EDIT 2022: In questo capitolo ho aggiunto una piccola scena all'inizio, per fare più stacco tra questo cap e il quinto. Spero che la cosa vi piaccia =3
...And so, this is life
Capitolo 6 - Agire per chi si ama
Dalla
finestra
della sua stanza filtrava la debole luce del sole, questo ormai
prossimo ad innalzarsi sopra i tetti delle case limitrofe.
I suoi raggi si stavano senza dubbio indebolendo in vista della
stagione autunnale quasi imminente, tuttavia il cielo limpido che
quella mattina si stagliava su Pleedothoons Town prometteva un ultimo
giorno d'estate dal tepore rasserenante.
Eppure, già da prima che si svegliasse del tutto, il mostro
fantasma aveva avvertito le sue polveri pervase dal gelo, proprio come
una misera lumaca in mezzo alla burrasca. Come se il suo corpo immune
al freddo e a qualsiasi altro fenomeno naturale fosse una menzogna.
Era una sensazione nuova e inquietante. Si sentiva mozzare il fiato da
una forza sconosciuta, credeva persino di udire un tetro rimbombo
martellargli nella testa, analogamente a un presagio di sventura; ma
lì attorno in realtà non vi era che il silenzio.
Nessuna traccia infatti dei gemiti stanchi del Bloonket che spesso in
quei giorni aveva chiesto di fargli compagnia, nel mentre che se ne
stava a riposo sotto le sue coperte rosa shocking.
I suoi pigri pensieri allora volarono di colpo proprio al suo amato
cugino,
alla fortuna che aveva avuto nel poterlo riavere vicino dopo la loro
tanto sofferta
separazione, così si sollevò in aria e
fluttuò in direzione della camera di Mettaton.
C'era fin troppo
silenzio.
***
Così
come era scivolata nel nulla, Undyne si svegliò di
soprassalto
alzando la palpebra del suo occhio sano e facendo uscire dalle labbra
un lamento basso e roco.
Intorno a lei vi era solo un bianco etereo e scintillante, almeno fino
a quando non si abituò alla calda e confortante luce che
bagnava
ogni superficie lì presente, e che le palesò
numerosissime
sagome squadrate sopra la sua testa. Fu un pensiero fugace, ma quella
visione riuscì a richiamarle alla memoria il sogno
che
aveva fatto in un momento tuttora ignoto alla sua mente stanca e
annebbiata, assuefatta da una dimensione di oscurità.
Capì dunque di trovarsi all'ospedale dei mostri, intenta a
osservare il motivo a scacchi del soffitto della sua stanza e
realizzando di essere sopravvissuta all'aggressione escogitata
dall'umano
e i suoi seguaci. Il ricordo di quel movimentato primo
pomeriggio,
trasformato poi nel giro di qualche minuto in tragedia, le
riempì
l'ANIMA di un odio che non provava da tempo; si era sentita allo stesso
modo all'epoca delle sue battaglie contro gli umani caduti nel
Sottosuolo,
eppure era un'emozione alquanto diversa da ciò che l'aveva
assalita nel mentre che il suo corpo era irrigidito dalle scosse di
terrore, mentre la sua Alphys veniva minacciata con un coltello alla
gola
davanti al suo sguardo delirante, e men-...
Alphy...!
Le scappò un secondo fievole lamento, e senza che potesse
rimuginare oltre sulla dubbia sorte della sua ragazza delle squame
sfregarono lievi sulla sua spalla sinistra, portandole a mille il
battito dell'ANIMA. E quest'ultima si ritrovò a proseguire
decisa nel suo galoppare sfrenato, poiché Undyne
percepì
su di sé delle braccia la cui forza e costituzione le erano tremendamente
familiari.
Delle braccia che aveva ormai imparato ad
amare in tutto il loro essere.
