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Autore: Doux_Ange    10/11/2020    0 recensioni
E se qualcuno iniziasse a soffrire di insonnia? Quale miglior modo per ovviare al problema, se non attraverso le favole della buonanotte? Naturalmente rivisitate, con Anna e Marco per protagonisti!
[La raccolta si inserisce nel contesto di DM12 - 2.0, perché troviamo i nostri personaggi Vocina, Grillo e Lottie, ma può essere letta comunque, perché le 'storie' saranno ambientate tra DM11 e DM12, quindi i due anni off-screen]
Buona lettura!
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LE FAVOLE DI VOCINA E GRILLO
 
Cenerentola
 
 
Cri cri... cri cri... cri cri...
 
Cos’è questo tono triste, Grillo? Tutto bene?
 
No! L’insonnia sta peggiorando, non so più come fare... sono esausto! E per quanto io possa essere stanco, la notte non riesco a chiudere occhio. Tu, piuttosto? Sei sicura di sentirti bene, Vocina?
 
Io? Sicurissima, alla grande. Perché?
 
Mi hai chiesto come sto, non è da te. Mi fai venire i dubbi.
 
Giusta osservazione, in effetti. Sai, Grillo, forse l’insonnia tanto male non ti fa, anzi.
 
Scusa, in che senso? Quindi mi farebbe bene, secondo te, non dormire?!
 
Paradossalmente, sei più sveglio del normale.
 
Ha-ha, molto divertente. Mi sto sbellicando dalle risate. Non sono in vena, Vocina, non reggo le tue cattiverie!
 
Eddai! Non ti ho mai visto così abbattuto. Guardati, ti stanno cascando le antenne! Non posso credere che sto per dirlo veramente...
 
Cosa?
 
Che bisogna intervenire subito! Non dirlo a nessuno, ma mi manca il vecchio Grillo, quello che mi tiene testa, quello con cui posso battibeccare a non finire... insomma, il vero te! Ne ho abbastanza di questa versione mogia e grigia, questo muso lungo non ti si addice.
 
Lo vedi, che mi vuoi bene?
 
Mi duole ammetterlo, ma se ti fa stare meglio: sì, in fondo - molto, molto in fondo - ti voglio bene.
 
Wow, due su due! Io comincio davvero a preoccuparmi!
 
Ehi, non fregare le battute a Marco, ché me le ricordo! C’ero anch’io quando l’ha detta lui questa frase, ad Anna, in ufficio!
 
Sì, okay, ma devi riconoscere che comunque mi hai dato ragione per due volte. Ci sta, no?
 
Se lo dici tu... Comunque, mi hai fatto perdere il filo del discorso, mannaggia! Prima che mi interrompessi, stavo dicendo che abbiamo capito la soluzione ai tuoi problemi siano probabilmente le favole, no? Forse è ora di iniziare a scriverne qualcuna. Almeno verifichiamo se funziona!
 
Va bene, anche se dubito saranno belle come quelle del Maresciallo C., ma tentar non nuoce. Hai qualche idea?
 
Una, forse. Potremmo impostarla così, senti- Ma che è tutto ‘sto baccano?!
 
 
“Chiara, si può sapere che stai facendo?” esclama un’indispettita Anna, quando si accorge che sua sorella, in visita a Spoleto per qualche giorno, in teoria ospite del maresciallo (sua madre Elisa vive ormai con lui), ma in pratica sempre a casa sua, sta trafficando accanto al televisore, con una chiavetta usb stretta tra le dita. Hanno finito di cenare da poco.
Al tono minaccioso del Capitano, Chiara fa semplicemente spallucce, senza scomporsi troppo.
“Che domande... metto il mio film preferito: Cenerentola!”
“NO! Cenerentola no, di nuovo?!” arriva il commento sconsolato di Marco, intento ad aiutare Ines con il progetto di storia. La bambina ridacchia, gettando un sguardo furtivo alla piccola Carlotta, impegnata a giocherellare con un peluche seduta nel suo box.
Chiara rivolge al cognato un’occhiata infastidita, prima di voltarsi di nuovo verso la sorella.
“Perché non dici a tuo marito di evitare certi commenti sul mio film preferito, eh?”
“Magari perché la penso come lui...?” è la risposta piccata di Anna.
La maggiore delle Olivieri alza gli occhi al cielo, scuote la testa, ma abbandona l’intento, mettendosi a gironzolare nel salotto della villetta. Temporaneamente, se non altro.
 
 
Niente di grave, solo l’ennesimo battibecco su Cenerentola.
 
Beh, penso sia l’unica volta in cui siamo tutti d’accordo che quel film ha stancato.
 
Devo darti ragione, Vocina. È sempre uguale, scontata, la storia... La principessa sguattera, la Fata Madrina, il Principe che tanto sveglio non mi sembra... troppo monotona! Non adatta ai tempi! Ce ne vorrebbe una versione moderna, frizzante, con personaggi più ad-
 
Ecco la prima fiaba, allora!!
 
... Ma se abbiamo appena detto che è scontata?
 
La versione tradizionale di Perrault! Non la nostra?
 
‘Nostra’?
 
Sì, la prima fiaba di V. e G.!
 
Di chi?!
 
Mia e tua, scemo! V.=Vocina e G.=Grillo!
 
Ahhhh...! Aspetta un attimo: se V sta per Vocina e G sta per Grillo, la C di Maresciallo C. sta per... per... Per cosa sta?
 
Per un attimo avevo creduto veramente ci saresti arrivato. Pretendevo troppo, niente da fare.
 
