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Autore: Felpie    10/11/2020    7 recensioni
In un tempo di università, amicizie, amori ed esperienze nessun giovane può conoscere il proprio destino. E Merlino non sa proprio cosa lo aspetta, quando sceglie di prendersi in casa un viziato figlio di papà - che poi così tanto viziato e tanto figlio di papà non è - che diventerà ben presto molto di più di un semplice conquilino.
Tra litigi, lotte per la supremazia, risate e malintesi la vita in quel semplice, piccolo appartamento turberà la quiete che Merlino ha costruito intorno a sé e lo porterà nella più magica avventura della sua vita.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Gwen, Lancillotto, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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È una storia sai
Vera più che mai
Solo amici e poi
Uno dice un noi
Tutto cambia già
(È una storia sai… - La Bella e La Bestia)






La guarigione del moro è rapida e nemmeno troppo dolorosa: fortunatamente non ci sono lesioni particolarmente gravi, né ripercussioni sulla spalla, sulla schiena o su traumi cerebrali e i leggeri dolori che sente se rimane troppo fermo in una posizione o appena sveglio la mattina sono facilmente curabili con delle aspirine o con degli antidolorifici.

Il suo coinquilino si è rivelato estremamente gentile e lo ha aiutato nel lavaggio dei piatti, nell’apparecchiare e sparecchiare la tavola e nel portare le buste della spesa, ma Gwen è stata assunta a tempo pieno come cuoca – e come infermiera all’occorrenza, ovviamente – in modo tale da evitare che il biondo si avvicinasse ai fornelli. Così ad ogni pasto anche Lancillotto e la ragazza si ritrovano nel piccolo appartamento ed ogni tanto si auto-invita anche Gwaine, che non vuole essere escluso, Freya, che ha espressamente detto a Capodanno che avrebbe mangiato di più con Gwen e Lancillotto e non sembra interessata al posto in cui si mangia tutti insieme, l’importante è farlo, e Parsifal, quando ha le pause pranzo libere e non vuole rimanere al suo locale.

Quindi forse quel maledetto gesso è stata solo una scusa per passare ancora più tempo insieme, invece che permettere a Merlino il dovuto e giusto riposo: si ritrova la sera, quando tutti se ne vanno, sempre stanco morto, sdraiato sul divano, ma non può non sorridere come un idiota, senza sapere nemmeno perché.

L’unico momento in cui è riuscito a rimanere da solo è stato quando ha chiesto di uscire ad Alator, per parlare. In quel caso nessuno si è presentato in casa, nessuno lo ha chiamato, nessuno lo ha disturbato, come se tutti sapessero ciò che vuole dire al suo… alla sua storiella estiva.

Alator lo sta già aspettando, di fianco al bar in cui si sono dati appuntamento; Merlino lo vede da lontano e, infreddolito, si avvicina, come al solito senza un minimo di discorso in mente, contando sulle sue inesistenti abilità oratorie.

“Ehi” lo saluta “Come va?”

Ottimo tentativo di attacco, Merlino, andare subito al punto.

“Possiamo parlare?” aggiunge quindi, mettendo a tacere la voce fastidiosa che è comunemente chiamata coscienza.

Alator alza un sopracciglio e si stacca dal muro dov’è appoggiato con le braccia incrociate.

“Dobbiamo parlare” si corregge allora Merlino, vedendo la sua espressione “Ti va un caffè?”

“Non molto, in verità. Ho lo stomaco un po' chiuso”

Il moro deglutisce, per niente rassicurato dalla frase.

Cosa avevamo detto delle tue abilità oratorie e delle tue doti di improvvisazione, Merlino?

“So cosa mi devi dire, Merlino” dichiara Alator e il moro lo guarda confuso.

“Lo sai?”

“Lo so” il ragazzo sospira “Io non ti piaccio, vero?”

“Tu…”

“No, aspetta, mi sono espresso male. Tu non sei innamorato di me, vero? Non proviamo le stesse cose”

Merlino non dice nulla, ricordandosi improvvisamente di essere poco abile anche nel mentire, oltre che nell’improvvisare.

“Sarei uno sciocco a non notarlo… ci sentiamo da mesi e tu non mi hai mai voluto definire il tuo ragazzo. Eppure sei un tipo serio, non uno di quelli da storie di una sera e via. Ma ti ho dato il tuo spazio e ho rispettato la tua volontà di non metterci stupide etichette, forse perché non piacciono nemmeno a me. Però non ho potuto non notare che non mi inviti mai a stare con i tuoi amici, né a casa tua, come se non volessi legarti più del dovuto… come se sapessi già che finirà…”

“Io…” prova a dire Merlino, ma sente la gola troppo secca.

“Non dire che ti dispiace, per favore” lo interrompe l’altro “So reggere un rifiuto, ma la compassione e la pena sono un’altra storia. Quelle non le voglio”

“Almeno lasciami spiegare” mormora l’altro, che sente un fastidioso senso di colpa aleggiargli sul petto.

