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Autore: Jane P Noire    14/11/2020    2 recensioni
Rowan Monroe ha sempre fatto di tutto per passare inosservata. Non vuole fare nulla che possa attirare l'attenzione sulle persone che l'hanno cresciuta, i Vigilanti, angeli caduti dal Paradiso e costretti a restare sulla Terra per proteggere la razza umana, e soprattutto su se stessa. La sua vera identità deve restare un segreto perché il sangue che le scorre nelle vene la rende una creatura pericolosa e imprevedibile.
Liam Sterling è l'ultimo ragazzo per cui dovrebbe provare attrazione per una serie infinita di ragioni: perché è un umano, perché a scuola è popolare, perché l'ha sempre ignorata, e soprattutto perché suo fratello è appena stato ucciso in maniera misteriosa e orribile da un demone. Ma quando lui la implorare di aiutarla a scoprire la verità e dare giustizia al fratello, Rowan accetta anche se è consapevole che questa scelta potrebbe essere la fine di tutto ciò per cui ha lavorato negli ultimi diciotto anni della sua vita.
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una Shelby Mustang rossa si parcheggiò di fronte alla Comet blu di Liam, e Hawke scivolò fuori dall’abitacolo con la sua solita eleganza silenziosa. Infilando le mani nelle tasche della giacca di pelle nera, ci venne incontro e ammiccò in modo esagerato quando i suoi occhi neri scesero sulle mie gambe nude. «Bella mercanzia, splendore», commentò, avvolgendomi le spalle con un braccio e rivolgendomi quel suo ghigno. «Adesso capisco perché Fossette vuole così tanto entrarti nelle mutande…»
Assestai una gomitata fra le sue costole, lanciandogli un’occhiata di avvertimento. «Non cominciare.»
Con una risatina sghignazzante, mi lasciò andare.
Rivolse un sorriso smagliante a Adeline, che lo scrutava con sospetto con le palpebre assottigliate sugli occhi a mandorla, e un cenno del mento in direzione di Liam, che rispose con una smorfia di disappunto. «Tutti pronti per questa entusiasmante avventura?» domandò, agitando le mani ancora nelle tasche della giacca.
Adeline arricciò la punta del nasino, mentre si voltava e mi rivolgeva la sua totale attenzione. «Davvero non possiamo entrare? Davvero io non posso entrare?»
«Meglio di no.» Scossi la testa con fare risoluto. «Fino ad ora sei riuscita a non attirare l’attenzione delle Congreghe della città, Addy, e, credimi, ti conviene che le cose restino in questo modo.»
Lei sbuffò e mi voltò le spalle, fingendo che le gomme della macchina di Liam fossero la cosa più interessante del mondo.
Io mi scambiai una lunga occhiata con Liam, che continuava a far vagare gli occhi sul mio corpo – come, d’altronde, aveva fatto da quando mi aveva vista, per tutta la durata del tragitto in macchina e mentre aspettavamo Hawke. Quando le sue iridi si mescolarono alle mie, aprì la bocca come se avesse voluto dire qualcosa, ma poi cambiò idea all’improvviso e la richiuse.
Hawke mi rivolse un cenno della testa. «Andiamo, splendore?»
«Okay», mormorai, incamminandomi verso l’entrata del ristorante più elegante e lussuoso che io avessi mai visto in tutta la mia vita. In quel momento, fui davvero contenta di indossare quel vestito: forse non avevo le curve giuste, ma almeno non erano il paio di jeans e il maglione oversize che ero solita indossare.
Liam avvolse il mio braccio fra le dita affusolate e mi trattenne al suo fianco. Abbassò il mento e incurvò le spalle per avvicinarsi a me, mentre io rovesciavo la testa all’indietro per continuare a guardare meglio quel suo viso dai lineamenti perfetti.
«Stai attenta», sussurrò lui ad un centimetro dalle mie labbra.
Mi inumidì la bocca con la lingua e mi schiarii la gola. «Io sono sempre attenta.»
«Lo so.» Fece quel suo sorrisetto storto che mi faceva venire le gambe molli. «Ma ripeterlo non fa mai male.»
«Non devi preoccuparti di niente. Io e Hawke faremo solo una chiacchierata con loro per scoprire se sanno qualcosa.»
