Serie TV > Hannibal
Segui la storia  |       
Autore: ArwenDurin    08/11/2020    2 recensioni
Hannigram 13 anni, che si incontrano all'orfanotrofio dove stette Hannibal nel canone
Hannigram più soft per via dell'età (per quanto essendo gli Hannigram qualcosina di sanguinolento ci sarà XD) e perché in parte ispirato ai Patrochilles della Canzone di Achille, da cui il titolo, il resto del rapporto tra Hannibal e Will è ispirato...A Hannibal e Will XD
Dal racconto:"Poggiò una mano sul vetro, di riflesso Hannibal fece lo stesso al suo lato: connessi su una linea parallela senza toccarsi, uno specchio che rifletteva i volti di entrambi distorti dalle goccioline di pioggia, ma così riconoscibili l’uno per l’altro."
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Hannibal Lecter, Will Graham
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Will non era in classe quella mattina, la lezione di matematica scorreva tranquilla e monotona dagli occhi, dietro gli occhiali, piccoli e guizzanti del professore che spiegava languidamente. Il banco di legno scuro davanti al suo, lo osservava con graffi ed usure del tempo e senza l’alunno che di solito lo occupava. Il suo capo riccioluto che si muoveva quando spesso, si voltava indietro con il collo aggraziato come un cigno per dirgli qualcosa, o per passargli qualche bigliettino, e succedeva così spesso che Hannibal memorizzò i suoi polsi nei giorni sia soleggiati che nuvolosi, ma non quel giorno. Non che fosse preoccupato, aveva visto dei banchi vuoti durante vari anni, non era in effetti insolito che qualche ragazzo sfuggisse alle lezioni, soprattutto in giornate come quella, con il sole che giocava a fare capolino dietro le nuvole. Il massimo della punizione sarebbe stata un rimprovero da parte del direttore, e c’era chi era pronto a rischiare.
Il giovane Lecter aveva visto spesso, accanto alla finestra dov’era seduto, le nuvole bianche e gonfie che gli facevano venir voglia di essere fuori…ma non l’aveva mai fatto. Will lo prendeva spesso in giro per essere così devoto allo studio, e spesso dopo quella conversazione, finivano con lo spintonarsi tra sghignazzi giovanili, anche se qualche volta oltre il combattimento armati di bastone, Will era riuscito a trascinarlo nel bosco ad orari inconsueti e al di fuori delle regole. Hannibal aveva apprezzato quell’adrenalina, la sfida, e l’illusione di libertà di quei momenti insieme a lui. Spesso correvano a più non posso, sfidandosi a chi arrivava al cespuglio di bacche più vicino, potendosele gustare come premio… era un immagine indelebile oramai la bocca rossa del giovane Graham macchiato fino al mento, mentre sorrideva trionfante, con il sole che giocava con la sua chioma riccioluta, nascondendosi e filtrando in essi come fossero foglie, e le sue mani così delicate ma ferree sul frutto.  
Probabilmente lui era lì adesso, a godersi il tempo e la libertà che tanto desiderava, molti ragazzi erano grati di essere stati salvati e dunque erano piuttosto ligi alle regole, ad altri non gli importava e andavano avanti assenti alla vita, ma Will era diverso, lui voleva qualcosa di più. Fu lì che improvvisamente apparve e lo salutò con la mano, descrivendogli poi con il linguaggio dei segni, che il tempo era mite, non troppo caldo per quanto fosse estate, e che fosse piacevole stare lì fuori. Gli angoli della bocca di Hannibal si erano alzati, a guardarlo lì roteare attorno  ai pini e i ciliegi dopo essere sbocciati, una visione di libertà che si poteva quasi toccare. Ricordò sua sorella correre in quello stesso prato, fuggire da qualche regola che non le andava a genio, i suoi piccoli piedini veloci che calpestavano l’erba tra le risatine, e quante volte l’aveva dovuta seguire, e cercarla in mezzo al bosco poco più in là, annusando la traccia del suo profumo e guardando dei ramoscelli calpestati. Spesso Mischa saltava allo scoperto, cercando di spaventarlo e quando lui le rispondeva con timore, lei rideva, fino a cadere tra le sue braccia, ed era morbida. I suoi capelli biondi brillavano sotto il sole quando la riportava indietro, mentre la madre da lontano scuoteva il capo con un sorriso luminoso a coprirle il volto.