“Cosa c’è da spiegare?” domanda Alator, ma senza cattiveria “Ho capito che c’è qualcun altro nel tuo cuore…”

“Non c’è nessuno nel…”

“… Anche se forse tu ancora nemmeno te ne sei reso conto” conclude Alator, rivolgendogli uno sguardo; fa una pausa, prima di aggiungere “Ed io ti assicuro che ho apprezzato il fatto che tu ci abbia provato comunque con me, che tu ci abbia dato una possibilità, senza chiudere immediatamente il portone. Ma sappiamo entrambi che non può funzionare, non finché non farai davvero chiarezza con te stesso su ciò che vuoi”

E Merlino lo sa bene che Alator ha ragione, che ha perfettamente ragione dal primo secondo di quella conversazione, dall’occhiata storta che gli ha rivolto, allo stomaco chiuso e ad un qualcuno nel suo cuore. Chissà poi chi sarà questo qualcuno nel suo cuore. Il moro, sicuramente, la forza di nominarlo ad alta voce non ce l’ha, si è limitato solo a pensare a lui, al suo nome e al suo viso. Spesso. Okay, molto spesso. Ma la colpa non è totalmente sua, visto che questo qualcuno vive nella stanza affianco.

E di nuovo si sente in colpa, un po', quando Alator si allontana, lasciandolo lì, al freddo, con le mani in tasca, davanti al bar, perché sa di essersi comportato male e di non essere stato giusto nei suoi confronti. Ma dall’altro lato si sente anche stranamente bene, come se si fosse liberato di un peso che gli opprimeva il petto, di un pensiero fisso e costante.

La non presenza di un ragazzo, specie se è sempre stato premuroso come Alator, non può passare inosservata, ma nessuno gli chiede nulla e Merlino pensa per l’ennesima volta che ha degli amici davvero speciali.

Quando si toglie il gesso il braccio gli pizzica tremendamente, non riesce comunque a muoverlo e non ha più una cosa di un colore indefinito e pieno di scritte stupide sul braccio. E Artù gli chiede di uscire.

E non gliela butta mica lì, come fa di solito, “ehi, mi annoio, andiamo a trovare Parsifal”, no. Questa volta no. Non è bastato il così largo preavviso con cui lo ha avvisato di questa possibile eventualità, ora ci ha tenuto a prenotarlo per due giorni dopo, per andare a cena fuori loro due insieme. Da soli.

Dire che Merlino ha mantenuto la calma è parlare per eufemismi, ovviamente.

Aveva faticosamente cercato di non pensare a ciò che gli aveva detto Artù fuori dall’ospedale, pensando che se lo sarebbe dimenticato, pensando che fosse una sciocchezza, pensando che fosse semplicemente contento di vederlo fuori di lì. Pensando tante di quelle cose che ha perfino fatto una lista sulle note del telefono – perché sì, Merlino adora le liste, soprattutto quelle delle cose da fare, nonostante l’ordine non sia proprio il suo punto di forza – ma che non l’hanno portato assolutamente da nessuna parte se non a chiedersi per l’ennesima volta – ormai quasi al limite della disperazione – perché diamine Artù vuole andare a cena fuori con lui e che cosa deve dirgli.

Ha bisogno di una mano.

Ormai fa di tutto per non farsi trovare dal suo coinquilino, nonostante vivano in una casa talmente piccola che se uno dei due mangia delle patatine nella propria stanza, l’altro sicuramente sentirà il rumore del pacchetto scartato.

È perfino arrivato a nascondersi nell’armadio, quando ha sentito i passi di Artù avvicinarsi alla porta della sua camera.

Ha decisamente bisogno di una mano.

Anche perché ovviamente non ha potuto dire di no alla richiesta di andare a cena insieme tra due giorni. Due giorni.

Saranno due giorni molto lunghi.

E a Merlino serve tutto un braccio, altroché.

“Artù mi ha chiesto di uscire” dichiara Merlino e Gwaine rimane perfettamente immobile. Il moro non sa esattamente perché stia confidando questa cosa proprio a lui che tra tutti i suoi amici è il più chiacchierone e quello che dà decisamente i peggiori consigli – volente o no, Lancillotto sta lentamente apprendendo l’arte di dare consigli dalla ragazza – ma Merlino forse non ha bisogno di consigli in questo momento, ma solo di qualcuno che sia… entusiasta.

“Artù ha fatto che cosa?!”

“Mi ha chiesto di uscire” ripete il giovane medico, passandosi una mano tra i capelli corvini “Non lo so, ha detto che mi deve parlare e che non vuole farlo a casa”

“E tu che cosa hai detto?”

“Che vuoi che gli abbia detto? Ho detto di sì. Ma ora sono tremendamente in ansia perché non capisco di cosa possa volermi parlare” il moro inizia a gesticolare, segno inequivocabile che si trova in grande difficoltà “Cioè, qualsiasi cosa sia, non ne possiamo parlare in casa, davanti ad un piatto cucinato da me?”

“Oh, sì, la classica frase “ti devo parlare”, quella sì che ti fa salire l’ansia” ridacchia l’amico, prima di appoggiargli una mano sulla spalla “Ma di che ti preoccupi? La cosa peggiore che ti può dire è che sei tremendamente disordinato e che non ne può più di te”

“Io non voglio che Artù non ne possa più di me” sbotta Merlino, prima di rendersene conto, quindi tenta di correggersi “Non voglio cercare un altro coinquilino, insomma. Magari vuole cambiare casa o si trasferisce in un altro Paese!”

