Capitolo
35: Ritorno a casa
“Bene,
questa è casa mia…
vero che è meravigliosa?” domandò, con
tono sognante e ammirato, Ismelda Murk,
mentre accendeva la luce nella sua piccola villa.
In
diplomatico silenzio, il
gruppo si limitò a darsi un’occhiata.
Se
proprio dovevano essere
sinceri, quella casa più che meravigliosa era spaventosa.
Invece
della luce elettrica,
c’erano solo delle candele rosse e l’abitazione era
decorata con teschi,
barattoli con dentro delle strane forme indefinite che nessuno voleva
sapere
cosa fossero di preciso, strani simboli sulle pareti, divani in pelle
nere e
vecchi volumi in pelle nera.
“Trova
questo posto…
meraviglioso?” domandò sottovoce, incredulo, Teddy.
Lui
avrebbe usato molte
definizioni per quel posto, ma di certo non meraviglioso.
“La
bellezza è una cosa
relativa. Per ognuno di noi, ha molte sfaccettature.” Fece
notare Athena,
mentre osservava i titoli sui dorsi dei libri, e Gal annuì:
“In effetti, questo
posto non è malaccio… anzi, io lo trovo molto
carino.”
Per
tutta risposta, Teddy gli
diede un’occhiata sorpresa.
A
lui quel posto non piaceva
per niente… ma, dopotutto, i gusti erano gusti…
Nel
frattempo, con un rapido
movimento della bacchetta, Ismelda fece levitare dalla credenza cinque
tazze,
le quali vennero riempite da del tè fumante.
Mentre
aspettava che il tè si
raffreddasse, Teddy si guardò intorno, incuriosito,
finché non notò delle
fotografie in movimento sul caminetto.
La
maggior parte di esse,
raffigurava due coniugi piuttosto anziani e una ragazza leggermente
più grande
della Murk.
“Quelli
sono i miei genitori
e mia sorella maggiore.” Lo avvisò Ismelda,
bevendo dalla sua tazza, e Teddy
ammise: “In effetti, mi sembrava che ti assomigliava un
po’…”
“Solo
fisicamente.
Caratterialmente, è tutto il mio opposto. Ti dico solo che
era a Grifondoro,
mentre io a Serpeverde.”
“Cosa?!”
s’intromise,
incredulo, Gal “Ma tutti i fratelli non finiscono nella
stessa Casa?”
“Generalmente
succede così,
sciocco…” gli rivelò, seccata,
Delphini, bevendo dalla sua tazza “Ma ci sono
molti casi in cui i fratelli vengono smistati in Case
diverse… i due cugini di
mia madre, per esempio, vennero smistati a Grifondoro e a Serpeverde.
In
effetti, credo che sia più comune di quanto si
creda…”
“Credo
che tu abbia ragione,
Delphini… i due figli del mio padrino, Jamie e Al, sono
completamente diversi,
caratterialmente. Jamie è un vero casinista, amante del
brivido, degli amici e
degli scherzi, mentre Al è molto più timido e
pacato, oltre che essere un gran
amante dello studio e dei libri… guarda, non mi
meraviglierebbe se venissero
smistati in due Case diverse…” aggiunse Teddy,
mentre il rosso col casco
dichiarava: “Beh, tutta la mia famiglia è stata a
Grifondoro…”
“Gal,
ti ricordo che il tuo è
un caso leggermente a parte…” gli fece notare,
esasperata, la ragazzina coi
capelli d’argento.
Mentre
continuava a fissare
le foto, Teddy notò l’immagine di un giovane coi
capelli marroni, gli occhi
verdi e un grande sorriso.
“Chi
è il tipo in questa
foto?” domandò, incuriosito, il Tassorosso ed
Ismelda, con una strana voce
sognante, rivelò: “Lui è Barnaby Lee,
l’uomo più bello, dolce, gentile e
simpatico del mondo…”
Delphini
inarcò un
sopracciglio.
Si
vedeva lontano un miglio
che quella tipa era cotta di quel Lee… a lei sembrava solo
un babbeo, a
giudicare dall’espressione facciale.