Ma quindi tu lo sai davvero!!! Ma perché non me lo dici, così la finiamo?
 
Perché così è più divertente. Mi piace vedere che ti scervelli inutilmente.
 
Ti piace farmi passare per scemo, infatti. Ma tanto prima o poi lo scopro, chi c’è dietro la C! E ti dimostro che non sono scemo!
 
Più poi che prima... per il fatto dello scemo, è tardi, in ogni caso. Non c’è niente da recuperare.
 
Ehi!
 
Se la smetti di interrompermi ancora, possiamo tornare alla nostra fiaba. Sei pronto a narrare la nostra versione di Cenerentola?
 
Perché, l’abbiamo già scritta? Quando? Perché non me lo ricordo? Non è che sono sonnambulo, e faccio cose nel sonno e poi me lo scordo, e mi sembra di essere sveglio e non lo sono? O è demenza senile? Non sono così vecchio, però...
 
La tua è demenza, senza senile. E no, non l’abbiamo scritta, l’abbiamo vissuta! Non ci resta che rievocarla.
 
AH! Ho capito a cosa ti riferisci!
 
Vedi che ogni tanto i tuoi neuroni fanno contatto?
 
  • ha, mi sa che è il rimedio giusto, inizia già a funzionare! Posso cominciare a raccontare io? Così ti mostro quanto sono bravo, e la smetti di prendermi in giro.
 
Quanto sei borioso! Bene, prego, Signor Grillo Parlante, il palcoscenico è suo! Lottie è già attenta!
 
Perfetto! Hem-hem...
 
C’era una volta...
 
... non molto tempo fa, in realtà, una incantevole Capitana, cresciuta in terre spoletine con sua madre e sua sorella. Il padre, purtroppo, è venuto a mancare molti anni fa, quando lei era solo una bambina, per un errore giudiziario. Da allora, la principessa di divisa vestita si è posta come obiettivo principale di lottare in ogni modo affinché simili sbagli non si ripetano. Affinché altri non debbano sopportare il dolore che lei ha sofferto. La sua vita, insomma, non è più stata la stessa.
 
Anna - questo il nome della nostra principessa - è una ragazza intelligente, tosta, determinata, ma anche sensibile ed emotiva. Una che davanti al male si sa ancora commuovere. E forse proprio per via del suo carattere algido i rapporti in famiglia non sono sempre stati idilliaci. Non che Anna negherebbe mai che grande lavoro abbia svolto sua madre Elisa nel crescere lei e sua sorella Chiara - da sola.
Nel corso degli anni però, sono state numerose le litigate con la madre, che l’avrebbe voluta più femminile, più donna di casa, dedita alla famiglia. Anna però non ne aveva mai voluto sapere. L’abito da principessa si era sempre rifiutata di indossarlo, perfino a Carnevale quando tutte le bimbe pregavano i genitori di poterne avere uno. Molto più comodo quello di Zorro, con tanto di mantello e spadino, per raddrizzare i torti. Anche per questo, i diverbi ci sono stati anche con sua sorella, perché al contrario, Chiara ha sempre voluto essere una principessa, e quel sogno lo insegue ancora.
Sì, sì, lo sappiamo cosa state pensando... questa storia, con Cenerentola, non c’entra proprio niente!
Solo in apparenza però, se vi fermate all’aspetto estetico ed esteriore. Anche perché, siamo solo all’inizio della narrazione, e questa non è la versione classica. Vedrete. Anzi, leggerete.
 
Anna è appena rientrata a casa, in quell’appartamento che non le appartiene giuridicamente, lo ha solo in affitto, ma che di fatto percepisce come suo perché conosce tutto di lei. Ne hanno viste di tutti i colori, quelle quattro mura: fin da quando le è stata affidata la caserma di Spoleto, è qui che si rifugia ogni qualvolta le cose sembrano sfuggirle di mano e ha bisogno di stare un po’ da sola. È qui che aveva pianto per Giovanni, dopo aver ricevuto un aiuto inatteso dal maresciallo Cecchini, perché il suo ex fidanzato, invece della proposta di matrimonio che pensava di ricevere, le aveva confessato di voler intraprendere la strada del sacerdozio.
È qui che, dopo anni a temere il giudizio di sua madre, Anna aveva trovato il coraggio di dire ad Elisa che non aveva più bisogno che si occupasse di lei, e della sua supervisione per ogni cosa. Che era cresciuta, ed era pronta ad affrontare la vita con le sue forze, anche se significava rischiare di inciampare ad ogni passo, altre volte a cadere senza possibilità di scampo, a commettere errori su errori. Ma era arrivato il momento di far da sé, consapevole che comunque, in caso di necessità, avrebbe certamente trovato qualcuno pronto a porgerle la mano per aiutarla.
Ed è sempre nello stesso appartamento in cui adesso è seduta a cenare, che la prima magia ha avuto luogo. Sì, magia. Le farfalle allo stomaco che si mettono a sbattere le ali quando dai il primo bacio all’uomo più impossibile del mondo. Un uomo in apparenza burbero, cinico, perfino maschilista, che però dietro giacca, cravatta ed espressione dura nasconde un animo nobile. Un uomo che ti fa esasperare come nessuno, ma che c’è anche quando gli chiedi di allontanarsi, quando gli dici che non hai bisogno di aiuto, almeno a parole. Proprio perché quell’uomo è in grado di leggere il tuo sguardo e capire che in realtà vorresti solo restasse.
 