“Merlino, prendi un bel respiro e rifiata o qui andrai in iperventilazione” lo prende in giro Gwaine “Se Artù si deve trasferire sul serio non è perché non vuole vivere con te. Okay, sotto esame non sei il massimo e potresti davvero divertirti un po' di più, ma Artù ci tiene a te. Fidati, ne sono sicuro”

“Non voglio uscire con Artù” dichiara il moro.

“Tutti vogliono uscire con Artù” ribatte l’amico con un sorriso.

“Io no. Perché non ci esci tu al posto mio?”

“Perché Artù ha invitato te, razza di codardo. Quindi vuole parlare con te e non con me” esclama Gwaine “Ma sul serio, mi spieghi qual è il problema? Siete usciti spesso voi due insieme da soli”

“Sì, ma non mi aveva mai invitato ad andare a cena fuori con così tanto anticipo dicendo che mi deve parlare. Di solito era tutto così improvvisato che non me ne rendevo nemmeno conto”

“Quindi il problema è che ha richiesto la tua presenza per uno di questi giorni?” chiede l’amico, sollevando un sopracciglio “Lo sai che non sta in piedi come cosa, vero?”

“Lo dici tu, per me è un problema grandissimo” replica Merlino “Non riesco a smettere di pensarci”

“Merlino, se non fossi il mio migliore amico ti prenderei per un pazzo fuori di testa” dichiara Gwaine, senza troppi mezzi termini “Ascolta: tu uscirai con Artù perché vivete insieme da più di un anno e siete stati insieme centinaia di volte e non ci sarà alcun problema”

“E se lo baciassi?” le quattro parole lasciano le labbra di Merlino prima ancora che lui se ne sia reso conto.

Tra i due ragazzi cala per un attimo il silenzio dopo la domanda, prima che Gwaine mormori “È questa la tua paura?”

L’altro annuisce.

“Allora io non ne vedo il problema” Merlino sgrana gli occhi alle parole dell’amico.

“Che intendi?”

“Che vi siete già baciati e Artù non mostra problemi per questo… genere di cose, diciamo. Non ti prenderà per schizzato solo per una cosa del genere e se davvero succedesse potreste parlarne con calma, come avete sempre fatto per ogni cosa”

“La fai davvero troppo facile” sospira il moro.

“Merlino… ti piace Artù?” chiede il ragazzo, dopo un attimo di silenzio, come colpito da un’improvvisa rivelazione.

“A chi non piace?” esclama il ragazzo, allargando le braccia “È un vero amico e sa essere molto dolce se mette da parte l’aria altezzosa che si porta dietro. Non faccio altro che ridere con lui, anche quando vorrei urlargli contro tantissimi insulti ed è bello. Molto bello. Cazzo, piace pure a te praticamente e tu non sei gay!”

“Ovvio, potrebbe essere davvero la mia anima gemella” conferma Gwaine “Ma questo non vuol dire nulla. Cioè la vostra è un po'… come quelle amicizie tra maschio e femmina, hai presente?”

“No”

“Ma sì, dai, dove uno dei due si innamora del suo migliore amico e non sa se dirglielo o salvaguardare l’amicizia”

“Io non ho intenzione di dirglielo” replica il moro “Hai dimenticato un ostacolo grande come una casa: ad Artù piacciono le ragazze”

“Sì, ma a Capodanno ti ha baciato, quindi è un tipo che non si fa troppi problemi in quel senso, non credi?”

“Sì, e anche quando sei andato con lui in ospedale” gli ricorda una vocina fastidiosa nella sua mente “Solo che Gwaine non lo sa perché non lo hai detto a nessuno”

“Tra un bacio da ubriaco ed una relazione c’è un abisso in mezzo” gli fa quindi notare Merlino.

“Quindi hai così scarsa fiducia nel controllo dei tuoi istinti che non ci uscirai davvero per una cosa del genere?”

“Non ci uscirò perché so che quest’uscita sarà un disastro”

“Merlino…” inizia Gwaine, prima di cambiare tono “Io ti ricordo che a Capodanno ho promesso che ti avrei aiutato a lasciarti andare. E questo è lasciarsi andare. Piaci ad Artù? Ottimo, non lo saprai se non ci esci e non lo baci. Non piaci ad Artù? Almeno ci hai provato e ne hai avuto la conferma. Artù vuole semplicemente uscire con te per essere sicuro che tu stia bene? Continuerà a chiedertelo anche se adesso gli dici di no. Quindi in ogni caso devi uscirci ed io ho tutta l’intenzione di fartelo fare, anche a costo di trascinarti io stesso a ristorante”

Perché, esattamente, aveva chiesto l’aiuto di Gwaine? Oh sì, l’entusiasmo. Forse ce ne sta mettendo decisamente un po' troppo.