Sbatté le palpebre e Will con un altro saluto, sparì nel bosco.
 
Quando entrò nelle camere comuni, trovò Will seduto nel suo letto che gli dava le spalle, ma fu ciò che vide di fianco a lui a sorprenderlo: c’era un contenitore quadrato con dentro qualcosa che si muoveva.
«Mi hai raccontato che ti piacciono le lumache, che ne avevi quando eri più piccolo… mentre tu eri impegnato nella stupidissima matematica, te ne ho presa una.»
Hannibal sorrise, prendendo il contenitore con piccoli buchi, dove la lumaca si mosse sinuosamente per qualche secondo, per poi poggiarlo di nuovo sul letto per ringraziarlo ma fu lì che capì qualcosa che non andava. Will non lo stava guardando, non dandogli modo di esprimere la sua gratitudine e in effetti, appena si avvicinò, si alzò di scatto dal letto.
Hannibal si fermò un istante dando tempo all’altro di abbassare la tensione nelle spalle, e avvicinarsi all’uscita della stanza, prima di scattare davanti a lui e fu allora che lo vide: il suo occhio destro era nero, e il labbro gonfio con una gocciolina rinsecchita di sangue.
Will lo guardò, cercando di dire qualcosa ma era chiara la situazione, non poteva campare scuse! Così, si limitò a prenderlo per le spalle e successivamente per mano, obbligarlo a sedersi.
«Hannibal…sto bene.» Cercò di obiettare con uno sorriso stizzito, ma quando i loro occhi si incontrarono non parlò più.
Hannibal si allontanò qualche secondo, andò in cucina e senza problemi, prese del ghiaccio, uno straccio, e del disinfettante che ben sapeva dove tenevano, nessuno lo vide e dunque tentò di fermarlo, e forse era meglio così… perché nessuno avrebbe potuto farlo.
Tornò in stanza e si preparò a medicare il ragazzo, avvolse il ghiaccio nello straccio e glielo passò cosicché Will lo mise sull’occhio, mentre lui tamponava con lentezza, il suo labbro insanguinato con il panno immerso nel disinfettante. Passò qualche secondo di silenzio, prima che la cura improvvisata terminasse, poi quando Hannibal ebbe le mani libere lo guardò, sentendo il suo sangue bollire così forte da colorargli le guance.
«Sto bene.»
“Dimmi chi è stato.”
«Hannibal…»
“Dimmi. Il. Nome.” Gesticolò con così tanta enfasi, che le sue mani produssero dei suoni.
«Petrov. Mi ha beccato fuori nel bosco, e il resto è evidente.»
Lui aveva un occhio di riguardo da parte del direttore poiché era il suo pupillo, persino dopo aver malmenato qualche ragazzo disobbediente.
Will abbassò lo sguardo, il ghiaccio che scricchiolò sotto la sua presa.
«Hannibal, non fare cazzate, non puoi farci nulla.»
Nel suo occhio azzurro sano, che aveva alzato su di lui, poté vedere del calore dove della sorpresa d’essere protetto brillava con intensità, ma c’era anche della preoccupazione su ciò che avrebbe fatto o potuto fare. Lo sapeva, perché poteva leggerlo esattamente come Hannibal poteva fare con lui.
 
Il giorno dopo, a metà pomeriggio, mentre era piuttosto attento nello studio in biblioteca, un libro pesante dalla copertina marrone scuro e dall’aspetto antico, gli piombò davanti e lo bloccò.
