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Autore: Aqua Keta    16/11/2020    4 recensioni
Forse il destino è già scritto ma con ostinazione e coraggio lo si può cambiare e tornare a vita nuova. Esiste un tempo per soffrire ma esiste anche un tempo per la ricompensa della gioia
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non gli aveva potuto dire di no.
Per l’ennesima volta di fronte alle insistenze di Alain si era lasciata convincere trascorrendo la notte con lui.
Giaceva ora al suo fianco immersa nel sonno.
Le coperte poco sopra il seno, le spalle scoperte.
Si svegliò presto e rimase a fissarla in silenzio.
Timidi raggi di sole si fecero strada attraverso la finestra accarezzandone il profilo.
“E poi vorresti fare il moralista?”- sogghignò –“Dove stai sbagliando? Lo capisci che non puoi stare con due piedi in un staffa? Non puoi usare le persone a tuo piacere. Te ne rendi conto?”
I lineamenti del volto distesi, le labbra appena socchiuse e quella ciocca corvina sulla fronte.
Yvy era una ragazzina se paragonata a lui.
Eppure se era tornata una motivazione valida doveva esserci. Destino?
La giovane si mosse distendendosi.
Le lenzuola si scostarono scoprendo il seno.
Un fremito.
Aveva veramente un corpo da urlo –“Lo pensi di tutte”- una voce nella sua mente.
La tentazione fu quella di allungare la mano ed accarezzare quelle morbide colline. Ma si trattenne senza staccarne lo sguardo.
“Dovevo cacciare Leah per rivalutare i miei veri sentimenti? In un legame non può esistere solo l’attrazione fisica. E poi non avevi detto di essere stanco di situazioni precarie? Rammenti la promessa fatta a Leah?”
Sedette a bordo letto tentando di placare quel tumulto di pensieri.
I gomiti sulle ginocchia, la testa tra le mani.
“Diane … mi servirebbe proprio una tua buona parola …”
 
“Devo parlarvi!”- senza nemmeno bussare.
“ … almeno un saluto. Sapete che giorno è oggi?”- alzandosi dalla piccola scrivania ed andandole incontro.
“Non potete farlo. Io … ve lo proibisco!”- stringendo i pugni.
“A cosa vi riferite? E poi non siete certamente nella posizione per parlarmi in questa maniera”
“Vi proibisco di mandare via Renèe!”
“Avete la nuova cameriera”
“Ma non se ne parla assolutamente. Quella non la voglio proprio tra i piedi”
“Si può sapere perché non vi garbi?”
“Non la voglio e basta”- insistendo – “non mi serve un’incompetente del genere”
“Imparerà e voi vi abituerete!”
“Preferisco arrangiarmi piuttosto”
“Prendo io le decisioni. Renèe andrà a Bruges dove ci trasferiremo non appena avrete partorito”
“Volete fuggire dalla Francia? Vi stanno forse già alle costole?”- e rivolgendosi all’incappucciato –“sarò in prima fila, sotto la ghigliottina quando salirete sul patibolo”
“Siete una sgualdrina!”- gridò con l’intento di colpirla.
“Bouillè sguainò la spada –“Azzardatevi a toccarla e dovrete raccogliere le vostre mani con i denti!”
Un velo di soddisfazione nel sorriso accennato da Oscar.
“Uscite! Voglio restare solo con mia moglie!”
“Non è finita qui!”- livido di rabbia.
“Mettete pure in conto. Non mi fanno un baffo le vostre minacce!”
“A suo momento non avrete nemmeno le lacrime per piangere!”
 