“Gwaine…”

“Niente Gwaine” lo interrompe subito il ragazzo “Devi lasciarti andare, soprattutto adesso. Potrai pensare alle conseguenze quando avrai quaranta o cinquant’anni, non ora”

Parlare con l’amico lo ha aiutato? No – okay, forse un po' sì, ma ha comunque paura di ciò che può succedere a questa fantomatica uscita. Per lo meno ora riesce a guardare Artù negli occhi e sedersi accanto al lui sul divano a bere una birra e a guardare un film.

Ma non può fare a meno di pensare a ciò che il suo coinquilino gli deve dire, a che cosa lo abbia spinto ad una proposta tanto assurda, a come andrà la serata.

Vorrebbe tanto che la serata andasse bene…

Non si sentiva così… dal suo primo appuntamento con Fox? Dal suo primo appuntamento con Will? Dal suo primo appuntamento con chiunque? No, proprio con chiunque no, sicuramente Artù non è chiunque. E il loro non è un appuntamento. È solo un’uscita loro due, in un posto che Artù non gli ha voluto dire.

Oh, ma cazzarola.

Merlino gioca nervosamente con le sue mani mentre, seduto al tavolo della cucina, aspetta Artù, tornato a casa da nemmeno venti minuti e già sotto la doccia per prepararsi per la loro uscita. Dannazione, Merlino, non è un’uscita: siete semplicemente tu e il tuo coinquilino che andate a cena fuori. Ecco, quindi perché non chiamarla uscita? Sempre meglio di appuntamento.

Il ragazzo è tremendamente nervoso ed è pronto da almeno un’ora, dopo averne impiegate un paio per tentare di sciacquare le sue paure con una doccia e per decidere cosa mettersi: alla fine aveva optato per un paio di jeans – puliti – la camicia che gli hanno regalato al compleanno ed un maglioncino scuro. Nessuno potrebbe dire che è stato indeciso così a lungo per un outfit così anonimo ed è proprio ciò che vuole Merlino: risultare tranquillo e a suo agio per chiunque – alias Artù – lo guardi.

Però avrebbe davvero voluto inviare il suo outfit a Freya, come quando aveva quindici anni ed era sempre indeciso su cosa mettere, ma non ha potuto farlo: primo, perché sarebbe stato ridicolo – per l’ennesima volta, è solo un’uscita con il tuo coinquilino, dannazione – e secondo perché Freya non sa che sta per uscire con Artù e tanta agitazione per come vestirsi normalmente non ce l’ha più da parecchio tempo.

Una porta che si chiude lo fa girare di scatto e, dopo qualche secondo, vede l’amico apparire in cucina; Merlino deve sul serio ricordarsi di tenere chiusa la bocca e non fissarlo più del necessario ma, porca miseria, sta davvero bene: in realtà non si è vestito in modo particolare nemmeno lui, ha dei pantaloni blu che il moro gli ha visto indossare molte volte ed un maglioncino dello stesso colore con lo scollo a V da cui esce una camicia bianca con dei disegnini celesti – che ovviamente si intonano con i suoi occhi, ma questo Merlino cerca di non notarlo, anche se con risultati pessimi.

Altro che da 10, Artù è da 110 e lode con tanto di bacio accademico.

E il suo cuore fa un piccolo salto, pensando di avere un appuntamento – per la miseria, Merlino, piantala, non è un appuntamento – con un ragazzo del genere. Magari gli deve dire una cosa tremenda, lo odia, vuole cambiare casa, si è fidanzato e va a convivere, potrebbe volergli dire qualunque cosa. Ma mentre lo vede lì davanti a lui al moro non importa perché stanno per andare a cena insieme e quindi in quel momento tutto va bene. Tutto è al posto giusto.

“Ehi” lo saluta Artù.

“Ehi” risponde Merlino, schiarendosi la voce con un colpo di tosse “Sei pronto?”

L’altro annuisce “Possiamo andare”

“Moto?” domanda il moro, per cercare di rompere quella tensione che sente intorno a sé.

“No, facciamo due passi”

Merlino lo guarda stupito, ma lo segue fuori dalla porta senza aggiungere niente: dopotutto lui la moto la odia, perché dovrebbe voler salire su quell’aggeggio? Meglio i piedi. Vecchi, cari, fedeli piedi.

Escono dal loro piccolo appartamento ed iniziano a camminare nella notte scura; c’è una leggera brezza ed entrambi sono ben stretti nei loro cappotti, mentre passeggiano in silenzio lungo il marciapiede.

“Dove stiamo andando?” domanda il moro, un po' a disagio per tutto quel silenzio che non c’è mai stato tra lui e il suo coinquilino, tranne nei quattro giorni dopo la scenata davanti ad Alator. Che poi, a ripensarci, quella sì che sembrava una scenata di gelosia in piena regola… ma no, Merlino, cosa vai a pensare. È solo che Artù è un po' possessivo nei confronti delle persone a cui tiene e non vuole che si facciano male, questo dovresti averlo capito ormai.

“In un ristorante qui vicino. Ha appena aperto, ma ha già ricevuto tantissime recensioni positive”

“Non ti ricordi il nome?”

“Come?”

“Non ti ricordi il nome del posto?” ripete Merlino.

“Certo che me lo ricordo, perché non dovrei?”