La sera in cui quella magia era avvenuta, Anna aveva negato con tutte le sue forze di aver sentito quelle farfalle.
Non era giusto. Non era il momento. Non era lui l’uomo di cui si sarebbe dovuta innamorare. Perché lui, con i suoi ricci biondi (da vero principe, insomma), una giacca per mantello, una moto per destriero e un’ironia tagliente per spada, era un collega. Un collega, al massimo amico.
Perché mai quel principe azzurro avrebbe dovuto spendere più di uno sguardo, per lei? E poi era l’opposto di ciò che voleva. Non aveva niente da spartire con lei.
Eppure... eppure c’era qualcosa, in lui, che l’aveva attratta fin dal primo incontro. Qualcosa che per molto tempo non era riuscita a decifrare, ma che era diventato chiarissimo cosa in realtà fosse quella sera al drive-in. Proprio quando lui, paradossalmente, era impegnato con un’altra - e non un’altra qualunque: sua sorella Chiara.
Quella sera, su un grande schermo scorrevano le immagini di un film che nessuno dei due amava particolarmente - Cenerentola - ma che è il preferito di Chiara. E lì, dinnanzi all’ennesima prova che lui, a differenza di molti altri, la ascoltasse davvero quando parlava, Anna aveva capito perché Marco - questo il nome del principe - la attirasse tanto: perché il suo posto nel mondo era al suo fianco. Ovunque, purché con lui. Il suo nord. E dopo anni passati a navigare alla ricerca di un porto sicuro, lo aveva trovato. Proprio quando aveva smesso di sperare.
 
Con un sospiro, Anna ripone il piatto nel lavandino una volta terminata la cena, apprestandosi a lavare le stoviglie sporche mentre la sua mente è ancora ferma sui ricordi. Sorride, pensando a quanto la sua vita sia cambiata in così poco tempo. E a quanto sia felice. Erano anni che non stava più così bene.
Abbassa lo sguardo, il sorriso che si trasforma in una smorfia. Un po’ si sente in colpa, per quella felicità. Perché quel giorno che per lei è stato il primo da vivere con gioia, l’inizio di una storia nuova, di un amore nuovo, per qualcuno invece è stato l’ultimo di serenità.
Per il piccolo Cosimo, non ci sono più stati momenti felici.
È finita così in fretta che fanno tutti fatica a crederci davvero. È passato qualche mese, ma non è facile accettare che il bambino non ci sia più, che quella malattia terribile se lo sia portato via veramente, in così poco tempo e all’improvviso.
Non è facile lasciarsi il passato alle spalle.
Il bimbo significava molto per Cecchini, ma anche per lei. Per Marco. Perché il maresciallo, quando c’è da coinvolgere tutti nei suoi strambi piani, non c’è nessuno che possa scamparla, e se all’inizio la ‘famiglia Cecchini’ che aveva vinto quel concorso con Carlo Conti era sembrata un’assurdità, col tempo, Anna aveva iniziato a considerarla molto più reale. Molto più vera, perché a quel piccolo si era affezionata sul serio. Avrebbe potuto davvero essere suo figlio, e il dolore per la sua perdita in certi momenti si fa più acuto. E per questo lei si sente in colpa.
Sembra sbagliato essere felici in un momento tanto triste.
Viverla, seppur involontariamente, come una sorta di rivincita, per tutti gli anni in cui era lei quella distrutta dalla sofferenza mentre il mondo continuava a scorrere, incurante e gioioso attorno a lei.
 
Dopo aver riposto le stoviglie pulite, Anna allunga la mano verso il cellulare per controllare se Marco le abbia mandato qualche messaggio nel frattempo, ma si blocca quando nota una busta poggiata lì accanto.
Corruga le sopracciglia, incerta su cosa possa contenere quell’involucro di cartoncino iridescente, con decorazioni di fiocchi di neve in controluce. Non ricorda nemmeno chi gliel’abbia consegnata, né quando, e perché sia ancora sigillata con la ceralacca color argento.
 
“Il Sindaco, in rappresentanza del Comune di Spoleto, è lieto di invitarLa al gran ballo di Natale che si terrà sabato 16 dicembre 2017 presso la Sala Ricevimenti del Comune.”
 