Liam inspirò di scatto e con un sospiro rilasciò tutta l’aria. Il suo alito caldo si infranse sulla mia bocca, provocandomi una lunga serie di brividi. «So che ti fidi di lui e so anche che lui tiene a te abbastanza da non metterti in situazioni pericolose, ma comunque non mi piace lasciarti andare.» Mi scostò dietro le spalle i capelli e cominciò ad accarezzarmi con il pollice la linea della mia gola, dal mento all’attaccatura delle clavicole. «Vorrei poterti seguire ovunque, ma sono solo un umano…»
Non riuscii ad impedirmelo e passai una mano sulle ciocche ribelli dei suoi capelli castani che gli sfioravano la fronte. «Non dirlo come se fosse una cosa brutta.»
«Se mi impedisce di stare con te, lo è.»
Abbassai lo sguardo e mi morsi il labbro.
Sapevo che la sua natura umana avrebbe dovuto costituire un ostacolo per noi due, ma non era così. Provavo comunque dei sentimenti travolgenti per lui, sentimenti che non ero capace di soffocare o ignorare. Mi stavo innamorando di lui alla velocità della luce, dopo averlo veramente conosciuto solo da poche settimane, come se il mio cuore e la mia anima avessero sempre saputo di appartenere a lui.
E anche se sapevo che la fine – la mia, o quella del mondo – era molto vicina, non esitai un secondo a replicare: «Niente di impedisce di stare con me, Liam. Solo perché non puoi seguirmi ovunque, non vuol dire che io non ti porto sempre con me.» Avvolsi le dita attorno al suo polso e spostai la sua mano sul mio petto. Dietro la cassa toracica il mio cuore batteva all’impazzata e si andava a scontrare contro la delicata pressione del suo palmo aperto. «Tu sei sempre qui dentro.»
Liam trattenne il respiro e abbassò ancora la testa fino a che la sua fronte si incollò alla mia. Il suo naso mi sfiorava le sopracciglia e la sua bocca era tremendamente vicina alla mia, tanto che potevo sentirne il calore e immaginarne il sapore. «In questo momento ho davvero una voglia matta di baciarti.»
Alzai di qualche millimetro il mento per andargli incontro. Schiusi le labbra.
Lui scosse la testa. «Ma non adesso. Non così.» E mi lasciò andare.
Poi, con la mano di Hawke ferma sulla base della mia schiena, entrai nel ristorante.
Ci fermammo di fronte al bancone dell’accettazione, dove un ragazzo con indosso uno smoking nero e l’acne sulle guance ci accolse con un sorriso cordiale ma freddo. «Avete una prenotazione?» domandò.
Hawke sfoggiò il suo sorriso più smagliante. «Abbiamo un appuntamento con Diana. Lei mi sta aspettando.»
Il ragazzo spalancò gli occhi scuri e alzò le sopracciglia verso l’attaccatura dei suoi capelli scuri. Fu abbastanza veloce a ricomporsi e indicarci con una mano l’ascensore dalle porte color oro che si trovava alle sue spalle. «Immagino conosciate la strada.»
«Sì, la conosco.»
Salimmo in completo silenzio fino a raggiungere l’attico del palazzo.
Il rumore di posate e bicchiere che tintinnavano e il debole brusio delle conversazioni dei commensali si spensero nel momento esatto in cui io e Hawke entrammo nella sala.
Lui tornò ad avvolgermi un braccio intorno alle spalle e, se non fossi stata estremamente nervosa, me lo sarei scrollata di dosso con una gomitata nelle costole. Ma ero nervosa e lasciai che il calore della sua pelle sulle mie spalle scoperte placasse i miei nervi. Mi guidò tra i tavoli, rivolgendo sorrisi qua e là come se conoscesse tutti.
Mi morsi un labbro, mentre osservavo ogni viso presente in quella sala affollata. Ci stavano guardando tutti. «Sono tutte streghe?»
«La maggior parte, sì.» Abbassò la bocca sul mio orecchio. «Alcuni sono demoni di basso rango, altri sono solo umani che credono di sapere qualcosa sulla magia, e altri ancora sono lontani discendenti delle streghe che ormai nelle vene hanno sangue demoniaco così diluito da non aver alcun potere.»
«Lo sai che questi tipi di incontri non sono proprio legali, vero?»
Lui fece una risatina, scuotendo i riccioli neri. «Sii contenta che non seguono le regole, splendore, o noi non avremmo nessuno che può darci le informazioni di cui abbiamo bisogno.»
«Io sono la prima a infrangere tutte le regole, lo sai.» Mi strinsi nelle spalle. «Mi chiedevo solo come fanno ad incontrarsi all’insaputa dei Vigilanti…»
«Incantesimi, splendore. Ci sono un numero infinito di magie capaci di nascondere la tua presenza agli altri. E non sono nemmeno troppo difficili. Forse persino Adeline sarebbe capace di farlo, se qualcuno le mostrasse come. E questa è una Congrega molto numerosa e molto potente: un incantesimo del genere per loro è più facile di quello che immagini.»
