Agenti White e Moore
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Capitolo scritto da ChaBlackCat
Era
un'altra giornata soleggiata a Maple Town. Nell'ora della siesta, si
sentivano vociare solo gli uccellini, da tempo volati oltre la
protezione dei rami dei loro alberi, spinti alla scoperta della
città e dei suoi curiosi abitanti.
L'agente White chiuse la porta del comando di polizia locale, dando un
solo giro di chiave alla vecchia serratura. Era convinto, sin dal primo
giorno che si era trasferito lì dalla California, che quella
toppa non avrebbe retto ancora per molto. Ma si sbagliava, era
lì da tempo e ancora non si era bloccata. Loris White
trovava anche abbastanza inutile chiudere a chiave qualcosa in quella
cittadina, si conoscevano tutti e tutti erano amici, tuttavia lui era
ancora legato alle abitudini che aveva a Los Angeles. Nemmeno vivere a
San Simeon, ultima residenza dell'uomo, nonché luogo anche
più tranquillo di Maple Town, era servito per rilassarsi e
fidarsi di più del prossimo. Ne aveva viste troppe in vita
sua.
Quella mattina comunque, l'agente White aveva ricevuto una visita
inaspettata: un forestiero di nome Jason Druvè. Aveva detto
di essere un reporter e che stava seguendo il caso della targa
ricomparsa. Certo che era strano. Come aveva fatto un reporter di
Portland a sapere della targa? E che interesse poteva trarne? Un
articolo? Sembrava banale e inutile. Un libro forse; se uno sa
ricamarci sopra, sicuramente ogni storia è quella buona.
Stava di fatto che il tizio aveva posto un sacco di domande sulla targa
e su chi l'aveva ritrovata. La cosa strana era stata che aveva nominato
Patty e nessuno in città sapeva che era stata Patience a
portare la targa al comando. Aveva anche altre domande da fare, ma
Loris White gli aveva detto di parlare con il sindaco perché
lui viveva lì da troppo poco tempo per poter raccontare
qualsiasi cosa.
White
continuò a camminare, immerso nei suoi pensieri,
nell'intento di raggiungere casa sua per pranzo. La piccola villetta
dell'agente si trovava dall'altro lato del centro città, a
pochi minuti a piedi dal suo lavoro. Passeggiando vide da lontano
Rupert Rootweet chiudere la porta della sua attività. Con
lui c'era una ragazzina dai capelli castani che l'agente non aveva mai
visto.
«È Nora, la nipote di Rupert!»
Loris White trasalì. Voltandosi vide Patty accanto a lui.
Forse non l'aveva sentita arrivare perché non portava a
spasso il suo solito, ridicolo carrellino.
«Miss Stealer, mi ha fatto spaventare.»
«Sembra strano che un burbero come Rupert possa avere
parenti» aggiunse Patty, senza badare alle parole dell'uomo.
«Non saprei...»
«È la figlia del fratello a quanto
dicono» continuò la donna. «È
arrivata da poco in pullman. Cosa ci fa qui? E chi lo sa. Direi che
è sospetto però.» Sembrava parlare tra
sé e sé.
«Cos'è sospetto... esattamente?» chiese
White curioso di sapere quali bizzarre idee si fosse messa in testa la
pettegola di Maple Town.
«Ancora non lo so» concluse lei stringendo gli
occhi come se fosse uno di quei segugi dei cartoni animati.
White sorrise.
«Miss Stealer...» cominciò l'agente.
«Patty!»
«Cosa?»
«Chiamami 'Patty'»
«Va bene, Patty... lei conosce un certo Jason
Druvè?» L'agente andò al punto.
«Jason, certo! È il nipote di Jo
Druvè.» Poi la donna prese il braccio dell'agente
e si guardò intorno come per controllare che nessuno la
stesse osservando e che nemmeno gli uccellini potessero sentirla.
«Josephine ha sposato uno di SapVille, all'epoca, e si
è trasferita lì. Ora abita a Miami, ma qui
nessuno lo ha scordato.»
Loris White avrebbe voluto dirle che secondo lui non importava a
nessuno, ma non ne era certo. La rivalità con SapVille non
era certo cosa dimenticata e quella targa ricomparsa aveva riportato
alla luce vecchi rancori. Forse Patience intendeva proprio quello.