“Ma perché l’ho aperta?!” si rimprovera. “Avrei potuto far finta di non averla mai ricevuta...” borbotta, richiudendo la busta e posandola con disgusto su una mensola della libreria.
L’ennesimo evento a cui deve partecipare obbligatoriamente in quanto Capitano dei Carabinieri. Uno di quelli per i quali esiste un dress code e bisogna presentarsi in abito da sera, tacchi alti e gioielli. Insomma, quelli in cui devi fingerti Cenerentola, e Anna li detesta con tutto il cuore. Non fanno per lei, non si sente a suo agio.
All’ultimo a cui aveva partecipato, l’aveva accompagnata Giovanni. Visto che era aperto anche ai familiari, in quella occasione, Chiara non si era lasciata sfuggire l’invito. Morale della favola: tutte le ragazze fissavano il suo ex, i ragazzi sua sorella. Non che le fosse dispiaciuto: il centro dell’attenzione ha sempre preferito lasciarlo agli altri, e meno la si nota, meglio è. Ma provateci voi, a passare un’intera serata, a un evento a cui non volevate prendere parte, sedute su un divanetto in disparte, a osservare vostra sorella flirtare con i vostri colleghi, e il vostro fidanzato impegnato a spiegare a uno stuolo di fanciulle sbavanti che non fosse lì da solo, ma con la sua fidanzata, per ricevere in cambio di un cenno di saluto... una smorfia sdegnosa.
Si è sempre chiesta se fosse messa così male quella sera, tanto da generare quasi scalpore tra le ragazze presenti. Certo, indossava un anonimo abito nero, e non è mai stata molto femminile anche se adesso ci sta un po’ lavorando su, ma veramente sembrava il brutto anatroccolo? Che, al contrario della favola, si rifiutava categoricamente di diventare cigno, almeno in passato, perché convinto non fosse veste per lei.
Ecco un’altra cosa che detesta, legata a questi eventi: sentir riaffiorare le paure, mostrarsi vulnerabile, spogliata dell’armatura di protezione. La divisa le ha sempre permesso di celare le insicurezze, di difendersi, e senza quella addosso si sente praticamente nuda. Perché la gente ha davanti Anna, e non il Capitano Olivieri. E questo la terrorizza.
Certo, a meno che ad osservarla non ci sia un certo PM... Perché lui vede oltre la corazza, che la indossi o meno non fa differenza. Se c’è una cosa che lui ha sempre fatto, è proprio non giudicarla per l’apparenza. Nel senso - anche quando la considerava una insopportabile, esasperante collega, la sua opinione non aveva niente a che fare con la professione. L’antipatia trascendeva la divisa, nella fattispecie. Perché si trovavano regolarmente a litigare anche fuori dalla caserma, per gli stessi identici contrasti di veduta. Questo all’inizio, perché poi era cambiato tutto, all’improvviso e casualmente. Avevano iniziato a conoscersi davvero, senza filtri a frapporsi tra loro. Marco aveva avuto pazienza - e per un uomo che perde facilmente le staffe è tutto dire! - e aveva aspettato fosse lei ad aprirsi, invece di provare a forzare la conchiglia per scoprire se fosse davvero arida come appariva dall’esterno, o invece celasse una preziosa perla al suo interno.
 
Anna getta un’occhiata truce alla busta, che sembra ridere di lei dall’alto della mensola su cui l’ha riposta.
Vorrebbe tanto declinare l’invito e non presentarsi. Evitare l’ennesima serata seduta in un angolo ad osservare gli altri divertirsi con lei a sperare che finisca in fretta per poter finalmente tornare a casa. Limitare le interazioni lavorative al massimo, perché quel mondo di apparenze e falsi sorrisi non fa parte della sua scala di valori.
Però non può. È un ufficiale, deve andarci.
Ma se ci fosse un modo... quantomeno, se deve partecipare, perché non sia come le altre volte. Per non sentirsi totalmente fuori luogo.
Scuote la testa. È un desiderio irrealizzabi-
Toc toc toc.
Tre colpi alla porta di casa la riscuotono dai suoi pensieri, seguiti da un abbaiare che conosce bene.
Quando fa scattare la maniglia, si ritrova davanti il sorriso che ama e un cagnolone che sembra seguire l’esempio del suo padrone, scodinzolante.
Marco, il Principe in Moto, stavolta è a piedi.
In realtà è un appuntamento abituale il loro, per la passeggiata serale di Patatino, ma lei, sovrappensiero com’era, non aveva fatto caso all’orario né alla fine aveva guardato il cellulare.
“Ciao...” mormora Anna, inspiegabilmente emozionata nel vedere il suo fidanzato. Forse si era lasciata prendere da quei pensieri cupi solo perché lui non c’era.
E infatti, quando lui la stringe a sé per un bacio, ogni altra cosa svanisce.
C’è solo la magia, e le farfalle allo stomaco come fosse la prima volta.
Quando si separano, come spesso accade tra loro, non c’è bisogno di parlare. Marco nota immediatamente qualcosa di strano nello sguardo della sua fidanzata, ma per il momento preferisce non indagare.
“Pronta?” le domanda invece, accennando alla passeggiata, con Patatino che inizia a saltellare tirando in direzione delle scale.
“Prendo la giacca.”
 