Non
riusciva proprio a capire
cosa ci trovasse la Murk in un tipo del genere… certo che
l’amore rendeva
proprio stupidi… fortunatamente, era vaccinata contro queste
scemenze…
Nel
frattempo, Victoire
guardava l’acquazzone dalla finestra della casa, sbuffando:
“Come odio la
pioggia… fa un rumore così
insopportabile…”
“La
solita e scontata
risposta da ragazzina superficiale… il suono della pioggia
battente è così
fresco e rilassante… io lo trovo stupendo. A mio parere, una
vera poesia
dovrebbe produrre un suono simile, invece la maggior parte di esse sono
prodotte da uomini sciocchi e superficiali che vogliono solo la grana e
la
fama… e si nota perfettamente nelle loro opere, dato che la
musicalità è a dir
poco tremenda. Un testo è bello solo se è
accompagnata da musica che lo renda
ancora più meravigliosa, ma la gente è
così imbevuta di sottocultura che si fa
andar bene quei ridicoli prodotti di consumo… che
vergogna…” sbuffò Delphini,
sgranocchiando
con aria pensierosa il biscotto al cioccolato che aveva in mano.
“Non
li mangi senza
inzupparli?” domandò Teddy e, prontamente, la
ragazzina rispose, non degnandolo
di uno sguardo e continuando a mangiare: “No. I biscotti
inzuppati non mi piacciano
molto… inoltre, se, a causa del calore, essi dovessero
staccarsi e mettersi a
galleggiare nella tazza mi farebbero di uno
schifo…”
Per
tutta risposta, Teddy si
voltò verso Victoire, la quale stava, contemporaneamente,
inzuppando il suo
biscotto nella tazza.
Facendo
un grande sospiro.
Teddy tornò a mescolare col suo cucchiaio la sua tazza.
Nel
frattempo, Athena prese
un libro dalla libreria e si mise a leggerlo con molta attenzione.
“Cosa
leggi?” le domandò
Victorie, avvicinandosi per guardare meglio, e la Corvonero, con un
grande
sorriso, dichiarò: “Un libro sulle varie scuole di
magia del mondo! Sembra così
interessante…”
“Se
t’interessa, te lo
regalo. L’ho preso perché faceva parte di
un’offerta speciale al Ghirigoro…
volevo prendere un libro sulle torture magiche alternative alla
Maledizione
Cruciatus e mi avrebbero fatto lo scontro se ne prendevo un altro,
così ho
preso il primo che mi è capitato in mano, ma non
l’ho mai letto. Quel genere
non è proprio il mio tipo… anzi, se me lo levi di
torno mi fai un gran favore.”
dichiarò Ismelda, mentre si accendeva una sigaretta.
Sentendo
ciò, Athena la
guardò, con aria speranzosa, e domandò, con un
grande sorriso: “Posso sul serio
averlo? Ne è proprio sicura? Al 100%?”
“Sì,
ragazzina. Te lo puoi
prendere.”
“L’avverto
che ho un rapporto
molto stretto e personale coi libri… se qualcuno mi regala
un libro, non sono
tanto propensa a lasciarlo…”
“Ma
se non fai altro che
seccarmi, dicendomi che pur di farmi leggere un determinato libro, me
lo
presti.” S’intromise Gal e la ragazzina con gli
occhiali, guardandolo in malo
modo, ribatté: “Hai detto bene, te li presto.
Pertanto, li rivoglio anche
indietro il prima possibile. E credimi, posso diventare parecchio
insopportabile, se non lo riottengo il prima
possibile…”
“Una
ragione in più, per non
prendere in prestito dei libri da te… anche,
perché, sono ritardatario cronico,
per quanto riguarda il restituire i libri alle pubbliche… ho
preso più multe io
per un ritardo di consegna di tutti i ragazzini di York messi
insieme!”
Mentre
i due parlavano,
Oliver, il quale, per tutta la durata della conversazione, se
n’era stato
immobile e nervoso, in quanto il singolare arredamento lo metteva
parecchio in
soggezione, notò dall’altra parte della finestra,
un gufo reale che la stava
picchiando col becco, come se volesse attirare l’attenzione
degli abitanti.
“Ehi,
c’è un gufo.” Lo fece,
immediatamente, notare il ragazzino ed Ismelda, dopo aver aperto la
finestra,
fece entrare il volatile in casa.
Mentre
il gufo arruffava le
penne per liberarsi dall’acqua, la donna prese la lettera che
aveva attaccata
alla zampa e si mise a leggerla.