“Perché non mi volevi dire dove andavamo, fino a stamattina. Dì la verità, non ti ricordavi il nome, vero?” il moro sta cercando disperatamente di buttarla sul ridere, di distrarsi da tutti i pensieri che gli affollano la mente.

“In realtà non ero sicuro di volerti portare qui” confessa il biondo “Però Leon c’è stato a pranzo oggi e ha detto che è davvero carino”

“Perché Artù vuole portarmi a cena in un posto carino?” pensa l’altro, agitandosi subito nuovamente “Perché le persone vengono sempre portati in posti carini prima di ricevere notizie orrende?”

“Come va con Alator?” domanda Artù, le mani in tasca e le spalle strette nel cappotto per tenere lontano il freddo, risvegliando il moro dai suoi pensieri.

“Noi…” inizia Merlino, prima di schiarirsi la voce ed incrociare le braccia sul petto per scaldarsi “Ci siamo lasciati”

L’altro gira leggermente il viso, in modo da guardarlo “Davvero?”

Merlino annuisce “Un paio di giorni fa… Non che… avessimo mai… ufficializzato la cosa, insomma. Ma in ogni caso, qualsiasi cosa fosse, è finita”

“Mi dispiace” commenta Artù “Tu stai bene?”

Il moro alza le spalle “Credo di sì. Era… una cosa leggera, no? Come mi avevate detto a Capodanno”

“Tu non sei proprio il tipo da storie leggere” sogghigna Artù, senza cattiveria “Anche questo è una parte di te”

“Pensavo stessi per dire “anche questo è fastidioso” come al solito”

“Staresti dicendo che sono ripetitivo?”

“Sto dicendo che sei noioso” Merlino si fa sfuggire le parole con una naturalezza estrema, come se fosse un dialogo già provato e ben fisso nella sua mente. E anche il sorriso che gli rivolge è spontaneo e totalmente inatteso.

Ma è proprio quando si sta iniziando a rilassare che il biondo lo fa fermare e gli indica una porta circondata da delle lucine colorate, vicino ad una grande vetrata che mostra una sala grande, illuminata e piena di persone che chiacchierano allegramente, davanti a piatti appetitosi.

“Siamo arrivati” commenta Artù, entrando; Merlino osserva ancora per un attimo il posto, prima di seguire il coinquilino dentro.

All’interno fa caldo – fortunatamente – e vengono subito accompagnati ad un tavolino un po' nascosto, dietro ad una pianta alta e rigogliosa, dove si accomodano ed iniziano a sfogliare il menù. E il calore che Merlino sente non è per niente dovuto all’alta temperatura che c’è, ma almeno può usarla come scusa per togliersi il maglioncino.

“Ti sei messo la camicia nuova” nota Artù.

“Uhm… sì”

Merlino è a disagio? Ovviamente.

“Per una volta Gwaine ha avuto occhio sul serio” commenta l’altro “Ma temo che non abbia alcuna possibilità come stilista”

“Mi immagino gli stilisti strani e leggermente fuori di testa, in realtà” dichiara il moro “Quindi Gwaine ce lo vedo bene. Te lo immagini con una sciarpa di piume fucsia?”

“Direbbe che gli sta spaventosamente bene perché si intona con i suoi occhi” ridacchia Artù e per l’ennesima volta in quella serata Merlino si rilassa involontariamente.

Peccato che l’ansia sale mezzo secondo dopo, appena la cameriera prende le loro ordinazioni e si allontana. E quando gli arrivano i piatti, Merlino non ce la fa più.

“Non ti trasferire” dichiara all’improvviso il moro, interrompendo malamente il suo coinquilino.

“Come?”

“Non ti trasferire. So di non essere un coinquilino modello, ma vivo davvero bene con te e non voglio che tu te ne vada”

“Ma di che stai parlando?”

“Non ti trasferisci?” chiede confuso – e stupito – Merlino ed Artù lo guarda come se fosse completamente fuori di testa – sì, forse un po' fuori di testa lo è sul serio.

“Perché dovrei trasferirmi?”

“Perché mi hai detto che mi vuoi parlare…” risponde l’altro “Non è di questo che vuoi parlare?”

“Continuo a non capire che stai dicendo”

“Hai detto… fuori dall’ospedale, sai… che mi volevi parlare. Pensavo ti volessi trasferire”

“Ma hai battuto la testa?” ridacchia Artù, che sta trattenendo – molto a stento e molto malamente – un sorrisetto divertito “Certo che non voglio trasferirmi. Perché dovrei volermi trasferire?”

“E allora di che volevi parlarmi?” domanda il moro, incredulo “Perché ti assicuro che ho vagliato davvero tante possibilità e quella del trasferimento è la più plausibile”

“Te lo dico dopo, ora pensiamo a mangiare”

Merlino lo guarda, non troppo convinto, ma afferra nuovamente la forchetta e non aggiunge altro sull’argomento.

