~ Cronache
di una strana collaborazione ~
♤La
stesura del piano ♤
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Il
pendolo dell’orologio oscillò con tonfi sordi nel soggiorno dell’abitazione.
Kaito
comodamente seduto in poltrona accavallò le gambe adagiando il volto sul palmo
della mano, il gomito puntellato sul bracciolo atto a simulare una naturalezza
che almeno apparentemente riusciva a mantenere perfetta.
Ai
lati del basso tavolino in mogano erano disposti i due divani che completavano l’arredamento,
su uno dei quali aveva preso posto il padre di Shinichi lasciando l’altro
libero per la dolce metà momentaneamente assente, mentre dritto davanti a sé in
corrispondenza della soglia della porta si era posizionato Subaru.
Sorrise
predatorio all’uomo.
L’ingresso
della sala non era certamente l’unica via di fuga a sua disposizione, bloccarla
in quel modo tanto banale era pressoché inutile. Persino la polizia aveva ormai
rinunciato su quella strada e a sue spese l’avrebbe fatto capire anche all’uomo,
poco importavano gli eventuali assi nella manica.
Adorava
le sfide, soprattutto quelle impossibili.
Yukiko
canticchiò un tenue motivetto musicale di ritorno nella stanza silenziosa con
un vassoio tra le mani, accomodandosi sul divano opposto a quello del marito ed
ultimando la preparazione delle tazzine di tè fumanti, di cui una venne allunga
sul tavolino verso il più giovane dei presenti.
Kaito
ringraziò con un sorriso studiato la cortesia della donna limitandosi ad osservare
attentamente il vapore sollevarsi dalla miscela senza accennare a muoversi,
seppur il desiderio del tè non gli dispiacesse davvero per mantenersi all’erta.
Necessitava
di un’agenda per organizzare il suo tempo, le ore di sonno erano finite
decisamente in secondo piano nella sua scala delle priorità.
«Possiamo
fare cambio se non ti fidi» sollevò gli occhi sullo scrittore di gialli che con
totale calma aveva scambiato le loro tazzine bevendone un sorso per primo «Non
c’è del sonnifero all’interno e nemmeno qualunque altra sostanza stordente ti sia
balenata in mente, puoi stare tranquillo»
«Kudo-san far finta di bere è uno dei primi trucchi che ho
imparato durante i miei pedinamenti, scommetto che lei così invischiato nell’ambito
poliziesco lo consocerà sicuramente» cantilenò in risposta dopo un leggero
fischio divertito non mancando di sfidare apertamente l’uomo alla porta «So
altresì che non cadrebbe tanto in basso da offendere la sua intelligenza con
metodi così vichinghi per catturarmi, quindi accetterò volentieri il tè
gentilmente preparato dalla dolce e bellissima signora. Mi permetta però di
chiedere se il suo coinquilino sia dello stesso avviso…Subaru-san, non
sia timido e si unisca a noi! Gradisce del tè?»
Akai
evitò di chiedersi per il bene della sua salute mentale come avesse fatto il
ladro a far apparire la tazzina vuota nelle sue mani senza a prima vista spostarsi
di un millimetro, l’insolenza sfacciata nei suoi confronti era così palese da
farlo sembrare realmente e nuovamente un ragazzino dispettoso.
Il
fastidio però con sua stessa sorpresa risultò minimo, a tediarlo non era l’irriverenza
ma il non capire adeguatamente nei continui cambi di personalità e di emozioni quali
fossero quelle autentiche. Lui aveva una sola identità fittizia e in alcuni
casi riscontrava difficoltà a barcamenarsi tra le due, invece quell’individuo
dal suo arrivo aveva cambiato modo di esprimere una stessa emozione così tante
volte da fargli perdere il conto.
Con
una tale nonchalance da farlo sembrare il compito più semplice del mondo.
«Ti
ringrazio per l’offerta, ma preferisco restare qui»
Il
ragazzo sembrò profondamente deluso dalla risposta, ma era difficile giudicare
se fosse un sentimento autentico o una perfetta recitazione dell’atto,
soprattutto per il broncio trasfigurato in una smorfietta provocatoria pochi
secondi dopo. Avrebbe avuto più successo come attore che criminale.
«Capisco,
anche se trovo scortese da parte sua rifiutare» la tazzina passò da una mano
all’altra in scatti sempre più veloci sostituita da una pallina, dal monocolo,
dal cellulare consegnatogli prima e da altri piccoli oggetti che non si capiva
da dove venissero «Volevo informarla che se volessi uscire di qui, la porta
sarebbe l’ultima delle scelte. La finestra del soggiorno non è molto alta per saltarvi
attraverso, potrei anche usare il camino e non mi ci vorrebbe molto a scalarlo
se è quello che si sta chiedendo. Ci sarebbe anche la porticina nascosta dietro
la tenda lì infondo che presumo sia un ingresso secondario per lo studio del
signor Yusaku, da lì potrei attraversare indisturbato la villa fino alla
terrazza da cui sono entrato. Perde il suo tempo se è rimasto sulla porta con
l’intento di bloccarmi»
Kaito
in un abile scatto si rizzò in piedi, la tazzina riapparsa tra le mani ricolma della
bevanda zuccherata protesa a mezz’aria verso l’uomo sotto lo sguardo
attentamente divertito di Yusaku.