-Unnie... oh, Unnie... S-sei viva, ti sei svegliata...!-
Udire la sua voce fu un toccasana per le sue membra doloranti e
affaticate, tuttavia non poteva dimenticare l'immagine spaventosa di
lei nelle mani di quell'uomo orripilante, e gracchiò quindi
con
apprensione: -A-... Alphy, stai bene...? Chi... è stato a...
chiamare la...?-
Una volta che la Dinozap sciolse l'abbraccio e apparve nitida nel suo
campo visivo, Undyne notò
subito le lunghe fasce bianche ad avvolgerle la testa, dall'ampia
fronte squamosa fino alle punte più basse della cresta.
Cresta
che si aspettava venir dilatata dal sollievo in perfetta coerenza con
quanto aveva appreso sul suo modo di fare negli ultimi mesi, ma dovette
ricredersi.
-Unnie, l'ho c-chiamata io... Sono riuscita a riprendermi quanto
bastava d-da quel colpo in t-testa, e ho chiamato l'a-ambulanza col mio
vecchio cellulare. S-sono s-svenuta poco dopo...-
Vedendo la sua amata spalancare l'occhio giallo si sentì in
obbligo di giustificare quello che per lei era stato un atto di
debolezza, e continuò incerta: -I-io ero... t-terrorizzata,
spaventata a m-morte. Unnie, hai p-perso... tanta p-p-polvere...
T-tutto per... salvare m-me...-
Undyne però la colse di sorpresa, guardandola con la stessa
espressione rapita e tingendo ogni parola che ne seguì di un
amore sconfinato.
-Alphy, tu
mi hai salvata... Grazie, Alphy, senza di te... come avrei...? Amore...-
Allora il mostro dinosauro dentro di sé non
poté che maledire le sue
perplessità ingiustificate, e immergendosi nel sentimento di
profonda affezione che permeava nell'aria rispose con altrettanta,
infinita dolcezza.
-A-anche tu sei il mio amore. Se c'è una cosa che mi ha
insegnato è che devo fare di tutto, d-dare la mia v-vita per
chi
amo.-
-L'amore ti... ha insegnato questo?-
Alphys sussultò sconvolta, conscia di aver pronunciato una
frase
dal
significato inevitabilmente ambiguo alle orecchie della sua ragazza.
E
lei al contrario lo conosceva eccome; aveva a che fare con un qualcosa
che mai avrebbe scordato, e anche se non si era preparata a riportare
l'argomento in auge proprio in questa occasione, si rese conto che non
voleva più nasconderlo.
-Alphy...?- arrivò titubante il mormorio della Spearish.
Non ebbe altra scelta se non respirare a fondo, lasciando che il
tanto agognato nomignolo per cui aveva scritto lunghe fanfiction
melense si infiltrasse
nel suo corpo tarchiato e accompagnasse
le sue timide polveri nel loro scorrere irrequieto, donandole energia e
coraggio.
-Io... no, in realtà me lo ha insegnato... m-mia madre.
È
s-stata lei... Unnie...- cominciò, dopodiché si
sistemò sullo sgabello malandato su cui sedeva e premette le
manine al petto, stringendo un lembo della sua canottiera dal colore
immacolato. -L-lei ha dato la s-sua v-vita per me. È
m-morta...
d-dandomi alla l-luce...-
Le lacrime trattenute a stento arrivarono a inumidirle gli occhioni con
una facilità immane, e le diedero persino l'impressione di
nuotare tra l'acqua cristallina di un triste oceano grigio,
appannandole la vista e deformando gli oggetti dinanzi a lei tramite un
turbinio di sfumature sconnesse che si muovevano confuse.
Tirò su col naso e iniziò a tremare, e in
quell'istante
la voce di Undyne riempì le mura della stanza,
benché
fosse ovattata e stesse fremendo dall'angoscia: -Oh mio dio. Oh mio dio,
Alphy...-
-...N-non potevo n-nascondertelo ancora. Quella sera a teatro... ho
p-pensato a mia madre, m-morta nella nostra povera c-casa nella
periferia della Capitale p-per darmi a-a-alla luce... La s-sua ANIMA
era t-troppo debole per gestire u-un parto e l'hanno s-scoperto troppo
t-t-tardi...-
Il mostro pesce ignorò la fasciatura a proteggerle
il ventre e si piegò verso di lei, allungando
quindi
le sue braccia per sfiorarle i polsi e comprendendo che ora, in
quell'attimo che sperava passasse presto, ci fossero delle ferite che
necessitavano davvero
di guarire il prima possibile.