Assottigliai le palpebre sugli occhi. «Tu come conosci questa Congrega?»
«Conosco una strega di questa Congrega…»
«E come la conosci?»
«Le ho fatto un favore anni fa. Una specie di patto con il diavolo… non so se mi spiego», disse.
«Ti spieghi benissimo», mormorai. Lo guardai dal basso verso l’alto, mordicchiandomi il labbro inferiore. Sebbene lo conoscessi da molti anni, c’erano ancora molte cose che non sapevo sul suo conto. «Non mi ero resa conto che fossi un Patteggiatore…»
I Patteggiatori erano quei demoni che, attraverso un contratto legale, potevano prendere possesso dell’anima di un mortale in cambio di qualsiasi cosa loro desiderassero. Per quanto suonasse orribile, non era nemmeno una violazione delle regole: gli umani che firmavano sapevano bene a cosa stavano rinunciando e sceglievano comunque di farlo.
«Credevo che tu dovessi solo controllare l’entrata degli Inferi che sbuca in questa parte del mondo mortale», aggiunsi, senza staccare gli occhi dal suo profilo.
«Quello è il mio incarico ufficiale da qualche secolo ormai. Ma qualunque demone di alto rango ha il potere e anche il diritto di corrompere le anime mortali. Un po’ come in un negozio ogni commesso deve vendere un certo numero di articoli, il compito di noi demoni è quello di dannare quante più anime possiamo. Qualsiasi demone, specialmente quelli di alto rango, possono reclamare un’anima che ci è stata consegnata secondo le regole.»
«E questa strega… ti ha consegnato la sua anima con un patto?»
«Solo un pezzetto», disse, mentre con il dito mi indicava un tavolo apparecchiato per tre. Una ragazzina che non poteva avere più di sedici anni sedeva da un lato, mentre degustava una bistecca al sangue delle dimensioni della sua testa. I capelli castano ramato erano tagliati alla francese e una frangettina le sfiorava la parte alta della fronte. Un vestito grigio dal taglio sartoriale e rigido le fasciava un corpicino da folletto e le lasciava scoperte le braccia magre come due fili d’erba. «Diana è venuta da me sapendo a cosa andava incontro.»
«Ma se tu hai il diritto sulla sua anima quando morirà, come dice il contratto, perché lei ti deve un favore? Il debito è già stato pagato, e anche a caro prezzo se vuoi sapere la mia opinione.»
«No, grazie, non voglio sapere la tua opinione. Sei una persona troppo buona e so che non approveresti il mio lavoro di demone – che comunque non ho più svolto con la frequenza con cui avrei dovuto da quando ti ho conosciuta.» Mi avvicinò le labbra all’orecchio e uno strano brivido mi serpeggiò lungo la schiena. «Tu mi stai cambiando.»
«Dovrei sentirmi in colpa?» Inarcai un sopracciglio.
«Be’… non lo so.» Si strinse nelle spalle. «Io però lo intendevo come un complimento: sei riuscita a rendere più buono – per quanto potrà mai essere buona una creatura infernale – uno stronzo come me.»
Non riuscii ad impedirmi di sorridere.
Anche lui piegò gli angoli delle labbra verso l’alto in un sorriso che non aveva niente della sua solita arroganza e la sua ironia maliziosa. Era il più genuino che gli avessi mai visto fare.
«Comunque, Diana non mi ha dato la sua anima per intero. Il contratto che le ho proposto chiedeva in cambio un favore e un po’ della sua anima.»
Spostai lo sguardo sulla strega seduta a qualche tavolo di distanza da dove ci trovavamo noi. Assottigliai le palpebre mentre tornavo a guardare Hawke. «Le hai proposto questo patto perché preferivi avere un debito con una strega piuttosto che la sua anima, vero? È così potente?»
«Oh, sì. In questo momento le potrei chiedere qualsiasi cosa.»
«Eppure tu hai intenzione di chiederle solo una piccola informazione, una che lei potrebbe non avere.» Mi fermai e lo inchiodai sul posto con lo sguardo. Gli sfiorai il bicipite con la punta delle dita. La sua pelle era sempre molto calda, anche se faceva freddo e lui indossava solamente una maglietta a maniche corte e la giacca di pelle lasciata aperta sul petto. «Perché? Non è molto demoniaco…»
«No, non lo è.» Lui distolse lo sguardo dal mio viso. «Ma me lo hai chiesto tu.»