Lesse la scritta Iliade, stampata sopra e contornata d’oro, e sotto di esso in una scritta più piccola, il titolo veniva ripetuto in un’altra lingua; sapeva di che libro si trattasse e non si stupì quando Will, spostando la sedia che stridette il pavimento, si sedette di fronte a lui per offrirgli spiegazioni.
«Era di mia madre, lei era polacca.» Disse passando distrattamente la mano ad accarezzarne la copertina, probabilmente l’unica cosa che gli rimaneva di lei.
Il libro che sempre gli aveva impedito di vedere, era lì pesante ed imponente di fronte a lui, come lo sguardo di Will che senza esitazione, era su di lui. Lesse della consapevolezza nelle sue iride azzurre, non stava ipotizzando e nemmeno ponderando il fatto, lo sapeva… come Hannibal era a conoscenza del perché ciò accadesse in quel momento, il giorno dopo a ciò che accadde a Will e al suo occhio contornato di nero.
Per tutta la mattina l’orfanotrofio non aveva fatto altro che parlarne, quando il direttore in persona, annunciò che Petrov sarebbe stato indisposto qualche giorno per via di una caduta dalle scale che gli era costato la rottura del braccio destro, e fratture in vari punti delle mani. O almeno questa era la versione ufficiale, Lecter ricordava il suo volto agonizzante quando aveva sbattuto la testa in fondo alle scale, da dov’era “accidentalmente” scivolato, e la libertà che si prese nel punire personalmente le mani che troppi danni avevano fatto.
Hannibal si era guardato intorno durante l’annuncio, e aveva potuto assistere a dei sorrisi nascosti da parte di alcuni ragazzi che quelle mani le avevano sperimentate, e a parte qualche volto sconvolto, non c’era nessun dispiacere, se non da parte del direttore in persona.
E Graham il ragazzo seduto di fronte a lui, con sguardo attento sotto i riccioli ribelli e con nessun segno di turbamento, lo appoggiava e lo riteneva giusto, una punizione adeguata dopo tutto ciò che aveva fatto. Non era grato per sé, il giovane Lecter capì, anche se fu ovviamente la ragione principale che spinse Hannibal ad agire, ma bensì per aver salvato quei ragazzi dalle mani diaboliche dello squilibrato. Aveva un senso di giustizia che se ben equilibrato, poteva portarlo nelle forze dell’ordine in futuro, poté vederlo col distintivo di agente d’oro legato alla cintura, una camicia troppo larga rispetto al suo fisico, ma di cui poco gli importava, e della barba incolta a coprirgli il viso.
Will in ogni caso, non fece parola dell’accaduto e del perché gli concesse di vedere quel libro, non c’era bisogno.
«L’hai già letto?»
Hannibal annuì per poi preparare le sue mani a rispondere, staccandole dal libro di studio.
“Tempo fa, con il mio maggiordomo. Si può dire che è stato il mio primo amico.”
I loro occhi si incontrarono un istante, dei passi indistinti passarono dietro di loro, diretti ad un altro reparto della biblioteca.
«L’ho letto diverse volte, non riesce a stancarmi mai. Le lotte, la gloria, la lealtà tra alcuni personaggi…amicizie a prova di battaglia.»
Hannibal allungò una mano per carezzarne la copertina ruvida, guardando l’altro in cerca di un qualche segnale di fastidio, ma Will semplicemente osservò il suo movimento in silenzio.
“Rivelare e nascondere identità. Lessi la versione in inglese, in polacco sarebbe una novità.”
Negli occhi di Graham brillò la scintilla  del lampadario impolverato e antico, appeso sopra il loro tavolo.
“Leggilo per me.”
Un sorriso tirato riempì le sue gote, che si colorano improvvisamente, mentre i suoi occhi vagavano fuori dalla finestra presente alla loro destra nel paesaggio illuminato dal sole.
«Non siamo a lezione.»
Lo guardò di sott’occhi e il suo volto cambiò, e della rassegnazione si disegnò nei suoi occhi che si assottigliarono.
«Soltanto alcune parti.»
“Le parti che ami.”