Anna e Marco camminano lentamente per le strade semideserte di Spoleto, mano nella mano, come ogni sera da quel Natale d’agosto. È un appuntamento fisso che entrambi attendono con trepidazione, un rito post-lavoro. Un momento, nell’arco delle ventiquattr’ore, in cui sono soltanto loro due, e il resto non conta. Capita che non venga detta neanche una parola, soprattutto se la giornata è stata densa di eventi, ma non è mai un silenzio pesante, quello che intercorre. Anzi.
Non serve la voce, quando i cuori battono allo stesso ritmo, seguendo la stessa melodia.
Sono arrivati in piazza quando Anna cede ai brividi. È dicembre, fa decisamente freddo, e avrebbe dovuto prendere probabilmente un cappotto più pesante. Ma non appena sente Marco cingerla con le braccia e avvicinarla a sé, è certa che nessuna coperta potrà mai essere calda come quell’abbraccio.
Dopo qualche istante, lui decide di rompere il silenzio.
“Tutto bene?”
Due parole, ma azzeccate.
Anna però tentenna prima di rispondere, serrando di più le braccia attorno a Marco e accucciandosi contro il suo petto. Per un attimo teme che stia per svanire tutto, che nessuno ha bussato alla porta di casa strappandola dai suoi pensieri per qualche ora.
Marco, però, la conosce meglio di chiunque altro e per tutta risposta le accarezza la schiena con dolcezza, posandole un lieve bacio sulla fronte.
Quando lei solleva lo sguardo per incontrare gli occhi del suo fidanzato, si rende conto che non ha ragione di aver paura. Tanto basta a farla cedere.
“Sì... si tratta del ballo di Natale del Comune, in realtà,” mormora, spiegandogli il problema.
Al termine del discorso, Marco sorride, sornione.
Anna odia quando fa così: gli ha appena detto di dover presenziare a un evento che detesta, e lui sorride? Gli lancia un’occhiataccia, e lui scoppia a ridere.
‘Ogni. Dannata. Volta.’ pensa, fumante. Si trattiene dallo sbottare non sa nemmeno come.
Ma il suo PM è un passo avanti a lei, che vede sfumare il suo tentativo di protesta quando lui la bacia.
Con una dolcezza che la scioglie come il nevischio che sta iniziando a cadere leggero su di loro.
Tanto basta a farla calmare, e a lasciarsi trascinare sotto il balcone del palazzo a fianco, in attesa che smetta per poter tornare a casa.
Patatino si siede, paziente, fissando con curiosità i fiocchi di neve.
Marco torna a rivolgere ad Anna uno sguardo divertito ma affettuoso, accarezzandole la guancia col dorso delle dita.
“Si dà il caso che, a questo ballo, dovrà presenziare anche il sottoscritto. So che in primis sono il tuo fidanzato, ma faccio il Pubblico Ministero di mestiere, e l’invito l’hanno spedito anche a me.”
Ad Anna verrebbe da prendersi a schiaffi da sola: come ha fatto a non pensarci? Al rossore per il freddo si aggiunge quello per l’imbarazzo, costringendola ad abbassare gli occhi a terra.
“Che stupida che sono, è vero...” mormora appena. È talmente abituata a dover essere lei, a invitare il suo accompagnatore, da essersi completamente scordata che stavolta lui ci sarà a prescindere, per via del suo ruolo istituzionale. Talmente presa dalla propria insicurezza, ha trascurato questo dettaglio.
A toglierla dall’impiccio ci pensa sempre Marco, sollevandole il mento con due dita, portando i loro occhi a incontrarsi nuovamente.
“Ci verresti a questo terribile evento con me?” le chiede, uno scintillio giocoso nello sguardo.
Anna può solo annuire, le guance ancor più imporporate, prima di gettarsi nuovamente tra le braccia del suo principe, che la accoglie ridendo.
Forse stavolta non sarà così male, il ballo. E vestirsi da principessa non le peserà così tanto, perché non sarà la cosa più importante.
Perché il suo principe lo ha già e l’incanto non ha ragione di svanire a mezzanotte.
 
Venerdì 15 dicembre.
Al ballo ci saranno proprio tutti tutti, pensa con angoscia Anna, la sera, una volta rientrata a casa.
Zappavigna è passato per avere la conferma della presenza di ognuno in mattinata, ed è proprio così che Anna ha scoperto che dietro l’organizzazione di tutto c’è sua madre. Non che in fondo lei ne sia stupita, Elisa si è ambientata così bene a Spoleto che non di rado la interpellino per eventi del genere.
Certo, però, avrebbe anche potuto evitare di imporre un dress code così rigoroso, sapendo che la figlia avrebbe dovuto obbligatoriamente parteciparvi!
Anna è disperata. Non vuole andarci.
Cioè, ad essere onesti, fino a ieri non vedeva l’ora. La accompagnerà Marco, dopotutto. Però la scorsa notte ha iniziato ad avere incubi, che prevedevano rovinose cadute per via dei tacchi alti, e l’abito che si strappava, o non si rivelava adatto... Insomma, la paura è tornata dall’ingresso principale.
Si butta a letto dopo aver ingurgitato una enorme tazza di camomilla nella speranza di calmarsi. Ma niente da fare, la giornata che sta per giungere la terrorizza.
Riesce ad addormentarsi solo dopo aver ceduto ad indossare la felpa che ha... ehm... preso in prestito dall’armadio del suo fidanzato, fingendo che sia lui a stringerla tra le braccia.
 