“Di
cosa parla?” domandò,
incuriosito, Gal e Oliver, prontamente, lo sgridò:
“Gal, non è educato
impicciarsi della posta altrui!”
“Ah,
non è niente di che…
solo un tizio che vuole un appuntamento per un consulto su una
maledizione…”
rivelò Ismelda, mettendosi la lettera in tasca, e Athena,
sorpresa, domandò:
“Dà consulti sulle maledizioni?”
“Eh
già… dato che sono
un’esperta in materia, molta gente mi scrive per parlare di
maledizioni che li
hanno colpiti e come liberarsene… di solito, non
è niente di che, ma questo
caso è parecchio tosto…”
“Perché?
Di cosa si tratta?”
chiese, di nuovo, Gal, venendo di nuovo redarguito da Oliver:
“Gal, sono cose
personali!”
“Beh,
secondo la lettera, la
moglie del mittente è vittima di una maledizione del sangue
che la sta rendendo
sempre più debole e fragile.” Rispose, con la
massima neutralità, Ismelda e
tutti, tranne Gal, rimasero di stucco.
“Una…
una maledizione del
sangue?!” ripeté, incredulo, Teddy, mentre
Delphini commentava con un semplice:
“Cavolo…”
“Non
capisco… cos’ha di così
terribile la maledizione del sangue?” domandò, con
aria confusa, Gal, prima di
venir, di nuovo, affrontato da Delphini: “Ma è
possibile che tu non sai mai
niente?!”
“Che
ci vuoi fare, non mi
piace studiare!”
“Ah,
ti assicuro che si vede!
Eccome!”
“Insomma,
qualcuno può
spiegarmi cos’è una maledizione del sangue, senza
andarmi addosso, grazie?”
Facendo
un sospiro, Athena
spiegò: “La maledizione del sangue è la
maledizione più potente e più atroce
del mondo magico. Come per quelle più comuni, una persona
viene maledetta, ma
essa non riguarda solo quello sventurato. Infatti, la maledizione viene
estesa
a tutta la famiglia e ai suoi eredi. Un suo discendente, anche distante
parecchie generazioni, viene colpito ed è destinato a morire
oppure a
trasformarsi in un animale o in una pianta per sempre.”
“Cosa?!
Ma è orribile!”
esclamò, allibito, Gal, mentre Oliver annuiva, disgustato:
“Sì, già è sbagliato
maledire qualcuno, ma coinvolgere anche una persona che non centra
nulla con
quella storia, lo trovo disgustoso e vigliacco! Gli autori delle
maledizioni del
sangue dovrebbero essere mandati ad Azkaban! Per me, quella roba
è allo stesso
livello delle maledizioni senza perdono!”
“Forse,
un giorno anche
lanciare una maledizione del sangue sarà considerato un
reato da farti
guadagnare un biglietto di sola andata per
Azkaban…” commentò Delphini,
accarezzando la testa di Asmodeus “Se devo essere sincera, le
maledizioni del
sangue mi ricordano leggermente le malattie genetiche
babbane… anche loro
rimangono nei geni di una persona per parecchie generazioni e non
esiste una
cura per entrambe… chissà, magari
verrà trovata una cura per tutte e due…”
“Con
la differenza che non si
possono evitare le malattie genetiche, mentre le maledizioni del sangue
sono un
vero e proprio abominio, lanciate solo dalla crudeltà e dal
risentimento delle
persone! Colpire persone innocenti e che tu neanche conosci, solo per
far
regnare la paura di essere lo sfortunato che è stato colpito
e il dolore di una
famiglia per un avversario insidioso che non si può
sconfiggere… chi le lancia
è addirittura peggio di Tu-sai-chi e dei suoi Mangiamorte!
Da quanto mi
risulta, lui non le ha mai lanciate, anche se era quello che
era!” si scaldò
Oliver, facendo sgranare gli occhi di Gal, Teddy, Athena e Victorie,
mentre
Delphini inarcava, sorpresa, un sopracciglio.
“Non
mi aspettavo che il tuo
amico, s’infiammasse così tanto… per
tutto questo tempo mi è sembrato così mite
e tranquillo…” sussurrò, sorpresa, la
bionda a Teddy, il quale affermò: “Oliver
è il ragazzo più gentile e calmo del
mondo… ma anche lui si arrabbia parecchio
quando vengono toccati certi argomenti… a quanto pare, la
faccenda delle
maledizioni del sangue è una di quelli…”
L’aria
notturna era fresca,
ma, allo stesso tempo, fresca e pulita, grazie al temporale che
c’era stato
qualche ora prima.