Will annuì stancamente, eppure il leggero inclinarsi della testa mentre passava una mano dietro al suo collo, e un piccolo sorrisetto che non riuscì a reprimere, furono la conferma che Hannibal stava cercando.
«Ok, ma se ti becco a prendermi per il culo, sappi che mi fermerò e te la farò pagare!»
 

 
 
Il suo respiro era calmo e rilassato, una mano poggiata sullo stomaco e l’altra dimenticata dietro di lui sul cuscino, le sue ciglia si muovevano appena ma la sua fronte era distesa e non c’erano segni che ci fosse un incubo a tormentarlo, ma piuttosto un bel sogno. Era raro vederlo dormire o meglio, lo era che entrambi riuscissero a farlo senza che si trovassero davanti alla finestra in silenzio, o a dialogare; per quanto Hannibal apprezzasse sempre di più stare in compagnia del suo amico, preferiva vederlo in quello stato.
Era fermo da qualche minuto a guardarlo e riusciva a vederlo senza accendere la piccola torcia che aveva in mano, perché la luce dei lampioni dal di fuori riusciva a filtrare abbastanza. Gli piaceva come il lenzuolo bianco fosse attorcigliato tra le sue gambe poiché troppo caldo per coprirsi totalmente, ma anche in parte sopra Will perché aveva bisogno di sentirlo su di sé, una sorta di protezione infantile che molti ragazzi lì dentro avevano.
Apprezzava guardare come qualche ricciolo ribelle coprisse la sua fronte, e sentire il suo odore, per quanto tutti i ragazzi lì dentro usavano lo stesso sapone, sulla pelle producevano diversi strati di aroma; c’era chi sapeva troppo di acido, chi di un dolce caramella da nausearlo ma Will…aveva un’essenza particolare. Qualcosa di unico, che non aveva sentito ripetersi negli altri lì dentro, un misto tra dolce e amaro, agrodolce come le fragole avvolte in vino rosso, bianco, e miele che ogni tanto mangiava da bambino. Ricordò il sorriso di sua madre mentre gliele passava, e la rivide lì sotto il sole in un momento soltanto per loro due.
Si chiese che sapore potesse mai avere Will e inconsciamente, si sporse verso di lui e con il suo naso, toccò una ciocca dei suoi capelli, le punte dei loro nasi si toccarono per qualche istante, prima che l’altro si muovesse appena.
Dopodiché lo scosse pian piano e l’amico mugugnò, e soltanto dopo qualche istante cominciò a muoversi, Hannibal dunque si distanziò tornando a torreggiare su di lui prima che aprisse gli occhi sbattendoli più volte, le ciglia lunghe creavano ombre nelle sue guance.
«Hanni.»
Non sapeva se fosse per via del sonno dal quale da poco era stato strappato, o se fosse consapevole di come l’avesse chiamato, ma fu una sensazione che avvolse il giovane Lecter, regalandogli un piccolo sorriso nascosto nell’ombra.
«È successo qualcosa? Perché sei vestito?» Indicò la sua torcia e sbatté di nuovo le palpebre ancora avvolto dal sonno.
Gli passò le scarpe e gli fece cenno di seguirlo, Will crucciò le sopracciglia ma obbedì, si cambiò la maglia del pigiama e lo seguì in mezzo alla stanza, non usarono la torcia, non ne avevano bisogno, poiché conoscevano entrambi quel luogo così bene. Passarono vari letti e ragazzi addormentati da chi russava, si dimenava, a chi dormiva più tranquillo e nessuno notò la loro presenza, erano come piccoli esseri che si muovevano nell’oscurità.
Arrivarono fino ad una porta di servizio (non certo sconosciuta ai due che spesso sgattaiolavano fuori, con colui che conosceva la sua ex dimora) e furono fuori. L’aria della notte li colpì in pieno volto e per quanto caldo, c’era un leggero venticello cosicché non era così afoso com’era stato qualche giorno prima. Hannibal a quel punto accese la torcia, la porse a Will e si spiegò.