Le dita sottili di Yvy gli sfiorarono le spalle.
Poi le braccia lo avvolsero attorno al collo –“Tormenti?”
Il caldo corpo di lei premuto sulla sua schiena, il contatto con la morbidezza del suo seno non tardarono a risvegliare il desiderio.
Si volse cingendola per i fianchi ricadendo tra le lenzuola.
Gli spostò delicatamente i capelli dietro le orecchie mentre Alain, poggiato su un gomito le accarezzò con il pollice una guancia. Soffermatosi sulle labbra ne sfiorò i contorni.
“Yvy … “- e chinatosi su di lei la baciò –“Dove ci porterà tutto questo?” – staccandosi.
”Credo sia meglio che io me ne vada. Forse ci aiuterà a far chiarezza nei sentimenti”- sfilatasi da quell’abbraccio fece per scendere dal letto e rivestirsi.
“Aspetta … “ – afferrandola per un polso – “Dove vorresti andare?”
Gli posò un dito sulle labbra per zittirlo –“Avremo tempo per guardarci dentro e comprendere realmente quello che desideriamo”
“Non andartene …”
Sorrise –“E’ ora di mettere a nudo il proprio cuore”
Afferrò la camicia –“Leah è una brava ragazza, seria, coscienziosa, senza grilli per la testa, che sa bene come prenderti. Ha il senso della casa e non è libertina come me. E’ la donna giusta per uno come te, Alain. Non lo pensava anche Diane? La adorava!”
“Diane desiderava che mi accasassi. Questa è la verità. Non rammenti quanto si fosse affezionata a te quando ci frequentavamo?”
“… soffriva vederci discutere in continuazione”- tornando a sedere sul letto.
“Perché siamo due teste calde. Tu ed io siamo come la faccia della medesima medaglia”
“Ti sei già risposto”
“Non voglio che tu vada”
“Tu non sai esattamente quello che vuoi in questo momento. Quando è morta tua sorella se ci fosse stata Leah al mio posto avresti agito nella medesima maniera.”
“Non penso proprio”
“Ti conosco troppo bene”
“E’ per questo che vuoi fuggire ancora? Che cosa vuoi provare Yvy, che cosa cerchi di dimostrare? Che non è destino che noi due si stia assieme?”
“Ci abbiamo provato troppe volte senza …”
“Non potremmo essere cambiati col tempo?”
Si volse. Quanto era bello! Seduto tra le lenzuola, quel corpo scolpito e lo sguardo da schiaffi.
“Non ritenteresti?”
Rimase in silenzio fissando il pavimento.
Si avvicinò lentamente sfiorandole le spalle con le labbra.
Un brivido le percorse la schiena. Socchiuse gli occhi.
Alain le ricoprì il collo di baci leggeri – “Non andartene”
“Credi di esserti comportato bene con Andrè?”
“Cosa vorresti insinuare?”- aggrottando la fronte.
“Lui è venuto a Parigi nella speranza di un aiuto da parte tua per ritrovare Oscar. E invece? Sceneggiata di gelosia, lo hai sbattuto fuori di casa e quando vi siete riappacificati, se lo siete sinceramente,  lui se n’è tornato più infelice che mai a casa sua e tu hai ripreso la vita di tutti i giorni rincorrendo le donne”
“Ehi… io non rincorro nessuno. Se non ti va di startene qui sai dov’è la porta”- scendendo dal letto –“Che diamine! “
“Lo vedi? Scatti per un non nulla!”
“Certo, dannazione. Mi fai andare il sangue al cervello! “
Yvy infilò la camicia ed i pantaloni. Calzò gli stivali ed indossò la giacca –“In una relazione ci vuole molto di più”
 
Non voleva pensare a nulla.
La sua giornata sarebbe state concentrata solo ed esclusivamente sul lavoro, nonostante fosse Natale.
Eppure quando fu ora di pranzo non si potè esimere nel seder a tavola con il Generale, Madame, Mornay, Beatrice assieme a Louis Antoine e i figli.
Un’atmosfera insolita intrisa di gioia apparente per non turbare la felicità dei ragazzini.
Si evitò di parlare di Oscar ma un velo di tristezza avvolse comunque i commensali per non averla tra loro, soprattutto nel giorno del suo compleanno.
Dopo il pranzo, Andrè se ne stette per la maggior parte del tempo in disparte partecipando alle conversazioni esclusivamente se coinvolto direttamente.
Seduto accanto al camino, intento a sorseggiare un bicchierino di cognac, sorrise vedendo avvicinarsi Emilie.
La donna appoggiandosi al bastone gli posò una mano sulla spalla e chinatasi lo baciò fra i capelli –“Auguri per il vostro primo Natale”
Sollevò lo sguardo incrociando quello di una madre fermamente convinta che la figlia fosse ancora viva.
Si alzò per aiutarla ad accomodarsi.
Aggrappata ad un braccio del giovane sussurrò –“Non credo riuscirai a vedere la nascita di tuo figlio … ma sono certa che il futuro saprà riservarvi gioia immensa”
Andrè rimase immobile. Deglutì. Quelle parole bruciarono come fuoco alle sue orecchie –“Non vedrai nascere tuo figlio”. Una pugnalata gli avrebbe arrecato meno dolore.
Si volse a nascondere gli occhi lucidi e tornando a sedere il suo pensiero fu solo uno -”Bouillè la pagherete!!”
 
