Ok.
Sono stressante? Può essere, ma dovete perdonarmi, mi è partita questa ossessione per Doflamingo
e Trafalgar. Non riesco a farne a meno. Questa OS doveva essere un qualcosa di
molto spinto, ma quando ho iniziato a scrivere, è diventata tutt’altro, anzi.
Come nella precedente, c’è la presenza di uno shonen-ai
proprio accennato – che potrebbe anche non esserci, sta un po’ ad
interpretazione del lettore. Non so per quale motivo, ma mi escono queste cose
un po’ sul triste andante quando penso a questi due. Ovvio, non li immagino
come una coppia felice, non sarebbe possibile – o forse sì? Diciamo che, però,
non era nei miei piani che uscisse questo mostro.
Ahm.
Devo davvero ringraziare il mio ragazzo, che mi ha sopportato come al solito ed
una mia carissima amica. Entrambi – siccome io volevo aggiungerci un flashback
dove insomma i due si incontravano e facevano cose più interessanti – mi han
consigliato che avrebbe stonato e, rileggendola, son d’accordo.
Dovrò
quindi inventarmi un altro contesto per qualcosa di più porn
– come piace a me.
Non
massacratemi, pls. Vi amo tutti – e detto da una
abbastanza misantropa e solitaria, vuol dire molto.
Un
abbraccio e ... Buona lettura. <3
PS.
Una mia personalissima rivisitazione della fine dell’arco di Dressrosa. (:
***
My Greatest Regret
Ci
appartenevamo,
ma
avevamo vissuto così lontani
che
adesso appartenevamo ad altri.
Abusivi,
quelli che reclamavano
le
nostre vite nella realtà erano
solo
degli occupanti abusivi.
{Chiamami Col Tuo Nome – A. Aciman
«
Uccidimi. È quello che hai sempre voluto, no? »
Trafalgar
Ridi. Stai
ridendo anche in punto di morte ed è destabilizzante. È destabilizzante perché
riesco a guardarti, lì disteso a gambe e braccia aperte sul selciato, nella
buca che la tua stessa caduta è riuscita a creare. Sembri un angelo, con quel
tuo cappotto rosa che mi ha sempre fatto ribrezzo. Sembrano come delle ali,
piume soffici, ne ricordo ancora adesso la consistenza perché, una volta, lo
avevi usato su di me come se fosse stata una coperta quando credevi che io mi
fossi addormentato dopo l’ennesimo litigio con Cora-san.
I tuoi occhiali sono rotti e son finiti a qualche metro di distanza da noi e
quindi le tue pupille strette mi stanno osservando, sfidandomi, ma coperte
comunque da un velo di stanchezza e spossatezza. Di cosa sei stanco, Dofy? Perché io son stanco di questo mondo infame. Non è
colpa tua se sei diventato la persona che mi trovo davanti. È colpa mia, che
non son riuscito, in tutti questi anni, ad aiutarti, ad allungare una mano
verso di te e dirti che sarebbe andato tutto bene perché, forse, avevi bisogno
di questo. Non dei sudditi, non di una ciurma che ti servisse come un Re, ma di
qualcuno che, nei momenti di completa solitudine, ti stesse di fianco e ti
facesse capire che il mondo non è solo la merda che hai vissuto - la merda che ho vissuto; le persone che hai incontrato - le
persone che ho incontrato.
La Marina sta
arrivando ed io ho poco tempo, il tempo che Cappellaio mi sta concedendo dopo
averti ridotto così, perché – lo vedi? – non son neanche stato in grado di
fermarti, ho avuto bisogno di lui.