La cena va – nessuna sorpresa – alla grande: Artù sembra sempre lo stesso, mentre prende in giro Merlino perché ha confuso i bicchieri dell’acqua e del vino, mentre mangia velocemente e poi osserva l’amico dicendogli che è sempre lento o mentre si sbrodola con l’acqua perché il moro lo fa ridere all’improvviso per vendicarsi. Ridono, chiacchierano e stanno seduti a lungo, anche dopo aver mangiato il dolce, finendo la bottiglia di vino che hanno ordinato e commentando i vestiti degli altri commensali.

Però quando si alzano e pagano un’ombra cala su entrambi e le risate e le chiacchiere spontanee spariscono non appena il cameriere dà loro lo scontrino una volta ricevuti i soldi.

“Ti va di fare due passi?” chiede il biondo quando escono e Merlino annuisce, seguendolo lungo la strada, in silenzio.

Ovviamente l’ansia e il nervosismo sono tornati più carichi che mai ed il fatto che il suo coinquilino non stia dicendo nulla lo sta letteralmente mandando ai matti.

“Che cosa mi devi dire, Artù?” domanda, esasperato, dopo cinque minuti buoni di totale silenzio.

“Ma perché hai così tanta fretta?” sbuffa il biondo.

“Perché mi hai chiesto di uscire due giorni fa per dirmi oggi una cosa, me lo avevi accennato appena sono uscito dall’ospedale, hai insisto per andare fuori ed ora voglio sapere cosa diavolo ti passa nella testa!”

Sì, sarebbe stata un’ottima risposta. Peccato che Merlino sente la bocca così tanto secca che non riesce a formulare le parole.

Non è ubriaco, questo no, ma sicuramente quel paio di bicchieri di vino che ha bevuto non aiutano a sciogliere la situazione – ma non si dice di solito che il vino ha esattamente questa funzione? Che ne è del vino che veritas?

A quanto pare questa cosa non è stata spiegata al cervello di Merlino, perché si sente fin troppo lucido e rimane in silenzio continuando a seguire Artù.

Dannazione.

Ma quando arrivano di fronte ad una scuola elementare e Artù commenta quanto sono carini i disegni che i bambini hanno appeso alle finestre Merlino non ce la fa più: ma chi se ne frega dei disegni dei bambini! Cioè, per carità, molto carini – il senso di colpa di Merlino dovrebbe conferirgli un Nobel per la pace – però in quel momento la sua testa è presa da altro. Da qualcun altro, per essere precisi. E questo qualcun altro si deve decidere a parlare – basta osservare i disegni di alberi, fiori e draghi – o il moro è pronto a strozzarlo con le sue stesse mani.

“Artù, per la miseria, fai basta” sbotta il moro e l’altro si gira a guardarlo, totalmente confuso – e leggermente incredulo, ad essere onesto “Che cosa succede? Non ne posso più, te lo assicuro”

Artù si avvicina e Merlino vorrebbe indietreggiare, perché il suo coinquilino è così serio che lo sta spaventando, ma non può, perché ha il muro della scuola elementare alle sue spalle e perché non è può succedere nulla dannazione, è solo Artù.

Ma Artù non ride come al solito, non ha le fossette sulle guance, non ha gli occhi sorridenti ed è sempre più vicino a lui; il moro deglutisce, sentendo molto caldo e avvertendo distintamente l’agitazione. Fa un passo indietro e le sue spalle toccano definitivamente il muro, mentre l’altro è ad un soffio da lui e Merlino deve sul serio sforzarsi per mantenere l’autocontrollo.

Artù si è messo il profumo? Perché sente un odore meraviglioso. O forse è solo lui. Ma tutti gli altri maschi profumano così? Non se ne era mai accorto.
All’improvviso il biondo gli mette una mano sulla spalla – ma perché Artù è così vicino? – un po' rigido e lo guarda, come se aspettasse un permesso. Ma un permesso per che cosa?

Merlino lo guarda e si ritrova per l’ennesima volta a pensare che il suo coinquilino abbia degli occhi davvero belli; respira profondamente e gli fa un timido sorriso. È forse questo che vuole Artù?

E dopo pochi istanti le labbra di Merlino vengono catturate da quelle morbide di Artù, ma il moro è così incredulo che rimane fermo per un secondo, prima di chiudere gli occhi e passargli le braccia intorno alla vita. Il biondo fa salire una mano tra i capelli del giovane medico, mentre con l’altra lo afferra per un fianco e lo avvicina a sé; le due lingue giocano nelle bocche, senza imbarazzo e senza incertezza, mentre i due respiri si fanno più affannati e i due ragazzi si sentono sempre più accaldati.

Quando si separano – o meglio, quando Merlino spinge lentamente indietro Artù, non appena il suo cervello si riattacca alla spina – il moro vede i capelli per aria dell’altro, la camicia storta, il fiato corto e gli occhi eccitati di Artù e non riesce a credere – e nemmeno a ricordare – di essere stato lui a ridurlo così. È davvero appena successo quello che pensa?

“Che…” inizia a dire Merlino, ma non ha abbastanza fiato per finire la frase, così è costretto a fermarsi e ricominciare “Che stai facendo?”

“Io… scusami” risponde subito Artù “Non volevo darti fastidio…”

“No, non mi hai…” il moro si interrompe bruscamente “È che non capisco perché lo hai fatto. Mi devi dire una cosa così orrenda che mi hai dato un abbraccio prima di dirmelo?”

