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Autore: Red Owl    13/11/2020    0 recensioni
Quando un terremoto distrugge la sua città natale, Annabel lascia Epona e si trasferisce su Nantos-A, un pianeta scarsamente abitato. Lei e Seth, il suo fidanzato, intendono sposarsi e dare vita a una nuova famiglia, ma le leggi e le superstizioni del luogo li costringono a separarsi. Annabel si ritrova così legata a un uomo silenzioso e dal passato oscuro. Piena di rabbia e di rancore, la ragazza è determinata a non piegarsi a quell'ingiustizia, ma presto le diventa chiaro che la realtà è ben più complicata di quanto non sembri al primo sguardo. Ricongiungersi a Seth adesso non è più il suo unico obiettivo: deve anche restare in vita.
Genere: Hurt/Comfort, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Forse è un’osservazione un po’ stupida, ma la prima cosa che la colpisce è che in quel mondo c’è così tanto verde. Il Maggiore Nelson li conduce verso il villaggio e i profughi di Yuba lo seguono camminando in fila indiana. Quasi senza rendersene conto, Annabel si ritrova a tallonare Holly Gower, ascoltando ciò che la donna dice ai tre bambini che la seguono come anatroccoli, la piccola Lily attaccata all’orlo del suo cappotto e i due più grandi subito dietro.

La giovane indica di volta in volta un fiore o una pianta e spiega ai suoi figli che sono cose che non vedranno durante tutto l’anno, perché quello su cui si trovano è un pianeta che ha le stagioni. Annabel trattiene un’esclamazione di meraviglia. Sa cosa sono le stagioni, naturalmente, perché lo ha studiato a scuola, ma non ha mai avuto modo di vedere con i suoi occhi gli effetti di un asse inclinato e di un’atmosfera non del tutto artificiale. Su Epona non esistono le stagioni.

Se fosse solo un po’ più estroversa, chiederebbe a Holly come fa a sapere tutte quelle cose sul clima e sulla natura di Nantos-A. La sua innata ritrosia la porta invece a ignorare la propria curiosità e a camminare in silenzio, limitandosi ad assorbire le informazioni che le giungono alle orecchie.

Dopo dieci minuti, il gruppetto giunge sulle rive di un grande fiume che scorre placido e lento attraverso la pianura. Tutt’intorno a esso crescono degli alberi sottili, dal tronco chiaro e dalle foglie minute che vibrano sospinte da una bava di vento, diffondendo nell’aria un frinire come di campanelli.

Quelle sono le freccedice d’un tratto Nelson, indicando con un dito delle imbarcazioni lunghe e basse, dalla forma aerodinamica che ricorda effettivamente una punta di freccia. Sono tutte costruite con lo stesso legno chiaro, ma Annabel nota che sui fianchi di ciascuna barca è dipinto un simbolo colorato: un doppio cerchio rosso, una stella verde, due linee blu.

Di nuovo, la ragazza sarebbe tentata di chiedere spiegazioni e, di nuovo, abbandona quel proposito. 

La mano di Seth scende ancora una volta a stringere la sua. “Ci guardano come se fossimo degli animali esotici” le sussurra in un orecchio, prima di indicare con il mento un punto alla loro sinistra.

Solo in quel momento la ragazza si accorge con un sussulto che, seminascosti da un gruppetto di alberi bassi, ci sono tre uomini che li stanno fissando. Vestono abiti scuri e stivali alti, e tra le mani tengono i lembi di un’ingombrante rete da pesca. Pescatori, dunque. Quello più a destra è il più anziano, con capelli grigi e la pelle bruciata dal sole, ma i due che lo accompagnano sono piuttosto giovani, tra i trenta e i quarant’anni, e seguono il loro procedere con l’ombra di un sorriso meravigliato. Uno dei due, un ragazzotto biondo con un cappellaccio calato sulla fronte, abbozza un saluto che Seth ricambia con un cenno del capo. Ad Annabel non sfugge il modo in cui Kabir si frappone tra la ragazza con la treccia e gli altri uomini.

La giovane alza gli occhi al cielo, irritata da quella manifestazione di possessività.

Man mano che si avvicinano al villaggio, il numero degli spettatori aumenta. Annabel vede uomini, donne e bambini con i capelli scarmigliati e si chiede perché la nave sia atterrata così lontana da Huim.

Camminano per altri venti minuti e infine giungono a un piccolo abitato fatto di case dalle dimensioni modeste, interamente costruite con lo stesso legno chiaro utilizzato per costruire le barche. La maggior parte delle case - ammesso che si possano definire così - ha un solo piano, ma ve ne sono alcune più alte, a due piani. Ci sono fiori ai balconi, colorati e tutti diversi, e fili per stendere i panni tesi tra un edificio e l’altro.

