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Autore: lapacechenonho    19/11/2020    2 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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10- 026: Things you said while holding my hand (Le cose che hai detto tenendomi per mano).
 
Ginny non sapeva per quanto tempo lei ed Harry erano rimasti appiccicati bocca su bocca, nella Sala Comune Grifondoro, davanti a tutti. Davanti a Ron. Davanti a Dean.
Sapeva solo che adesso, come se fossero stati teletrasportati, erano nei giardini di Hogwarts che camminavano mano nella mano. A pensarci bene, non si erano mai separati da quando avevano lasciato la Sala Comune. Le sembrava un sogno, non credeva possibile che quello che aveva sognato fin da quando aveva dieci anni si stava avverando. Aveva un sorriso da orecchio a orecchio, ma non riusciva a vedere il volto di Harry che invece procedeva spedito oltrepassando la gente che si girava incuriosita. Si fermarono all’ombra di un albero, trovando ristoro dal caldo di maggio.
«Scusami, non dovevo agire in quel modo…» iniziò lui. Ginny per la prima volta dopo il bacio lo guardò negli occhi. Ultimamente li aveva visti spesso in tempesta ma adesso erano calmi. Sembrava che avessero trovato finalmente la pace.
«Non mi devi chiedere scusa» chiarì. «A me è piaciuto» specificò facendo sorridere Harry che si perse a guardare il Lago Nero che avevano di fronte. Rimase in silenzio, seduto all’ombra, senza lasciarle la mano. «Posso farti una domanda?» chiese cauta. Harry annuì. «Da quanto tempo volevi farlo?»
«Oh» disse. «Credo dall’inizio di quest’anno».
«Credi?» chiese alzando un sopracciglio.
«Be’ è stato difficile, all’inizio credevo di provare per te dei sentimenti fraterni» spiegò Harry girandosi verso di lei.
«Capisco» rispose sorridendo.
Rimasero ancora un po’ in silenzio semplicemente godendo l’uno della presenza dell’altro. Non badavano alla gente che li guardava come fossero animali da circo o del mondo circostante, c’erano solo loro e i loro baci che si scambiavano a momenti. E per Ginny quei baci valevano il doppio perché li aveva attesi, li aveva desiderati, alcune volte era quasi stata sul punto di piangere per quei baci che in quel momento non le erano concessi. Eppure adesso era lì, tra le braccia di Harry, con le sue labbra su di sé.
«Quindi Hermione aveva ragione» osservò quando dovettero staccarsi – a malincuore – per riprendere ossigeno.
«Su cosa?» si accigliò Harry.
«Be’ diceva che ogni tanto ti perdevi a guardarmi, ma io le rispondevo sempre di non prendermi in giro» ammise ridendo. «L’unica volta che era vero e io non c’ho creduto» disse più a sé stessa che ad Harry. Lui, in risposta la strinse dolcemente.
«Avevi tutto il diritto di non crederle» concesse.
Ginny era troppo felice per pensare a quello che aveva dovuto passare per raggiungere quel momento. Non le era passato per la testa come potesse stare Dean o cosa potesse pensare suo fratello o cosa sarebbe successo una volta tornati al Dormitorio. Voleva godersi quel momento di serenità. Lo strinse impercettibilmente più forte ispirandone a pieni polmoni l’odore e poi baciandolo. Ginny scoprì che baciare Harry era molto più bello che baciare Michael o Dean. Baciare Harry era come toccare la felicità con mano.
«Ti ho baciato davanti al tuo ex!» rifletté il ragazzo in una pausa tra un bacio e l’altro. Quelle parole riportarono Ginny alla realtà: non si sentiva più sopra una nuvola come fino a poco prima, era ritornata con i piedi per terra e c’erano delle conseguenze da affrontare.
«E anche davanti a mio fratello» gli ricordò, suo malgrado.
«Non credo che per Ron sia un problema che tu stia con me, a patto che non ci baciamo davanti a lui» specificò.
«Ron è così ottuso!» si innervosì.
«Stai calma. Troveremo il modo di farcela…» la tranquillizzò, ma la realtà era scesa in maniera prepotente nel cuore di Ginny e c’era solo una domanda che le ronzava. Quanto sarebbe durata quella felicità? Quanto avrebbe impiegato la guerra ad arrivare e allontanarli? Ginny lo sentiva nelle ossa che tra loro non sarebbe durata tanto, sentiva che ci sarebbe stata sempre una ragione più grande di quello che Harry provava per lei.
«Lo so a cosa stai pensando» esordì Harry rompendo il silenzio che si era creato.
«Ah sì?» lo sfidò lei tornando al solito tono allegro di sempre.
«Ti stai chiedendo quanto durerà. Me lo sono chiesto anche io» ammise. «E la verità è che non lo so. Voldemort potrebbe anche arrivare adesso e ucciderci tutti, per quello che posso sapere. Ma ti prometto che qualsiasi cosa accada, non fornirò mai a Ron un motivo per spezzarmi l’osso del collo».
Ginny sorrise a quelle parole, non era una promessa chissà quanto romantica, ma era l’unica cosa che potevano fare. Appoggiò la testa sulla spalla di Harry trovandola estremamente comoda, fermandosi a fissare il Lago insieme a lui. Forse, pensò, l’amore non era altro che guardare nella stessa direzione insieme.
 
«Motivi per spezzarti il collo a Ron gliene hai forniti, però» osservò Ginny mentre prendeva un boccone del suo minestrone.
«Che ci vuoi fare, noi Potter tentiamo di stare fuori dai guai…»
«…ma poi sono loro che vengono a cercare voi. Lascia stare, conosco già la battuta» tagliò corto la moglie. Harry rise di gusto addentando un pezzo di pane.
Si perse a guardare la donna della sua vita, era strano che fosse passato così tanto tempo e ancora ricordasse chiaramente cosa si erano promessi dopo il primo bacio, eppure era quasi un processo naturale. Qualcuno di più grande di loro aveva deciso che doveva essere così e loro avevano accettato passivamente, ben contenti di quello che il futuro aveva offerto. Accarezzò il suo volto rugoso, un po’ più magro rispetto a quello che accarezzava quando erano giovani. Lo accarezzò come se dovesse memorizzarne ogni singolo centimetro, tracciò il confine degli occhi castani che l’avevano fatto innamorare, il naso piccolo ed elegante, ritornò su, sulle sopracciglia, per poi scendere alle labbra, tracciarne il margine col polpastrello e infine baciarle. Harry sapeva che quelle carezze erano in grado di rilassare Ginny, di farla sentire più leggera, di farla sentire amata.
«Ti ricordi cosa è successo dopo poco tempo?» chiese retorica, tenendo gli occhi chiusi.
«Intendi uno degli errori più grandi della mia vita?» Ginny sorrise leggermente compiaciuta.
«Proprio quello».
«Anche stavolta mi piacerebbe sapere cosa hai fatto dopo che io ti ho lasciato al funerale di Silente».
Ginny aprì gli occhi e appoggiò gli avanbracci al tavolo sporgendosi verso di lui. Il ricordo della profonda tristezza di quell’estate era ancora vivido in lei, buttò i pochi capelli a caschetto all’indietro e cominciò quel suo ennesimo racconto.
   
 
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