Il 16 dicembre è arrivato.
Il giorno del ballo.
Anna si è dovuta recare a lavoro molto presto: saranno state le 5 del mattino quando il suo cellulare si è messo a squillare perché una coppia di coniugi aveva trovato il cadavere di un uomo, mentre i due stavano rientrando a casa. L’orologio scandisce il passare delle ore, incurante del fatto che alle 21 avrà inizio l’evento e lei non ha un abito adatto per l’occasione, perché contava di prenderlo in giornata (sì, sì, non è da lei ridursi all’ultimo minuto, ma tende a procrastinare per tutte le cose che la irritano... è un essere umano come tutti!), ma non aveva previsto di non avere nemmeno dieci minuti liberi, a dispetto del pomeriggio in cui non avrebbe dovuto essere di turno. Per la verità, ha avuto solo modo di mettersi d’accordo con Marco durante la pausa pranzo, decidendo di vedersi direttamente al Comune.
Come volevasi dimostrare, sono quasi le 20.30, tutti hanno già staccato per preparasi per il ballo, mentre Anna è ancora china sulle carte del caso. E davvero non per sua volontà, ma perché pensava di terminare in tempo, invece ci sta mettendo più del previsto per un intoppo inatteso.
Forse è un segno’, pensa, malinconica.
Dopotutto aveva sperato di trovare una scusa per non andarci, e... ta-dan, ecco che il desiderio si è avverato.
Si ritrova perfino a pensare, con un piccolo moto di rabbia, che potranno fare a meno di lei. Chiamerà il Sindaco, lunedì, per scusarsi dell’assenza imprevista. Anche volesse andarci lasciando i documenti del caso a metà, comunque, non ha un vestito da mettere. Ha solo il principe.
Che la attende al ballo, mentre lei è ancora in caserma, con la sua fedele divisa addosso.
Per un attimo, le sembra di risentire la voce di sua madre mentre afferma che gli uomini li farà scappare.
Sente la gola chiudersi al pensiero che anche Marco possa stancarsi di lei. Di quella donna rigida che mostra di essere, dedita al lavoro e pronta a sacrificare la vita privata per la giustizia.
Un intento nobile, certamente, ma porta tutto a rompersi, prima o dopo. È già successo, in fondo. Sa bene come vanno queste cose.
Stasera salta il ballo, domani la passeggiata, un giorno un pranzo, l’altro una cena, e lui si cercherà una compagnia diversa, più presente se non altro.
Un senso di nausea risale prepotentemente lungo la gola di Anna, al pensiero che già in quei minuti la sua assenza potrebbe spingere Marco a decidere di passare la serata con un’altra donna.
Assurdo, se pensa che in realtà non è mai stata molto gelosa, e che il suo fidanzato non è certo il tipo da mandare tutto all’aria per così poco.
Però ha dovuto lottare molto anche lei per riuscire a lasciarsi andare a quel sentimento forte e illogico che è l’amore, eppure sta ricadendo nello stesso errore: mettere ancora una volta il lavoro davanti alla vita privata.
Ha avuto la prova che quell’uomo che lei cercava senza saperlo esiste eccome, non è un prete e nemmeno un santo, ma è leale e crede nei valori importanti e saldi, esattamente come lei. Che ha mille difetti e altrettante paure, come Anna del resto. Che è imperfettamente perfetto per lei, come lei lo è per lui.
E allora perché è seduta ancora alla scrivania del suo ufficio, invece di essere a casa a cercare nell’armadio quel vestito adatto che comunque ci sarà perché glielo avrà regalato sua sorella in qualche occasione non meglio definita, e che aveva giurato di non indossare mai? Perché si è arresa all’evidenza che non riuscirà a raggiungere in tempo la Sala Ricevimenti e che il principe avrà già trovato un’altra dama sicuramente più incline di lei ad accompagnarlo sulla pista da ballo?
Semplice: perché non è una fiaba ma la vita vera, in cui non esiste la Fata Madrina che trasforma la zucca in carrozza. Non esistono bacchette magiche in grado di trasformare la sua divisa nera in un abito azzurro da sogno, né tantomeno le scarpe di pelle nera in cristallo trasparente.
C’è solo Anna Olivieri, da sola in caserma, con l’uniforme e lo chignon d’ordinanza, immersa nelle indagini di un cruento omicidio. È questa la sua vita, la vita di una giovane donna abituata a veder sfumare il lieto fine che in realtà anche una principessa poco convenzionale come lei vorrebbe poter avere.
 
Un paio di colpetti contro il vetro dell’ufficio la ridestano dai suoi pensieri, e Anna si rende conto delle lacrime che non si era accorta avessero iniziato a scendere. Alla porta non c’è una Fata Madrina però, non vi illudete: c’è un maresciallo dei Carabinieri, vestito però in smoking, con un’espressione perplessa.
“Ho visto la luce e sono salito... Che ci fa ancora qua, Capitano? La festa inizia tra poco!” le dice Cecchini, una nota preoccupata nella sua voce gentile. Anna non risponde, e lui entra, accorgendosi di ciò che lei sta tentando di cancellare.
Le si avvicina posandole una mano sulla spalla. “Che c’è, perché piange? Non mi dica che ha litigato col PM!”
Lei fa un sorriso storto, scuotendo però la testa. E non sa nemmeno perché inizia a raccontare tutto a quell’uomo che ormai per lei è come un padre, quella figura che le è sempre mancata. Forse la ragione è proprio questa, oppure perché le sue emozioni non potevano più essere trattenute e tutto è esploso in una volta.
Però Cecchini, dopo averla ascoltata attentamente, scuote appena la testa e si allontana dal suo ufficio senza dire nemmeno una parola, tirando il cellulare fuori dalla tasca prima di avviare una chiamata.
Anna è confusa: è successo davvero? Si è aperta col maresciallo, e lui se n’è... andato? Così, senza dire nulla?
Ogni momento che passa sembra andare sempre peggio.
 
Passano forse dieci minuti, Anna non ne è certa, quando una delle porte del suo ufficio si spalanca e una figura si avvicina a lei con passo sicuro e deciso. Riconoscerebbe il rumore di quei tacchi sul pavimento tra milioni.
“Chiara!” esclama, incredula. “Che ci fai qui? Non eri a Perugia?”
Esatto, Chiara Olivieri è arrivata a Spoleto a insaputa della sua sorellina, ed è prontissima per la festa, a quanto pare, perché indossa un lungo abito rosa ed è truccata in modo elegante, i braccialetti che tintinnano al polso.
“Sì, ma non posso lasciarti un attimo, che rischi di rovinare tutto! Ma per fortuna, ci sono io a sistemare i tuoi casini!”
Ad accompagnare la scenetta arriva una risata, e poi un gran sorriso a far capolino sulla porta dell’ufficio.
“Ho pensato che potevo fare il Fato Padrino, che la potevo aiutare...” mormora Cecchini, imbarazzato.
Anna non riesce a crederci. Il maresciallo si è improvvisato... beh, Fato Padrino, per citarlo, e per compiere la magia ha usato un cellulare invece della bacchetta. E incredibilmente non ha nemmeno combinato pasticci!
“Infatti, ma Lei adesso deve andare alla festa, se no sua moglie si arrabbia. A mia sorella ci penso io, tanto il mio accompagnatore sa che deve aspettarmi. Il ritardo è necessario!” esclama Chiara, prima di spingere Anna verso il bagno della caserma, posando sul divanetto la custodia in cui, evidentemente, c’è un vestito per lei.
 