La
ragazzina coi capelli
d’argento con in bocca un lecca-lecca se ne stava seduta su
una vecchia sedia
sotto alla malmessa tettoia dalla fatiscente abitazione, guardando le
stelle
che brillavano nel cielo.
“Bella
serata, eh?” domandò
una voce maschile di fianco a sé e, senza nemmeno voltare lo
sguardo, la
giovane borbottò: “Che ci vuoi fare, Teddy, una
lavata fa bene a tutti, anche
al cielo.”
“Già,
in effetti, sembra più
luminoso…”
“Pensi
che Ismelda Murk
sospetti qualcosa?”
“Non
credo… a me, è sembrata più
una a cui importava solo morte, sangue e maledizioni…
comunque, domani io e gli
altri ce ne torniamo alla Tana.”
“Già,
almeno non devo
rischiare che quel cretino di Gal si faccia scoprire come un babbeo,
generato
un casino dietro l’altro…”
“Quindi,
tu resti qui?”
“Sì.”
“Non
temi di essere scoperta
da Ismelda Murk?”
“Non
sono scema come Gal. So
come nascondermi ed evitare la gente, anche perché ne sono
abituata…”
“Lo
so… l’anno scorso,
cercavi sempre di evitarci… ma dopo quella vicenda dei
banditi, mi sembra che
tu sia diventata un pochino più… aperta, nei
nostri confronti.”
“Bah,
io mi sento esattamente
come al solito… io sto molto meglio da sola che in
compagnia…”
“Non
lo metto in dubbio. Tu
sei un tipo molto più introverso, che ama tenere i suoi
tormenti dentro di sé,
per apparire forte davanti al mondo.”
“Ehi…
io non sono debole,
mettiamolo in chiaro, se non vuoi ritrovarti un bel bernoccolo da
Guinness dei
primati!”
“Sì,
certo, scusa! Dicevo
tanto per dire!”
I
due giovani rimasero un
attimo a fissare le stelle, finché, ad un tratto, Delphini
non domandò, con
noncuranza: “Com’è?”
“Cosa?”
“Vivere
con tua nonna, il tuo
padrino e tutta la sua famiglia… è
bello?”
“Certamente!
Anzi, è la
miglior fortuna che mi potesse capitare! E non perché sono
famosi, ma perché
sono sempre gentili, mi ascoltano, mi danno tutti lezioni importanti e
cercano
di aiutarmi in tutti i modi possibili. Certo, non possono sostituire i
miei
genitori, ma almeno riescono a non farmi sentire il dolore che provo
per il
fatto che mi manchino… e ciò mi rende
felice.”
“Dev’essere
bello essere
circondato da persone che ti vogliono bene… avere una
famiglia…”
La
ragazzina non si era
accorta che, mentre diceva quelle parole, la sua espressione facciale
era
cambiata, assumendo una sfumatura molto triste e depressa.
Teddy,
notandola, le domandò:
“Beh, anche tu hai molte persone che ti vogliono
bene…”
“Per
niente! Fin da quando
ero piccola, gli altri mocciosi mi evitavano perché mi
consideravano stramba e
pericolosa… ti dico solo che quando avevo nove anni, un
ragazzino coi capelli
neri mi ha rivolto la parola solo per dare tempo ai suoi compari di
raggiungermi e darmi, come al solito, fastidio! Ma gli ho dato una
lezione di
quelle con la magia…”
“Non
avresti dovuto farlo…”
“Hanno
iniziato loro!”
“Comunque,
sono certo che i
tuoi genitori ti amassero molto, prima di morire…”
“NON
PARLARMI DI LORO!!!!”
L’urlo
di Delphini fu così
potente che spaventò sia gli uccelli che Asmodeus, il quale
era seduto sotto la
panca a dormire, mentre il povero Teddy faceva una faccia spaventata ed
incredula.
Non
si aspettava
assolutamente una simile reazione…
Anche
la stessa Delphini
sembrava sorpresa dalla sua stessa reazione, tanto che si
scusò immediatamente:
“Cavolo… scusa, non so cosa mi sia
preso… è solo che non avevo un buon rapporto
neanche con loro, prima che tirassero le cuoia…”
“Eh?
