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Autore: lapacechenonho    09/11/2020    3 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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5- 009: Things you didn’t say at all (Le cose che non hai detto affatto).
 
Il secondo anno di Ginny Weasley si era concluso abbastanza bene, col tempo la gente aveva smesso di guardarla come l’erede di Serpeverde, e aveva iniziato a guardarla come Ginny, una normale ragazza di Hogwarts della casa di Godric Grifondoro.
Così il secondo anno aveva aperto la strada al terzo che Ginny salutò con una strana allegria, forse era dovuto alla Coppa del Mondo a cui era appena stata, nonostante il Marchio Nero che aveva preoccupato tutti, lei si era divertita tantissimo, come poche volte nella vita. Quella serenità era durata molto poco però. Quell’anno ad Hogwarts si teneva il Torneo Tremaghi, anzi Quattromaghi visto che eccezionalmente quell’anno era stato selezionato Harry Potter, un mago minorenne a cui era assolutissimamente vietato di partecipare. Ma qualcuno al posto suo aveva inserito il nome nel Calice di Fuoco, Ginny ne era fermamente convinta, solo uno stupido poteva credere il contrario. Uno stupido come suo fratello, per l’appunto.
Ron arrivò in Sala Comune sbattendo la borsa sul tavolo dove Ginny stava studiando. Guardò il fratello con un’aria omicida. «Starei studiando» disse stizzita spostando la cartella del fratello dal libro di Trasfigurazione.
«Harry, quello stupido…» borbottò lui senza manco ascoltare Ginny.
«Ancora con Harry? Ma ti pare che metterebbe mai il suo nome nel Calice?» gli chiese leggermente infastidita.
«Lo dici solo perché sei cotta di lui!» esclamò il fratello con l’espressione dura.
«Sono finiti i tempi in cui gli andavo dietro» mentì con fare superiore. «E sai anche tu che ho ragione io. Lo crede anche Hermione, solo tu sei così deficiente da non credergli!» le orecchie di Ron divennero dello stesso colore dei capelli di Ginny: rosso fuoco.
«Sta’ zitta» rispose Ron senza rispondere veramente alla sua affermazione. Ginny lo prese come un buon segno e gongolò per poco prima di tornare al suo paragrafo di Trasfigurazione.
«Secondo te davvero non c’entra niente Harry? Secondo te è stato incastrato?» chiese ad un certo punto Ron, Ginny alzò gli occhi dal suo libro per guardare il fratello.
«Certo» rispose lei convinta.
«Quindi secondo te dovrei chiedergli scusa?» Ginny alzò le spalle.
«Mi sembra abbastanza ovvio» ammise.
«E come dovrei fare?» chiese. Ginny sospirò e gettò la testa all’indietro esasperata.
«Be’ suppongo che andare da lui e dirgli ‘scusa Harry, sono stato un cretino totale’ dovrebbe funzionare» rispose con nonchalance. Ron si rabbuiò.
«Sei inutile» sbottò chiudendo con forza la copertina del manuale di Incantesimi e alzandosi. Ginny alzò gli occhi al cielo.
«Dico solo che probabilmente anche lui sarà spaventato, è stato selezionato per un Torneo potenzialmente mortale e le uniche persone su cui può contare siete tu ed Hermione e tu hai deciso di fare l’amico geloso» spiegò.
«E secondo te cosa dovrei fare?» domandò in piedi al suo posto.
«Chiedigli scusa, prova a dargli qualche suggerimento. Abbiamo saputo che Charlie è qui, dopotutto» suggerì alzando un sopracciglio. «Potresti offrire questa informazione in segno di pace» continuò.
Gli occhi di Ron si illuminarono e corse verso i dormitori maschili. Ginny invece rimase seduta in quella poltrona scarlatta a contemplare il mosaico della finestra su cui cadevano pesanti gocce di pioggia. Ron non sapeva la fortuna che aveva ad essere amico di Harry e gettava la spugna così, per un po’ di gelosia.
Non aveva idea di cosa avrebbe dato lei per passare anche solo un’ora del suo tempo per essere Ron e poter passare del tempo con Harry. Ci volle un po’ prima che si rendesse conto che non pensava più Harry come quel ragazzo che fino all’anno prima sognava di sposare. Voleva conoscere Harry, voleva sapere quali erano i suoi pensieri e le sue paure, voleva essere quella persona che gli diceva “va tutto bene” mentre tutto va male. Non voleva Harry Potter, voleva Harry il giocatore di Quidditch, il ragazzo al quarto anno di Grifondoro. Guardò Harry seduto qualche tavolo più in là; era arrivato da poco anticipato da Hermione, Ginny quasi senza pensarci sorrise, ricordando la conversazione dell’anno prima con Hermione. Harry aveva l’aria stanca, chissà se la notte dormiva o i pensieri troppo ingombranti occupavano la sua mente anche nelle ore notturne.
Continuando a guardarlo, cercava di trovare una risposta ad ogni suo dubbio. Ma, si disse, la Legilimanzia e l’intuizione non erano suoi amici.
Sospirò e sprofondò la testa dentro il libro. Poi la rialzò e appoggiò il mento tra la piega delle pagine. «Buona fortuna, Harry» disse così piano che solo quei fogli scritti poterono udire ciò che aveva detto.
 
«Se ti può consolare, Ron non ha carpito molto bene il tuo consiglio» disse Harry con un sorriso sghembo.
«Sì, mi ricordo molto bene, purtroppo» rispose lei con gli occhi chiusi, annusando l’odore del marito.
«Però poi alla fine mi ha chiesto scusa».
«E meno male! Quella volta è stato una totale zucca vuota!» esclamò Ginny come faceva quando parlava di qualche danno compiuto a scuola dai suoi figli. Harry rise e poi la guardò mentre lei continuava a guardare la strada. Il pomeriggio pian piano trascorreva e il sole calava su Godric’s Hollow ma a nessuno dei due importava più di tanto. Avevano iniziato quel momento tutto loro e nessuno li avrebbe distratti.
«Perché non mi hai mai augurato buona fortuna? Sarebbe stata una cosa carina» chiese Harry incuriosito.
«Oh andiamo! La sorella tredicenne del tuo migliore amico che ha una cotta per te che viene a dirti buona fortuna! Mi avresti scambiato per un’idiota e io in quel momento ero troppo impegnata a recuperare la mia dignità» rispose tra il piccato e il divertito. Harry alzò le mani in segno di resa.
«Adesso ti tocca una punizione, quindi faccio di nuovo io la domanda» dichiarò con un tono che non ammetteva regole. Ginny sbuffò spazientita. «Durante i tuoi anni ad Hogwarts sono stato davvero una brutta persona con te, insomma, potevo anche usare più tatto» iniziò. «Qual è stata la cosa peggiore che ho detto? Quella che ti ha proprio fatto sentire uno schifo?»
Ginny alzò la testa e lo guardò nelle iridi verdi, con la testa, invece, tornava a quel Natale 1995.

 
   
 
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