Il tracciato di terra battuta sul quale hanno camminato fino a quel momento sfuma in un viottolo di ghiaia grigia che scricchiola e scrocchia sotto i loro piedi. Camminando con il passo sicuro di chi sa cosa sta facendo, il Maggiore Nelson li conduce verso il cuore dell’abitato. Infine giungono a una sorta di recinto circolare: la palizzata di legno delimita quello che dev’essere il cuore del villaggio, uno spiazzo privo di ghiaia e coperto di lastre di granito lucente. Al centro esatto della piazza sorge un edificio circolare grande come quattro o cinque delle case presenti nel resto del villaggio. Quella che si staglia davanti a loro è anche l’unica costruzione a non essere interamente in legno: il piano inferiore è di solida pietra, fatto di massi regolari accatastati con cura uno sull’altro, e il tetto è d’ardesia scura.

Nelson posa una mano sul cancello che permette di accedere all’area recintata, ma, prima di aprirlo, si volta verso le persone che lo seguono. “Questa è la casa comune” annuncia. “Qui incontreremo alcune delle Sapienti e alcuni degli uomini che siedono nel Consiglio del villaggio. Poi potrete sistemarvi.”

Annabel si mordicchia nervosamente il labbro inferiore e d'istinto si avvicina al fianco di Seth. Avverte che di lì a poco incontrerà della gente che potrà in una certa misura decidere del suo futuro e la cosa non le piace nemmeno un po’.

L’interno dell’edificio è luminoso e profumato di legno aromatico. Le dodici finestre alte e sottili disposte lungo le pareti inondano la sala di luci e ombre e Annabel ha quasi l’impressione di trovarsi ancora fuori, in mezzo agli alberi. È abituata a osservare l’ambiente che la circonda per identificare le eventuali insidie che vi si possono nascondere e anche in questa occasione avverte l’impulso di studiare l’arredamento, ma la sua attenzione torna inevitabilmente alle tre donne che si stanno avvicinando al gruppo dei profughi.

Sono anziane, di un’età indefinibile, e camminano curve, avvolte in abiti che sfiorano loro le caviglie e in scialli decorati da una miriade di frammenti di specchio. La prima ha la pelle scura, sul volto segni di tatuaggi ormai sbiaditi, occhi scuri come il carbone e ispidi capelli color antracite portati corti. La seconda è una matrona mastodontica, più alta della compagna di più di una testa, le gambe gonfie di grasso e di liquidi che si intravedono al di sotto dell’abito leggero che indossa. La terza, infine, è una donnina delicata, dalla pelle sottile come cartapesta, pallidi occhi lattiginosi e una treccia di capelli bianchi che le scende fino alla vita.

È la prima delle tre a parlare. “Benvenuti” dice, e la sua voce raspa come carta vetrata. “Io sono Nisha, loro sono Mada e Shiera. Vi aiuteremo durante i vostri primi giorni qui.”

Le parole dovrebbero essere incoraggianti, ma il tono in cui le pronuncia è sbrigativo e Annabel nota che, sebbene si stia rivolgendo a tutti loro, gli occhi della donna sono fissi sulla signora Becker. Sembra quasi che la stia studiando; e la sua espressione non è amichevole.

La donna più minuta - Shiera, apparentemente - si avvicina al gruppo con piccoli passi da uccellino. Si ferma solo quando è a poche decine di centimetri da Noah Gower, che si trova all’estrema sinistra della fila, e ne osserva minuziosamente il volto. Un passo di lato e la donna fa lo stesso con Holly. Poi sfiora i capelli rossi di Conor, il naso a patata di Grace. Allunga una mano verso i codini bruni di Lily, ma la piccola si scosta e corre a nascondersi dietro le gambe della madre. 

Shiera osserva Kabir, Kalika - e le tocca il vitino da vespa - e infine giunge ad Annabel. Le dita della vecchia, adunche come artigli, indugiano sui suoi capelli biondi e opachi, ma la ragazza sa che, in realtà, sta osservando la macchia che le deturpa il volto. Forse è solo una sua impressione, ma le sembra che la donna si soffermi sul suo aspetto più di quanto non abbia fatto con gli altri e il sentore dolciastro del suo fiato le si infila nelle narici.

L’esame sembra protrarsi all’infinito, ma alla fine Shiera non dice una parola e passa a osservare Seth. Pochi istanti e poi torna dalle altre vegliarde, ignorando completamente la signora Becker. 

Annabel si aspetta che qualcuno parli, ma le tre donne restano in silenzio e anche Nelson rimane assolutamente immobile, come in attesa di qualcosa. Passano parecchi istanti - minuti? - prima che la porta d’ingresso si apra, lasciando entrare due uomini.

Sono alti, entrambi di mezza età: uno è più scuro dell’altro, hai dei lineamenti più eleganti, ma i capelli pettinati alla stessa maniera e gli abiti di foggia simile li rendono piuttosto somiglianti l’uno all’altro.