Te lo ricordi ancora?”
“Io
ricordo ogni cosa, da
quando sono venuta al mondo, purtroppo…”
“Io,
invece, non riesco a
ricordarmi assolutamente nulla della mia infanzia… vorrei
poter ricordare
almeno qualcosa dei miei genitori…”
“Per
me sarebbe stato molto
meglio non ricordarli affatto…”
Teddy
ascoltava con sorpresa
quelle parole, mentre guardava, in silenzio, la coetanea che, con
espressione
triste, giocherellava col bastoncino del suo lecca-lecca.
Delphini
era un’orfana della
seconda guerra magica, proprio come lui, eppure… per qualche
motivo, sembravano
essere su due sponde diverse…
Ad
un tratto, un tremendo
sospetto gli venne in mente.
E
se i loro genitori, durante
la seconda guerra magica, fossero sul serio stati su due sponde diverse?
I
suoi erano stati dalla
parte del suo padrino, mentre quelli di Delphini da quella di Voldemort.
Questo
avrebbe spiegato
perché i genitori dell’amica non sembravano il
ritratto dei genitori pazienti e
amorevoli, tanto che la figlia stessa non voleva parlare di
loro…
No,
era impossibile!
L’amico
di suo padre, Sirius
Black, era sempre stato contro Voldemort e il fratello minore era morto
pur di
distruggere un suo Horcrux… e, da quel che gli risultava,
nessun altro membro
della famiglia Black era stato dalla sua parte.
Gal
lo stava proprio
influenzato… ormai, faceva congetture più assurde
che altro…
“Perché,
domani, non vieni
con noi?” esclamò, all’improvviso e
senza nemmeno rendersene bene conto, Teddy.
Per
tutta risposta, Delphini
si voltò a guardarlo, con gli occhi sgranati dalla sorpresa.
Tuttavia,
si riprese
abbastanza rapidamente, borbottando: “No, grazie.”
“E
perché?”
“Devo
finire delle cose.”
“Ma
cosa? Qui non c’è niente,
a parte quella bella carogna di un serpente
mummificato…”
“Sono
affari miei. E, poi,
hai pensato a cosa direbbe la signora Weasley se tornaste con me? Si
chiederebbe perché diavolo sono venuta con voi, mentre avrei
dovuto starmene in
campeggio!”
“In
effetti, c’è anche questo
problema… ma si può risolvere! Le diciamo, che
so… che c’è un’epidemia di
Colera
e vi hanno fatti tornare tutti a casa in anticipo…”
“L’ultima
epidemia di colera
in Europa è avvenuta durante la Grande Guerra babbana,
guarda caso, tra i
poveri soldati mezzi moribondi! Con tutte le malattie presenti, hai
scelto
proprio il Colera che è apparso l’ultima volta
quasi un secolo fa?”
“I
virus si evolvono, sai?
L’ho studiato in scienze… il nostro sistema
immunitario si evolve per
sconfiggere il virus e, a sua volta, il virus si evolve per sconfiggere
il
nostro sistema immunitario.”
“Un’escamotage
degna di un
manga giapponese degli anni ’80… ci manca solo che
questo mondo schifoso venga
colpito da un’epidemia come il Colera e la
Spagnola… già abbiamo mille casini,
se poi ci si mette in mezzo anche la crisi sanitaria siamo praticamente
fritti.”
“Spero
proprio di no…”
“Comunque,
grazie per il
pensiero, ma preferisco restare qui.”
“Non
sono della tua stessa
opinione. Metti che ti succeda qualcosa, mentre sei qui, da
sola… non me lo
perdonerei mai!”
“Non
complicarti la vita per
quisquilie simili, Teddy… so cavarmela anche da sola. Ho
imparato a contare solo
su me stessa molti anni fa…”
“Non
posso di certo
rilassarmi, sapendo che tu sei qui, completamente da sola!”
“Stai
cercando d’imitare il
tuo padrino o i tuoi genitori?”
“No,
ti direi tutto questo
anche se fossi il figlio di due Mangiamorte!”
“Fossi
in te, Lupin, non mi
azzarderei a fare simili paragoni… tu non hai la
più pallida idea di cosa
significhi essere il figlio di due Mangiamorte…”
“Allora
di due patetici maghi
di basso livello! Quello che voglio dire è che ti dico
queste cose non perché voglio
imitare qualcuno d’importante e famoso, ma perché
lo voglio io! Io mi preoccupo
per te e voglio che tu stia al sicuro!”