«Ora,
le va di unirsi a noi?»
Subaru
trattene tra i denti la sua risposta bloccandosi con espressione pungente una
volta giunto all’estremità opposta del tavolino, avrebbe accettato
quell’inutile buffonata derisoria esclusivamente per preservare la sicurezza
dei due gentili coniugi. Afferrata la tazzina si premurò di stringere con più
forza del dovuto le dita del mago che non lasciò trapelare la minima reazione
al di là del consueto sorrisetto prima di risedersi.
Lui
preferì restare soltanto appoggiato al bracciolo del divano dove Yukiko aveva
smesso di canticchiare indagando attentamente il loro ospite. La carnagione
scura e gli occhiali non riuscivano a toglierle dalla testa l’impressione di
avere Shinichi lì con lei, complice anche la voce utilizzata identica a quella
del suo bambino.
Yusaku
si schiarì la gola attirando l’attenzione.
«Direi
che possiamo saltare ulteriori convenevoli per dedicarci a questioni più serie»
una piccola pausa per proiettare lo sguardo sul ragazzo impegnato in una sfida
non verbale con Akai «Non so fin dove si spingano le tue conoscenze sugli
uomini contro cui si è messo Shinichi e non è mia intenzione informarti più del
dovuto sulla faccenda. Mi limiterò a spiegarti che si tratta di un’organizzazione
particolarmente pericolosa come avrai già avuto modo di constatare, dove i
seguaci utilizzano nomi in codice di alcolici per identificarsi fra loro e non
è detto che conoscano a vicenda i loro veri nomi. Potremo tranquillamente
definirli una sorta di gruppo terroristico considerando i loro ripetuti
attacchi a persone importanti della sfera politica, con uso costante di armi di
ogni genere. All’interno c’è una gerarchia e abbiamo avuto modo di apprendere
che il braccio destro del capo, Rum, ha iniziato a non vedere di buon grado la
mia presenza sul suolo giapponese. Negli ultimi giorni io e mia moglie abbiamo
cercato di attirare maggiormente l’attenzione così da spingere la persona
incaricata dal vice a farsi avanti e prepararci alla nostra contromossa»
Kaito
si portò la tazzina alle labbra sorseggiando il suo tè per prendere tempo, non
si meravigliava della furbizia dell’uomo dopo aver incontrato il figlio, il
talento doveva pure averlo ereditato da qualcuno. Ciò che lo infastidiva erano
le volontarie omissioni. Non gli stava dicendo nulla di nuovo rispetto a
quanto appreso nelle sue indagini solitarie, restava abilmente con i suoi
giochi di parole nella sfera puramente generica senza scendere nei dettagli e
per quanto rispettasse e capisse l’importanza di conservare dei segreti,
possedeva il brutto difetto chiamato curiosità.
«Mi
sta dicendo che ha deciso di usare lei e sua moglie come enormi bersagli?
Perdoni la mia schiettezza ma lo considero un azzardo eccessivo, da come li ha
descritti è come se li stesse invitando a farsi ammazzare. Non mi sembrano le
esatte persone che può invitare a prendere il tè per fare quattro chiacchiere»
«Ragazzo,
è molto curiosa una simil affermazione detta da te» giunse il commento con un
mesto risolino «Un abito bianco sfoggiato nella notte non attira forse per
lo stesso scopo?»
Kaito
incassò il colpo mordendo il bordo ceramico, era stata una fortuna l’aver avuto
ancora la tazzina davanti alle labbra. Giocare la stessa carta del girarci
intorno gli si era ritorta contro e poco male, avrebbe cambiato strategia.
«Kudo-san non mi offenda, sfoggio il mio bellissimo abito
con orgoglio per esclusivi scopi magici!» ribatté sinceramente gioioso
al ricordo delle acclamazioni del suo pubblico «Come pretende possano vedermi i
miei numerosissimi fan se decidessi di vestirmi di nero? Non potrebbero bearsi
della mia magia e ne rimarrebbero delusi»
«Forse
esibirsi in teatro come un normale mago potrebbe facilitare lo scopo» si
intromise l’agente dell’FBI osservando il ragazzo bloccarsi un attimo «O è
troppo poco egocentrico per i tuoi standard?»
Kaito
lasciò scivolare mestamente le dita sugli intagli della ceramica al pensiero di
quel futuro tanto desiderato quanto lontano, una silenziosa tristezza della
durata di un battito prima di ghignare serafico.
La
malinconia poteva aspettare.
