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Autore: Red Owl    07/11/2020    1 recensioni
Quando il suo convento viene saccheggiato, la giovane Neve, figlia dei Conti di Nevelunga, si ritrova nelle mani di briganti senza scrupoli. Quando scoprono la sua identità, i suoi rapitori decidono di chiedere un riscatto a suo fratello, l'attuale Conte, e di riconsegnarla alle sue amorevoli cure.
Falco e Neve non si vedono da più di dieci anni, ma la ragazza non ha dubbi: sarebbe meglio vivere da schiava, piuttosto che tornare da lui. Ma l'accordo è ormai fatto e Neve non vi si può sottrarre. E allora è forse giunto il momento di fare ciò che sua madre le ha raccomandato prima di scomparire per sempre dalla sua vita: smettere di avere paura e avviarsi lungo la Strada del Lupo già percorsa dai suoi antenati.
C'è solo un problema: Neve ha capito ormai da molti anni di essere tutt'altro tipo di animale.
Storia di un viaggio solitario (o forse no), prologo di un vecchio racconto che forse prima o poi pubblicherò, ma che può esistere benissimo anche da sola.
AVVERTIMENTI: contiene scene di violenza, sesso e dinamiche famigliari tutt'altro che idilliache.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Neve di Nevelunga” sghignazzò l’uomo. “L’ho sempre trovato un nome stupido.”

La ragazza non reagì. C’era poco da dire: era un nome stupido, ma le era stato assegnato per rispettare una tradizione vecchia di secoli.

Il brigante le afferrò i capelli della nuca e li tirò, costringendola a reclinare il capo all’indietro. Le avvicinò ancor di più la torcia al volto e Neve avvertì il calore della fiamma lambirle la guancia.

E quindi tu saresti la sorella di Lord Falco” mormorò il brigante, osservando con attenzione i lineamenti affilati del suo volto. “Sì, in effetti gli assomigli.”

Nell’udire il nome del fratello, lo stomaco di Neve si contrasse sgradevolmente, ma la ragazza si impose di non mutare espressione: di certo era troppo buio perché il bandito notasse lo sgomento che le aveva riempito gli occhi.

Io e tuo fratello abbiamo fatto buoni affari, in passato” continuò l’uomo, ammorbidendo la presa sui suoi capelli e permettendole di riassumere una posa più naturale. “So che si è sempre chiesto che fine avesse fatto la sua sorellina.”

Neve irrigidì la mascella: non rispondere a quella domanda le costava una certa fatica. Ho fatto la fine che mi ha fatto fare lui quando ha deciso di sfidare nostro padre e di ucciderlo, pensò con rabbia. La creatura nel suo petto si agitò in preda ai ricordi.

Il brigante non parve gradire il suo silenzio e le sue dita sprofondarono nuovamente nei capelli della giovane. “Hai perso la lingua, adesso?” le chiese strattonandola.

Neve serrò le labbra per trattenere un sibilo di dolore. “Non c’è niente da dire” fece poi, cercando di assumere un tono sdegnoso. Non mi sorprende che mio fratello faccia affari con dei criminali, aggiunse mentalmente, ma evitò di esternare ad alta voce quella considerazione.

L’uomo le rivolse un sorriso storto. “No, eh? Ma scommetto che Lord Falco avrà qualcosa da dire, quando ti riporteremo da lui.”

La ragazza sgranò gli occhi e il cuore le accelerò nel petto. “Non voglio tornare da lui!” Le parole le scivolarono fuori dalle labbra senza che lei potesse fare niente per trattenerle; e la voce le si spezzò, rivelando i suoi veri sentimenti. Non voleva tornare da Falco, no! Cosa l’era venuto in mente di rivelare la sua identità? Falco era il suo unico parente ancora in vita, era ovvio che quei banditi avrebbero cercato di ottenere qualcosa da lui! Che stupida, che sono stata, pensò la giovane, facendo del proprio meglio per ricacciare indietro le lacrime.