«Hawke…»
Ma avevamo ormai raggiunto il tavolo e la strega si accorse della nostra presenza, così io richiusi di scatto la bocca.
Lei sollevò per un solo istante lo sguardo su di noi e poi tornò a prestare la sua totale attenzione alla bistecca davanti a lei.
Hawke lo prese come un invito a sedersi e, dopo aver fatto rumorosamente strisciare le zampe della sedia sul pavimento, si abbandonò su di essa. Mi lanciò un’occhiata, allora io lo imitai e presi posto al suo fianco.
«Principe», lo accolse la ragazzina.
Con la bocca spalancata, mi voltai con uno scatto violento per guardare Hawke. Una parte di me aveva sempre avuto il sospetto che lui in realtà fosse un Re o Principe dell’Inferno. Ma averne la certezza, in quel momento, mi fece accapponare la pelle. Senza nemmeno saperlo, ero diventata l’amica – se così poteva definirsi il nostro rapporto – di uno degli angeli che duemila anni prima aveva seguito Lucifero nella sua ribellione e dannato per sempre la sua anima.
Porca. Merda.
Hawke mi rivolse un sorrisetto storto, evidentemente divertito dalla mia reazione.
«Non ti vedo da molto tempo, e ora decidi di presentarti nella mia casa con…» La strega spostò lo sguardo su di me e, con un’espressione di disgusto, mi indicò i denti della forchetta, «questa cosa. Devo dire che sono piuttosto delusa.»
Se non fossi stata sconvolta e sorpresa dalle sue parole, mi sarei incazzata moltissimo per essere stata definita una “cosa”. Ma lei dava l’impressione di sapere benissimo cosa ero e questo aveva la priorità sul mio orgoglio e la mia rabbia. «Conosci la mia vera identità?»
La streghetta sollevò appena un sopracciglio. «Certo. E devo dire di non essere molto contenta di avere un esemplare della tua razza sotto il mio tetto.»
«Diana», intervenne Hawke, dopo aver abbassato per un secondo lo sguardo sui miei pugni serrati e la mia espressione furiosa. «Garantisco io per lei.»
«Quando si tratta di Nephilim, Principe, non mi fido nemmeno di te. C’è un motivo se la sua razza ha smesso di esistere…»
Sbattei con violenza un pungo sul tavolo, facendo tintinnare le posate e i bicchieri, e mi sporsi in avanti. «Continua ad insultarmi, nana, e sarà il tuo naso a smettere di esistere!»
Lei piegò le labbra in un sorriso, come se si fosse aspettata quella reazione da parte mia. E questo mi fece infuriare ancora di più. Avevo così tanta voglia di prenderla a pugni che le mani mi prudevano e il sangue mi bruciava nelle vene.
«Diana», ripeté Hawke. Aveva intrecciato le dita sul tavolo e fissava la strega con i suoi penetranti occhi neri. «Non mi importa proprio un cazzo di niente della tua opinione. Fattela piacere, perché tu mi devi un favore e io sono qui per riscuotere.»
Lei abbandonò le posate sul piatto e avvolse tra le dita piccole il bicchiere di vino rosso. «Un debito con una strega è una cosa molto potente, Principe. Sei sicuro di voler sprecare questa occasione per una come lei?»
«Sai cosa sta succedendo in questo momento?» domandò lui, appoggiando la schiena contro lo schienale della sua sedia e incrociando le braccia al petto.
«Se ti riferisci alle quattro persone che sono state ritrovate senza il loro sangue, sì, la Congrega è stata informata.»
«Allora saprai cosa significa.» Senza aspettarsi una vera risposta, Hawke si sporse in avanti con i gomiti sulla tovaglia e proseguì: «Significa che la fine del mondo è alle porte e, dal momento non ho nessuna voglia di passare il resto della vita a combattere una guerra eterna, sì, ho bisogno di quel favore.»
Diana nascose il naso nel suo calice e si prese tutto il suo tempo per assaporare il vino. «Molto bene. Cosa vuoi?»
«Abbiamo scoperto che le vittime erano delle benedizioni», la informai con tono gelido, mentre cercavo ancora di placare la furia che mi incendiava il sangue. «Per trovarle, l’assassino deve aver fatto affidamento ad un incantesimo. Non c’è altro modo di scovarne una: il loro odore è completamente nascosto da quello dei mortali con cui vivono.»
«Sì, è corretto.» Diana appoggiò il bicchiere sul tavolo e tornò ad impugnare le posate e tagliare la bistecca.
«Voi sapete chi potrebbe aver fornito al nostro assassino tale incantesimo?» domandò Hawke.
«Siamo state noi – e per una somma di denaro molto alta.»