«Forse
sì, forse no…chi lo sa! Non ho mai amato stare rinchiuso fra quattro mura»
«Oh,
pensa che fortuna! In prigione saranno soltanto tre, la quarta avrà delle ottime
sbarre»
«Shu-chan! Cerchiamo di contenere le divergenze per uno scopo
superiore, ci sei riuscito con il tuo nuovo amico provaci anche con lui»
la donna si scostò la frangia indicando supplichevole il ragazzo intento a
sbattere le ciglia come un cucciolo indifeso e maltrattato.
Akai
si morse la lingua per non esprimere il suo disappunto, quell’insolita figura
aveva cambiato di nuovo modo di porsi, anche se in realtà da una mezzoretta a
quella parte sembrava aver raggiunto una presunta stabilità. La facciata
spudorata e provocatoria era rimasta immutata ma quell’aria altera dell’abito
bianco era venuta decisamente meno, sostituita da una più giovanile
perfettamente in linea con i vestiti da diciassettenne che indossava. Si era
calato perfettamente nel ruolo e il dubbio inquietante era il non comprendere
se fosse talmente abituato da averlo fatto inconsciamente o se si stesse
prendendo gioco di loro calibrando ogni singolo movimento.
«Invece,
quanto a te Kid…»
Kaito
placò la sua farsa melodrammatica internamente preoccupato, da quando era
arrivato non una sola volta aveva visto la signora assumere quell’aria seria e
concentrata mentre lo squadrava. Assecondò l’avvertimento dettato dalla sua
esperienza restandosene buono e tranquillo quando ella si avvicinò in un modo
che gli ricordò vagamente sua mamma prima di una ramanzina.
«Yukiko,
suvvia lascia in pace il nostro ospite»
Il
marito parlò a vuoto, la donna non accennò a ridurre il cipiglio severo
protraendosi con le mani sui fianchi verso di lui, a pochi centimetri dal volto,
spingendolo a invocare tutte le divinità esistenti affinché non notasse lo
strato di fondotinta usato per celare la vera tonalità della carnagione.
Era
ancora in tempo per lanciare una bomba fumogena e levare le tende.
«Come
ti chiami?»
«Eh?»
«Kid
non è esattamente un nome e ladro non mi sembra appropriato per
dialogare, potrei chiamarti Shin-chan dato il
tuo aspetto attuale ma il mio adorabile bambino ne sarebbe geloso»
Kaito
per poco non scivolò giù dalla poltrona nella classica reazione da cartone
animato, in calcio d’angolo aveva salvato la sua maschera impassibile e dai rauchi
colpi di tosse sullo sfondo intuì che non era stato l’unico sorpreso dinanzi a
tali esternazioni. Il tè era andato di traverso a Subaru.
La
domanda era stata troppo innocente, troppo sincera per essere un bluff.
Yukiko,
infatti, si era allontanata camminando in circolo e picchiettandosi il mento
sotto lo sguardo divertito del marito che sembrava l’unico a perfetto agio con
tali stranezze.
«Heiji-kun?...Avete
la stessa carnagione»
«Fujimine-san può chiamarmi come desidera…»
«Giusto,
non sarebbe corretto associarti a loro»
«No,
io stavo dicendo che un nome vale l’altro non è necessario sceglierlo con cura»
«Ragazzo,
perdi il tuo tempo ormai sta scegliendo il tuo nome»
«Kai-chan!»
Kaito
sussultò allo squittio esultante cercando di nascondere alla meglio il suo
stato atterrito.
Ingoiò
il boccone d’ansia imponendosi a fatica una certa calma, tra i tanti nomi esistenti
sulla faccia della terra era senz’altro strana quella scelta ma non doveva
fasciarsi la testa prima di rompersela. D’altronde, svariati nomi potevano
utilizzare quell’abbreviazione e lo stesso Kai era un
nome proprio a sé stante.
Lei
non poteva aver pensato proprio a quello.
O
forse sì?
«Sì,
Kai-chan! Scusami se uso il -chan
ma non riesco a darti più anni conciato così, spero non ti infastidisca! Hai un
visino così adorabile, proprio come mio figlio!»
«Oh…no,
stia tranquilla è il mio travestimento in fin dei conti» rispose sforzandosi di
mantenersi in una composta allegria mentre nella sua testa il risolino isterico
prevaleva su ogni razionale pensiero, perché lui aveva sempre ragione nei
momenti sbagliati.
«Perfetto!»
la donna agitò il dito con saccenza risedendosi al suo posto con due occhi
brillanti «Kaito è il nome che più si avvicina a Kaitō, è un
bel gioco di parole non trovi anche tu?»
Lo
sfortunato ragazzo si sarebbe volentieri sbattuto una mano sulla fronte al pari
di Subaru all’occhiolino complice rivoltogli da Yukiko. Per la prima volta si
ritrovò a maledire lo scadente senso dell’umorismo dei suoi genitori, era
inequivocabile dagli sproloqui di sua mamma che l’idea di chiamarlo in quel
modo fosse una chiara ripicca all’attività notturna di suo padre.
Seriamente,
non avrebbero potuto chiarire come persone civili senza la necessità di chiamarlo
Kaito?