Meno di mezz’ora dopo, sebbene sia ancora nel bagno della caserma, il Capitano ha tolto la divisa, che adesso se ne sta piegata su una delle poltroncine nell’angolo, e indossa uno splendido abito da sera blu, con quei tacchi abbinati che non sono poi così scomodi. Chiara l’ha truccata, leggermente, per dare risalto a quelle iridi verdi che un po’ le invidia.
Anna, per la prima volta, oserebbe dire che non si sente nemmeno troppo a disagio. Solo che sono quasi le 21.30, il ballo è iniziato da mezz’ora e lei è ancora in caserma.
Si dice che forse dovrebbe davvero rinunciare. Marco ormai si sarà stancato di aspettarla e scommetterebbe che qualche altra donna, magari una collega dal tribunale, avrà già preso il posto che invece è suo.
Stringe gli occhi: no, quella scena non vuole neanche pensarla.
E se lui invece la stesse ancora aspettando, prendendo tempo con gli altri ospiti ma con lo sguardo sempre verso l’ingresso?
La decisione di andare coincide con la chiamata di sua sorella, che dopo aver sistemato tutto l’occorrente, la incita a sbrigarsi, perché il suo cavaliere è giù che la aspetta, e daranno un passaggio anche a lei.
 
Quando le porte della sala comunale in cui si tiene il ballo si aprono per permetterle di entrare, rilasciano un sonoro scricchiolio che attira l’attenzione di qualcuno dei presenti.
Ad Anna basta sollevare lo sguardo per incontrare quello di un uomo molto elegante nel suo smoking nuovissimo, i ricci biondi perfettamente in ordine, la barba curata per l’occasione. Ha un calice di champagne in mano, e se qualcuno gli avesse detto, qualche anno prima, che sarebbe rimasto senza fiato nel vedere una donna entrare da una porta, non ci avrebbe mai creduto. Eppure eccolo qui, che avanza verso quella donna che lo ha lasciato - per l’ennesima volta - a corto di parole. La collega con cui stava conversando distrattamente dimenticata in un battito di ciglia, lasciata al tavolo del buffet attonita, senza nemmeno uno “Scusami,” di congedo. Ma Marco non ci ha nemmeno riflettuto, senza pensare di poter sembrare scortese, troppo preso da quella visione celestiale che lo ha attirato immediatamente come una falena con un lampione.
Adesso sono l’uno di fronte all’altra. Non sanno cosa dire, troppo impegnati a bearsi della presenza reciproca, finalmente, fino a che un sorriso si fa strada sulle loro labbra, e lo sguardo che li aveva tenuti incatenati si scioglie in un clima disteso di serenità e e fibrillazione. Dopotutto, è il primo evento pubblico a cui partecipano come coppia.
È Marco a rompere il silenzio, come qualche giorno prima in piazza.
“Sei bellissima...” mormora, intrecciando le dita a quelle di lei, che adesso sente le guance ancora più in fiamme.
Quel “Grazie...” appena sussurrato rievoca un momento a bordo di una piscina, durante quella missione sotto copertura, in cui si era scoperta un po’ principessa senza volerlo. Perché un principe - non quello del reality - era giunto in suo soccorso.
“Posso avere l’onore di un ballo?”
Marco le porge la mano, e lei accetta senza pensarci troppo. Nessuno dei due è un gran ballerino, anzi lui è proprio negato, un cavallo per citare il suo omonimo nel celebre brano di Dalla, ma non importa. Per la Anna in questione non è affatto un problema, soprattutto perché si sta inaspettatamente divertendo.
Per la prima volta, a un evento di quel genere, si sta divertendo.
Non le era mai successo.
Non che si stupisca poi molto: insieme a Marco, nonostante stiano insieme da poco, ci sono già state un sacco di prime volte.
Stasera è una di quelle, e per un’ora e mezza per entrambi esiste solo l’altro, le risate, la gioia di stare insieme e condividere un momento molto diverso dal solito, ma proprio per questo speciale.
Nessuno dei due si è accorto che da qualche minuto hanno attirato l’attenzione dei presenti, che li osservano con un sorriso.
Perché è bello essere testimoni di un amore da favola.
L’orologio che batte le 23 ridesta Anna dall’incantesimo.
Ed è in quel momento che si rende conto che tutti, intorno a loro, li stanno fissando.
L’incanto si spezza.
All’improvviso si sente esposta, giudicata, messa alla gogna, come le succede ogni volta che si ritrova al centro dell’attenzione senza la sua divisa a proteggerla.
Marco la osserva guardarsi nervosamente intorno, si rende conto che sta succedendo qualcosa che non dovrebbe, ma non sa come rimediare. Non capisce nemmeno bene quale sia il problema in verità, almeno fino a quando la sua Cenerentola, con un’ora scarsa di anticipo, scappa via tra lo stupore generale.
 