“Hai detto che non ti piace nulla di questo posto, voglio farti cambiare idea.”
Guardò il cielo e sorrise, vide l’amico seguire il suo sguardo con la coda dell’occhio: vari puntini luminosi brillavano in cielo quella notte, alcuni cadendo in quella speciale circostanza, ed altri ancora immersi ad illuminare la via.
«È per la notte di San Lorenzo?»
“Vieni con me.”
Riprese la torcia e condusse l’amico dove voleva, attraversarono il bosco silenzioso con alcune lucciole che apparivano avvicinandosi a loro, per poi scomparire, a seconda di come si spostavano. Gli alberi erano silenti e ogni cosa immobile se non fosse per i loro passi in mezzo al bosco, Hannibal camminava sicuro e Will di fianco a lui non disse niente, semplicemente camminava, ogni tanto guardando il cielo o qualche lucciola che veniva verso di loro.
 
«Gesù! Cos’è tutto questo?»
L’amico spalancò gli occhi alla vista di una grotta illuminata da ogni sorta di candela di varie dimensioni, alcune lunghe e altre più corte ma grandi, da rendere luminoso il posto come fosse giorno. Ai piedi di essa vi era una coperta morbida e marrone chiaro, anch’essa adornata da candele più piccole, e vicino a esse, piccoli contenitori contenenti mandorle e bacche che il giovane Lecter aveva trovato. Hannibal con fierezza si sedette, spegnendo la torcia e poggiandola di fianco a sé, e Will lo raggiunse e lo guardò sorridendo.
«Hai avuto un’illuminazione questa notte?»
Sopra di loro gli alberi erano aperti come fossero tende a dare spettacolo dal cielo, ed era rimasto immutato negli anni, rendendo Hannibal ben contento di organizzare tutto nel modo più preciso possibile.
“Io e mia sorella venivamo qui quasi ogni notte d’estate, e in questa specifica occasione portavano degli stuzzichini per rimanere fuori più a lungo possibile. I nostri genitori lo sapevano, ma non dissero nulla né si opposero mai.”
«Si fidavano di te.» Disse Will, guardando per un istante davanti a sé, il volto più serio ora.
“Delle volte, la notte di San Lorenzo, mia madre personalmente e non chiedendo al cuoco, ci preparava qualche dolcetto al miele da portare con noi quella sera. Mischa adorava quei tortini, li mangiava quasi sempre tutti lei e poi si appoggiava alla mia spalla con un sorriso soddisfatto. Parlavamo e guardavamo il cielo e le stelle, lei adorava guardarle a me piaceva conoscerle…e insieme aspettavamo i nostri desideri e sogni.”
Poté sentire la sua risatina nella notte, i suoi capelli profumati di balsamo al cocco luminosi sotto il cielo notturno, i suoi occhi brillare e indicare con enfasi quando vedeva qualche stella cadente.
«Hannibal.»
Will lo riportò alla realtà, il suo nome pronunciato nei più dolci dei toni, lo aveva sentito attraverso le sue labbra in modi diversi, ma mai così. Si voltò verso di lui e nei suoi occhi vide la consapevolezza che anche l’amico stava vedendo la stessa scena, e non era comprensione… lui poteva sentire.
«Lei dov’è adesso?»
Hannibal sospirò ed abbassò lo sguardo, riflettendo sul da farsi… ma quando incontrò i suoi occhi, decise di metterlo al corrente del fatto più terribile.
“Eravamo rimasti soli io e Mischa, in un capanno dove ci avevano portati per proteggerci dalla guerra. Arrivarono degli sciacalli e loro l’hanno uccisa per poi…mangiarla.”
Will lo fissò incredulo e sconvolto, gli occhi umidi quanto i suoi ma nessuna parola futile uscì dalle sue labbra, nessuna futilità ed Hannibal trattenne le lacrime negli occhi che si fecero ancora più acquosi. E per quanto l’altro non lo stava toccando, fu come se lo avesse fatto, poiché sentì nettamente la sua mano su una spalla, in un conforto silenzioso. Piuttosto prese una bacca dalla piccola ciotola di legno, aprì la sua mano, e gliela posò sopra, Hannibal non si sentì più solo mangiando quella piccolo frutto rosso.