Doflamingo
Scoppio
a ridere, anche se non ne ho più molta voglia. Sono qua, senza più forze
nemmeno per alzarmi. Mi sento inerme, svuotato da ogni volontà che prima mi portava a combattere. Sento il sangue ed il
sudore che mi ricoprono la pelle ed il petto, anche quello ormai scoperto dalla
camicia quasi distrutta e, sotto di me, la morbidezza delle piume rosa che mi
hanno sempre distinto dal resto del mondo, quelle piume che mi facevano
sembrare, forse, più grande di quel che, in realtà, ero e sono e mi facevano
spiccare in mezzo ad una moltitudine di marionette, le mie marionette. Ricordo
perfettamente quella sera in cui tu venisti da me, dopo l’ennesima bisboccia
con mio fratello, e ti addormentasti. Quel piccolo moccioso dai capelli
spettinati e dall’espressione corrucciata. Eri così piccolo che avevo paura
potessi congelare se non fossi stato coperto da qualcosa. Socchiudo gli occhi
perché quei raggi di sole mi danno fastidio senza il filtro degli occhiali. Non
m’interessa nemmeno più che si siano rotti, cadendo qualche metro più in là. Ti
sento respirare affannosamente. A cosa stai pensando, Trafalgar? Riporto le mie
pupille su di te, lanciandoti uno sguardo di sfida perché è quello che voglio:
non posso mostrarmi debole. Come ti ho sempre detto, se qualcuno davvero deve
uccidermi in questa vita, devi essere tu a farlo.
«
Traf, abbiamo vinto. »
Trafalgar
Sento la sua
mano sulla spalla. Mi volto e ritrovo quel volto aperto in un sorriso a
trentadue denti, volto completamente tumefatto, le gambe che gli tremano, la
fatica in quella smorfia di dolore che probabilmente sta provando in tutto il
corpo. Le sue dita, eppure, son strette nella mia carne, cercando di
trasmettermi quella miriade di emozioni e sicurezze che solamente una persona
con un carisma del genere potrebbe farmi provare. Annuisco e Rufy capisce, capisce che ho bisogno di quel poco tempo da
solo con il suo avversario ormai KO. Mi fa un semplice cenno che vale più di
mille parole, calandosi il cappello di paglia di Shanks
sugli occhi, allontanandosi con passi traballanti.
Doflamingo
Cappello di Paglia ti mette una mano sulla spalla,
stringendo le dita quasi come se si stesse aggrappando a te per ritrovare un
equilibrio su quelle gambe traballanti. Sorride, nonostante il volto tumefatto
e ti vedo, mentre ti volti a fissarlo, vedo come rilassi le spalle sotto al suo
tocco, vedo tutta la fiducia che avevi riposto nelle sue mani. Quel piccolo
moscerino che mi ha ridotto in questo stato tu lo stimi, tu sei convinto che
lui diventerà davvero il nuovo Roger e, mi costa ammetterlo, probabilmente sarà
anche migliore. Vi guardate in silenzio e lui, dopo avermi lanciato un’occhiata
sbieca e stanca, si cala il cappello sugli occhi, annuendo. Cosa vi siete detti
senza parlare? Cosa crede di aver capito, quel molliccio, di noi due?
«
Trafalgar D. Water Law, dov’è finito tutto il tuo
odio? »
Trafalgar
Ti
sento pronunciare il mio nome per intero, quella “D.” sprezzante, quasi sputata
fuori con odio perché è il motivo per cui hai perso tutto. Riporto lo sguardo
su di te, trovandomi a fissare ancora una volta i tuoi occhi, così simili a
quelli di Cora-san. Mi aveva detto di non confessarti
il mio nome, ma c’è stato un periodo, Dofy, dove io
pensavo che insieme, avremmo potuto davvero fare grandi cose. Se solo fossimo
stati meno egoisti. Se solo il mondo fosse stato più magnanimo con noi. Se
solo...
Doflamingo
Mi costa fatica anche solo pronunciare quelle semplici
parole, cercando di marchiarle il più possibile con lo sdegno che provo,
cercando di sfogare quanto io sia incazzato per aver perso tutto – ancora una
volta. Ti volti nuovamente e torni a fissare me e non riesco a leggere cosa ti
passa in quelle iridi che poche volte mi hanno mostrato cosa provavi davvero.
Cos’è quella che vedo? Pietà? Compassione?