Come deciso dal Generale Renèe fu costretta a mettersi in viaggio per Bruges.
Oscar con le lacrime gli occhi le strinse a lungo le mani prima di lasciarla andare.
“Siate forte. Sempre. Ogni giorno. Abbiate fiducia nel futuro e pensate a riposare. Per il bene vostro e del nascituro”
“Come farò senza di voi quando arriverà il momento? Io …”
“Non abbiate paura. Leah vi sarà d’aiuto in qualche maniera”
“Non voglio aver a che fare con quella donna!”
“Ascoltate. Ho informato il medico. Verrà a controllarvi periodicamente. Quando arriverà l’ora sono certa che andrà tutto bene. Ci rivedremo in primavera. Abbiate cura di voi”
La carrozza lasciò il castello la mattina presto. La vide allontanarsi immersa nella foschia.
I giorni successivi fece di tutto per incrociare il meno possibile la sua eterna rivale.
Leah lasciava il vassoio della colazione e dei pasti giornalieri davanti la porta della sua camera.
Solo quando Oscar si allontanava, poteva entrate e rassettare la stanza.
Fortunatamente non doveva sbrigare tutti i servizi da sola.
Aveva tentato di parlarle, ma lei si era mostrata irremovibile sul fatto di non rivolgerle la parola.
Per il Capodanno Bouillè organizzò un ricevimento al quale avrebbero partecipato gli stessi invitati al matrimonio ai quali si aggiunsero nuovi conoscenti .
Oscar trascorse la sua giornata come al solito tra una lettura, una passeggiata nel piccolo giardino e riposando.
Vedendola particolarmente stanca il Generale l’autorizzò ad astenersi nel prendere parte all’evento purchè facesse una comparsa a salutare gli ospiti.
“Non ne vedo la necessità”- fredda e distaccata come sempre.
“Non ve lo sto chiedendo, ve lo sto ordinando”
“Uno dei soliti ricatti. Avete imparato bene dal vostro compare” – riferendosi all’ombra.
“Saluterete e poi potrete ritirarvi, questo quanto”
Seduta alla pettiniera guardò la sua immagine riflessa allo specchio – “Allora Oscar, che cosa volgiamo fare? Non ti sei ancora stancata di prendere ordini da quel bifolco? Si, lo so che vorresti tanto infilzarlo con la spada e magari piantare una pallottola in fronte a quell’incappucciato. Ma fossi più agile potresti anche. Guardati … non sei sicuramente nelle condizioni per fare l’eroina. Dimmi. Quanto ti senti goffa in questo momento?”- si alzò aprendo l’anta dell’armadio e rimirandosi il profilo. Magra si, ma era così dolce vedere quella rotondità. L’accarezzò. Ed il pensiero andò a lui –“Vedessi come cresce tuo figlio”- mormorò.
Scosse la testa come per togliersi quel pensiero. Ed il sapere che fuori da quella porta ci fosse Leah non fece che alimentare nuovamente rabbia e gelosia.
Un lungo sospiro.
Era questione di pochi minuti.
Scese le scale mentre dal salone delle feste udì la musica ed il vociare degli invitati.
Proprio all’ultimo gradino una figura sulla porta di accesso al piazzale interno attirò la sua attenzione.
L’uomo si volse.
I capelli castani raccolti in una coda sulle spalle, la casacca di un verde brillante dalle passamanerie dorate, un calice in mano.
La fissò a lungo ammaliato da tanta bellezza . Un cascata di riccioli biondi incorniciavano due splendidi occhi celesti. –“Madame”- facendole un inchino.
“Venite”- Bouillè le andò incontro tendendole un braccio.
Oscar si ritrasse –“Non toccatemi!”
Il Generale accorgendosi dell’uomo –“Queste donne. Sempre stizzite”- tentando di giustificare il gesto.
L’ingresso della coppia nel salone fu accolto da un applauso scrosciante.
“Signori … vi chiedo gentilmente un attimo “- il tono di voce richiamò l’attenzione degli invitati –“La mia consorte è scesa innanzitutto per omaggiarci della sua presenza qualche minuto e per porgervi gli auguri ma anche per unirsi a me per condividere l’immensa gioia dell’arrivo di un erede”
Un coro di stupore si sollevò dai presenti .
Paonazza dal nervoso fece per allontanarsi ma l’uomo la trattenne energicamente per  un braccio – “Non vi azzardate!”- mormorò camuffando la rabbia dietro un sorriso forzato.
Un odio incontenibile trasudare dalla sua espressione.
“Vi chiedo di perdonarci se non potrà deliziarvi con la sua presenza per l’intera serata. Ma come potete ben comprendere, necessita di molto riposo in prospettiva dell’evento”- sghignazzò.
L’ennesimo applauso accompagnò l’uscita dalla sala dei due.
“Non permettetevi mai più!”- strattonandola.
Oscar questa volta non riuscì proprio a trattenersi –“Mi fate schifo!”- sputandogli in pieno volto.
Bouillè si passò una mano sulla guancia –“Avrò tutto il tempo per  rimettere sulla giusta strada questo vostro carattere ribelle”- volgendole le spalle si accorse di quel giovane rimasto di fronte al portone –“Siete sposato?”- con tono scherzoso.
“Al momento no, Signore”- sollevando le sopracciglia.
“… non so se dire “beato voi”- scoppiò in un fragorosa risata ritornando fra gli invitati.
La giovane fece i primi gradini.
“Madame … tutto bene?” – azzardò.
Quegli occhi lucidi incrociarono i suoi – “Si … tutto bene”- la voce spezzata dal desiderio di esplodere in lacrime.
“Posso fare qualcosa per voi?”
Si aggrappò allo scorrimano – “No. Voi non potete fare nulla”
 