No?” chiese il brigante con voce suadente, tirandosela un po’ più vicina. “E perché mai? Non sarà perché non sei chi dici di essere e hai paura che il tuo caro fratello ti smascheri?”

Neve aggrottò la fronte. Davvero quell’uomo pensava che fosse un’impostora? Era davvero possibile che fosse all’oscuro di quelli che erano i rapporti tra lei e Falco, di quello che era successo quando, dieci anni prima, quello che allora era solo un ragazzo si era preso la Contea di Nevelunga?

Neve non sapeva cosa farsene, di quella rivelazione, e non sapeva nemmeno se fosse il caso di confermare nuovamente la sua identità. Ma che alternative ho? Se gli faccio credere di averlo preso in giro, questo mi ammazza!

La ragazza deglutì. “Sono Neve Aralas”, ripeté, “e non voglio tornare da mio fratello. Non è una brava persona.”

L’uomo le lasciò andare i capelli e le afferrò invece una spalla. “No?” le chiese inarcando le sopracciglia. “E noi ti sembriamo per caso brave persone?”

Neve lo fissò negli occhi ed ebbe l’impulso di fare qualcosa. Di sputargli addosso, di morderlo o forse di vomitare, chissà, ma invece si limitò a guardarlo impietrita. Il brigante scosse il capo e la spinse verso Lisi, che si mosse come per arrestare il suo movimento. La ragazza aveva però le mani legate dietro la schiena e non poté fare nulla per impedirle di inciampare e di finire contro Lona. Fortunatamente la giovane monaca era abbastanza grande e solida per evitarle di finire a terra.

Il brigante con la torcia si rivolse al suo compare con la pelle scura. “Tu guarda se ce n’è qualcun’altra che ci può essere utile: io inizio a portare via queste due.”

Così dicendo, l’uomo fece un cenno a uno degli altri banditi, che legò Neve nello stesso modo in cui erano state legate le altre ragazze. “Andiamo” disse poi, afferrando saldamente la spalla di Lisi e spingendola davanti a sé.

Il terzo brigante, che era più anziano di quello con la torcia e quello con la pelle scura, ma non meno forte, fece lo stesso con Neve, avviandosi dietro al proprio capo.

Aspettate!” La voce di Clara, simile a uno squittio, risuonò nel silenzio della cantina spezzato soltanto dal respiro affannoso delle monache che ancora aspettavano di conoscere il proprio destino. La ragazzina scattò verso Lisi e si piazzò al suo fianco, alzando sul bandito che la teneva prigioniera i suoi grandi occhi scuri e imploranti.

Clara…” mormorò Lisi in tono di avvertimento, temendo forse la reazione dell’uomo.

Quello però si limitò a osservare la ragazzina con espressione divertita. “Che vuoi, mucchietto d’ossa?”

Clara avvampò, un rossore ben visibile anche nella penombra della cantina. “Io…” la ragazzina cercò di spiegarsi, ma le parole parvero incastrarsi nella sua gola.

È abituata a stare sempre con Lisi e me” spiegò allora Neve. Sebbene non fosse legata a Clara quanto l’amica, intuiva che la ragazza sarebbe stata più al sicuro con loro che non con le altre monache. Se non altro, ci sono forse meno possibilità che veda morire qualcun altro. Spero.

Il brigante con la torcia le rivolse un’occhiata sarcastica. “È la tua servetta?” la interrogò.

Era una palese provocazione – o almeno credeva che lo fosse, le monache non avevano servitù – ma Neve piegò il capo in un gesto di dubbia interpretazione. “Potrebbe esserlo, se servisse” commentò sollevando una spalla.

Lisi le lanciò un’occhiata dubbiosa, ma lei rifiutò di sentirsi in colpa: se trovare uno scopo a Clara poteva servire per salvarle la vita, non si sarebbe fatta problemi a trattarla come una sua sottoposta.