«
Non guardarmi così, moccioso. Preferisco essere odiato che compatito. »
Doflamingo
Ringhio con rabbia, frustrazione, ma un attacco di tosse mi
invade il petto. Riesco a riprendermi quasi subito e il tutto si trasforma in
una risata che, tuttavia, quando fuoriesce dalla mia gola, assomiglia più ad un
gemito. Fratellino, hai visto? Neanche il nostro piccolo Trafalgar riesce a
premere quel grilletto e porre fine a tutto questo inseguirsi, proprio come non
ce l’hai fatta tu. Siete fatti entrambi della stessa pasta, forse è proprio per
questo che lui si era affezionato così tanto a te e non a me. Forse è proprio
per questo che vi amo così tanto. Socchiudo gli occhi per qualche secondo e la
decisione di voler scegliere io stesso il mio destino è come se mi invadesse
pericolosamente: non voglio marcire ad Impel Down per
il resto dei miei giorni. Inspiro, percepisco l’aria di quel pomeriggio caldo
che mi entra nelle narici per poi scendere in gola, la sento che mi solletica
il palato e prosegue fino ad arrivare nei polmoni, riempiendoli. Alzo il dito
medio della mano sinistra, un semplice gesto, ed ecco che mi lego a te,
Trafalgar. Mi sento così bene quando intrappolo qualcuno nella mia rete e ora
mi sento parte di te, come non lo ero da tempo. Come non sono mai stato quanto
avrei voluto. Ci guardiamo, occhi negli occhi, mentre quella piccola arma con
la quale ho tolto la vita alle persone che ritenevo le più importanti per me,
mi fissa minacciosa. Scuoti il capo, quasi come se mi stessi pregando e vedo le
lacrime marchiare il tuo viso. Dio, forse è questa la risposta che ho sempre
cercato in questo mondo di merda, ma ormai è troppo tardi. Sorrido ed il
rimbombo si espande in quella piccola area. Un fastidio, quasi come un prurito,
mi invade il petto, il sangue che, caldo, fuoriesce da me. Trafalgar, mio
piccolo Trafalgar, sono sempre stato così egoista da non capirti. Ho perso
tutto molto prima della sconfitta contro Cappello di Paglia.
Trafalgar
Ringhi
come un cane abbandonato e rabbioso. Troppo perso nella mia stanchezza e nei
miei pensieri non noto subito che muovi quasi dolcemente il dito medio della
mano sinistra e improvvisamente percepisco un filo legarsi indissolubilmente a
me, il mio braccio sembra esser diventato senza vita. Potrei fermarti, ma non
ne ho il coraggio. Potrei dirti che non è quello che voglio, ma non ne ho il
coraggio. Non ho mai avuto il coraggio di dirti quello che ho sempre voluto. Sento
il calore delle mie lacrime che – quando hanno iniziato? – scendono sulle mie
guance. Tu sorridi. Non posso odiarti perché quell’odio non mi avrebbe mai
portato da nessuna parte se non in quello stesso luogo oscuro dal quale avrei
dovuto aiutarti ad uscire. E premi tu, al posto mio, il grilletto della stessa
pistola che ha tolto la vita a tuo padre e a tuo fratello perché era quello lo
scopo di quell’arma, uccidere coloro che ti hanno tradito: tuo padre, tuo
fratello e, come ultimo, te stesso. Un grido muto è come se mi si fermasse in
gola, come un groppo. Non riesco a respirare, mi sembra che tutto il mondo si
sia fermato in quel gesto. Nessuno ci assolverà dalle nostre colpe. Il mio
braccio ricade lungo il mio fianco nel momento in cui esali l’ultimo respiro e
i tuoi occhi sono ben aperti ad osservare il cielo e io cado in ginocchio, il
capo che mi ciondola in avanti mentre con le mani mi stringo il viso
stropicciato e le mie spalle sono scosse in singhiozzi silenziosi perché questo
mio dolore è sordo e sempre lo sarà. Vi ho persi entrambi.
«
Porterò i tuoi saluti a Rosinante, moccioso. »
Perdonami, Cora-san.
***
Non è stata semplice la scelta di impaginazione perché la
mia idea era mostrare gli stessi momenti sia dal punto di vista di Trafalgar
che da quello di Doflamingo. Non sono un’amante della
prima persona, ma in questo caso penso rendesse meglio l’idea. Sperando di
poterci ritrovare molto presto in una OS a raiting
rosso, vi ringrazio per esser giunti fin qua.
Eli