“Credevo mi amassi”- il volto quasi alabastrino, le gote leggermente infiammate dalla rabbia, la fronte aggrottata in segno di disapprovazione sotto il manto ondeggiante di quel mare di riccioli d’un pallido dorato.
Rimase nel totale silenzio.
Ogni pensiero si tramutò in parole. Parole che avrebbe desiderato dirle ma che rimasero chiuse, barricate dietro le labbra, senza nessuna forza di controbattere, di difendersi.
Fiera di fronte a lui, come in passato e tra le braccia una bambina dalla chioma come il grano maturo nel tentativo disperato di aggrapparsi al collo della madre .
Le braccia forti a stringerla al seno mentre ad un tratto la creatura si volse.
Due occhi smeraldo lo fissarono mentre dalla bocca cucita –“Tu non sei mio padre”.
“Noooo …. Oscar!”- un grido spezzò all’improvviso il silenzio della stanza.
Sedette sul letto. Il fiato corto per lo spavento. Gli occhi spalancati dal terrore.
Un rigolo di sudore gli attraversò le tempie.
L’ennesimo incubo. Il medesimo. Ogni notte.
Che cosa voleva significare?
Era stanco di quel profondo senso di frustrazione, di impotenza.
Doveva tornare a Parigi. Doveva far rimuovere quella lapide ed avere la conferma che Oscar non vi fosse rinchiusa, che fosse viva e poi dare la caccia a Bouillè.
 
I primi giorni del nuovo anno furono pesanti sotto ogni aspetto.
Il generale nervosissimo per il trasferimento a Bruges che piano piano, giorno dopo giorno si avvicinava non  fece che urlare con i domestici impegnati nei preparativi.
L’ombra, un po’ tranquilla, non fu più così pressante come nei mesi precedenti.
Nonostante le giornate fossero ancora piuttosto fredde, non appena usciva un raggio di sole Oscar non rinunciava ad una passeggiata nel piccolo giardino.
L’aria fresca l’aiutava a trovare un po’ di serenità e ad indirizzare i suoi pensieri nella progettazione della fuga.
Ripercorrendo ripetutamente il percorso che costeggiava le alte mura, aveva scoperto in un angolo, nascosto da un folto intreccio di edere, una porta di legno con una finestrella ferrata e chiusa con un vecchio lucchetto arrugginito.
Attraverso la piccola grata si apriva una vasta distesa, al momento, largamente ricoperta dalla neve.
Questa volta bisognava essere molto più accorte.
Il piano doveva essere perfetto, nessun margine di errore.
La sua creatura si fece sentire facendola sobbalzare e sorridere –“Credo che a tuo padre farebbe piacere posare l’orecchio ed ascoltarti”
Dall’ultima volta che si era scontrata con Leah rari erano stati i pensieri positivi rivolti ad Andrè.
Le prime notti aveva pianto assalita da un senso di totale abbandono.
Poi aveva ritrovato la Oscar di sempre, forte, energica.
“Andrè … non posso credere che tu mi abbia … tradito in questa maniera. Dopo tutto quello che abbiamo passato … che hai passato, per realizzare il tuo e nostro sogno”
Sedette sulla piccola panchina di marmo riprendendo il segno lasciato tra le pagine del libro portato con sé.
I suoi pensieri furono interrotti  da una presenza. Sollevò lo sguardo poi lo distolse ignorandola completamente.
“So che non mi sopportate. Che mi odiate per il passato e per ciò che vi ho confessato. Non volevo mentirvi”
“Avete terminato?”- celando l’astio dietro una calma ed indifferenza apparenti.
“Vi prego … ascoltatemi … e se lo riterrete, potrete togliermi definitivamente la parola”
Tacque.
“Andrè non ha colpa. Io, io solo ho compiuto quel gesto nonostante sapessi di voi … e del vostro bambino. E se non lo perdonerete continuerò a supplicarvi di farlo. Lo ammetto. L’ho amato fin da quando l’ho incontrato. Come si può non aprirgli il cuore? Un uomo come lui è raro su questa terra. Ho commesso un errore … un grave errore. E ne sto pagando amaramente le conseguenze. Il destino mi ha voluto privare dell’amore per ben tre volte. Ma con questo non voglio fare del vittimismo. Ho imparato ad accettare la mia solitudine. E a questo punto mi basterebbe riuscire a fuggire ed andarmene in Inghilterra. Ripartire, ricominciare”
Il silenzio tornò sovrano fa loro.
Il cinguettio di alcuni passerotti  fece sollevare il volto a Leah – “Non voglio morire in questa prigione. Sono ancora troppo giovane”.
Una lunga pausa –“Oscar … non esiste uomo che vi ami più di Andrè. E meritate la felicità più assoluta”.
Attese nella speranza almeno di un gesto se non di una parola.
Abbassò gli occhi –“Meglio che vada. Ho ancora tanti lavori da sbrigare prima di sera”- allontanandosi.
“Ne usciremo”- mormorò.
Gli sguardi delle due donne si incrociarono.
Leah provò un senso di sollievo nell’anima. Forse non l’odiava poi così tanto.
 