Benissimo” commentò il brigante. “Chi sono io, per privare una nobildonna della sua ancella? Vieni anche tu, ragazzina, e non cercare di scappare: non mi faccio problemi a staccarti quella testolina pelata da quelle spalle ossute.”

Clara sussultò, forse per la minaccia o forse per l’insulto: un’infestazione di pidocchi avvenuta qualche mese prima aveva costretto la Superiora a rasarle i lunghi capelli castani e ora la ragazzina assomigliava a un pulcino spennacchiato.

Le tre giovani vennero condotte fuori dalle cantine, accompagnate dai due uomini che le tenevano prigioniere.

I raggi del sole primaverile la colpirono come uno schiaffo e Neve si sentì vacillare. Era tutto vero. Fintanto che era rimasta chiusa nell’atmosfera soffocante delle cantine, aveva avuto l’impressione che quello che stava accadendo fosse una sorta di illusione, un fatto confinato in una bolla di buio e umidità. Ma non era così. Il loro convento era davvero stato attaccato. La Superiora era davvero stata uccisa. E lei stava davvero per essere riconsegnata a Falco. Ammesso che mi rivoglia, pensò con un brivido di apprensione. Suo fratello aveva cercato di ucciderla: erano passati dieci anni, ma non aveva motivo di credere che nel frattempo avesse cambiato idea.

Nel cortile del convento c’erano decine di uomini sconosciuti; e cavalli. “Spero che sappiate cavalcare, signore” disse il capo dei briganti, passando la torcia a uno dei suoi compari che lo attendeva in cima alle scale. “Dobbiamo fare un po’ di strada e sarebbe davvero sgradevole dovervi trascinare per tutto il tempo.”

Così dicendo raggiunse un robusto cavallo baio e afferrò Lisi per la vita, issandola in sella. Mentre il suo carceriere la sospingeva fino a una giumenta grigia, Neve storse le labbra notando come l’uomo che comandava quella banda di predoni pareva essere profondamente affascinato dalla sua amica. Non le toglieva gli occhi di dosso, né le mani.

Lisi si lasciava manovrare come un oggetto inanimato, consapevole del fatto che opporsi sarebbe stato inutile. Stupita, Neve si accorse di avere in bocca il sapore ferruginoso del sangue: stava digrignando i denti senza nemmeno rendersene conto e, così facendo, si era morsa una guancia. C’era qualcosa che poteva fare per aiutare Lisi? C’era qualcosa che voleva fare?

Il brigante alle sue spalle le posò le mani sulla vita. “Su!” le ingiunse, sollevandola di peso e depositandola senza troppi complimenti sul dorso della giumenta. Non c’era nulla di sensuale nel tocco dell’uomo, che anzi sembrava maneggiarla come un sacco di patate: Neve gliene fu stranamente grata.

Aro!” fece il capo dei banditi, facendo cenno a un ragazzotto riccio e tarchiato. “Tu prendi la ragazzina.”

Il giovane fece come gli era stato ordinato e, una volta che anche Clara fu sistemata in sella a un cavallo, il gruppetto si avviò trottando fuori dal cortile del convento. Neve si contorse come meglio poteva per guardarsi alle spalle, lanciando un ultimo sguardo a quella che era stata la sua casa da quando aveva dodici anni: c’era un filo di fumo che indicava che qualcosa stava bruciando – forse le stalle? – e con la coda dell’occhio vide due uomini che trasportavano un baule dall’aspetto pesante.

Non aveva senso. Il loro convento era piccolo e non era certo il più ricco della zona: perché quei criminali avevano deciso di attaccarlo? Cosa speravano di ottenere da quella barbarie?

Sta’ dritta, principessa” le disse il brigante che cavalcava con lei, premendole un braccio contro le costole per spingerla a guardare di nuovo in avanti.

Contessa” lo corresse lei tra i denti. Un’abitudine che risaliva al passato, a quando ancora poteva fregiarsi di quel titolo.

È la stessa cosa” tagliò corto lui.

