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Autore: AleeraRedwoods    21/11/2020    2 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Occhio per occhio-




    Sillen sentì qualcosa di umido sfiorarle la fronte e aggrottò le sopracciglia. Qualsiasi cosa l’avesse svegliata dal suo sonno, non era la benvenuta: si sentiva come se un’intera montagna le fosse crollata addosso, frantumandole tutte le ossa. Il bisogno di riposare era tale che di certo non avrebbe mosso un dito per almeno un secolo.
    Sbatté le palpebre velocemente, tentando di mettere a fuoco ciò che aveva davanti e subito la sensazione di umido si dissolse.
    Le girava la testa, tanto da non riuscire a coordinare le estremità del suo corpo. Con non poca fatica, la stella lasciò vagare lo sguardo ottenebrato e riconobbe la sua stanza, immersa in una penombra morbida e accogliente.
    Il letto era caldo e decine di coperte la avvolgevano piacevolmente, alleviando il dolore sordo che le percorreva le membra. Sulla specchiera, un paio di candele erano state evidentemente accese da poco, poiché la cera non aveva ancora avuto il tempo di gocciolare lungo la loro forma affusolata.
    Lentamente, Sillen si portò una mano al viso, sfregandosi gli occhi affaticati. Subito, la stessa mano ricadde a peso morto sul materasso e la stella ansimò, sfiancata da quel semplice gesto.
    Nonostante le numerose coperte, sentiva piuttosto freddo e il suo intero corpo era gelido come la neve.
    Sospirò profondamente, ricordando i suoi ultimi momenti di coscienza: Elessar stava bene, questo era l’importante. Lei poteva di certo sopportare, anzi, era il minimo che potesse fare dopo ciò che aveva causato.
    Non ebbe il cuore di guardare oltre la finestra, dove i suoi occhi stanchi, invece dello svettare fiero della Torre di Ecthelion, avrebbero incontrato solo il cielo stellato. Chiuse i pugni debolmente, ricacciando indietro le lacrime: sarebbe stato quello il prezzo da pagare per riportare la pace nella Terra di Mezzo?
    Poteva il suo destino condurla su un sentiero ancora più tortuoso? Più doloroso?
    Si accorse di non essere sola soltanto quando, con la coda dell’occhio, notò del movimento alla sua sinistra. Un movimento quasi impercettibile, tuttavia Sillen era sicura che ci fosse qualcuno in piedi accanto al letto, ne percepiva chiaramente la presenza. Chiunque fosse, possedeva un’energia potente, che invadeva la stanza come un piccolo incendio. La stella si stupì di non averla avvertita prima. Forse era davvero troppo stanca.
    Per quanto tentasse però, Sillen non riusciva proprio a voltare la testa in quella direzione e si arrese sui cuscini, stringendo le labbra in un’espressione di disappunto.
    Deglutì, sforzandosi di parlare: -Chi c’è?- La voce, invece che perentoria come sperava, le uscì arrochita e debole, a metà tra il lamento e il rantolio di un moribondo. Tossicchiò, stringendo gli occhi che ricominciavano a lacrimare per il dolore. La gola le bruciava da impazzire, come se qualcuno vi avesse spinto un ferro incandescente a forza.
    La presenza alla sua sinistra si mosse di nuovo, questa volta avvicinandosi leggermente: -Non parlare, il veleno ti ha lesionato la gola in profondità.- All’istante, Sillen sentì i battiti del proprio cuore accelerare violentemente e lo stomaco si serrò in una morsa terribilmente familiare.
    Quella voce.
    Il respiro si fece improvvisamente affannoso.
    Conosceva bene quella voce, troppo bene: -Thranduil?-Bisbigliò, senza fiato. L’elfo apparve finalmente nel campo della sua visuale, facendola sussultare vistosamente.
    Sillen fu subito sopraffatta dalla sua presenza fisica e psichica, più imponente di quanto ricordasse, e si sentì minuscola in quel grande letto sfatto.
    I sottili capelli d’argento del Re degli Elfi, liberi da ogni orpello, le piovvero attorno come una cascata di metallo liquido mentre lui si chinava su di lei.
    Sillen tossì ancora, tentando di sollevare la mano per toccarlo, ma l’elfo, immediatamente, le trattenne il polso tra le dita, tenendolo incollato al materasso in un gesto gratuitamente rude.
La sua pelle pareva incandescente in contrasto con quella fredda di lei: -Stai ferma.- Ordinò, con un tono che non ammetteva repliche. -Thranduil?- Ripeté lei, come ad accertarsi che lui fosse davvero lì. Quello le portò l’altra mano alla fronte, premendovi un panno bagnato: -No.- Rispose, monocorde.
    Sillen ignorò i suoi modi e tenne gli occhi ancora appannati dal sonno fissi sul viso dell’elfo, incredula. Studiò avidamente i suoi lineamenti affilati, il bagliore freddo dei suoi occhi di ghiaccio, la linea severa delle sue sopracciglia, le curve virili ma delicate delle sue labbra. -Sto sognando vero?-
    L’altro si alzò, impassibile, lasciandole velocemente il polso e tornando a bagnare la pezza: -Sì, è un sogno.- La stella ascoltò il suono dell’acqua nel catino, immaginando le mani dell’elfo come se le avesse dinanzi agli occhi. -Sapevo che non poteva essere reale. Galion ha detto che anche tu stavi marciando sul campo di battaglia. E forse sei davvero qui a Gondor… Ma di certo non saresti mai venuto da me.- Una lacrima le scappò dalle ciglia, scivolando verso il cuscino candido.
    -Esattamente.- Confermò Thranduil, immergendo la pezza nel catino con uno scatto nervoso.