Per
tutta risposta, Delphini
sgranò gli occhi e si tolse dalla bocca il lecca-lecca.
Per
tutta la sua lunga e
schifosa vita, nessuno le aveva mai detto quelle parole, neanche per
sbaglio…
sua madre non l’aveva mai amata come, tecnicamente, avrebbe
dovuto… era stata
fiera di lei, solo dopo che era venuta al mondo e Voldemort, dopo
averla
esaminata, le aveva fatto i complimenti, dicendole che era una bambina
sana e,
soprattutto, potente… e pensare che, all’inizio,
aveva temuto che il suo
signore si sarebbe arrabbiato per il fatto che avesse messo al mondo
una
femmina e non un maschio… come se a quello importasse
qualcosa del sesso del bambino
della sua sottoposta…
Per
sua madre, l’unica cosa
davvero importante era che il suo signore non fosse deluso o disgustato
dal
nascituro… probabilmente, l’avrebbe uccisa con le
sue stesse mani, se non fosse
stata all’altezza delle aspettative di Voldemort, solo per
dimostrargli che per
lui avrebbe fatto qualunque cosa…
E
poi, come il cambio del
vento, l’orgoglio che sua madre provava per lei era diventato
gelosia e odio,
quando Voldemort aveva iniziato a studiarla, liquidando seccatamente o,
alla
peggio, ignorando completamente sua madre… i suoi sguardi di
puro odio verso di
lei erano indimenticabili, proprio quando le urlava di stare zitta
quando
strillava per la fame, perché le stava facendo venire il mal
di testa… se non
fosse stato per il suo signore che era parecchio interessato a lei,
l’avrebbe
ammazzata, dato che la considerava una pericolosa rivale per la
completa
attenzione di Voldemort… beh, nelle versioni originali delle
fiabe babbane più
comuni le madri ammazzavano le proprie figlie per gelosia…
Ma
da che bella famiglia
disfunzionale veniva… non c’era da meravigliarsi
che finiva sempre a parlare
allo psichiatra della scuola elementare babbana durante la festa della
mamma…
ironicamente, la persona che più si era avvicinata alla
figura materna della
sua infanzia era Hokity, l’elfa domestica…
E
adesso, uno che non aveva
alcun legame con lei, le diceva che gli importava molto lei e la sua
incolumità… per la prima volta da undici anni e
nove mesi…
“Grazie…”
fu tutto quello che
riuscì a borbottare la ragazzina, sempre più
confusa.
Una
parte di lei voleva
seguire Teddy e gli altri, mentre l’altra, dominata
dall’orgoglio, voleva
restare lì…
A
chi doveva dare retta?
Al
suo orgoglio o ai suoi
sentimenti?
Quando
odiava essere così
indecisa…
Il
suo tormento interiore,
però, non sfuggì a Teddy.
Sentiva
che l’amica stava per
cedere, ma aveva ancora bisogno di una piccola spinta…
“Ti
piacciono le biciclette?”
buttò, quasi per caso, il ragazzino e Delphini ammise:
“Non mi spiacciono
tanto… quand’ero piccola, tutti i miei compagni
avevano la bici, mentre io no,
dato che la Rowle non aveva soldi per permettermi questi stupidi
capricci
infantili…”
“Il
nonno di Victorie ha una
vecchia bicicletta nel capanno… se gliela chiedi
gentilmente, potrebbe anche
regalartela…”
“Davvero?!
Non stai
scherzando?!”
“No…
anzi, sono certo che sua
moglie te ne sarà profondamente grata per avergliela portata
via…”
“Va
bene, vi raggiungerò col
Nottetempo lunedì.”
“Come
mai?”
“La
nonna di Victorie
s’insospettirebbe se mi vedesse venire con voi. Voi mi
precederete e le direte
che il campeggio finisce domenica e che mi avete convita a passare il
resto
dell’estate con voi, ma, per preparare i bagagli e salutare
la mia tutrice, verrò
lunedì.”
“Ah,
hai già pensato a tutto…
e in questa settimana, cosa combini?”