Anna non fa nemmeno caso al ragazzo all’ingresso che le dice di prendere il cappotto. Il suo passo veloce diventa presto una corsa, e rischia più volte di cadere lungo la scalinata che conduce alla piazza. Fa freddo, è dicembre e lei ha addosso un abito da sera adatto a ben altre temperature, ma non ci presta attenzione.
Non percepisce nemmeno i fiocchi di neve che nel frattempo hanno iniziato a cadere, leggeri, dal cielo.
Nessuno la sta inseguendo, nessuna magia sta per finire, ma lei ha bisogno di raggiungere il suo porto sicuro. Quello in cui può essere davvero se stessa, o almeno sentirsi a suo agio anche vestita così: in caserma, nel suo ufficio.
Marco probabilmente avrà pensato che è impazzita. Non lo biasimerebbe, dopotutto è fuggita via senza una parola, tra le esclamazioni stupite degli altri ospiti. Lo ha messo in ridicolo davanti a tutti, ed è sicura che non ne vorrà più sapere di lei, dopo stasera.
Nessun principe giungerà alla sua porta, perché non è a casa che lei si è rifugiata, e non potrà cercare la fanciulla che ha perso la scarpetta di cristallo. Anna non ha perso nessuna scarpa.
Non appena si lascia cadere sul divanetto, si sfila rabbiosamente i tacchi, gettandoli di lato. Il trucco applicato con cura da sua sorella sarà in pessime condizioni, a giudicare dalle lacrime.
È riuscita a rovinare tutto, di nuovo.
Ha il viso nascosto tra le mani quando sente il rumore della porta che si apre. Ha paura di alzare lo sguardo per vedere chi è, per cui decide che è meglio rinviare il momento delle rivelazioni il più possibile. Sa benissimo di aver sbagliato, ma non è pronta alla strigliata di qualcuno, e nemmeno alla compassione.
Poco dopo, però, sente qualcosa posarsi sul suo capo.
Non è la spada di Damocle che temeva le sarebbe piombata addosso da un minuto all’altro, ma nemmeno la mano affettuosa di sua madre.
È il suo berretto da carabiniere.
Quando finalmente si decide a sollevare il viso per scoprire chi mai abbia avuto l’ardire di correrle dietro, incontra quel sorriso che conosce bene, e che ama infinitamente.
Marco, il suo principe azzurro, è qui, davanti a lei, piegato sulle ginocchia e una mano che corre a stringere forte la sua.
Ha capito perché è scappata via. Non ha bisogno di spiegarglielo, né lui ne ha di chiedere a lei. Le parole non servono nemmeno stavolta.
Anna sfila la mano da quelle di lui per accarezzargli il volto e avvicinarlo a sé per poterlo, finalmente, baciare.
Il berretto scivola a terra, ma nessuno dei due ci fa troppo caso, mentre Marco la trascina con sé a sedersi sul pavimento accanto a lui. Tra le sue braccia. Una cosa quasi da bambini, ma che le fa ritrovare quella leggerezza che ha lasciato sulla pista da ballo.
E Anna, come quella sera al drive-in, realizza che no, non è la caserma il suo rifugio, né il passato, né l’appartamento al quarto piano che ha affittato da Cecchini.
Ogni cosa è tornata al suo posto quando il suo Marco l’ha stretta forte al petto.
Le fa paura, questa consapevolezza. Che solo lui riesca a curare il suo cuore. Ma in questi istanti non le importa.
C’è solo una cosa che vuole chiedergli.
“Perché mi hai messo il berretto in testa, quando sei entrato?” gli domanda dopo una lunga esitazione. “Che... che significa?”
Marco le rivolge uno sguardo sorpreso, come se la risposta fosse terribilmente ovvia e l’unica cosa strana è che lei non l’abbia ancora capito.
“Ho semplicemente incoronato la mia principessa. È per questo che sei scappata, no? Avevi dimenticato il tuo diadema. Io l’ho solo rimesso al suo posto.”
Non serve aggiungere altro, se non che Marco le ha riportato anche il cappotto. E fortuna che finalmente ha comprato una macchina nuova, perché non appena escono dalla caserma mano nella mano per tornare insieme a casa, tutto intorno a loro è coperto da un lieve manto bianco.
E beh, come lieto fine, un bacio sotto la neve non può certo mancare, no?
 
E da quel momento, il principe e la principessa vivono felici e contenti.
 
 
“Chiara, ho capito che sei assolutamente a tuo agio a casa nostra, ma posso sapere che stai combinando ancora?”
Anna è esasperata. Pensava fosse complicato stare appresso alle bambine, invece sua sorella è sempre più difficile da gestire di una bambina di otto anni e una di pochi mesi.
Infatti Chiara, non contenta per il divieto di vedere Cenerentola, ha iniziato a curiosare in giro, fermandosi inspiegabilmente davanti alla libreria.
“Niente, ho trovato questo libro sullo scaffale e l’ho aperto per curiosità,” spiega candidamente lei.
“E...? Hai soddisfatto questa impellente curiosità?”
Chiara fa un sorriso enorme.
“Eccome! Anzi, ti dirò di più: forse ho trovato perfino una fiaba che mi piace più di Cenerentola!”
 
 
... fine! La nostra prima fiaba è giunta al termine! Allora Grillo, che ne pensi? È venuta fuori bene! ... Grillo...?
 
Ronf ronf...
 
Non ci posso credere! DORME! EVVAI!
 
* * *
 
Eccoci alla fine della prima fiaba rivisitata: Cenerentola!
Era giusto, come tributo a Chiara, non vi sembra? (Agente CIA, hai indovinato un'altra volta! Un giorno ci spiegherai come fai...)
Aspettiamo i vostri commenti...
Alla prossima fiaba con Vocina e Grillo!
 
Mari e Martina
 
   
 
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