    Sillen chiuse gli occhi, ferita. -Però sono stanca di sognarti ogni volta che riesco ad addormentarmi.- Si lamentò, arrabbiata più con sé stessa che con lui: -Riesci ad essere… irragionevole e scortese persino nei miei sogni.-
    Il rumore dell’acqua mossa nel catino si arrestò e, dopo pochi attimi, la voce di Thranduil le arrivò alle orecchie, carica di tagliente sarcasmo: -Irragionevole? Io sarei irragionevole? Ti sei vista, Stella dei Valar?- Anche senza guardarlo, Sillen sapeva che la stava fissando con quella solita espressione di sufficienza stampata sul viso affilato.
    -Fatti un esame di coscienza se non ti sembra vero, Heru en amin (mio signore, formale).- Lo riprese lei, nonostante ogni parola pronunciata le facesse dolere la gola oltre il sopportabile.
L’elfo si piegò nuovamente sulla stella, il viso ancora più freddo e contratto di prima: -Dînna (sta’zitta). Ho detto che non devi parlare.- Sillen si zittì controvoglia, decisa comunque a non staccare gli occhi da quel bellissimo viso per nulla al mondo.
    Ogni volta che l’elfo si avvicinava in quel modo, il suo cuore impazziva come a volerle sbriciolare il petto.
    Era certa che anche lui lo sentisse.
    Inoltre, in quegli attimi, il calore che il corpo dell’elfo emanava pareva sciogliere un po’ il ghiaccio che la stella sentiva addosso, liberandola momentaneamente da quell’innaturale rigidità.
    Nonostante tutto, Sillen arrossì, inspirando il profumo di sole e rugiada che Thranduil portava con sé e si rilassò gradualmente, lasciando che l’acqua tiepida le donasse un po’ di sollievo.
    In quel sogno, l’irritante elfo era insolitamente disadorno: mai Sillen lo aveva immaginato senza la sua corona, senza i suoi anelli, senza i suoi abiti riccamente decorati. Eppure, adesso lui si presentava con un anonimo camice bianco e un mantello bruno come la terra appena smossa.
    -Perché mi fissi così?- Chiese Thranduil, incrociando casualmente lo sguardo violetto della stella.
    -Perché è un sogno strano…- Sussurrò lei, senza imbarazzo.
    -Ma sei bello. Sei sempre bello.- Ammise. Alla fine era un sogno, pensò: quanto poteva importare ciò che diceva o non diceva?
    Thranduil scosse la testa, tornando a tamponarle i polsi e gli avambracci: -Questo me l’hai già detto. Poco originale. Commentò, riferendosi al loro primo incontro.
    Le sue mani, intanto, erano insolitamente delicate.
    Tutto di lui era oltremodo insolito, in quell’assurdo e meraviglioso sogno, si rallegrò lei. Le era mancato in un modo che non era in grado di esprimere a parole.
    Sorrise appena, addolcendo lo sguardo: -Senti Thranduil…- Con le dita fredde riuscì a stringere un lembo della manica candida dell’elfo, tirandolo debolmente. Lui non sembrò darvi peso, limitandosi a continuare quell’operazione: -Mhm.-
    -Perché nei sogni mi aiuti sempre?- Tossicchiò lei. Le parve di vedere una strana ombra passare sul viso del Re degli Elfi, come un brutto ricordo tornato a punzecchiargli la memoria. Poi lui inclinò appena la testa, scostandole i capelli dal collo per sistemare lo stretto bendaggio: -Non lo so. Forse perché il Thranduil nei tuoi sogni è un povero idiota, per nulla in grado di tenere a mente chi è. E che cosa ha promesso di farti, una volta ritrovata.- Le confessò, a denti stretti.
    Sillen deglutì a fatica, sia per il dolore sia per le dure parole dell’elfo argenteo. Quella frase non le suonava nuova, dopotutto: già in un precedente sogno, Thranduil aveva sottolineato che ben presto le avrebbe fatto pagare lo scotto delle sue azioni.
    Tuttavia quello era il suo dannatissimo sogno e lei non aveva intenzione di fargli prendere la piega dell’incubo proprio adesso.
La vista si stava lentamente schiarendo e Sillen poté finalmente distinguere più dettagli del suo onirico visitatore. Nonostante l’abbigliamento spartano, Thranduil non aveva rinunciato a una bella spilla argentata, tempestata di smeraldi scintillanti. Il solo scorgere quel piccolo seppur pomposo dettaglio, donò nuovamente allegria alla stella. -Thranduil?-
    -Cosa?- Sospirò lui, chiaramente infastidito: -Guarda che ti ho già detto di stare zitta. Se poi le ferite peggiorano, saranno problemi tuoi.- Chiarì, anche se dal suo tono non traspariva alcuna reale preoccupazione in merito. Sillen non se ne curò, perseguendo i suoi buoni propositi: -Scusami, hai ragione. Sono ridotta male, eh? Mi trovi brutta adesso?- Chiese, scrutando divertita la sua reazione. Thranduil, per tutta risposta, si fermò all’istante, la pezza bagnata a mezz’aria.
    No, lui non era affatto divertito.
    L’atmosfera nella stanza si caricò immediatamente di un’elettricità pulsante, tanto potente da dilatare i secondi.
    Sillen vide gli occhi adamantini di lui correrle sul viso, socchiudendosi leggermente. Erano diventati improvvisamente più liquidi, caldi e la stella ricordò con fin troppa chiarezza quegli attimi brucianti vissuti nella Sala delle Udienze, nel Reame Boscoso. Proprio come allora, Sillen non riuscì più a respirare, tanto era intenso lo sguardo del Re elfico.
    Si sentì avvampare, dandosi della stupida per aver fatto una domanda tanto sciocca e infantile proprio a lui.