“Signore, il tetto oramai è ultimato”        
“Ottimo “- Mornay rimirò soddisfatto villa Jarjayes.  I lavori procedevano spediti.
Anche la costruzione del muro di cinta era a buon punto –“Madame ed il Generale ne rimarranno soddisfatti”
Percorse il corridoio che l’incendio aveva inizialmente distrutto. Si affacciò nella camera di Oscar. Era solo questione di sistemare la tappezzeria e riposizionare i mobili.
Gli uomini reclutati avevano lavorato ininterrottamente per portare a termini il tutto quanto prima e permettere ai Jarjayes di rientrare nella loro abitazione.
“Andrè … “- lo vide apparire alle sue spalle.
“Salve”- fermandosi sulla soglia della stanza.
 Si guardò attorno. Quanti ricordi.
Gli parve di vedere Oscar dietro la porta tra le lacrime che le confessava tutto il suo amore, la notte trascorsa nel suo letto dopo quella crisi che aveva fatto pensare alla tisi. I loro momenti di prima intimità. Le risa, i suoi sorrisi, i suoi imbarazzi …
“Vincent, non posso starmene inerte qui a Le Conquet. Questo tormento mi uccide giorno dopo giorno”.
“Vorresti  tornare a Parigi? Alcuni uomini si metteranno in viaggio per raggiungere il cimitero”
“Quando?”
“Credo domani.”
“Scusate”- uno dei lavoranti richiamò la loro attenzione –“un tale chiede di voi”
“Si, certo. Scendiamo”
La vetrata della sala aperta. Un giovane di bella presenza di fronte al dipinto di Oscar.
“Buongiorno!”- entrarono.
Il tale si volse –“Ah … buongiorno.  Signor Mornay?”
“Vincent Mornay”- annuendo.
Il mio nome è Henning Lindgren. Mi sono recato questa mattina alla vostra tenuta e mi hanno riferito che vi avrei trovato qui.”
“Posso esservi d’aiuto?”
“Sono veramente onorato di conoscere il proprietario dell’allevamento più bello di Francia e non solo. Il Conte di Fersen su suggerimento di Sua Maestà la Regina Maria Antonietta mi ha indirizzato a voi garantendomi che non ne esistono di migliori”.
“Il Conte Hans Axel di Fersen”- pronunciò Andrè.
“Conoscete?”
“Perdonatemi. Vi presento Andrè Grandier, mio fidato ed esperto”
“Monsieur Grandier conoscete pure voi il Conte?”
“Da molto”- rispose incuriosito.
“Sapendolo a Parigi al servizio di Sua Maestà non ho voluto rubargli tempo prezioso, ma tramite uno scambio epistolare, mi ha fatto avere il vostro nome. E vi prego sinceramente di non condannarmi se non mi fosse noto in precedenza.”
“A questo punto avete percorso della strada in più per trovarmi. Sarò lieto di invitarvi a pranzo per ovviare al disturbo”
“Oh no, assolutamente. Nessun disturbo. Ma accetto volentieri “- avviandosi con loro verso la corte –“Ah … perdonate nuovamente. Quel dipinto. E’ decisamente magnifico. Il volto di Madame Bouillè è raggiante come dal vivo”
Andrè sgranò gli occhi – “Prego?!!?”
Mornay lo trattenne per un braccio lanciandogli un’occhiata.
“Dicevate …”- lo invitò a proseguire Vincent.
“La bellezza di Madame Bouillè è sorprendente”
“Ascoltate”- rivolse lo sguardo fuori –“Le strade non sono ancora totalmente praticabili e il tempo non promette nulla di buono. Vorrei suggerire di fermarvi e ripartire domani. Posso ospitarvi senza problemi”- lo rassicurò.
“Troppo gentile. Accetto volentieri per il pranzo ma a mio malincuore devo confidarvi di non potermi trattenere ulteriormente”
“Come gradite. Abbiate la pazienza di attendere solo un paio di minuti”- invitando Andrè a seguirlo.
“Fate pure”- tornando a rimirare estasiato il dipinto.
Prese il ragazzo da parte fingendo di dare un’ultima occhiata all’avanzamento dei lavori.
“Vi siete ammattito? Vi sono giunte alle orecchie le parole di quell’uomo? Madame Bouillè!! Vi rendete conto di cosa significa? Oscar sposa di quel maledetto!!!”- gli occhi ispirtati, incredulo e sconvolto di fronte a quelle affermazioni.
“No, tu! Tu non riesci a controllare il tuo stato di frustrazione attuale. Lo capisci che cos’è accaduto? La sorte ci stà dando l’opportunità di trovarla e riportala a casa. E’ la conferma che sia viva”
Andrè strinse la testa tra le mani –“Non è possibile … io non riesco a credere …”
“Ascolta. Quest’occasione va gestita al meglio. Non possiamo mettergli la pulce nell’orecchio!”
“Che intendete fare?”
“Non deve mangiare la foglia o saremo spacciati”
Di quali altre conferme c’era la necessità per credere ora che fosse viva? Nessun dubbio. Quell’uomo non poteva aver avuto un abbaglio. L’aveva riconosciuta senz’ombra di dubbio.
“Cerca di stare tranquillo nel limite del possibile e vedi di ponderare ogni risposta ad eventuali domande ti possa rivolgere”
Andrè annuì.
Mornay aveva ragione. Nessun passo falso.
Lindgren visionò l’allevamento accompagnato dai due. Ed alla fine concluse l’affare. “Un ottimo affare”- sedendo a tavola pienamente soddisfatto.
“La vostra tenuta è un vero gioiellino. E’ incredibile come curiate tutto in maniera così meticolosa e soprattutto che il vostro allevamento consti di una così vasta varietà di razze”- portando il tovagliolo alla bocca.
“Vi ringrazio. Gradite altro vino?”
Annuì –“Perdonate se cambio discorso ma … a chi appartiene quello splendido ritratto? Conoscete per caso il Generale e suo maglie?”
Andrè sentì ribollire il sangue. Fece uno sforzo immane per controllarsi.
“Devo avergli venduto alcuni esemplari  diversi anni fa. Non conosco la consorte”
 “Sono rimasto colpito dalla giovane età e da tanta bellezza”- riferendosi a “Madame Bouillè” –“Mi spiace molto di non averla vista raggiante di gioia. Le dame in dolce attesa lo sono sempre. Ho letto molta infelicità sul suo volto …”
Andrè strinse così tanto i pugni sotto il tavolo da sentire le unghie affondare nel palmo delle mani.
“Vi prego di scusarmi”- alzandosi da tavola –“Devo controllare gli ultimi puledri nati in settimana. Vi auguro una buona prosecuzione per quanto concerne il viaggio”
“Grazie a voi. Capisco perché siete l’uomo fidato di Monsieur Mornay. Un eccellente intenditore. Grazie mille ancora”
Raggiunta la stalla finalmente potè dare libero sfogo a tutta la sua rabbia.
“Maledetto!!”- sferrando un pugno contro il portone.
Oscar, la sua Oscar moglie di Bouillè!!
Sedette tra la paglia. I gomiti sulle ginocchia e la testa stretta tra le mani. Le guance rigate dalle lacrime.
Non poteva pensare che fosse stata tra le sue braccia, che avesse sfiorato le sue labbra.
“Non può essere, non può essere!”- immaginando che l’avesse fatta sua.
E poi suo figlio …
 