-Oh Alphy... Mi dispiace, mi dispiace tanto. Non immaginavo... una cosa
del genere.- le disse con tono morbido e infelice, sentendosi in colpa
per aver infangato tali ricordi con romanticherie esagerate e paure al
limite del ridicolo.
Un paio di singhiozzi intanto uscirono dalle labbra della sua amata, le
lacrime sempre accuratamente celate dietro le palpebre e soltanto una
manciata di brividi a manifestare il suo stato d'ANIMA.
-V-vorrei... solo che fosse f-f-fiera di me... Mio p-padre invece... mi
invitava a n-nascondermi, e anche per questo ho puntato al p-posto di
scienziata r-reale, per la nostra famiglia, la nostra s-situazione. Lui
è s-scomparso qualche tempo dopo, non approvava le m-mie
aspirazioni...
Non so c-che fine abbia... a-abbia fatto...- raccontò
Alphys,
intrecciando le sue dita con quelle cerulee del mostro pesce.
-Amore, tua madre è fiera di te, come lo sono io, e come di
sicuro lo è tuo padre. Ovunque lui sia.- disse la Spearish
nel
tentativo di consolarla, dando a ciascuna sillaba un valore vivo e
sincero.
-M-ma, ma non riuscirò a s-sentire quelle parole da loro
n-nemmeno da morta, siamo destinati a d-dissolverci nel nulla
più assoluto, altro che p-paradiso, a-altro che... hic...-
Terminò la sua riflessione pessimista chinando il capo e
affondando il muso nelle mani scosse dai singulti, ancora sorrette
fermamente da quelle di Undyne. Quest'ultima concesse alla sua ragazza
di sfogarsi in tutta tranquillità, consapevole che la
Dinozap lo
avrebbe fatto senza il minimo timore di essere giudicata; non avrebbe
compiuto una nefandezza del genere per nulla al mondo, sentirla anzi
così vicina e disposta a mettere a nudo le sue emozioni non
poteva che accrescere il suo amore per lei in maniera esponenziale.
-Tesoro... sono qui, ci sono io. Non ti abbandonerei mai, lo sai.
Piuttosto
sfiderei la natura stessa con le mie lance per stare accanto a te anche
dopo la mia morte.-
-Oh...! Oh, U-Unnie...!- aveva squittito Alphys fintanto che la
guardava di
sottecchi e scuoteva il muso dall'alto in basso.
L'umore delle due migliorò col passare della mattinata.
Parlarono di dolori che avevano già avuto fine, e di care
amicizie che invece sarebbero durate da lì fino al tramonto
dei
tempi.
Discussero su progetti per il futuro all'apparenza lontani e
irraggiungibili, che tuttavia grazie al dialogo si aprirono in nuove
strade dall'impronta razionale e dal gusto allettante: una avrebbe
avvisato della sua assenza al concorso causa infortunio, l'altra
avrebbe fatto domanda per entrare a insegnare nella scuola dei mostri.
L'ultima fu una decisa presa di posizione di Alphys che andava ben
oltre l'essenzialità della stessa, e che rifletteva il suo
desiderio di contribuire a rendere meno problematici gli eventi che
la vita aveva di sicuro tenuto in serbo per loro. Sapeva che bisognava
dare il massimo e stringere i denti per scorgere all'orizzonte un
piccolo barlume di speranza altrimenti confutabile, soprattutto in un
mondo pieno di avversità e ostacoli spesso invalicabili.
Quella
mattina in particolare e anche nei giorni a venire, la Dinozap
scoprì che nessun mostro sarebbe stato risparmiato dalle
suddette complicazioni.