«Come mai, secondo lei, questo ragazzo è venuto
qui?» chiese poi l'uomo, deciso a sfruttare la lingua lunga
della donna.
«Jason è qui?» Patty aveva portato
entrambe le mani davanti alla bocca.
«Sì!»
Udito ciò, Patience Stealer si voltò e
andò via a passo svelto. Loris pensò che avrebbe
usato il nome di Jason Druvè ogni volta che avrebbe voluto
liberarsi della donna, ma non si aspettava certo che Patty non sapesse
qualcosa.
L'agente White tornò a camminare, ancor più
pensieroso. Cosa aveva messo Patty in fuga? Come mai tutti quei
visitatori proprio in quel periodo? Doveva essere una
casualità. Poi, passando davanti a una villetta dal giardino
fiorito, scorse qualcuno che lo spiava dalla finestra. Appena White si
fermò per guardarla, la donna, sicuramente Susan Price, si
stava nascondendo dietro le tendine di pizzo.
«Buon pomeriggio signora Price» strillò
l'agente, divertito, alzando una mano in segno di saluto. La donna
tuttavia, si stava comportando in modo strano. Susan non era certo una
donna timida. Era solita preparare torte per ogni occasione e molto
spesso decideva di venderle al solo scopo di raccogliere fondi per la
scuola, per curare i giardini cittadini e cose simili.
In quel momento l'uomo fu distratto da un rombo.
Due uomini in sella a una moto stavano solcando la desolata strada
principale, diretti a nord. Fu a quel punto che l'agente
sentì la serratura della porta di casa di Susan Price
scattare. La donna uscì di casa e trotterellò per
il vialetto, verso di lui.
«Quello chi è?» chiese Susan all'agente
che stava ancora seguendo la moto con lo sguardo e trasalì
per la seconda volta in un giorno.
«Signora Price!»
«Lei lo sa chi è quello con Aaron?»
«Aaron... il meccanico? Ah, mi pareva che fosse
lui!»
«Lo so chi è Aaron Myers, non so chi sia il
giovane con lui» brontolò lei.
«Io... non esattamente.» L'agente White sospettava
che l'uomo insieme al giovane meccanico fosse proprio il reporter che
si era presentato a lui quella mattina, ma non disse nulla alla donna.
Aveva come l'impressione che da lei avrebbe saputo altro.
«Io so solo che un giovane aspettava Aaron sui gradini di
casa ieri» confessò Susan.
«Forse un vecchio amico?»
«Sicuramente un forestiero» azzardò lei.
«Forse!»
«Agente White... ma a lei non sembra strano che ci siano
così tanti visitatori, proprio in questo periodo? Dopo la
scoperta del ritrovamento della targa?»
«Assolutamente, signora Price. È sicuramente un
caso, non si preoccupi.»
La donna però, dopo un breve saluto, rientrò in
casa borbottando e l'agente cominciò a pensare che i
pettegolezzi non si sbagliassero. Il fatto che un giornalista arrivasse
fin lì solo per una targa, era curioso. Ma forse era amico
di Aaron Myers e aveva unito l'utile a una visita piacevole. Quello che
White non capiva, era perché le donne, la Price e la
Stealer, facessero riferimento anche alla nipote di Rupert,
l'antiquario, per instillare il sospetto di una situazione curiosa. Da
quando una nipote in visita era una cosa strana?
White riprese a camminare. Lo stomaco aveva cominciato a brontolare
dalla fame, così accelerò il passo verso casa,
quando un trillo, seguito da una vibrazione nel taschino della camicia
della divisa, lo fece fermare e sbuffare. L'uomo prese il cellulare
dalla tasca, il numero era del collega. L'agente guardò lo
schermo lampeggiante, esitando. Temeva che non sarebbe mai arrivato a
casa per pranzo quel giorno.
«Non risponde?»
Dietro l'uomo si era materializzata una donna, non molto alta, sulla
settantina. Appesa al braccio aveva una borsa di vimini aperta dal
quale sbucavano dei gomitoli di lana e tre ferri per il lavoro a maglia.
«Signora Carter!» Il telefono, intanto, continuava
a suonare.
«Risponda!» insisté lei.