“Te
l’ho già detto, Teddy… ho
alcune piccole faccende urgenti da sbrigare, ma non
preoccuparti… lunedì sarò
alla Tana. Tu occupati soltanto di convincere il signor Weasley a darmi
la
bici.”
“Cerca
di non ficcarti in
qualche casino.”
“Ehi,
guarda che io so il
fatto mio…”
“Secondo
te, verrà sul serio
o ci ha solo preso in giro, come al solito?”
domandò, incuriosito, Gal, mentre
Teddy rispondeva: “Sembrava sul serio interessata alla
bicicletta…”
“Forse
le sue faccende
l’hanno fatta ammazzare…” fece notare,
nervosamente, Oliver, mentre il migliore
amico faceva un sospiro d’esasperazione: “Guarda,
non mi meraviglierebbe…”
Proprio
in quel momento, un
autobus apparve dal nulla e frenò di scatto proprio davanti
a loro, facendo
cadere per terra Oliver per lo spavento.
La
porta si aprì e, subito,
una ragazzina di dodici anni, coi capelli argentati e un grosso zaino
scese da
esso.
“Grazie.”
Ringraziò la
giovane e, subito, Stan la salutò: “Ciao,
ragazzina. Se hai di nuovo bisogno di
un passaggio a Londra, facci un fischio!”
“Me
ne ricorderò…”
Una
volta che la ragazzina fu
scesa, l’autobus sfrecciò via, svanendo nel nulla.
“E
anche questa è fatta…”
commentò Delphini, mentre faceva uscire Asmodeus dallo
zaino, facendo urlare
Victorie: “Fa sparire subito quella bestiaccia!!!!!”
Per
tutta risposta, Delphini
le rifilò un’occhiataccia: “E piantala
di strillare. Asmodeus non ti farà
niente, basta solo che tu non gli dia fastidio…”
“Almeno
mettigli una
museruola!!!”
“Scordartelo,
carina. Non mi
ha mai creato alcun problema, inoltre, le museruole per serpenti
costano un
casino, sai?”
Victoire
non disse niente, ma
si limitò a guardare con profondo disgusto e paura il grosso
serpente verde, il
quale la fissava in completo silenzio.
La
bionda ebbe un brivido di
paura, quando Asmodeus tirò fuori la lingua biforcuta,
sibilando.
Ma
cosa ci trovava quell’amica
di Teddy in quella schifosa bestiaccia?!
Non
si accorse che Delphini
aveva indurito lo sguardo, finché lei stessa non
sibilò, furiosa: “Cos’ho
trovato nella mia schifosa bestiaccia? Beh, in primo luogo,
è fedele e anche
parecchio intelligente! Seconda cosa: sa quando deve stare zitto ed
evitare
certi pensieri!”
“Ma…
ma tu mi hai appena
letto nel pensiero?!”
“Già,
sono una Legilimens.
Quindi, ragazzina, o inizi ad imparare Occlumanzia, proprio come sto
facendo
io, oppure ti consiglio di controllare i tuoi pensieri.”
“Tienimi
lontano quel
rettile, punto e basta!”
Infastidita,
Victorie si
voltò e si diresse verso la Tana, mentre Delphini faceva un
sorrisetto di
vittoria.
“Però,
non capisco… Stan ha
detto di averti trovata a Londra… cosa ci facevi
lì?” domandò Gal, grattandosi
la testa e Delphini, guardandolo seccata, rispose: “Come ho
detto una settimana
fa, dovevo sistemare alcuni affari prima di venire qui e alcuni di
questi erano
proprio lì.”
“E
cosa riguardavano questi
affari, se è lecito sapere?”
“Non
è lecito sapere.”
“Capita
l’antifona.”
Delphini
fece un sospiro
d’esasperazione.
Oltre
alle ricerche su Gaunt
e Riddle, era dovuta andare alla Gringott per prelevare una cospicua
somma di
denaro dalla stanza blindata di sua madre, in modo da non dover
prendere i
soldi con i suoi amici intorno.
Quella
camera blindata era
una delle più antiche, pertanto si trovava ai livelli
più bassi della banca…
ovviamente, si sarebbero tutti fatti delle domande sul fatto che avesse
accesso
ad una camera blindata del genere… se poi fosse saltato
fuori che era quella di
Bellatrix Lestrange, apriti cielo!
Nessuno
doveva scoprirlo,
neanche per sbaglio!