    Aspettò che accadesse qualcosa, che lui le inveisse contro, magari. Invece, dopo qualche secondo, Thranduil le staccò delicatamente le dita dalla propria camicia, chiuse gli occhi e respirò a fondo, la fronte impercettibilmente contratta.
    Quando li riaprì, il suo sguardo era tornato freddo e distante.
    -Sì, sei decisamente ridotta male.- Le fece, con voce bassa e incolore. -Se stessi zitta sarebbe meglio. Quest’acqua contiene un’antica medicina del mio popolo, molto potente. Le ferite sono già migliorate rispetto alle scorse notti.- Commentò poi, parlando più tra sé e sé, per distogliere la propria attenzione dalla stella.
    -Dovresti solo ringraziarmi. Se avessi lasciato fare a quegli incapaci dei tuoi- Sussultò e si zittì immediatamente, conscio di ciò che aveva appena fatto. Si voltò di scatto verso la stella, lo sguardo colpevole. Sillen, infatti, aveva cominciato a boccheggiare, incredula e agitata: -V-vuol dire che tu sei qui, che sei davvero qui. Eri qui anche ieri notte e-
    Tentò di sollevarsi dal letto ma Thranduil tornò su di lei, tenendola ferma sul materasso facendo pressione sui suoi polsi doloranti: -No, ferma. Ho detto che è un sogno.-
    Le ricordò a denti stretti, cercando di rimediare al proprio errore. -Stai mentendo!- Esclamò lei, fuori di sé dalla gioia.
    L’altro serrò i pugni, facendole quasi male: -Basta, smettila! Non voglio aiutarti, non lo meriti.- Le sibilò a pochi centimetri dal viso.
    Lei rimase a fissarlo con gli occhi sgranati, oltremodo confusa da quelle parole velenose: -C-cosa?-
    Il Sindar contrasse la mascella, senza nemmeno accorgersi di aver rovesciato la bacinella d’acqua dietro di sé. -Pensi che io sia qui perché colto dall’altruistica voglia di curare le tue ferite?- Le domandò, tagliente. -Sono venuto fino a qui solo per ricordarti che con me non puoi fare ciò che vuoi senza aspettarti delle conseguenze.-­­­­
    -Conseguenze?- Ripeté lei, cominciando, suo malgrado, a capire. L’altro non diede segno di volersi calmare: -Dannazione, chi credi che io sia? È vero, sei riuscita a scappare dal mio Reame, ma non per questo ti lascerò andare come se niente fosse.-
    Lei sgranò ancora di più gli occhi viola, intuendo finalmente cosa quelle parole volessero dire realmente. La sua bocca si piegò in una smorfia oltraggiata: –Oh ma tu mi hai lasciata andare, Thranduil. Non è per me che ti sei disturbato ad abbandonare il tuo prezioso Trono, non è così? Sei qui perché non accetti che sia io a guidare questa gente, non mi ritieni all’altezza! Che cosa vorresti fare, adesso? Rivendicarmi come tua prigioniera?-
    Lui strinse gli occhi a due fessure, i denti serrati dolorosamente: -Rivendicare? Io non ho mai rinunciato al mio possesso su di te, per quanto tu sia stata tanto impudente da cercare di usarmi. Io ti ho trovata, in quella radura, non darti tante arie!-
    Sillen cercò di sottrarsi a quella presa ferrea, nonostante il dolore che provava in tutto il corpo le mozzasse il fiato. Tanto, era troppo furiosa per darvi peso: -Usarti!? È questo che credi?-
    Lui s’incupì ancora di più, se possibile: -Te ne sei andata non appena hai capito che non saresti riuscita a usarmi, questa è la verità. E non mentire più, non ne hai bisogno.- La voce dell’elfo era carica d’odio, un odio velenoso: -Volevi il mio esercito? Ebbene, lo hai ottenuto. Ma a me cosa spetta adesso?- Il suo sguardo vagò sul viso della stella, implacabile: -Sono stanco di rimpiangere le mie azioni. Questa volta non ho intenzione di lasciare che le cose sfuggano dal mio controllo!-
    Lei quasi non riusciva a respirare: percepiva la sua rabbia, forse riusciva anche a comprendere il suo cuore ferito. Ma come poteva Thranduil anche solo imputarle delle azioni così meschine? Sentì tutto il suo corpo fremere e un profondo senso di nausea invaderla. -So che in passato ho fatto qualcosa che ti ha ferito e ti chiedo scusa. Ma non ti permetterò di parlare in questo modo di me, la Stella dei Valar.-
    Thranduil, in un battito di ciglia, chinò la testa, piegandosi verso di lei. La stella, nonostante non lo temesse ormai da tempo, tremò a quel gesto improvviso: ma il Sindar, semplicemente, stava affondando il viso nei suoi capelli, fino a posare la fronte sulla sua spalla dorata.
    Non accennò a muoversi per diversi secondi e Sillen, tesa come una corda di violino, a malapena riuscì a tornare a respirare.
    Poi, il Re degli Elfi rise, una risata profonda e incolore che le fece vibrare il petto: -Tu chiedi scusa? Mi hai deliberatamente riempito la testa con le tue belle parole, con la tua presenza... No, non bastano le tue scuse. Non le voglio. Non dopo che hai ottenuto ciò che volevi, riducendomi a… questo.- Sputò l’ultima parola a denti stretti, alludendo a sé stesso.