Neve serrò la mascella ed evitò di rispondere, costringendosi invece a fare un paio di respiri lenti e profondi per calmare il tumulto del proprio cuore e per mettere a tacere l’istinto che le ordinava di lottare per liberarsi.

Sarebbe stato facile lasciare libero dominio alla cosa che si dibatteva dietro al suo sterno. Erano passati più di dieci anni dall’ultima volta che Neve aveva lasciato libero il demone che viveva nel suo petto, ma non aveva alcun dubbio che se glielo avesse permesso, quello avrebbe preso il sopravvento sui suoi sensi e sul suo corpo in un istante. 

Tuttavia la giovane aveva coscienza del fatto di non poter lasciare che questo accadesse. Sapeva che, se avesse abbracciato quella parte del suo essere come avevano fatto Falco e i suoi cavalieri quando si erano ribellati al Conte di Nevelunga, il brigante che la teneva prigioniera non avrebbe avuto scampo. I lacci che le bloccavano i polsi si sarebbero spezzati, la giumenta le sarebbe sembrata più fragile di un gattino e la spada del bandito non sarebbe riuscita a ferirla. Nessuno dei tre uomini che viaggiavano con lei sarebbe riuscito a farle del male: erano troppo pochi, servivano forze ben maggiori per soggiogare la creatura. Ma quale sarebbe stato il prezzo della libertà?

Neve era ben consapevole della presenza di Lisi e di Clara: l’essere fatto di rabbia e furore che viveva in lei non avrebbe fatto distinzioni tra amici e nemici. Davanti alla sua furia, sarebbero caduti tutti. Me compresa, pensò la giovane con un tremito.

Falco non si era perso quando si era incamminato lungo la Strada del Lupo, e nemmeno i suoi cavalieri l’avevano fatto, ma lei non era come loro. L’aveva scoperto nel momento sbagliato, con la persona sbagliata, e suo fratello non gliel’aveva mai perdonato. 

La prima e unica volta che aveva perso il controllo, Neve era solo una bambina di undici anni e la creatura era ancora troppo giovane per vivere autonomamente. Neve era solita immaginarsela come un cucciolo rannicchiato al di sotto delle costole, un cucciolo bianco come l’inverno, morbido come il cotone, ma con denti aguzzi e artigli affilati. L’aveva quasi considerato un amico, qualcuno che poteva darle man forte contro le angherie del fratello. 

Non ci aveva messo tanto a capire che quell’essere non era suo amico. Da bambina, Neve era riuscita a sottrarsi alle sue grinfie, ma sarebbe riuscita a fare lo stesso, ora? Anche se gli anni trascorsi nella pace del convento l’avevano aiutata a trovare equilibrio e serenità, Neve sapeva che quella parte di sé che lottava per tenere nascosta non aveva fatto altro che crescere e rafforzarsi e diventare più arrabbiata. Per questo ricordava sempre le parole che la sua governante le aveva sussurrato prima di consegnarla alle cure della Superiora: non puoi vivere senza di lei, le aveva detto, puntando il dito al suo petto, ma non puoi vivere nemmeno con lei. Tienila a bada. Non lasciare che abbia la meglio, perché ti divorerebbe.

Tienila a bada, si ripeté anche in quel frangente, mentre il bandito che montava dietro di lei spingeva la giumenta giù per il pendio che conduceva verso la forra boscosa che dava il nome alla contrada. Non lasciarla uscire.

Malgrado tutto, la tentazione c’era; e cedervi sarebbe stato così facile. Neve però chiuse gli occhi e fece ancora qualche respiro profondo, lasciando che le parole della Preghiera della Madre le accarezzassero la mente.

La tensione che le cresceva nel petto la abbandonò, e con essa anche parte delle forze che l’avevano sostenuta fino a quel momento. Non mi sto arrendendo, si disse, lasciandosi ricadere un po’ contro il petto del bandito. Troverò un’altra via per liberarmi. Troverò un altro modo.

   
 
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