White decise di darle retta, ma si allontanò di un paio di
passi per rispondere.
«White!»
«Agente White, sono Moore.»
«Lo so, mi appare il tuo numero sullo schermo,
dimmi!»
Benjamin Moore era figlio di Alicia e John Moore. Erano due cittadini
modello, specialmente Alicia. Erano il tipo di persone che pagavano le
bollette in anticipo, non parcheggiavano mai fuori posto e portavano in
strada la spazzatura sempre all'ora esatta. Lei era una casalinga.
Teneva il giardino in modo impeccabile e i suoi fiori profumavano tutta
la via di casa sua. Quando in paese si organizzava una festa, lei era
sempre la prima ad aiutare. Il figlio, Benjamin Moore, era stato spinto
dalla madre a fare l'agente in polizia e, dopo una breve gavetta fuori
città, aveva fatto richiesta per tornare a Maple Town. Era
un bravo ragazzo, forse un po' tonto, ma sempre buono e corretto.
«White, stavo passando per la statale in auto con mia madre,
e mamma ha notato un auto parcheggiata male.»
L'agente White alzò gli occhi al cielo.
«Ben, goditi il giorno libero...»
«Sì, ma... Io e mamma ci siamo fermati
perché la macchina era a lato della strada e lì
intorno non ci sono case, sa, è al confine con
SapVille.»
«Continua pure.» White fece un cenno alla signora
Carter per congedarsi, lasciandola sul marciapiede a osservarlo andare
via. Le diede le spalle e andò verso casa.
«E quindi abbiamo accostato e siamo scesi entrambi
perché temevano che qualche poverino si fosse sentito male.
Solo che non c'era nessuno e, peggio, abbiamo notato che nel campo, non
distante, è stata scavata una buca» concluse
Benjamin.
«Ben, vieni al punto perché sto per arrivare a
casa e ho fame.»
«Mamma ha chiamato Charlotte della panetteria e lei le ha
detto che Emma Carter le ha detto che al parco ha incontrato Susan
Price...»
«Moore, arriva al punto!»
«Gira un forestiero in città»
parlò finalmente.
«Va bene, va bene. Senti dammi mezz'ora, poi vieni a
prendermi a casa. So chi è il forestiero e forse so anche
dov'è adesso.»
«E la buca?»
«Gli chiediamo anche della buca, ma prima fammi
mangiare.»
Attaccò.
Dopo
pranzo la macchina di Ben Moore si fermò davanti a casa
dell'agente White. Loris White salì in auto.
«Salve, mangiato bene?»
«No, comunque... Andiamo dal meccanico, Aaron
Myers.»
«Perché?» chiese Moore.
«Qualcosa mi dice che troveremo lì il
forestiero.»
«Intuito?» Benjamin Moore era rapito dalla bravura
di White, ma quest'ultimo sorrise.
«Ben, li ho visti passare in moto, insieme.» Risero
entrambi e si diressero all'officina Myers.
«Aaron!»
Il ragazzone dai capelli biondi, un po' sporchi di grasso,
uscì da sotto un'auto: era sdraiato su un carrellino da
meccanico.
«Ben, agente White, che piacere! Cosa vi porta qui?»
«Stiamo cercando un uomo, un reporter di Providence di nome
Jason Druvè. È qui da te?»
Aaron guardò entrambi cambiando espressione. Il sorriso con
il quale li aveva accolti si incurvò e il suo sguardo
diventò serio.
«Sì» sospirò.
Riluttante, Aaron disse loro che Jason era un vecchio amico e che
l'avrebbero trovato a casa sua. Avevano intenzione di andare a prendere
la macchina entro il giorno dopo per portarla da lui, in officina.
«Allora, se non è un problema, andiamo a casa tua
a parlare con lui» lo informò White.
«Cosa volete sapere?» chiese Aaron sospettoso.
«Solo della sua auto» rispose secco White che non
capiva perché il ragazzo fosse tanto curioso e protettivo.
«Noi andiamo, grazie mille.»
I due andarono a casa di Aaron Mayers, provarono a suonare ma non
rispose nessuno. Suonarono ancora, poi, mentre Moore stava tirando
fuori il cellulare, White girò attorno alla casa.