La situazione a Parigi era in continua evoluzione.
Ora anche i Soldati della Guardia iniziarono a temere ritorsioni  nei loro confronti da parte dei rivoltosi. Non c’era più quel clima amichevole di quella giornata sotto la Bastiglia.
La mente prese a vagare. Si rese conto di avere troppa carne al fuoco.  Leah, Yvy … Andrè.
Bell’aiuto aveva dato al suo miglior amico nella ricerca di Oscar. Certo, tutti ammettevano che fosse morta.
Ma lui no. Voleva non credergli?
Bisognava riordinare un po’ le idee ed iniziare a dare delle priorità a ciò che aveva in sospeso.
Ma prima di tutto doveva, nuovamente, lasciare l’uniforme e questa volta definitivamente.
Restare significava correre un rischio troppo alto. Ne aveva avuto un assaggio in settimana.
Erano stati mandati nella zona della Concergerie a ripristinare l’ordine dopo che un gruppetto di uomini della Guardia Nazionale, su ordine di Robespierre, aveva arrestato diversi personaggi , apparentemente gente del popolo ma in realtà cospiratori contro la nazione e coinvolti in loschi affari  con delle famiglie nobili o legate in qualche maniera alla monarchia.
Era venuto a conoscenza che fossero stati prelevati anche alcuni uomini di Bouillè tra i quali quel tale Damien Morel.
Certo di far cosa gradita ad Andrè, gli aveva mandato due righe informandolo dell’accaduto e rintracciando immediatamente Bernard affinchè indagasse.
 
Poche informazioni ma sufficienti da mettere assieme a quanto letto in una missiva giunta poco dopo pranzo.
La situazione cominciava ad essere più chiara e definita. Si cominciava finalmente ad avere qualcosa sul quale lavorare,  sul quale predisporre un piano che portasse a risultati certi in tempi possibilmente brevi.
“Mi avete fatto chiamare?”- Andrè apparve nel suo studio.
Mornay gli allungò una lettera e si appoggiò allo schienale della sedia.
Lesse in silenzio.
Vincent rimase ad osservare l’espressione del volto del giovane inizialmente incredula e man mano carica di commozione.
Sollevò gli occhi –“E’ viva!!”- sedette stringendo quel foglio tra le mani.
“Prima della traslazione ho insistito perché la bara fosse aperta. E’ risultata vuota”- così scriveva Martin dopo aver chiesto a Mornay di poter prolungare la sua permanenza a Parigi –“Si sono verificati scontri in città. Sono state prese d’assalto un paio di residenze tra le quali quella del generale Bouillè dove hanno arrestato il nostro uomo”
“Fatela leggere a Jarjayes almeno così si convincerà!”
“Saresti dovuto rimanere”
“Al pranzo? No, grazie. D’accordo affondare il coltello ma non continuare a ruotarlo nella ferita”
“Ai piedi delle Alpi”
Sconvolto.
“E’ piuttosto generico ma è già un più che ottimo indizio. Lindgren non ha saputo darmi il nome preciso della località dal momento che lo accompagnarono, ma mi ha parlato di un castello arroccato, ad una manciata d’ore da Lione”
Andrè deglutì  e per alcuni secondi gli parve si fossero fermati i battiti.
 