«La mia storia è più banale, non mi dilungherò più di tanto. Ti basti sapere che mio padre era tedesco e la guerra lo chiamò in una tomba, fu una sua scelta di abbandonare me e mia madre. E lei fu la seconda vittima.»
Hannibal ricambiò il gesto dall’amico offerto e non espresse nulla, ma si limitò a poggiare una mano sulla sua spalla per qualche secondo, prima che il giovane Graham portasse il naso all’insù traendo un piccolo sospiro.
Passò qualche istante di silenzio prima che parlasse di nuovo.
«Mi sono sempre chiesto cosa nascondano davvero le stelle, sono come luci guardiane del cielo e gli antichi greci le conoscevano molto di più di noi.»
Prese una bacca anch’egli, la mangiò e lo guardò.
“Possono dire molto su di noi come sull’universo, è un mondo vasto, libero…un ampio senso di libertà che coincide con te.”
Non tolse gli occhi da lui, dalle sue mani, attento a ciò che stava esprimendo ed Hannibal confermò quanto apprezzasse la sua compagnia, più di qualsiasi altro. Will parlò con tono sommesso come fosse un segreto da rilevare soltanto a lui.
«Isolati dal mondo, nel silenzio e con la natura come unico sfondo…vedo la bellezza qui.»
Hannibal non seppe quando era successo e chi dei due avesse fatto la prima mossa, forse entrambi, ma improvvisamente si ritrovarono più vicini, tanto che le loro spalle si sfiorarono, ma nessuno dei due interruppe quel contatto.
“Esprimerai il desiderio di evadere da questo posto.”
«I desideri non dovrebbero essere detti.» Will abbozzò un sorriso e poi continuò.
«Comunque, non è più questo il mio più forte desiderio.»
Non lo guardò a quell’esclamazione e piuttosto rimase col viso rivolto all’insù, verso il cielo, verso gli astri che gioiosi brillavano in esso. E fu lì che guardando il suo profilo illuminato da essi e dalla calda luce delle candele, con i riccioli a incorniciargli il volto e gli occhi brillanti di stelle, che Hannibal ebbe un pensiero.
È bello.         
Era qualcosa che non aveva più pensato da tempo di un essere umano, sua madre era bella, ma era stata l’ultima…la bellezza l’aveva sempre ritrovata nell’arte, sculture sinuose che lo osservavano da qualche libro, o un quadro dai volti tondi e perfetti come quelli di Botticelli, ecco a che quadro lo paragonò la bellezza del ragazzo lì di fianco a lui!
Will lo guardò un secondo, un piccolo sorriso di quelli sinceri sul volto e sentì la sua felicità e tranquillità di vivere con lui quel momento, ma Hannibal fu come costretto a distogliere lo sguardo a quel punto, e avvertì il luccicare delle stelle brillare persino nei suoi occhi. Ne vide una cadere nel mondo, e poco dopo un’altra scintillante la seguì, con Will che la indicò chiamando il suo nome, Hannibal lo guardò nuovamente senza farsi vedere, un sorriso a coprirgli il volto e gli occhi pieni di meraviglia. Un calore denso cresceva dentro di lui e brillava esattamente come se quegli astri caduti stessero bruciando nel suo petto, le lacrime che prima non versò per malinconia, in quel momento scesero per una gioia incontenibile.
È così bello.

Angolo Autrice: 
Ciao a tutti!
Qui voglio evidenziarvi un punto, prima della linea, Will e Hannibal sono amici e intendo per davvero XD non c’è del romance sottoperché mentre lo scrivevo i personaggi hanno voluto così, poi ovvio nel finale si evolve in qualcos’altro eheh😏

Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà😊
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Hannibal / Vai alla pagina dell'autore: ArwenDurin