Lui
rischiava di morire ogni qual volta quell’ultima sillaba veniva pronunciata in
modo erroneo accanto al nome Kid e immerso nella sua autocommiserazione quasi
non notò il proprietario di casa, l’unico intento a ridersela della grossa.
Il
guru onnisciente dati i presupposti il suo vero nome sicuramente lo conosceva.
L’indomani
avrebbe dovuto scambiare quattro paroline con Akako, a dirla tutta pensava che quella
situazione surreale fosse solo un’allucinazione della streghetta dalla mania per
gli strani intrugli alla ricerca di una qualche ripicca per l’ennesimo rifiuto.
Perlomeno, lo sperava con tutto il cuore.
«Effettivamente
Kaito potrebbe essere un buon compromesso» lo scrittore si sistemò gli
occhiali ignorando volutamente la buffa espressione corrucciata del figlio di
Toichi «Tornando al vero fulcro del discorso, potrebbe essere rischioso
attirarli ma non possiamo pensare di nasconderci per tutta la vita senza
trovare una soluzione al problema. Al momento però ci basta tenerli buoni, la
nostra spia ci ha detto che Rum vuole capire quanto realmente possa
rappresentare un pericolo per l’organizzazione. Ammetto di essere lusingato per
cotanta soggezione nei miei confronti, seppur contorta, ma preferirei essere
visto come un semplice e innocuo scrittore»
«Bourbon»
commentò svogliatamente il mago rigirandosi tra le dita una carta apparsa dal
nulla, apparentemente concentrato su di essa «È lui la spia di cui sta
parlando, no? Il ragazzo straniero che voleva catturare la bella signorina di
cui ho assunto le sembianze sul treno»
Akai
schiuse le palpebre scambiandosi un’occhiata con Yusaku, mentre scendevano le
scale pochi minuti prima aveva avvertito lo scrittore della pericolosità di
quella decisione. Condividere apertamente solo parte delle informazioni come inizialmente
supposto non sarebbe bastato e lui non era ancora totalmente convinto del suo
coinvolgimento. Per quanto non sembrasse un criminale il loro ospite lo restava
insieme al suo bagaglio di dossier aperti e mai chiusi a suo carico, era una
persona da non sottovalutare quando si trattava di questioni di privacy.
Dalla
parte sbagliata poteva risultare incredibilmente pericoloso e già bastava la
sua controparte femminile in quell’organizzazione malsana, non era necessaria
una seconda figura.
«Credo di non seguirti mio giovane amico»
«Kudo-san è un pessimo bugiardo, le sue pupille si sono
dilatate e non ha guardato verso di me ma all’altezza del mio busto» fermò la
carta posizionata di taglio distogliendo lo sguardo dal cartoncino per fissarlo
con estrema serietà sull’uomo mentre sua moglie usciva nuovamente dalla stanza
«Ed io non sono stupido, crede non abbia fatto le mie indagini personali dopo
l’incidente sul treno? Soprattutto, sarebbe stato carino avvertirmi che Amuro-san non fosse un vero fanatico di quel
gruppo di pazzi. Non è stato molto piacevole incontrarlo davanti l’agenzia del
detective Mouri dopo il nostro ravvicinato contatto esplosivo.
Ero andato a restituire il cellulare a Shinichi e capirà la mia sorpresa quando
l’ho visto salutare allegramente un probabile bombarolo che mi aveva quasi
fatto saltare in aria. Potevano trovare un povero e finto postino
deceduto per crepacuore…già stare nel raggio d’azione di suo figlio è un
attentato alla vita, mai pensato di farlo esorcizzare? Porta leggermente
sfortuna, ma sto divagando…il punto della questione è che se vuole il mio
aiuto, deve essere più dettagliato»
«Quelle
che vuoi sono informazioni importanti, alcune strettamente confidenziali, ed io
non avevo intenzione di schierarti nuovamente in prima linea, l’aiuto che ti
chiedevo era per un dietro le quinte dove… -»
«Capisco,
il suo amico non si fida del sottoscritto» lo interruppe pensieroso
picchiettando la carta sulle labbra mentre l’altra mano faceva ruotare un mazzo
di carte, l’attenzione tutta rivolta al chiamato in causa «Deduco che non sia
un coinquilino qualunque se è così restio a confidarsi dopo aver chiesto
il mio aiuto e aver elargito tante belle parole sulla fiducia nei miei
riguardi»
La
carta si fermò sulla bocca ovattando il suono delle successive parole, la nota
insolente e alquanto minacciosa ben poco celata nel monologo serioso.
«Sappia
che la comprendo ma al contempo se non me lo dirà, cercherò le risposte che
voglio da solo…» fermò la sua frase per permettere alla donna rientrata di
sedersi ed avere nuovamente il faccia a faccia con l’uomo misterioso, il mazzo nell’altra
mano roteò un’ultima volta fra le agili dita «Ed il mio non è un ultimatum,
solo una specificazione. Ho accettato di aiutarvi e andrebbe contro il mio
onore rimangiarmi la parola»
«Inizio
a pensare che Yusaku-san abbia ragione sul cambio di carriera, parli proprio
come un detective» rispose sarcastico l’interessato scuotendo leggermente la
testa, un implicito via libera per lo scrittore a continuare liberamente
l’esposizione dei fatti.