«Ben!» White chiamò il collega sottovoce
e gli fece segno di raggiungerlo. Entrambi si accostarono alla porta
sul retro e White provò a girare la maniglia, l'uscio si
aprì.
«C'è nessuno?» urlò White.
«Jason Druvè... è in casa? Ci ha detto
il suo amico Aaron che l'avremmo trovata qui» aggiunse Roger.
Nessuno rispose. I due agenti fecero pochi passi all'interno della
casa, nella cucina, e dal passaggio che portava in salotto videro un
paio di gambe per terra. Corsero verso il corpo dell'uomo disteso sul
pavimento. Era Jason Druvè. White si inginocchiò
accanto all'uomo e, mentre Moore si guardava intorno, l'agente
più adulto sentì il polso dell'uomo.
«È vivo! Ben, perlustra la casa, magari chi lo ha
ridotto così è ancora qui.»
White slacciò il fodero della pistola, prese il cellulare e
chiamò l'ambulanza. Sentì Moore perlustrare il
piano superiore e quando posò ancora lo sguardo su
Druvè, questo stava pian piano riaprendo gli occhi.
«Jason Druvè?»
«Cosa... Cosa è successo?»
Druvè cercò di alzarsi, ma portò
d'istinto una mano alla testa soffrendo visibilmente.
«Sente dolore?»
«La testa» biascicò.
«Stia giù, abbiamo chiamato l'ambulanza.»
Moore tornò al piano inferiore.
«Non c'è nessuno» annunciò.
Quando
arrivò l'ambulanza, Aaron Myers era appena tornato a casa,
chiamato da Ben.
«Jason, cos'è successo?» Il giovane
Mayers era seriamente preoccupato.
«Non lo so. Ho sentito qualcuno entrare dalla cucina, dalla
porta sul retro. Credevo fossi tu e ho salutato, ma mi stavo dirigendo
in bagno e non ho visto chi fosse, finché non ho sentito un
dolore lancinante alla testa e mi sono svegliato poco fa, a terra.
«Quindi lei non ha visto l'aggressore?»
«No, mi spiace. Ma voi come mai siete venuti qui?»
chiese Jason.
«Volevamo chiederle se la macchina abbandonata vicino al
vecchio ponte fosse sua.»
«È mia! Non si accende più.»
«E come mai era lì?» domandò
White.
Aaron e Jason si guardarono, poi Jason alzò le spalle.
«Agente, lei sa che io sto scrivendo un articolo per il
giornale di Portland. Ero lì per vedere il vecchio ponte che
collegava le due città e ho notato quel buco. Ho pensato che
la targa potesse essere stata ritrovata lì e secondo me ha
senso se è stato qualcuno di SapVille a rubarla.»
«Ho chiamato il giornale di Providence, questa mattina,
appena ci siamo salutati. Lei non lavora per quel giornale.»
White era serio e gli occhi di Aaron erano spalancati, lo sguardo
diretto all'amico.
«Jason... È vero?»
Jason guardò Aaron, poi abbassò gli occhi e
alzò le spalle.
«L'articolo voglio scriverlo, è la
verità, ma volevo poi proporlo a qualche giornale. Sono
freelance adesso, ho perso il lavoro... Aaron, te lo avrei
detto.»
White
e Moore uscirono dalla casa.
«Ben, chi ha dato una botta in testa a quel ragazzo lo ha
fatto perché sta investigando sul ritrovamento della targa.
Il fatto che questo Jason abbia intuito che quella buca contenesse la
targa rubata, ci fa pensare che forse ha ragione.»
«Ma sia lei che io sappiamo che è stata Patience
Stealer a portarci la targa e...»
«Non credo che la Staler sia andata fin lì,
né che abbia scavato buche.» White si guardava
intorno. Non c'erano curiosi in strada, eppure sapeva che gli abitanti
di Maple Town, nascosti dietro le tendine delle loro finestre, sapevano
già tutto.
«Ma forse chi ha fatto trovare la targa a Patty, l'ha trovata
lì.»
«Sì, e sapeva che la Stealer ha la lingua lunga.
Magari sa anche chi l'ha rubata all'epoca e dove l'avrebbe
trovata» tentò White. «Ben, chiama il
sindaco.»
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