Romed ed Elko” dice Nisha, a favore dei profughi. “Membri superiori del Consiglio.”

I due passano rapidamente in rassegna il gruppetto di estranei, ma è un’occhiata sbrigativa, come se non fossero veramente interessati a conoscere quelle persone che risiederanno nel loro piccolo villaggio. Ad Annabel la cosa sembra strana, oltre che scortese.

Maggiore Nelson?” Fa a mo’ di saluto l’uomo con gli occhi chiari; e il militare annuisce.

Sono io” conferma.

Gli uomini ci seguano nell’altra sala” dice l’altro uomo, quello dai colori più scuri. “Venga anche lei, Maggiore: abbiamo alcune cose di cui discutere.” Non dice cosa devono fare le donne e Annabel incontra gli occhi di Seth. Non è il tipo di donna che cerca costantemente il supporto del proprio compagno, ma in quel frangente si sente spaesata e pensa che forse l’eterna tranquillità del ragazzo può aiutarla a tenere a bada la tensione.

Un po’ funziona, perché sul viso del giovane c’è solo una blanda curiosità. Non sembra turbato e Annabel pensa che, forse, non c’è davvero motivo di allarmarsi. Quei due tizi vogliono parlare con gli uomini. Bene. Nulla di strano. L’aveva già capito, che sta per entrare a far parte di una società maschilista.

Tu con i bambini vieni con noi” dice Mada, e anche la sua voce è grassa, cavernosa. “Ti mostreremo la tua nuova casa e ti daremo alcune dritte che ti saranno utili. Tuo marito ti raggiungerà tra poco.” 

I Gower si scambiano un’occhiata, poi Holly prende per mano Lily e fa cenno a Grace e Conor di seguirla mentre si avvicina alle tre vegliarde.

Vedendosi abbandonata, Annabel fa guizzare gli occhi attorno a sé alla ricerca di qualcosa che le suggerisca cosa fare, ma Kalika è più veloce. “E noi?” chiede con una vocina sottile.

È Nisha a rispondere. “Voi potete andare di sopra. Troverete una stanza con la porta aperta: potete aspettarci lì.”

È la signora Becker a muoversi per prima e Annabel e Kalika la seguono in silenzio dopo aver rivolto un ultimo sguardo ai loro fidanzati. Le scale che percorrono sono strette e interamente di legno, i gradini scricchiolano sotto ai loro piedi e ogni passo risuona rumorosamente.

In cima alle scale c’è una porta aperta, come ha detto la vecchia Nisha, ed è una sorta di salotto. C’è un tavolo rotondo ricoperto da una tovaglia di pizzo e circondato da pesanti sedie di legno, e dei mobili bassi sono addossati alle pareti. Annabel adocchia la credenza con le ante di vetro che custodiscono dei bicchieri e si chiede che tipo di bevanda venga servita in essi.

Kalika si torce le mani e poi, quasi fosse imbarazzata dal fatto di starsene in piedi senza fare nulla, scosta una delle sedie e vi si siede, prendendo subito a giocherellare con l’orlo della tovaglia.

Annabel non ha voglia di sedersi e per questo raggiunge una delle due finestre che danno sull’esterno. Riesce a vedere il fiume, da lì, e la striscia di terra coltivata che si estende lungo la riva più remota, e i boschi al di là di essa. Sullo sfondo, delle montagne dolci e regolari - sono più colline, in effetti, che veri e propri monti.

Quando avverte una presenza alle proprie spalle, la ragazza ruota su se stessa, voltandosi quel tanto che basta per incontrare lo sguardo della signora Becker. Aveva ragione: i suoi occhi sono grigi, non neri come le erano sembrati in un primo momento, e alla luce della finestra i suoi lineamenti sembrano più delicati, meno da uccello rapace.

Io sono Elsa” le dice, come se l’informazione potesse essere di una qualche importanza per Annabel.

La giovane annuisce. “Hm-hm.”

Sta per girarsi nuovamente verso la finestra, ma la mano della signora Becker le afferra il mento in una presa sorprendentemente decisa. Ha le dita fredde e lisce come la pelle dei pesci. La donna la costringe a voltare il capo verso destra e Annabel sente i suoi occhi sulla macchia che le copre la parte sinistra del volto.

Cos’hai fatto in faccia?” le chiede, come se le stesse chiedendo come si è fatta un taglio su un dito o una sbucciatura sul ginocchio.

Annabel retrocede di un passo, bruscamente, e si libera dalla presa di Elsa. “È un angioma” ringhia, chiedendosi perché si stia degnando di risponderle. “Ce l’ho da sempre. Dalla nascita.”

Il volto della donna si contrae in un’espressione pensosa. “Hm” mormora a sua volta, e Annabel non sa come interpretarlo, quel suono.

   
 
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