“Cosa?”

“Perché mi hai baciato?” domanda a bruciapelo Merlino “Io…”

Non voglio che lo fai perché mi sto innamorando di te e se tu continui così io non risponderò più di me.

Questa sarebbe stata decisamente una bella risposta. Se solo riuscisse ad aprire bocca per pronunciarla. Ed è così spontanea, immediata ed inattesa che non può essere altro che la verità.

Dannata lingua che si muove nel palato solo per dire sciocchezze – o per fare altro – e mai per dire cose serie.

“Tu…?” insiste l’altro.

“Perché lo hai fatto?” forse il tono di Merlino è un po' brusco, perché Artù indietreggia di un passo, ma non smette di guardarlo negli occhi.

“Mi dispiace…”

“Perché lo hai fatto?!” scandisce il moro, lentamente “Per la miseria, Artù, spiegami perché diamine lo hai fatto!”

“Perché volevo farlo” sbotta Artù “Volevo farlo disperatamente, va bene? E mi dispiace se la cosa ti ha disturbato o innervosito o infastidito perché non era assolutamente mia intenzione”

Merlino lo guarda, totalmente incredulo delle parole appena pronunciate: Artù voleva baciarlo? Ha detto sul serio una cosa del genere? Improvvisamente sente molto caldo e avrebbe una tremenda voglia di sedersi.

“Tu… volevi farlo?” mormora, quando riesce a ricordarsi come si formulano le frasi.

“Sì. E speravo fosse quello che volevi anche tu, sinceramente” confessa il biondo, abbassando lo sguardo “Mi dispiace che non sia così. Era questo che dovevo dirti”

Fermi, fermi, fermi. Artù sta davvero pensando che quel bacio non gli sia piaciuto e di averlo infastidito con quella mossa?

Merlino sa che deve dire qualcosa, qualsiasi cosa per bloccare le idee folli che quell’idiota si sta sicuramente facendo venire in testa, ma non sa da che parte iniziare, non sa come fargli capire che è totalmente fuori strada e che è un imbecille più grande del solito se ha pensato anche solo per un secondo che quel bacio non gli sia piaciuto e che non sia ciò che vuole.

“Ma cosa ti viene in mente?” sono le prime parole che finalmente riesce a pronunciare e Artù alza lo sguardo, incerto “Tu, Artù Pendragon, sei forse il più grande idiota sulla faccia della terra. Io mi sono fatto millemila film mentali da quando hai detto che dovevi parlarmi e ho avuto così paura che tu non volessi avere più a che fare con me che questa notte non ho chiuso occhio e non ho nemmeno mangiato nulla per tutto il giorno perché ero nervosissimo per questa uscita. E tutto quello che hai da dirmi è che volevi baciarmi? Mi hai fatto prendere un colpo, razza di somaro”

Il biondo sbatte un paio di volte le palpebre, prima di incrociare le braccia al petto e dichiarare “Io non volevo dirti solo questo. Questo doveva essere il punto di partenza per poi dirti ciò che ti devo dire”

La sicurezza di Merlino vacilla nettamente: il moro non crede di essere in grado di sopportare altro, in questo momento, senza l’adeguata preparazione.

“E cos’altro mi dovresti dire?”

“Che mi piaci. Che mi piaci tanto” dice a bruciapelo Artù “Che mi sono innamorato di te, cazzo”

Mi sono innamorato di te, cazzo.

Lo ha detto sul serio?

Il moro sgrana gli occhi, involontariamente, ma sente la gola così asciutta che non può pronunciare alcuna parola; fortunatamente è Artù a continuare.

“La prima volta che avrei voluto toccarti è stato il pomeriggio di Natale, quando siamo tornati da casa di mio padre. Tu ti eri messo quel maglione orripilante che hai usato per tutto l’inverno perché dicevi che era l’unico che ti tenesse sufficientemente al caldo e con quel naso rosso da Rudolph ti sei messo a preparare la cioccolata calda. Ci cascavi dentro a quel pile, mentre mescolavi il latte nel pentolino e io avrei voluto abbracciarti, ne ho proprio sentito il bisogno fisico. Ma non l’ho fatto, perché credevo fosse colpa dell’incontro con mio padre e di quella sensazione di un Natale in famiglia che non avevo più provato da tanto tempo”

Artù si sposta i capelli all’indietro, ma Merlino non dice una parola – non ne è in grado – quindi il biondo continua.

“Poi dopo c’è stato Capodanno e ti ho visto immobile a fissare il muro, mentre cercavi di nascondere delle lacrime solitarie, e ti ho baciato senza nemmeno essermene reso conto. Eri semplicemente lì, triste e dispiaciuto e volevo cancellarti quell’espressione dalla faccia, che non ti si addice per niente”

Merlino si passa la lingua sulle labbra, che sente secchissime, mentre ascolta i battiti del suo cuore che stanno accelerando – ma come fa Artù a non sentirli?