Stava passando lentamente e dolcemente il palmo della mano sulla
guancia sinistra di Undyne, quando nel corridoio affollato di pazienti
in via di guarigione e familiari apprensivi risuonò il
cinguettio ansimante di un'infermiera.
-Signore, la prego! Venga qui!-
Guardò in direzione della porta con non troppa attenzione,
ma la
riacquistò in men che non si dica allo stridere familiare
della
rotellina di Mettaton, il quale comparve all'entrata della camera e si
precipitò al suo fianco.
-Alphys! Undyne, che... cosa ho fatto...!- pianse rivolto alle due
ragazze emettendo dei sibili piuttosto innaturali, al che Alphys,
notando i graffi sugli arti snodabili e i ripetuti fremiti a scuotere
tutto il suo corpo metallico, scese dallo sgabello e provò
ad
avvicinarlo a sé.
-Oh m-mio dio! Mettaton t-tu hai la f-f-febbre alta, hai b-bisogno che
ti...-
Il Bloonket fuori dal comune ignorò l'esclamazione
dell'amica e
fronteggiò con i suoi pannelli dalla luce opaca
ciò che
gli si parò davanti nel suo insieme; non si
capacitò
degli orrori che la coppietta aveva dovuto sopportare, e convinto di
esserne l'artefice si ritrasse dal tentato abbraccio e
scivolò
indietro facendo scricchiolare la gambina di ferro malconcia.
-Oh no... Io non volevo questo, è colpa mia, è
solo colpa
mia! Se solo non mi fossi ammalato, se non avessi...!- si interruppe di
colpo, neppure le sue parole al sicuro dal malanno specifico della sua
condizione.
-Mettaton, diamine, non...- fece Undyne inutilmente inclinando il
collo, frastornata.
-Ti p-prego, resta q-qui in ospedale, ho la b-borsa con tutti gli
attrezzi, t-ti curerò...!-
Neanche la supplica della sua compagna aiutò a ristabilire
l'ordine nella mente del mostro fantasma, oramai un fantoccio inerme
gettato negli abissi del puro sconforto.
Il robot mosse flemmatico la rotellina per riposizionarsi di fronte
all'ingresso della stanzetta, proprio dove l'infermiera dalle piume
color
caffè stava osservando la scena stupefatta, e
appoggiò un
guanto sui pulsanti a manovella rotti e inservibili prima di far uscire
dai suoi componenti in metallo un sussurro funereo: -No... Io... io non
mi merito...-
-Signore, stia calmo!-
-M-Mettaton!-
-Ehy, tostapane, vieni qui!-
Non poté reggere ulteriori voci soffocanti o visioni in cui
la
sofferenza la faceva da padrone. E con la magia che ribolliva rovente
sopra al suo display, Mettaton percorse il corridoio a ritroso e
fuggì,
un'unica promessa a riecheggiare nella struttura e ad attirare gli
sguardi sbalorditi dei curiosi su di lui.
-Vi vendicherò, ti
vendicherò!!-
***
-...Mi vendicherò, stanne certa!-
-Okay, okay.-
La bambina distese le piccole labbra rosa e ritrasse la manina
per
riadagiarla dall'altro lato del vasetto, di modo che risultasse
pressoché inesistente il rischio di far cadere sul pavimento
quel fiore scorbutico assieme alla terra umida a circondargli le radici.
Dal suo tocco gentile aveva guadagnato una minaccia che non ebbe alcun
effetto intimidatorio su di lei, se non
incrementare la sua vena giocosa e trasmetterle un'ondata di tenerezza
quasi dolorosamente commovente.
Era solita dare il buongiorno a Flowey ogni mattina con una carezza
sulla cima del capolino che gli faceva da viso, e il
gesto a seconda dei casi veniva ricambiato o da un insulto, o da un
brontolio assonnato.