Non era stato poi così difficile riuscire a lasciare i Soldate della Guardia.
Si sentì pervadere da un strano senso di liberazione nonostante, ora, dovesse trovare a tutti i costi una nuova occupazione.
Nel  frattempo aveva scritto ad Andrè.
Durante un pattugliamento in città aveva assistito all’irruzione della Guardia Nazionale a Palazzo Bouillè. Avevano portato via delle ultime suppellettili ed arrestato quel tale Damien, fidato del Generale, assieme ad altri con l’accusa di complotto.
Chissà se l’accaduto avrebbe riportato l’amico in città.
Yvy era un po’ che non si faceva vedere.
Se n’era andata quella mattina dopo l’ennesima discussione, ma sapeva essere ancora a Parigi, sicuramente da Du Mont.
Tuttavia in quei giorni non aveva fatto nulla per cercarla.
Doveva iniziare a ragionare seriamente su lei e Leah. Basta fare il saltimbanco. Non poteva più mettere davanti a tutto il fatto che gli piacevano da morire le donne. Quelle belle s’intende! E del resto le considerazioni di Yvy non facevano una piega.
D’accordo una buona intesa fra le lenzuola, ma non bastava. Ci voleva ben altro per tenere in piedi un rapporto. In più l’età. E il suo carattere era troppo ribelle.
“Dove vuoi andare a parare? Stai solo arrampicandoti sugli specchi tirando fuori difetti inesistenti”- un macinare continuo –“Non può essere un ripiego per la mancanza di Leah. Devi decidere e anche in fretta. E se nel caso lei tornasse ma non volesse più a che fare con te? Ehi amico! Utilizza la testa per questi pensieri, non qualcos’altro!”- sghignazzò – “Cavoli! Beato te che ne hai sempre amata una sola”- rivolgendo il pensiero all’amico lontano –“Però, non sai cosa ti sei perso!”
 
Le mani iniziarono a tremargli.
Il Generale trinse con rabbia quello scritto –“Maledetto!” – sbottò paonazzo dalla rabbia –“Che siate maledetto Bouillè!”
Mornay aveva chiesto espressamente che fosse presente anche  Madame Emilie durante la lettura.
Senza il benché minimo segno di stupore volse lo sguardo verso il consorte –“Sapete quale sia la vera sfortuna? Che non abbiano arrestato pure lui. Pur essendo certa del carattere forte di Oscar non mi capacito che presto diventerà madre senza aver attorno il calore della sua famiglia e soprattutto senza che Andrè possa vedere suo figlio. Di questo ne siete consapevole?”
Augustin non potè controbattere. La moglie aveva ragione sul tornaconto di quel mascalzone. Da sempre.
“Non ho saputo guardare oltre il mio orgoglio senza tenere in considerazione pro e contro delle scelte fatte”
“Siete mio marito. Non ho mai ostacolato le vostre decisioni. E non mi permetterò ora di farvi dei rimproveri.  Ma vi prego. Riportate a casa Oscar!”- detto questo salutò i presenti ritirandosi nella sua stanza.
Augustin rivolse lo sguardo ad Andrè e a Vincent –“Come intendete procedere?”- ritornando anche la lettera di Alain.
“Damien è in prigione e sicuramente sarà a conoscenza dei piani di Bouillè. Lindgren ci ha dato le indicazioni per trovarlo seppure approssimative”- chiarì Mornay.
“Voglio Bouille!”- si espresse il Generale.
“Oscar ha la precedenza su tutto!”-  sbottò Andrè.
“Bouillè significa trovarla”
“State calmi. Ora bisogna assolutamente far parlare Morell”
“Bernard!”- suggerì improvvisamente il giovane –“Lui potrebbe rivolgersi forse a Robespierre. In questa maniere forse potrebbe …”
“Si può tentare, nella speranza sia collaborativo” – Vincent si lisciò il mento –“Sempre che la forca non lo porti via prima!”
 