“Mi hai un po' preso alla sprovvista, quando hai tirato fuori il discorso il primo dell’anno, perché nemmeno io sapevo bene perché lo avessi fatto”

“Hai messo su una faccia di bronzo da esporre in un museo” lo interrompe Merlino, con un sorriso subito ricambiato. Parlare per prendere in giro Artù è decisamente più facile che interromperlo durante il suo discorso.

“È la mia specialità” afferma, annuendo “Però ho cercato di non pensarci perché ero un po' ubriaco, perché era Capodanno, perché non avevo mai baciato un ragazzo e perché non avevo voglia di pensarci”

Il biondo scandisce le ultime parole, come se stesse confessando un grande segreto.

“Nei mesi dopo ho raggiunto con te un livello di complicità che non ho mai avuto con nessuno, nemmeno con Leon che è il mio miglior amico da quando ne ho memoria praticamente e che si è sorbito con me tutte le feste e i ricevimenti dell’azienda di mio padre. Mi ha spaventato la nostra intesa e mi ha spaventato ancora di più il fatto che tutte le ragazze che mi portavo a letto non mi soddisfacessero praticamente per niente. Ed erano brave te lo assicuro”

Merlino lancia un’occhiataccia ad Artù, che invece guarda distrattamente un punto imprecisato davanti a lui.

“Quando mi hai baciato, dopo l’ospedale, mi ha fatto star bene. Mi ha fatto stare davvero bene. Nonostante il momento, nonostante non fossi abituato a baciare un ragazzo, nonostante tutto. È stato il miglior abbraccio della mia vita”

Merlino sbuffa divertito, ma non aggiunge nulla perché vuole davvero vedere dove finirà questa conversazione, quanto in là Artù sarà capace di spingersi.

“Alator non mi è piaciuto fin dal primo momento: il modo in cui ti aveva approcciato nel locale, i suoi modi così… leggeri, che non si addicono per niente ad uno come te. E lo sai benissimo cosa ne penso di lui perché… te l’ho detto”

Il biondo conclude la frase molto più a bassa voce di come l’aveva iniziata, abbassando anche lo sguardo.

“Sapere che eri andato in moto con lui, nonostante il tuo odio per quei “dannati aggeggi” come li chiami tu mi ha fatto arrabbiare. Non so… credevo di essere l’unico con cui ti fidassi di andare in moto… mi faceva sentire speciale”

È un sussurro l’ultima parola ma Merlino la sente benissimo e un brivido gli corre lungo la schiena.

“Sei un idiota…” mormora.

“Dimmi che sono stato l’unico” ghigna Artù, ritrovando la sua solita sicurezza “Dimmi che tu non hai invitato Alator al tuo compleanno perché non volevi e non perché io ti avevo detto che non mi andava che ci fosse anche lui”

Merlino si sente avvampare, ma non ha intenzione di dare questa soddisfazione a quell’asino reale “Hai un’opinione di te un po' troppo alta, Asino”

“Ho una valutazione oggettiva delle cose, altroché!” ribatte l’altro, mentre le sue labbra si aprono in un sorriso ed il silenzio scende tra i due.

“Non hai nulla da dire?” chiede docile – per la prima volta in vita sua probabilmente – il biondo.

“Mi sembra di aver già detto tutto ciò che c’era da dire” replica l’altro, prima di ripetere “Sei un idiota”

“Sul serio, Merlino? Io ti faccio una dichiarazione d’amore e tu mi dici solo que…”

Artù non riesce però a finire la frase perché le labbra di Merlino si appoggiano dolcemente sulle sue, interrompendo qualsiasi discorso.

“Per la miseria, Artù, taci”






Spazio autrice sentite anche voi le campane? Gwaine sempre una star
Aiuto, aiuto, ce l'abbiamo fatta. Incredibile ma vero, si sono baciati e non solo per consolarsi (e chi sa quel che faranno stanotte...). Vi confesso che questo è il mio capitolo preferito. Credo di averlo scritto tipo dopo il secondo e poi ho modificato la dichiarazione di Artù man mano che succedevano cose. Non lo so, forse è per questo che ho ancora più paura del vostro giudizio su questo. O forse perché non ho mai scritto una cosa così romantica. Io, personalmente, lo adoro. 
Ci tengo molto alla domanda di Artù su Alator perché penso che non si sarebbe mai fatto avanti se avesse saputo che Merlino era felice con il suo ragazzo. 
Non so nemmeno cosa dire, in realtà, è un capitolo che parla da sé e che spero amiate come lo amo io. In ogni caso, io mi sono divertita a scriverlo.
Ringrazio tantissimo Koa__ per la sua recensione bellissima come sempre, LadyKant che ha scoperto la mia storia da poco ma che ci ha tenuto a dirmi quanto le piaccia e NorwegianWoodFields che mi fa sempre ridere (mi dispiace deluderti, niente neve, forse campane?).
Spero di non aver scritto degli strafalcioni, ho riletto questo capitolo così tante volte che lo so praticamente a memoria, senza nemmeno doverlo guardare. In ogni caso, fatemelo sapere, così come ci tengo molto alla vostra opinione sulla dichiarazione e su tutto il capitolo in generale.
E con questo termino qui delle note stranamente corte, dandovi appuntamento al prossimo capitolo!
A presto,
Felpie

 
   
 
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