Anche
se, Yusaku trovava veramente difficile mantenere la serietà davanti al ragazzo
improvvisamente borbottante con le guance gonfie per l’irritazione e le braccia
incrociate per marcare tutto il suo disappunto a quell’osservazione.
Molto
simile ad uno Shinichi dodicenne.
«Comunque,
Kaito, dato il ruolo di Bourbon nell’organizzazione puoi immaginare che
la sua posizione sia alquanto precaria. Ha raggiunto un ruolo abbastanza di
spicco all’interno della cerchia, tanto che Rum ha iniziato a chiedergli di
reperire informazioni su Shinichi dopo il piccolo incidente a Kyoto di
cui avrai sicuramente sentito parlare. La sua partecipazione a quel caso sui
social è stata molto discussa prima che potessimo fermare la fonte» Yusaku
prese una piccola pausa per assicurarsi di essere ascoltato prima di proseguire
«Lui non è entrato nei dettagli ma è molto vicino ad un altro membro, Vermouth,
la preferita del boss di questa organizzazione. Una donna molto agguerrita ed
astuta a cui sembrerebbe sia stato chiesto di tenermi d’occhio, per questo
motivo ho chiesto il tuo aiuto. Lei è molto abile nell’assumere identità
altrui, è in grado di travestirsi in maniera impeccabile da chiunque ella
desideri, potremo dire che tra voi c’è una certa affinità di stile. Ho
pensato che saresti stato la persona più adeguata a scovare un probabile
camuffamento»
Il
sopracciglio di Kaito scattò leggermente verso l’alto, c’era stata
un’inclinazione insolita sulle parole finali ma non era riuscito a coglierla
perfettamente. Il ragionamento filava, ovviamente il padre di Shinichi voleva
combattere il fuoco con il fuoco, eppure, aveva l’impressione di essersi perso
qualcosa nel mezzo, un dettaglio chiarificatore.
«Capisco,
lei presume tenterà di tenervi d’occhio dopo l’intervista di stasera e mi sta
chiedendo di essere il più discreto possibile nelle mie prossime viste,
esatto?»
«Esattamente,
come c’era da aspettarselo, hai capito al volo»
Le
labbra del ragazzo si curvarono all’insù mentre restava concentrato sul basso tavolino.
Yusaku
sospirò profondamente prima di riprendere, non spettava a lui dirgli chi fosse stato
l’insegnante delle straordinarie abilità della donna. In un confronto diretto
l’avrebbe capito da solo e sperava che tale situazione fosse il più lontana possibile,
Toichi non poteva immaginare che le sue doti sarebbero state utilizzate per
scopi poco ortodossi.
Il
deceduto mago poteva solo consolarsi nel sapere che le sue doti migliori erano
invece cadute in buone mani.
«Ho
la sensazione che dopo gli eventi accaduti sul Mistery Train lei abbia capito
di essere stata ingannata da noi ed ho il sospetto che abbia intuito che sia
stato tu l’attore misterioso. Lei è una donna indecifrabile ma non penso verrà
a cercarti, è persino a conoscenza del rimpicciolimento di mio figlio, eppure,
continua a non farne parola con i suoi compagni…perde la testa per qualche
assurdo motivo soltanto quando si tratta della signorina che hai impersonato»
«Mi
sta dicendo che odia a morte la bambina della porta accanto?» ribatté distrattamente
Kaito non curandosi del penetrante sguardo smeraldo puntato su di sé, troppo
preso dallo studio del piatto ricolmo di biscotti glassati al cioccolato
portati dalla donna «Sì Subaru-san, solo un cieco non si renderebbe conto della
somiglianza, soprattutto se a suggeriti le risposte da rifilare a un pazzo
armato è proprio la voce della suddetta bambina… Fujimine-san,
posso?»
Yukiko
batté le palpebre incapiente, era stata così presa a studiare il giovane mago
da intuire con ritardo l’oggetto della richiesta pronunciata in modo così
infantile. L’indice dello pseudo liceale era puntato contro le leccornie
intoccate sul tavolino in trepidante attesa.
«Oh,
certo Kai-chan! Prendi tutti quelli che
vuoi, li ho portati per questo!» la donna protese il piattino verso di lui
beandosi del sorriso raggiante a trentadue denti «Li ho preparati questa
mattina come regalo per Shin-chan ma non li ha
voluti, ormai mangia solo quello che cucina la sua mogliettina»
«Shinichi
non capisce nulla, sono buonissimi!»