    Sillen soffocò un singhiozzo, tentando di allontanarsi: -Bene, se le cose stanno così, non mi opporrò. Prenditi i tuoi meriti e vattene, Re degli Elfi. A guerra conclusa tornerò nel tuo Regno e potrai sbattermi nelle caverne per l’eternità, non m’importa! Ma ora devo adempiere il mio destino e non sarai di certo tu a fermarmi. Tornartene nel tuo dannato Palazzo, non avvicinarti mai più a me! Kéla! (vattene)- Soffiò, con le lacrime agli occhi.
    Thranduil, suo malgrado, rimase spiazzato dalla reazione così realistica e intensa della stella ma non si fece intenerire.
    Molte volte aveva ceduto sotto quello sguardo, adesso sapeva come combatterlo e bramava la sua vendetta ora più che mai.
    -Non ti renderò le cose così facili, Sillen. Ora sono qui e voglio tutta la mia parte. Pensi che m’interessi il tuo “valoroso destino”, forse? Credimi, nemmeno gli déi riuscirebbero a strapparti al mio volere.- Ringhiò, stanco di essere contrastato da tanto inutile orgoglio. -La vittoria non è tua, è mia. I meriti di questa battaglia sono miei, tanto quanto lo sei tu, non esiste discussione in merito. D’ora in avanti, deciderò io cosa farai o non farai, così come sarebbe dovuto essere dal principio. La storia ricorderà che fu il Re degli Elfi a guidare il più grande esercito della Terra di Mezzo. Poiché sarà lui a vincere questa guerra e a lui sarà consegnata ogni ricchezza conquistata!-
    Lei si divincolò, ignorando il dolore lancinante che il suo corpo stava soffrendo. Non voleva più ascoltare. 
    Maledetto egoista, quel dannato elfo non era altro che questo.
    -Ho detto vattene!- Gridò.
    Thanduil le tappò la bocca con una mano e tornò a fissarla negli occhi, l’espressione tesa, decisa, arrabbiata e al contempo stanca, allucinata. La immobilizzò facilmente, ignorando le sue proteste. -Perché ti agiti tanto?- Le strinse la spalla destra con le dita, scostando leggermente la stoffa della veste.
    -Lo hai detto tu stessa… Questo è solo un sogno.-
    Le fece notare, prima di premere forte un punto della stessa spalla, con letale precisione.
    Sillen sussultò per il pizzicotto e cercò di urlare, prima di sentire le forze abbandonarla inesorabilmente, intrappolandola nel buio.
 

 
**

    Elessar si passò una mano sul viso, sospirando. Il sole stava sorgendo e i suoi raggi caldi penetravano dalla finestra di pietra della camera, tingendo il marmo di tenui lingue dorate. Luglio era alle porte e stava portando con sé il caldo umido e soffocante delle placide estati dell’Ovest.
    Per l’ennesima volta però, il Re si ritrovò a sistemare con cura le pesanti coperte del grande letto dove Sillen giaceva da ormai cinque notti. Nonostante le alte temperature, il corpo della stella era freddo, impossibile da scaldare. Inoltre, dopo aver perso i sensi sulle mura, Sillen non aveva più aperto gli occhi, né aveva accennato un movimento. L’apprensione aveva avvolto gli alleati che, con grande fatica, si erano duramente impegnati per estinguere il tremendo incendio appiccato durante la battaglia.
    Elessar fissò nuovamente il viso dorato della giovane, ancora deturpato da grandi ematomi violacei. -Sillen…?- Sussurrò, come aveva fatto decine di volte da quando l’aveva portata lì.
    E come ogni volta, non ricevette alcuna risposta.
    Glorfindel lo raggiunse in quel momento, appoggiandosi pigramente allo stipite della porta della stanza: -Credo dovresti andare a riposare, mellonamin (amico mio).-
    Elessar scosse la testa, sollevando appena le spalle della stella per sistemarle meglio i cuscini: -Vorrei essere qui, al suo risveglio.- Dichiarò, trasparente.
    L’elfo dorato rise e si avvicinò al letto, facendo ondeggiare i lunghi capelli sulla camicia bianchissima: -Se non si è svegliata in tutto questo tempo, di certo potrà anche aspettare che tu ti faccia una bella dormita.- Commentò, cercando di smorzare la tensione. -Sono ore che non mangi niente. Vai, resto io con lei.- Lo incoraggiò, stringendogli brevemente la spalla.
    Elessar ricambiò il suo sguardo, accennando un sorriso. Istintivamente, portò una mano alla Gemma di Eärendil, di nuovo appuntata sulla sua camicia scura: -D’accordo. Grazie Glorfindel.-
    L’altro prese il suo posto, sedendosi sul bordo del grande letto. Osservò il Re allontanarsi con passo pesante: continuava a vederla, l’energia di Sillen; permeava il corpo di Elessar come un’aura benevola, nonostante né lui, né nessun altro ne fosse conscio. Il problema era che, adesso, Glorfindel non percepiva più quest’ultima attorno alla stessa stella e la cosa lo atterriva.
    -Che cosa hai combinato, avventata ragazzina…- Le fece, quando il Re fu lontano. Frugò nelle tasche delle brache di pelle, tirando poi fuori i pochi frammenti del Palantir che erano riusciti a recuperare. Erano cinque, in totale.
    -Senza di te non riesco a distruggere questi frammenti, sai? Farai meglio a svegliarti in fretta. Sperando che le cose non siano come sembrano…- Spostò lo sguardo sulla stella, accorgendosi solo in quel momento di quanto l’avessero sepolta sotto le coperte.
    Alzò gli occhi al cielo e si tirò nuovamente in piedi, afferrando le lenzuola per i lembi candidi. -Me ne vado un attimo e guarda come ti tratta il Re degli Uomini.-
    Tirò via la maggior parte dei pesanti strati, accatastandoli ai piedi del letto, poi osservò il risultato con le mani sui fianchi: un lenzuolo solo bastava e avanzava, non era certo il freddo, il vero problema di Sillen.