“Beh,
allora, dov’è la mia
bici?” domandò, sperando di spostare
l’attenzione verso un argomento dove si
trovava molto più a suo agio.
“Ce
l’ha il signor Weasley,
nel suo capanno.” Spiegò Teddy e la ragazzina, col
suo solito fare arrogante e
deciso, disse: “Ok. Sappi che se mi hai mentito ti
disintegro.”
‘Ma
come fa a dire cose del
genere con così tanta calma? Quando fa così, mi
fa più paura di quando
sbraita…’ pensò, con una smorfia di
paura, Teddy.
Certo
che Delphini non si
smentiva mai…
Prima
che si allontanasse
troppo da loro, Teddy la chiamò un’ultima volta:
“Aspetta.”
“E
adesso che altro c’è? Non
dirmi che stai per ammettere che il nonno della tua fidanzatina non ha
nessuna
bicicletta.” Lo avvisò la ragazzina, fermandosi e
voltandosi a guardarlo.
“No,
no, la bicicletta ce
l’ha eccome…” cominciò il
giovane Tassorosso, mentre Victorie, con la faccia
più rossa di un peperone, protestava: “Io non sono
la sua fidanzata! O, almeno,
non ancora… cioè, siamo come fratelli,
quindi… oh, sta zitta, fanatica dei
serpenti!”
Teddy,
il quale non aveva
sentito una sola parola di quello che aveva detto Victoire,
continuò: “E solo
che… prima di andare da lui, ti andrebbe di conoscere una
persona?”
“Eh?”
fece Delphini, lievemente
sorpresa.
“Si
tratta della nonna di
Victorie. Quando le ho detto che saresti venuta, era parecchio
contenta. Non
vede l’ora di conoscerti.” Le raccontò
Teddy e la ragazzina, borbottò,
guardando da un’altra parte: “Ah,
interessante…”
Se
avesse scoperto chi era
sua madre, non sarebbe stata di certo così ansiosa di
conoscerla…
“Non
preoccuparti, la signora
Weasley è una signora molto gentile e che non giudica. E,
comunque, l’ho già
avvertita che hai un serpente come animale domestico.” Le
disse l’amico, omettendo
il fatto che, quando glielo aveva detto, la donna l’aveva
guardato come se
stesse scherzando, per poi domandargli: “Un serpente come
animale domestico? Ma
non è un po’ troppo pericoloso averlo e lasciarlo
in giro, senza alcuna
sorveglianza?”
Aveva
dovuto inventarsi che
Delphini proveniva da una famiglia di domatori di serpenti, per
convincerla che
sapeva il fatto suo… anche se, in effetti, gli sarebbe
proprio piaciuto sapere
come la sua amica fosse così sicura di avere il controllo
totale di Asmodeus…
Prima
che la Serpeverde ebbe
il tempo di dire qualunque cosa, Teddy la prese per il polso e la
condusse
verso la tana, dicendole: “Andiamo, la signora Weasley muore
dalla voglia di
conoscerti. Sono certo che voi due andrete molto
d’accordo.”
“Se
lo dici tu…”
Non
appena fu davanti alla
porta, Teddy chiamò: “Signora Weasley,
è arrivata.”
Immediatamente,
la porta si
aprì e apparve la nonna di Victoire, la quale, con un grande
sorriso, corse
dalla nuova arrivata e le disse: “Ciao, Delphini. Sono
davvero molto contenta
che tu sia venuta qui. Arrivi giusto in tempo per l’ora del
tè.”
“Beh,
c’era poco traffico…”
“Mi
fa molto piacere. Dovrai
condividere la stanza di Athena durante la tua permanenza, ma sono
certa che
andrete d’accordo. Se mi dai i tuoi bagagli, li porto in
camera.”
“Oh,
ecco… non si disturbi…”
“Macché
disturbo, cara! Hai
fatto un viaggio molto lungo da qui fino a Londra completamente da sola
per di
più e, di certo, sarai stanca morta… va pure in
cucina a servirti. Fa
attenzione perché i biscotti scottano un
po’…”
“Certo…”
Anche
se cercava di sempre
normale, non poteva fare a meno di emozionarsi al fatto che la signora
Weasley
la stesse trattando come una della famiglia… ma quanto
sarebbe durato?
Di
certo, finché non
avrebbero scoperto la verità… e la cosa che
più temeva era che lo si scoprisse…