Akai
preferì continuare a restare in silenzio nel suo angolo del divano per studiare
al meglio il loro strambo ospite, era stato sorprendente il modo in cui si era
integrato con i coniugi. Buona parte del merito andava sicuramente all’estetica
del travestimento innocuo ma sarebbe stato uno sciocco a fermarsi
all’apparenza, c’era stato qualcosa nel suo modo di fare che aveva spinto
persino lui ad abbandonare la precedente reticenza.
Quell’individuo
non poteva avere più di venti anni, si rifiutava categoricamente di crederlo.
Le
parole di Yusaku le udì di sfuggita, conosceva orma a memoria i dettagli del
losco gruppo di Renya Karasuma
e aveva ritenuto senz’altro più interessante studiare i movimenti del liceale. Al
primo biscotto ne era seguito un secondo, poi un terzo, fino ad arrivare al
piatto misteriosamente scomparso dal tavolo e adagiato sulle gambe incrociate
scompostamente sulla poltrona, con tanto di mani guantate imbrattate di cioccolato.
La
sua non era stata mera recitazione, alla menzione del prodigioso farmaco in
grado di far ringiovanire e alle ricerche ad esso collegate c’era stato uno
scatto involontario nelle spalle. Una tensione fino a quel momento inesistente,
dissipata nell’esatto istante in cui si era reso conto di essere osservato,
quasi come se celare ogni emozione e reazione fosse più importante della
fuoriuscita di informazioni sulla sua vera età.
Il
racconto esaustivo giunse al termine quando non restò più una singola briciola
di biscotti e goccia di tè.
Kaito
dopo essersi scrollato di dosso le briciole restò in silenzio ad elaborare la
quantità industriale di dettagli ricevuti, sentendo la sua testa pronta ad
esplodere, era proprio vero che la realtà alle volte superava la fantasia.
Alcune
informazioni erano state senz’altro omesse, ad esempio l’uomo lì con loro mai
menzionato oppure nessuna definita specificazione per il “gruppo di servizi
segreti” che avrebbe potuto essere una qualunque agenzia di spionaggio, ma
andava bene così.
Tutta
la storia era talmente assurda da sembrare la trama di un film fantascientifico,
persino lui mesi prima quando aveva scoperto l’identità di Shinichi aveva
dovuto darsi un pizzicotto per assicurarsi di non star sognando e la restante
parte appena appresa non risultava più di certo più realistica.
Avrebbe
riso se fosse stato da solo, dare la caccia ad un gioiello che avrebbe potuto
garantire la vita eterna non era di certo sinonimo di persona mentalmente più sana
e con i piedi per terra, ma erano state proprio quelle somiglianze col gruppo
che gli dava la caccia a mandarlo fuori di testa e a spingerlo ad accettare per
buona ogni singola parola.
«Yusaku-san,
vorrei farle un’ultima domanda» chiese stancamente ad un tratto sciogliendo le
gambe imprigionate nella stessa posizione per ore, la testa adagiata sullo
schienale e gli occhi rivolti al soffitto «È davvero sicuro che i membri di
quest’organizzazione utilizzino solo nomi in codice di alcolici?»
«Sì,
ne sono assolutamente certo»
A
rispondere fu una voce sconosciuta, profonda e mascolina con un velatissimo
accento straniero.
Kaito
rizzò di scatto la testa avvertendo ogni singolo muscolo teso e in allerta,
catturando immediatamente nel campo visivo l’uomo dai capelli rosati con le
dita ancora premute su un pulsante del modulatore vocale ora pienamente
visibile.
«Shu-chan…perché lo hai disattivato?»
«Come
ha detto suo marito sul terrazzo, è inutile provare ad ingannarlo. Le
informazioni mancanti sarebbe capace di cercarle da
solo e una mina vagante non ci serve al momento» commentò atono accennando un
leggero cenno verso lo scrittore «La ringrazio per aver mantenuto il segreto
omettendomi dal racconto ma sono convinto che il nostro nuovo amico non dirà
nulla in giro»
Yusaku
si limitò a sorridere onnisciente, quasi tale reazione rientrasse perfettamente
all’interno dei suoi piani.
Shu-chan?
Kaito
per la prima volta si rese conto di non aver prestato attenzione a quel piccolissimo
dettaglio, di non aver riflettuto con sufficiente attenzione sul nome usato
da Yukiko per rivolgersi all’uomo.
Nemmeno
per una volta l’aveva chiamato Subaru.
«Quindi
è questa la sua vera voce…» la testa dondolò incuriosita di lato non aspettandosi
minimamente quella rivelazione, aggiungendo in un misto di incertezza e
sarcasmo «…Shu-chan?»
«Per
te Akai Shūichi, FBI»
Kaito
sgranò gli occhi incurante del poker face in frantumi.
Una
leggera risatina incolore gli sfuggì dalle labbra quando ricadde di peso contro
lo schienale ritirandosi le gambe al petto, una mano premuta sul volto per
darsi mentalmente dell’idiota. Ora aveva capito chi fossero gli infallibili
tecnici utilizzati per il suo cellulare, a quale misteriosa agenzia alludesse
il padre di Shinichi e perché quell’uomo gli avesse provocato la pelle d’oca.