    Con un sospiro, cercò le sue mani, stringendole leggermente tra le proprie. Subito, l’energia del Vanyar scivolò dal suo petto per correre lungo le sue braccia, poi nelle dita.
    Quando infine essa incontrò la pelle della stella, l’elfo rabbrividì: Sillen era così… vuota. Le donò quanta più energia possibile, come ogni giorno, fiducioso.
    E a dire il vero, la stella stava migliorando velocemente.
    Troppo velocemente, anzi.
    Glorfindel non si spiegava come fosse possibile.
    Certo, si erano prodigati nelle cure con tutte le loro forze, lui stesso le aveva donato molta energia, ma la velocità con cui le sue ferite s’erano rimarginate superava di gran lunga il loro impegno. Superava addirittura la stessa, miracolosa capacità rigenerativa della stella.
    Sospirò, osservando quelle piccole mani dorate tra le sue. All’istante, aggrottò le sopracciglia, cogliendo un odore insolito provenire da esse. Non ci aveva fatto caso ma, avvicinando le mani della stella al viso, la presenza di quella fragranza era più evidente. In modo forse un po’ ridicolo, le annusò i polsi: -Dove ho già sentito questo profumo…?-
    Proprio in quel momento però, Sillen spalancò gli occhi, spaventandolo a morte.
    -Thranduil!- Gridò lei, tirandosi a sedere. I capelli le piovvero attorno alle spalle, scomposti, mentre realizzava dove si trovasse. Si voltò di scatto e incontrò lo sguardo sconcertato di Glorfindel, seduto su una sedia, affianco al letto.
    -Glorfindel…- Sussurrò lei, scostandosi i capelli dal viso.
    L’altro si riscosse, sospirando per riprendersi dallo spavento appena subito. Le sorrise brevemente, avvicinandosi.
    -Finalmente ti sei svegliata.-
    Non fece domande in merito al nome che lei aveva appena evocato e si premurò di controllare le sue ferite: -Come ti senti? Riesci a muoverti?- La stella mosse le articolazioni, controllando il loro stato: stava insolitamente bene. Il dolore era costante ma sopportabile e la gola era solo un po’ secca.
    -Credo… credo di sì.- Rispose, tastandosi il costato.
    L’elfo dorato la aiutò a sedere dritta: -Le ferite fisiche sono guarite quasi del tutto. Per il resto… Beh, speravo me lo dicessi tu.- La stella lo fissò con espressione tirata e lui ricambiò lo sguardo, aspettando che dicesse qualcosa.
    Guardando dentro di sé, Sillen percepì una profonda, innaturale quiete. Si concentrò meglio, tentando di visualizzare la propria energia, senza sortire alcun risultato.
    Scosse la testa: -Sto bene, credo di essere ancora un po’ stanca. Quanto ho dormito?-
    -Quattro giorni e cinque notti.- La informò l’elfo, serenamente.
    L’altra, con un cipiglio confuso, tornò a riflettersi nei suoi occhi dorati: -Chi… Chi è venuto qua, in questi giorni?- Chiese, a bruciapelo. Se l’elfo sapeva qualcosa, di sicuro non avrebbe resistito a prenderla in giro.
    Invece, Glorfindel piegò le labbra in un lieve sorriso, per nulla ironico: -Tutti quanti, Sillen. Elessar è stato qui praticamente sempre, sai? Poi sono venuti Legolas, Thorin, Gimli, persino Éomer è passato a trovarti.-
    Lei si morse il labbro inferiore e mugolò contrariata, stringendosi le ginocchia al petto: -Dunque, tutti quanti mi hanno vista in questo stato.- Concluse, senza riproporre la domanda come davvero avrebbe voluto farla. Non era sua intenzione chiedere di Thranduil, non dopo quanto era successo.
    Se Glorfindel non ne sapeva niente, pazienza.
    Dopotutto, era quasi ovvio che il Re degli Elfi l’avesse raggiunta di nascosto… sempre che l’avesse fatto davvero e la mente non le stesse solo giocando un brutto scherzo. Anzi, forse sperava fosse così, anche se in cuor suo già aveva inteso che ciò che era successo quella notte era terribilmente reale.
    -Potresti passarmi da bere, per favore?- Chiese al compagno, alzando lo sguardo. L’altro la servì, contento che lei stesse abbastanza bene da muoversi con facilità. Sillen bevve avidamente, sentendo l’acqua fresca scenderle lungo la gola dolorante. Respirò a fondo, colpita dal violento reagire del proprio stomaco: -Ho una fame tremenda.- Ammise, sorridendo mesta. Glorfindel batté le mani sulle gambe, soddisfatto: -Bene! Questo è bene! Vado subito a cercare qualcosa di sostanzioso. Vestiti, gli altri saranno felici di vederti sveglia.-
    Lei si alzò a sua volta, saggiando la resistenza delle proprie gambe. Era stabile ma ancora decisamente troppo debole per i suoi standard. Aggrottò le sopracciglia, concentrandosi ma ancora una volta non riuscì a focalizzare il proprio potere: -Che strano…- Sussurrò, sovrappensiero. Voltandosi, trovò Glorfindel ancora fermo sulla soglia, intento a osservarla con un’espressione apertamente preoccupata sul viso chiaro.
   Sillen ricambiò lo sguardo, alzando un sopracciglio con fare interrogativo: -Va tutto bene?-
    L’altro si riscosse e scrollò la testa, indossando nuovamente un sorriso rassicurante: -Oh sì. Perdonami.- E si allontanò nel corridoio spoglio, senza aggiungere altro. La stella si frizionò le braccia gelide, ancora confusa.
