sua testa, seppe d'istinto appartenere alla donna della visione di poco prima, e capì che era la voce di quella che una volta era stata sua madre. "Newt, amore, non sarà arrivata l'ora che tu vada nella tua stanza?", e allora ricordò nitidamente quell'istante appartenuto a un'altra Newt, ma che, chissà come, era giunto fino a lei. Uno tra i tanti momenti in cui il suo papà e la sua mamma volevano restare soli e con gentilezza e incoraggiamento, la convincevano a lasciare la loro camera, e così capì!

Erano innamorate! Ecco cos'erano!

Travolta dalla felicità, si gettò in mezzo a loro baciandole entrambe, "Credo che sia arrivata l'ora che vada a provare la mia stanza.", e prima di poterci ripensare puntò alla porta.

Quando l'oscurità del corridoio fece capolino dalle porte scorrevoli, esitò timorosa. Ma non appena il varco fu abbastanza largo da permetterle il passaggio lo scavalcò con coraggio, pregando che le luci del corridoio si accendessero presto. Con suo enorme sollievo, così fu. Si voltò verso le due donne e trovò due sorrisi amorevoli e incoraggianti, poi il suo sguardo affrontò il corridoio, "Ce la posso fare.", pensò, inspirò a lungo per prepararsi alla sfida, salutò Call e Ripley e, dopo aver chiuso le porte, partì a razzo combattendo l'impulso di girare i tacchi e tornare indietro con la coda tra le gambe e l'orgoglio ferito.

La corsa durò solo pochi passi, ma la sfida era solo a metà, ricordò a sé stessa. Con il cuore in gola, premette il pulsante che aprì le porte scorrevoli, aspettandosi una stanza completamente buia, ma stranamente trovò accese sia la luce principale che quella vicina al letto. Questo fatto la tranquillizzò un poco, ma non abbastanza da evitarle di andare ad aprire il piccolo armadio e guardare sotto al letto e lì, in piedi davanti a quello che da quella sera in avanti sarebbe stato il suo giaciglio, si sentì un po' stupida. "Dopo tutto quello che ti è capitato, ti perdi in queste baggianate!", si disse tra sé per convincersi.

S'infilò sotto le coperte un po' più serena, si rannicchiò su un fianco, allungò una mano in direzione degli interruttori e dopo aver provato qualche combinazione, spense la luce al soffitto, lasciando accesa quella vicina al letto.

   
 
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