«Mh? Non credevo di farti ridere con tale rivelazione»
«FBI…»
scosse la testa allontanando la mano in un commento rivoltò più a sé stesso che
ai presenti «Cavoli, mi son fatto incastrare per bene»
«Suvvia
non essere così triste, credevo ti piacesse giocare a guardia e ladri»
«Certamente,
quando conosco chi mi sta difronte e non ottengo tali belle sorprese»
ribatté imbronciato con l’accusa malcelata verso la vera fonte dell’inganno «Neh,
Kudo-san, esattamente cosa aspettava per dirmi che
avrei collaborato con gli sbirri?»
«Oh,
non te l’ho detto? Accidenti che sbadato!» esclamò fintamente sorpreso l’uomo
lisciandosi i baffetti e ricevendo un’occhiataccia imbronciata in cambio «Devo
averlo solo pensato sul terrazzo, che enorme errore! Scusami sarà l’età che
avanza, inizio a sentire anche io il peso dello scorrere del tempo»
«Ma
se non ha nemmeno quarant’anni!»
«Oh
giusto, tu avrai sicuramente indagato su di noi»
Yusaku
annuì condiscendente incrociando le braccia al petto ed unendosi al divertimento
degli altri due, il grande ladro così spontaneo era uno spettacolo raro da
poter ammirare durante i suoi consueti show. Difficilmente avrebbero
dimenticato quella serata, probabilmente sarebbe rimasta indimenticabile anche
per il mago stesso quando si sarebbe finalmente accorto di star parlando come
un ragazzino.
Senz’altro
però gli doveva i suoi complimenti, aveva mantenuto salda la voce di Shinichi.
«Kudo-san non dovrebbe dirlo con così tanta leggerezza…è
stalking»
«Oh,
santo cielo! Kai-chan tu consoci la mia vera età?!»
«Yukiko
non essere così scioccata, ti ha comunque fatto i complimenti prima»
«Kudo-san questo non è corretto!» balzato in piedi Kaito si
era posizionato davanti l’uomo puntandogli il dito contro, ignorando tutte le
altre affermazioni «Non ha menzionato i servizi segreti quando mi ha proposto l’accordo!»
«Hai
ragione Kaito, ma tu avevi già accettato prima che potessi dire i
dettagli non ricordi?» la risposta giunse blanda, seguita da un’aggiunta pacata
che racchiudeva un’implicita sfida «In più, non sei stato tu a dire: “Ho accettato
di aiutarvi e andrebbe contro il mio onore rimangiarmi la parola”?»
Kaito
morse frustrato l’interno guancia incapace di controbattere, si era infilato in
quel guaio con le sue stesse mani. Gli occhi e le labbra ridotti a una linea sottile
gli vennero restituiti dal riflesso sugli occhiali come silenzioso ammonimento
a riacquistare alla svelta il contegno perduto.
«Ovviamente»
rispose a denti stretti lasciandosi sfuggire uno sbuffo scocciato «Non mi
tirerò indietro, provvederò a sorvegliare l’abitazione e a fare le ricerche che
mi ha chiesto»
«Ti
ringrazio»
Kaito
infilò le mani in tasca sospirando sconfitto, il sorriso riconoscente dei due
coniugi era riuscito a cancellare tutta la sua irritazione. Lo stavano
sfruttando davvero bene il suo tallone d’Achille, sperava solo di non ricevere una
freccia a tradimento quando il suo compito sarebbe finito.
«Passerò
a riferire i miei aggiornamenti in serata» diede le spalle allo scrittore
sventolando una mano a mezz’aria in segno di saluto, bloccandosi accanto all’agente
segreto alla chiamata di Yusaku «Non si preoccupi Kudo-san,
sarò invisibile nelle mie entrate se è quella la sua preoccupazione, sarò come
un fantasma. Purtroppo ora devo proprio andar
via, sono già le cinque del mattino»
«Improvvisamente
vai di fretta Kaitō Kid?»
Kaito
lo guardò con la coda dell’occhio Subaru scaricando il peso da un piede all’altro
illuminandosi di un sorrisetto dispettoso, volente o nolente prendere in giro
le forze dell’ordine era il suo passatempo preferito, proprio non riusciva a contenersi.
«Certamente!»
urlò allegro roteando sul tallone in una piroetta appariscente, aggiungendo l’occhiolino
spudorato alla vocina canzonatoria «Lo ha dimenticato? Tra poche ore Shinichi Kudo deve andare a scuola, anche se per poco deve dormire!»
Balzò
preventivamente all’indietro frapponendo una certa distanza dalla sua vittima, la
risata giocosa esplosa tra le pareti della sala dinanzi alla bocca spalancata
senza alcuna possibilità di contenimento. Aveva capito ormai che Akai non era l’esatta
persona incline agli scherzi ma il suo appagamento era stato ugualmente
inquantificabile dinanzi all’espressione scioccata.