Quel giorno il suo bizzarro compagno di stanza era già
sveglio
quando si era alzata sobbalzando sulle lenzuola e si era incamminata
con l'ANIMA in gola per recarsi in soggiorno, dimenticandosi
apparentemente delle sue vecchie e tenere abitudini. Ciononostante,
come di consueto, Frisk si era prima preoccupata di dimostrare il suo
forte attaccamento sollevando il vaso appoggiato sul comodino e
portandolo con sé, in vista delle coccole che sarebbero
comunque arrivate; aveva sfiorato la fronte di Flowey una volta giunta
a metà strada, e la sua reazione per quanto scontrosa non le
era
sembrata così maligna e aggressiva.
-Okay un corno, lo farò davvero! 'Ste schifosaggini
sdolcinate non le
sopporto!! E tu lo sai!-
proseguì il fiore scoprendo i denti, deciso a non farsi
mettere i piedi, o meglio, le mani in testa.
Quella lasciò passare qualche secondo prima di rispondere,
mentre le sue gambine moderarono poco a poco l'andatura spedita con la
quale aveva inaugurato un giorno di fine estate che sarebbe rimasto
nelle memorie di tutti i mostri. In quei minuti ancora ignari di
qualsiasi avvenimento rilevante, tuttavia, i pensieri che le
affollarono
la testa furono ben altri, e sotto un occhio attento forse fin troppo
complessi per una bambina della sua età.
Lei sì, sapeva.
Flowey era incline al litigio e chiuso nel suo guscio di rabbia e
cinismo in qualunque momento riuscivi a interagirci, un mascalzoncello
letteralmente senz'ANIMA e - per questo motivo - privo di buoni
sentimenti o della capacità di riconoscerli e ricambiare con
gli
stessi; era però il figlio creduto morto dei suoi genitori
adottivi, un Fiore Dorato pregno dell'essenza vitale di Asriel che
tramite un'iniezione di DETERMINAZIONE eseguita dopo la sua dipartita
da
una giovane, ingenua Alphys, aveva acquistato volontà
d'essere.
Frisk aveva potuto entrare in contatto con la vera forma del
piccolo mostro capra al termine della sua personalissima avventura nel
Sottosuolo, e la loro breve benché piuttosto intensa
conversazione non aveva lasciato alcun dubbio
sulla sua vera natura: si trattava di
un bambino con le sue paure e le sue gioie, dei desideri e sogni in
parte infantili o in alternativa condivisibili da chiunque, e un amore
incondizionato per la sua famiglia andata in rovina.
Era proprio come lei.
Ecco perché in realtà il suo stuzzicarlo di
continuo non era certo un modo per prendersi gioco di lui, ma anzi un
disperato espediente per cercare di far
riemergere dei sentimenti che non fossero indicativi di un odio
perenne,
o che potessero comunque discostarsi dai cenni di stizza e dalle offese
sempre dietro l'angolo. La sola idea di riuscire
nel suo intento le infiammava l'ANIMA di un'energia inaudita, e al
ricordo delle miriadi di rispostacce che aveva ricevuto le piaceva
pensare che Flowey, pur se in maniera impercettibile, stesse cambiando in
positivo.
-Va bene, mi terrò a mente che preferisci meno coccole.-
sorrise
di nuovo fintanto che avanzava verso la porta che conduceva al
soggiorno, e ignorando l'occhiataccia del fiore vista di sfuggita, la
piccola umana
sostituì il suo sguardo divertito con uno
più
serio: -Dai, andiamo da mamma e papà. Non vuoi sapere se le
zie
stanno bene?-
-Bah...- fu il suo prevedibile commento, dopodiché
chinò
il capo per fissare il terriccio sotto di lui ed evitare di incrociare
gli occhi dei genitori, le cui voci risuonarono ormai vicinissime.
Frisk li trovò seduti ai lati opposti del lungo tavolo al
centro
della stanza, e a quella visione le venne spontaneo chiedersi quando
li avrebbe visti occupare
finalmente due sedie una vicina all'altra, disposti insomma a
dimenticare le loro incomprensioni.
...Perlomeno, dalla parte di Toriel.
-Ciao cara, il latte con i cereali è già pronto.