    Perché l’elfo la stava fissando in quel modo?
    Aveva qualcosa di strano sul viso?
    Si diresse a passi strascicati verso la specchiera, dove trovò due grandi candele bianche, quasi del tutto consumate. Le ignorò cocciutamente, tentando di non far volare i proprio pensieri verso il Re degli Elfi.
    Avrebbe avuto tempo per cercarlo e discutere con lui, era inutile crogiolarsi nel rancore.
    Il suo viso si rifletté senza pietà nello specchio e Sillen ne fu disgustata: un enorme livido violaceo le deturpava lo zigomo sinistro; la mandibola, a destra, riportava un taglio netto e arrossato, che iniziò ben presto a pruderle con insistenza; le labbra erano gonfie e secche e gli occhi, lucidi per via del lungo sonno, le parvero spenti e senza vita.
    Sospirò, sfiorando la collana in mithril.
    Dopotutto, era già fortunata ad essere ancora viva.
    Si avvicinò ancora un po’ alla superficie riflettente, osservando le iridi viola dei propri occhi. Strano.
    Li ricordava più chiari. Più… luminosi.
    Un rumore improvviso alla sua destra la fece voltare di scatto, il cuore in gola. Era rimasta sola in camera, giusto?
    Scrutò la stanza, vuota come doveva essere e deglutì.
    Un rumore tintinnante, poi, le fece abbassare lo sguardo e si trovò a reprimere un brivido quando, sul pavimento, vide rotolare verso di lei il bicchiere di vetro spesso, proprio quello che aveva usato per bere solo pochi minuti prima. Chiuse gli occhi, dandosi della stupida: forse lo aveva solo posato male, per questo era caduto.
    Si rivolse nuovamente allo specchio e, improvvisamente, lanciò un urlo agghiacciante, terrorizzata da ciò che vi trovò riflesso. D’istinto, tirò un rapido pugno contro lo specchio, che si crepò all’istante in mille schegge aguzze.
    Sillen si girò di scatto, cercando febbrilmente quella presenza nella stanza ma ancora una volta non vide niente. Scivolò a terra, ansimante, tremando come una foglia e nascondendo il viso tra le mani. -...non è reale, non è reale, non è reale...- Ripeteva, come se quel mantra potesse allontanare ciò che la sua mente si rifiutava di elaborare.
    Nello specchio, dietro di lei, aveva visto sé stessa.
    Ma non come appariva nel momento corrente: il riflesso dietro di lei indossava ancora l’armatura in mithril, ricoperta di sangue e melma nera, i capelli malamente raccolti nella coda sfatta, il viso sfregiato e sporco di cenere grigiastra.
    E gli occhi erano innaturalmente spalancati, di pura luce bianca. Quella, l’altra, l’aveva fissata come se fosse pronta ad ucciderla con un solo, crudele gesto. E lei aveva avuto paura, una paura sorda, viscerale, primordiale.
    Quando fu certa di avere ancora un barlume di controllo sulle proprie facoltà mentali, Sillen si alzò lentamente, respirando a fondo. Era solo stanca, l’immaginazione le giocava brutti scherzi, si disse. Diede volutamente le spalle alla specchiera, ignorando il tremore che le scuoteva le spalle. Con gesti misurati, tolse la veste bianca. Si lavò, indossò le brache di pelle scura e la camicia candida, rinunciando alle placche addominali che, altrimenti, le avrebbero compresso il costato ancora dolorante. Infilò gli stivali, scavalcò il bicchiere ancora a terra e s’incamminò lungo il corridoio, senza guardarsi indietro.

 
**

    La Stella dei Valar non riusciva quasi a deglutire e le pareva di essere sveglia da innumerevoli anni, mentre si trovava nelle cucine da meno di un’ora.
    Glorfindel, servendole da mangiare, le aveva raccontato della sparizione di Alatar, sicuro che lei volesse esserne informata prima possibile. La cosa non aveva fatto altro che trascinare la stella un po’ più a fondo, nel baratro dei propri, cupi pensieri.
    Alatar se n’era andato di sua iniziativa?
    Era tornato da suo fratello?
    Era stato catturato?
    Nessuno aveva potuto dirlo con sicurezza, data la scarsità di prove. L’unica cosa certa era che non si trovava più a Minas Tirith. E che, forse, non l’avrebbero mai più rivisto.
    Dei passi frettolosi risuonarono nelle cucine. -Sillen!-
    Apparso dal corridoio davanti a loro, Re Elessar corse incontro alla stella, senza badare alla decenza.
    Questa si riscosse, sbalzata fuori dalla trance inquieta nella quale era caduta, e il suo viso riacquistò un poco di colore. Si alzò dal tavolo, sollevata nel vedere il Re degli Uomini in piena salute.
L’uomo la abbracciò di slancio, assestandole pacche vigorose sulla schiena: -Non hai idea di quanto io sia felice di vederti in piedi. Devi smetterla di finire in coma.-
    Lei tossì, dolorante: -G-grazie Elessar, anch’io sono felice di vederti.- Lui la prese per le spalle, fissandola negli occhi con uno sguardo di tenero rimprovero: -Hai idea del rischio che hai corso, comportandoti in quel modo? Glorfindel ha detto che se ti fossi fermata un solo secondo dopo, saresti morta!-
    La stella abbassò istantaneamente lo sguardo, stringendo i pugni per soffocare l’angoscia che le attanagliò il petto. -Di certo non potevo lasciarti morire a causa dei miei terribili sbagli…-
    Il Re di Gondor e di Arnor sentì il sorriso morire sulle proprie labbra e si zittì, aggrottando le sopracciglia: -Sbagli? Di cosa parli, Sillen? Abbiamo vinto la battaglia!-
    La giovane si scostò, massaggiandosi la fronte.