Tra
una risata e l’altra salutò per la seconda volta sollevando l’ingombrante
cappuccio della felpa che lasciava a malapena visibili alcuni tratti del viso, evitando
accuratamente di fermarsi e voltarsi al suo nome pronunciato nuovamente da
Yusaku. L’espressione seriosa intravista nel suo girotondo sul posto aveva
anticipato ampiamente le parole mormorate dall’uomo che giunsero ugualmente
alle sue spalle.
«Kaito,
per favore cerca di non farti ammazzare»
Kaito
sorrise sapiente celato all’ombra della stoffa, un pugno alzato verso l’alto come
unica risposta.
Akai
restò poggiato allo stipite finché il ladro non richiuse dietro di sé la porta
d’ingresso in fondo al corridoio oscuro. Al tonfo del telaio salutò i due
coniugi imboccando le scale del piano superiore riflettendo per l’ennesima
volta sulle stranezze di quell’individuo.
Il
barlume di soggezione che aveva voluto incutergli rivelando la sua identità era
durato poco, anzi, non c’era proprio stato. Il ladro si era mostrato una
continua sorpresa, aveva superato la faccenda non mostrando più che un fastidio
legittimo per opposizione di ranghi finendo persino a scherzare con lui, a
passargli accanto senza il minimo timore di un colpo basso.
Il
ragazzino si era fidato troppo.
Yusaku
ripose tutte le tazzine sul vassoio non sorprendendosi all’assenza di una di
esse, il giovane mago aveva accuratamente eliminato ogni traccia del suo
passaggio, degno erede del suo più grande rivale.
Sollevò
il vassoio scrutando curioso sua moglie ancora seduta sul divano con il volto
rivolto verso la porta, in bella mostra una serietà che non le apparteneva.
«Yukiko
cosa c’è che non va?»
Il
ticchettio delle lancette riempì il silenzio rendendolo opprimente.
La
donna si morse il labbro inferiore lasciando trasparire il suo tormento, i capelli
scossi nell’aria per scacciare quello che sembrava un pensiero irrazionale. Yusaku
le prese la mano scontrandosi con due occhi blu tormentati iniziando a
preoccuparsi seriamente per quell’insolito atteggiamento, preoccupazione che
non venne meno nemmeno quando ella si decise a parlare.
«Da
quanto non chiamiamo Chikage-chan?»
«Uhm,
come mai questa domanda? Saranno passati più di otto anni ormai»
«Così
tanto?… allora sono già passati otto anni dal funerale
di Toichi»
Yusaku
incurvò la bocca in un triste sorriso, effettivamente non avevano avuto il miglior
tatto del mondo non chiamando più la donna dopo la sua tragica perdita e se sua
moglie era tornata con i ricordi a quei tempi passati proprio quella sera, non
era sicuramente casuale.
«Perché
ci stai pensando ora?»
«Le
carte…il mondo in cui lui prima le ha mescolate distrattamente» le dita
femmine si strinsero intorno all’apertura della vestaglia, la voce tremolante
trasfigurata in una più stabile solo al secondo tentativo «Lo so che ti
sembrerà sciocco ma mi ha ricordato Toichi…aveva lo stesso vizio. Anche lui le
mescolava in quel modo quando era sovrappensiero»
«È
un mago cara, sarà una qualche loro implicita tecnica»
Yukiko
sembrò voler aggiungere qualcosa ma richiuse la bocca un secondo dopo sorridendo
assenziente, premurandosi fin troppo repentinamente di riportare le stoviglie
in cucina.
Dimenticandosi
di quanto suo marito sapesse riconoscere bene i suoi sorrisi d’attrice da
quelli autentici.
Note finali
Bentrovati
intrepidi lettori! ^^
Lo
so, sono pessima nei miei aggiornamenti sporadici ma piano piano (molto
piano) prima o poi porto a termine quello che comincio.
La
colpa è dell’università, prendetevela con lei >.<
La
storia prosegue, siamo ancora all’inizio del capitolo 1058, ma è quello
che lascia più margine d’azione per raccontare i retroscena a cui la mia mente malata
ha pensato. Ho tagliato il capitolo per poter aggiornare e non farvi aspettare
altri secoli, di conseguenza la storia arriverà presumibilmente ad un massimo
di quattro capitoli.
Nel
prossimo capitolo infatti entreremo nel vivo delle disavventure a cui
Kaito ha deciso di prendere parte, con l’apparizione di alcuni ospiti
speciali che nei capitoli veri e propri Gōshō
ha dimenticato (eh, l’amnesia).
Spero di aver solleticato almeno un minimo la vostra curiosità, perché non modificherò
quanto accaduto nei capitoli del manga ma come accennato ci girerò soltanto
intorno >.>
Ringrazio
tutti coloro che hanno recensito la storia, chi l’ha inserita tra le
preferite/ricordate/seguite e al silenzioso lettore che nell’ombra le ha dato
una chance.
Vi
ricordo che sono sempre felice un vostro parere ❤
Un
bacio
Aky
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono
proprietà di Gōshō Aoyama, questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.