“Alain, quanto tempo!”- stringendogli la mano.
“Ciao Bernard. In effetti gli eventi ci hanno fatto perdere un po’ di vista”
“Dai, siedi.  Purtroppo qui al giornale non posso offrirti nulla”
“Non importa. Ti ringrazio”
“Deve essere piuttosto importante se sei venuto a cercarmi fino qui”
“Beh, ecco” – passandosi una mano fra i capelli –“Tu sei abbastanza noto e hai anche una certa influenza in città”
Sorrise – “Sicuramente meno rispetto Robespierre. Ma … indubbiamente il nostro giornale tiene vivo lo spirito rivoluzionario”
“Quindi sei al corrente degli scontri della scorsa settimana”
“Certo, è uscito il nostro articolo subito il giorno dopo l’accaduto. Scontri e arresti di un certo livello”
“Mi riferisco appunto a questi ultimi. Tra i vari personaggi ce n’è uno in particolare che mi interessa. Un tale Damien Morell”
“Aspetta …” – scartabellando sulla sua scrivania –“Ho qui l’elenco completo”
Scorse veloce con il dito sui vari nomi soffermandosi a metà –“Damien Morell. Parigi 26 gennaio 1749. Ex guardia. Cospiratore”
“Lui!!”- esclamò – “Questo sciagurato è il braccio destro del Generale Bouillè”
“Bouillè … si, ho capito”
“Pare che con l’aiuto di qualcun altro abbia dato ordine di appiccare fuoco alla villa dei Jarjayes a Le Conquet e rapito Oscar”
“Madamigella Oscar? Scherzi?”- scioccato.
“Devo dirti “pare” secondo ciò che mi ha raccontato Andrè. Gli ho mandato una lettera informandolo. Ma vorrei anticipare i tempi certo che si precipiterà a Parigi quanto prima”
“Cosa vorresti che facessi?”
“Interrogare Morell”
Bernard incurvò le sopracciglia –“Mi domandi una cosa piuttosto difficile”
“Lo so bene. Ma sei l’unico al momento che può intervenire”
“Alain, io sono un semplice giornalista. Devo avere motivazioni valide per …”
“Ti chiedo di provarci. E’ importante. Il destino di Oscar e Andrè dipende anche da questo”
Si appoggiò con la schiena alla sedia sospirando. Le braccia conserte.
Rimase in silenzio alcuni minuti fissando il suo interlocutore. Strofinò il mento ripetutamente e sollevato il volto prese a lisciarsi la gola con due dita meditando.
“Vedrò cosa posso fare”- infine.
“Ti ringrazio di cuore”- con sollievo.
“Non ho detto ci riesca. Nel caso cosa dovrei domandargli?”
“Bisogna capire dove sia Bouillè”
“D’accordo. Ti farò sapere. Eventualmente ti troverò da Du Bois?”
“Certo. La sera. Un appuntamento immancabile”
 
“Che cosa? Vorreste qualcuno per tirare di scherma?”- esplose in una fragorosa risata.
Il volto pieno come la luna, quella prominenza sobbalzare nella sua pienezza riempiendo in tutta la sua ampiezza la poltroncina.
Oscar provò un senso di fastidio.
“Mia cara, non pensate di farmi una richiesta assurda?”
“Allora datemi la possibilità di fare almeno tiro a segno”- immaginando poi lui come bersaglio.
Si fece serio – “Come no. Conosco bene la vostra abilità nell’utilizzo delle armi. Credete di avere a che fare con uno sciocco?”
“Voi lo dite”- ribattè.
“Non riuscite proprio a controllare la lingua”- un sorriso malizioso gli si stampò sotto i baffi –“se avete bisogno di sgranchirvi un po’ io saprei come darvi un mano”
Sgranò gli occhi inorridita.
“Non potete immaginare nemmeno lontanamente  quanto desideri che vi liberiate di questo bambino …”- squadrandola – “ci attendono tempi meravigliosi. Imparerete ad apprezzare me mie doti amatoriali”
“Non penso proprio”- avvampò sconvolta.
“Fate pure la sostenuta” – si alzò avvicinandosi a lei – “sapete … non c’è notte che non vi immagini sopra di me … in tutta la vostra raggiante bellezza, mentre vi muovete, lenta, ansimante. Vedo i vostri giovani seni, li accarezzo, li stringo”- accostò il volto al suo orecchio –“… poi vi girate … aggrappata al baldacchino … le mie mani salde sui vostri fianchi … “
Non riuscì più a trattenere la nausea.
“Diavolo!!”- le braccia spalancate lasciando scorrere gli occhi dalla camicia verso il basso –“Ma che vi salta in mente?”- indietreggiando.
Oscar si passò un fazzoletto sulla bocca .
Bouillè continuò a guardarsi addosso disgustato –“Leah … Leah …”- strillò.
“Tutto questo … sordido discorso … sapete, sono inconvenienti di una gravidanza”- ironizzò uscendo dallo studio.
“Leah!”- gridò nuovamente.
Sinceramente non aveva preventivato di dar di stomaco addosso a quell’orco.
Ridacchiò allontanandosi.  Una boccata d’aria le avrebbe giovato.
La passeggiata giornaliera in quel piccolo e delizioso giardino interno.
Lì riusciva a starsene completamente sola. No occhi indiscreti che la sorvegliassero.
E ciò si rivelò nel tempo fondamentale.
Percorse tutta la breve camminata che conduceva in quell’angolo nascosto.
Scostò lentamente l’edera che ostruiva quella porticina.
Chissà se Bouillè o qualcuno dei suoi fosse a conoscenza della sua esistenza.
Il lucchetto completamente arrugginito.
Fuori la libertà.
Avrebbe corso il rischio?
Volse lo sguardo alla sua sinistra.
Afferrò una pietra. Assestò un colpo secco su quella serratura.
Nulla.
Si girò. Gli occhi rivolti verso l’edificio a controllare che nessuno avesse udito quel tonfo metallico.
Rimase in ascolto qualche istante.
Poi nuovamente. Questa volta più forte.
Il lucchetto si spezzò.
 
   
 
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