«Voi? Avete collaborato con un demone?» mi indignai. Con uno scatto violento, mi alzai dalla sedia e sbattei una mano sul tavolo.
Lei non si scompose. «Non abbiamo infranto nessuna regola.»
«Collaborare con i demoni non è permesso, piccola deficiente.»
Tremavo dalla rabbia e, dalla puzza di bruciato che sentivo nell’aria, dovevo aver perso di nuovo il controllo sul mio potere. Se non fossi riuscita a trattenermi, quella sera avrei dato fuoco anche alla tovaglia e tutto il ristorante oltre al preziosissimo tappeto di Elias.
«A chi avete dato l’incantesimo, Diana?» chiese Hawke con voce molto più modulata della mia.
Lei fece una risatina, mentre io sentivo una furia velenosa e potente scuotermi le membra e sapevo che trattenermi ancora sarebbe stato difficile. «Non posso dirtelo, Principe.»
«’Fanculo alla privacy, Diana», sbottò Hawke. Era ovviamente arrabbiato, ma a differenza mia, era rimasto seduto sulla sua sedia con un’espressione annoiata stampata sulla faccia. «Stiamo parlando della fine del mondo. E tu non vuoi che il mondo finisca. Il nostro piccolo patto del secolo scorso ti ha procurato un biglietto di sola andata per laggiù. Credimi, dolcezza, non è un bel posto.»
Ah.
Wow.
A quanto pareva, quella piccola deficiente non era poi così tanto piccola.
Lei sussultò appena. «Non abbiamo collaborato con i demoni», disse. Il suo tono era molto meno sicuro e arrogante. «La persona che è venuta a comprare l’incantesimo era un umano.»
Mi bloccai sul posto, con le mani ancora ferme sulla tovaglia e gli occhi fissi sul volto da folletto della strega che avevo di fronte.
Hawke si sporse in avanti. «Un umano?»
«Esattamente. Per questo motivo gli abbiamo dato l’incantesimo. Non pensavamo che sarebbe successo… tutto questo.»
Hawke rise e gettò la testa all’indietro. «E cosa cazzo pensavi che sarebbe successo, di preciso?»
Lei non rispose.
«Quale umano?» domandai io, sporgendomi in avanti.
«Non lo so.»
La mia mandibola si staccò con violenza dalla mascella. «Non lo sai?»
«Non lo so», ripeté. «Era solo un umano con molti soldi. La Congrega ha bisogno di denaro per andare avanti.»
«Ma ti rendi conto di cosa avete fatto?» Stavo per esplodere e ogni creatura in quella stanza sapeva che se lo avessi fatto sarebbe stata la sua fine. «Quattro persone sono morte per colpa vostra!»
«Noi non abbiamo ucciso nessuno», replicò Diana, senza scomporsi e senza distogliere lo sguardo dal suo piatto.
Serrai pugni sulla tovaglia. «Il vostro incantesimo ha portato alla morte di quattro persone, stronza!»
«Un incantesimo è solo un incantesimo, come una spada è solo una spada.» Sollevò appena gli occhi scuri per un secondo. «Le intenzioni dietro l’uso di tali strumenti non sono una nostra responsabilità.»
Mi voltai verso Hawke. «Sto per prenderla a calci nel culo», annunciai, mentre il mio potere risaliva in superficie e io mi preparavo a colpirla.
Lui avvolse le dita sul mio polso e mi trattenne dalla sua parte del tavolo. Alzò lo sguardo su di me. «Non abbiamo il tempo.»
Diana sorrise, tesa ma compiaciuta. «Immagino che questo significhi che il nostro debito è stato pagato, Principe. Io non devo più niente a te, e tu non devi più niente a me.»
«Certo.» Hawke teneva ancora le dita intrecciate al mio polso quando si alzò in piedi con calma, senza fare il minimo rumore. Piegò le labbra in un sorriso che ebbe il potere di gelarmi il sangue nelle vene. «Ma sappi che quello che tu hai scelto di fare, dando l’incantesimo a quello umano, mi ha molto contrariato. E se quando riusciamo a fermare l’Apocalisse, tu verrai da me una seconda volta per farti allungare ancora la vita, me ne fregherò delle regole e taglierò la tua gola e quella di ogni membro della tua Congrega per poi banchettare sulle vostre carni fino a scoppiare.»
Poi, mentre la strega sussultava e serrava le dita attorno alle sue posate, Hawke mi spinse verso l’uscita con una mano sulla schiena.
L’intera stanza era nel silenzio più assoluto e tutti ci guardarono uscire.
   
 
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