    Era giunto il momento, dunque. Avrebbe dovuto confessare.
    -Ci sono alcune cose di cui devo parlarvi e vorrei che foste tutti quanti presenti, quando lo farò.- Spiegò. -Quindi, convoca gli alleati nella Sala del Trono.- Gli fece, seria.
    Preoccupato dal tono freddo della stella, Elessar fece quanto gli era stato detto ma solo dopo averla abbracciata un’altra volta ancora: -Ma certo, tu non agitarti. Ci penso io. Abbiamo tanto di cui parlare.- La rassicurò, ripensando anche alla faccenda dei frammenti del Palantir. Era meglio raccontarle tutto subito, si disse, scambiandosi uno sguardo d’intesa con l’elfo dorato.
    Sillen sorrise, guardandolo uscire, poi tornò accanto a Glorfindel, per costringersi a mangiare ancora un po’.
    Lo sorprese nuovamente intento a fissarla con quell’aria mortalmente seria e preoccupata: -Che cosa c’è?- Lo apostrofò, scoccandogli un’occhiataccia e infilandosi un pezzo di pane in bocca. L’elfo dorato non rispose, limitandosi a distogliere lo sguardo e questo sorprese la stella, che invece si aspettava una qualche sardonica risposta nel suo stile.
    Prima che potesse dire altro, però, fu il turno di Legolas di irrompere nella stanza, guardandosi attorno. Quando Sillen incontrò il suo sguardo, lo vide accendersi di gioia: -La Stella dei Valar è viva!- Esclamò lui, ridendo.
    Contagiata dal suo buonumore, l’altra lo strinse con sincero affetto: -Per fortuna anche tu, amico mio.- Nell’abbraccio, Legolas abbassò il tono della voce, in modo che solo lei potesse sentirlo: -Ti ringrazio per quello che hai fatto per Aragorn. La tua generosità non ha limiti. Siamo tutti estremamente ammirati.- Era commosso e felice e a Sillen parve di morire dentro, a causa del senso di colpa che quelle parole le ricordarono.
    Si morse il labbro, a disagio: -Ti prego, non ringraziarmi, Legolas.- Cambiò subito discorso, guardando entrambi gli elfi.
-Piuttosto, dove sono i soldati del Reame Boscoso?-
    Glorfindel storse la bocca, a quella domanda: -Thranduil si è appropriato della Cittadella, rifiutandosi di accamparsi nei Campi come tutti gli altri. Poco male, per fortuna le mura sono abbastanza spesse da non sentire gli schiamazzi di quei rozzi elfi silvani.- Legolas lo fulminò con un’occhiata tagliente:-Ti ricordo che sono stati loro a permetterci di vincere la battaglia.-
    L’altro ignorò il suo malumore, alzando teatralmente gli occhi al cielo. -Già, tuo padre non va forse ripetendolo all’infinito?-
    Prima che Legolas potesse assestare un ben poco giocoso pugno in faccia all’elfo dorato, Sillen s’interpose tra i due, alzando le mani: -Va bene, va bene! Avremo tempo per parlare anche di questo. Ho convocato un’assemblea d’urgenza, Legolas. Ormai Elessar avrà avvertito gli altri, dovremmo andare.-
    L’elfo biondo annuì, ignorando finalmente il sorridente Glorifindel, ancora divertito dalle sue spontanee reazioni.
    Così, i tre compagni raggiunsero la Sala del Trono, rallentati dall’andatura stabile ma ancora irrigidita della stella.
    Ancor prima di aprire la pesante porta di legno, un vociare concitato travolse i presenti, che si scambiarono occhiate confuse. Che stava succedendo lì dentro?
    Una volta spinta la porta, Sillen fu investita da esclamazioni e urla di giubilo e si guardò attorno, sorpresa. L’atmosfera nella stanza era festosa e allegra e gli alleati si battevano amichevoli pacche sulle spalle, abbracciandosi e bevendo da grossi boccali stracolmi di alcolici. La accolsero con urla assordanti: -Evviva la Stella dei Valar! Vittoria agli Alleati!-
    Éomer, visibilmente alticcio nonostante fosse ancora mattina, le barcollò davanti, circondandole le spalle con il pesante braccio: -Ecco la nostra signora! Appena abbiamo saputo del tuo risveglio, abbiamo ordinato di stappare il vino migliore!-
    Faramir, da qualche parte tra la folla, gli diede man forte:
-Discorso! Vogliamo sentire il discorso della Stella dei Valar!-
    Sillen era incredula. -M-ma la Torre di Ecthelion-
    Elessar allargò le braccia, ridendo: -Se era questo a preoccuparti, non è importante! Le torri si possono ricostruire, le mura riparare. Ciò che importa è che abbiamo vinto e le perdite subìte sono inferiori a quanto mai avremmo potuto sperare!-
    -Ed è solo grazie a te, Sillen!- Rincarò la dose Re Thorin III Elminpietra, raggiungendoli: -I Valar non avrebbero potuto regalarci una benedizione più splendente di te.- Le fece, galante.
    La stella sentì la gola serrarsi per l’imbarazzo: stavano tutti festeggiando, con che coraggio avrebbe potuto guastare la loro allegria?
    Si schiarì la voce, cercando di raggiungere il Trono rialzato. Si fece debolmente largo, tra pacche amichevoli e abbracci improvvisi, stordita dallo schiamazzo generale. Salì qualche gradino, in modo che tutti potessero vederla: -Silenzio, silenzio!- Esclamò, nonostante la sua voce a malapena riuscisse a raggiungerli.
    Gimli salì a sua volta qualche gradino, urlando: -SILEEEENZIO- con voce tanto potente da far traballare i lampadari di ferro battuto.