Stavo
per venire a svegliarti.- la salutò la Pyroat
generando un'espressione
serena e indicando una tazza colorata dalla quale si elevavano
frequenti
sbuffi di vapore.
-Ciao mamma, ciao papà.-
-Buongiorno, piccola Frisk. E anche a te, Floweet birbante.-
ridacchiò Asgore mostrando i canini appuntiti, ma dalla
smorfia
della sua ex-moglie qualcosa gli disse che la battuta non era stata
gradita.
-...Solo birbante mica tanto, se dice ancora parolacce come ieri
dovrò pensare seriamente di fargli saltare la cena.-
affermò con severità osservando quello che
credeva essere
un esemplare di una specie inventata da Frisk. -Non voglio che ti sia
di cattivo esempio.-
-Non le dirò mamma, ok? Lui lo sa di aver sbagliato.- la
rassicurò, e sentendo tali parole Flowey inclinò
ancor
più la corolla e fu percosso da un brivido, uno che fu
percepito anche da colei che lo stava tenendo stretto al suo fianco
sinistro.
-Ci sono notizie su zia Undyne e zia Alphys? Stanno bene?-
domandò la bambina DETERMINATA a cambiare argomento, e si
avvicinò così al tavolo posando il vasetto di
plastica
sul legno duro e accomodandosi nella sua sedia a misura d'uomo.
-Stanno bene, cara. Prima che tu ti svegliassi abbiamo ricevuto un
breve messaggio, stanno tornando a casa proprio adesso dall'ospedale.-
rispose Toriel con tono amabile e calmo.
La sua usuale dolcezza però nelle frasi a seguire non
trovò alcuno spazio vista la reazione della
figlia, la quale abbassò il mento e strinse le manine a
pugno.
-Mi... sento in colpa...- mormorò sconsolata mentre
contemplava
apatica i cereali che galleggiavano placidi sulla superficie del latte,
una discreta colazione scaldata pochi minuti prima dalle
fiamme magiche
della madre.
Quella incrociò le lunghe braccia e il suo volto si
rabbuiò, soltanto per essere compromesso ulteriormente
dall'intervento di Asgore.
-Frisk, non temere, ok? Migliorerà la situazione, vedrai.-
-Pensavo... che qui in Superficie avreste potuto vivere tutti meglio.
Forse devo fare di più, devo di nuovo parlare di persona con
il
s-...-
-FRISK, tesoro. Fai colazione tranquilla, guardati i cartoni alla TV.-
si intromise furente la Pyroat porgendole il telecomando e guardando
truce il mostro capra con cui, per amore della giovane umana, aveva
deciso di vivere sotto lo stesso tetto.
Il televisore fu acceso come unico fine di obbedire a una Toriel
già irritata di suo, e Frisk non badò nemmeno al
canale
scelto in automatico dal dispositivo; tutto ciò che
captarono le
sue orecchie furono i borbottii alterati della madre e quelli esitanti
del padre. Sebbene non avessero intenzioni ostili a lei, il
loro vociare divenne un sottofondo decisamente
insostenibile per una bambina in tenera età che desiderava
solo la felicità e il benessere dei suoi amici, e forse
anche alleggerire i pensieri opprimenti che gravavano sulla sua
ANIMA...
-...Non dovevi chiederle una cosa del genere, ma come ti è
venuto in mente?!-
-Il... discorso del portavoce? Pensi ce l'avremmo fatta da soli?-
-Asgore, è solo una bambina, questa è una
responsabilità troppo grande. Sta persino venendo con te per
presenziare ad alcune assemblee, per quanto lei abbia deciso di
aiutarci non possiamo pretendere tutto questo!-
-Toriel... pensavo fosse una buona soluzione. Ma... non ho pensato
attentamente a quanto sarebbe stato difficile farsi accettare in un
mondo
nuovo. Hai ragione, è troppo piccola. Ho sbagliato.-
-Tu ne hai fatti a valanghe di sbagli, Asgore Dreemurr!-
-C-cosa suggerisci per...-
-...Ahó,
il canale dei cartoni è il dodici,
Frisk.-
Il rimprovero di Flowey riuscì a riportare sulla retta via
la
mente della bambina, e quest'ultima abbozzò un sorriso
nell'udire il proprio nome uscire con una sfumatura incredibilmente
scherzosa
da quelle labbra sputa-veleno.
Tuttavia il dito non arrivò a sfiorare neppure di striscio
il
bottone del telecomando, poiché l'immagine che vide nello
schermo davanti a lei la paralizzò sulla sedia del soggiorno.
In televisione c'era Mettaton, che con le sue braccine grigio scuro e
il corpo squadrato stava spintonando di continuo l'inviato munito di
microfono per essere ripreso dalla telecamera, certo fino alle polveri
più intime che il suo avvertimento traboccante di disprezzo
sarebbe arrivato a destinazione.
-...TU! Tu... se mi stai
ascoltando...-
-Via, portatelo via!-
giunse
un grido fuori campo, seguito da rumori e tonfi sia ovattati sia vicini
all'obiettivo traballante e ora perfino dalla messa a fuoco instabile.
Tre uomini si gettarono quindi sul robot cercando di immobilizzarlo e
separarlo dal giornalista in preda al panico a cui era stato sottratto
il microfono, ma all'improvviso Mettaton smise di opporre resistenza.
-...La... pagherai...
per aver ferito... Alphys... Sappi... ques-...-
Il Bloonket non arrivò all'ultima sillaba, e cadde inerme al
suolo.
Ci fu un sibilo acuto che andò scemando e che
vibrò nei
timpani di ciascun essere testimone di quella scena spaventosa; ne
conseguì un silenzio glaciale, attonito, inorridito, poi
rotto
dal parlare sfrontato e ignorante dei giornalisti dentro lo schermo.
-...E adesso che
facciamo?-
-Ma sarà un
mostro?-
-Ma no, è un
robot, buttatelo da qualch-...-
-INTERROMPI il servizio,
interro-...-
L'inquadratura si annerì e fu sostituita dallo studio
perlaceo
occupato dalla conduttrice del telegiornale, la quale dedicò
tre
secondi appena per scusarsi dell'accaduto.
Nella dimora dei Dreemurr, gli occhi dei presenti erano fissi sul
televisore. Se il loro sconcerto avesse potuto avere un suono, esso
sarebbe stato sovrastato esclusivamente dalla domanda vacillante di
Flowey.
-...È... è morto...?-
Questa volta Frisk non dette peso alla dimostrazione di empatia nel
tono di voce del fiore: scattò in piedi in modo talmente
fulmineo che la tazza si rovesciò sul tavolo,
dopodiché si precipitò verso la porta d'ingresso
con Asgore alle calcagna e uscì all'aperto senza mai
smettere di correre, il battito dell'ANIMA a
martellarle la gabbia toracica minuta.
Avrebbe tanto voluto che almeno metà di quei battiti
potessero
raggiungere, così da poter virtualmente tenere in
vita, il mostro che era sparito
dall'inquadratura in maniera ben lontana da come i suoi spettatori
erano stati abituati, e pregò che tale attimo di sgomento
potesse essere un caso isolato
nei giorni ancora numerosi da trascorrere in Superficie.
Credeva l'esatto opposto di quanto aveva detto Flowey, che lei potesse
agire prima della tragedia, e questi pensieri la riempirono di
DETERMINAZIONE, deformando lo spazio-tempo a pochi passi dal cancello
di casa.
...E il piano B fu così predisposto.
Eh sì, questo capitolo è mooolto particolare per i miei standard, ed il prossimo lo sarà ancora di più! Ho scritto qui per la primissima volta in modo dettagliato su Frisk e Flowey, e nel settimo esplorerò altri personaggi... spero che gradiate! Ovviamente Alphys e Undyne saranno sempre presenti, dopotutto ho bisogno delle scene pucciose con loro due, gniiiii! xD Mi auguro di non aver turbato nessuno con il racconto di Alphys nella
Prossima tappa: capitolo 7! A presto!