    Tutti quanti sussultarono, voltandosi verso di loro.
    -Grazie Gimli.- Sorrise Sillen, riconoscente.
    L’altro ghignò soddisfatto: -Questo ed altro, mia signora!- E zompettò di nuovo tra la folla improvvisamente silenziosa.
    Con gli occhi di tutti addosso, Sillen si schiarì la voce, assumendo un’espressione grave: -Abbiamo vinto la battaglia, questo è innegabile.- Un coro di consensi allegri si sollevò nuovamente ma, questa volta, quando la stella sollevò le mani per chiedere silenzio, tutti la assecondarono. -Tuttavia, ci sono delle cose che devo confessare. Ho commesso dei grossi errori di valutazione, cercando di fronteggiare un nemico che a malapena conoscevo. Ho sottovalutato la situazione e per questo vi chiedo scusa. Minas Tirith e i nostri compagni caduti hanno pagato, a causa della mia inettitudine.- Ammise, con tono carico di sofferenza.
    -Temo che questa battaglia, in vero, sia stata una prova da parte del nemico, per studiare la nostra forza. Pallando e i suoi servi non si sono esposti, hanno solo voluto tastare il terreno. Un prossimo scontro di certo ci annienterebbe, ora come ora.-
    Il silenzio rispettoso degli alleati si era nel frattempo tramutato in un brusio confuso e a tratti irritato.
    -Che cosa stai cercando di dirci, Stella dei Valar?- Esclamavano.
    -Sii chiara, cosa avremmo sottovalutato noi, eh?-
    Lei fece segno a Glorfindel, che si avvicinò: -Tu sai dei frammenti del Palantir, non è vero? Li avevi con te in camera, poco fa.-
    L’altro strabuzzò gli occhi: -Come sai dei frammenti? Eri ancora incosciente o sbaglio?-
    La stella sospirò e gli fece segno di sbrigarsi: -Mi hai svegliata, con il tuo chiacchiericcio. Ti ho sentito. Forza dammeli!-
    L’elfo, sorpreso e quasi divertito, ubbidì, e lei sollevò il bottino davanti ai presenti: -Vedete questi piccoli pezzi di vetro? Ebbene, Pallando controllava il suo esercito attraverso essi. Uno solo bastava per muovere più di cento non morti.-
    Thorin sollevò il pugno: -Bene! Ora sono in mano nostra!-
    Ma Sillen scosse la testa e i capelli corvini le oscurarono il viso tumefatto: -Ne possiede a dozzine.- Quella sola frase bastò per far calare il gelo sulla folla.
    Elessar, Legolas, Gimli e Glorfindel si scambiarono sguardi confusi: nessuno di loro aveva parlato con la stella, come poteva lei esserne a conoscenza?
    In ogni caso, questa stava per rispondere alle loro domande, in un modo che proprio non si aspettavano: -Pallando è apparso come illusione davanti a me, durante la battaglia. Si è riappropriato dei frammenti dei non morti e, oltre a questi pochi rimasti in mano nostra, non ha subìto alcuna effettiva perdita. Può controllare altre nuove pedine a suo piacimento, i non morti non gli erano cari. I suoi servi, elfi oscuri di cui non ero a conoscenza, sono esseri potenti e imprevedibili.-
    Le sue parole correvano tra i presenti come fumi velenosi, che cominciarono a irretire gli uomini uno dopo l’altro.
    Sillen percepiva i loro sguardi farsi più pungenti ma era decisa a continuare: -Uno di loro è padrone delle illusioni mentre l’altro, colui che ho affrontato sul campo di battaglia, maneggia i veleni e pare essere invulnerabile ad ogni attacco. È stato lui a ridurmi in questo stato.-
    Elessar, in prima fila, la osservava con il terrore negli occhi e lei si sentì sempre più affranta: -L’aquila che si è precipitata sulla Torre di Ecthelion non era cosciente, era già morta. Se quanto Pallando dice è il vero, non ci sono limiti a ciò che i frammenti possono controllare. E noi non abbiamo il potere di fermarli.-
    A quel punto, Glorfindel si fece avanti, speranzoso: -Io non sono riuscito a distruggerli ma forse, se proviamo insieme, c’è una possibilità!- La raggiunse, salendo alla sua altezza. Chiuse le mani intorno a quella di Sillen, che ancora stringeva i frammenti.
-Concentrati, usa il tuo potere.-
    Sillen lo guardò negli occhi, dispiaciuta: -Sai che non ci riesco.-
    L’altro si fece incoraggiante, nonostante la preoccupazione gli avesse già velato lo sguardo: -Devi provarci…- Ma Sillen tolse la mano, ammettendo anche a sé stessa quella terribile realtà.
    -Non percepisco più il mio potere.- Dichiarò, con voce alta e chiara, mentre il petto le doleva e le lacrime le offuscavano la vista.
    Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
    I presenti cominciarono a urlare, sconvolti e infervorati dall’alcool. Tutto precipitò nel caos.
    Glorfindel non distolse lo sguardo dalla stella, consapevole che, infine, i suoi timori erano fondati: Sillen aveva rinnegato il suo potere in favore della salvezza di Elessar. Adesso, quel potere si era esaurito, come equo scambio per la vita dell’uomo.
    Svanito per sempre.
    In quel momento però, le porte della Sala del Trono si spalancarono, lasciando entrare una ventata d’aria calda e soffocante, che zittì i presenti.
    La folla si divise in due ali, con riverenza, mentre la figura imponente di Thranduil si stagliava contro il cielo terso di Gondor. Avanzò nella sala, il lungo strascico dell’abito rosso scuro che ondeggiava sul pavimento di marmo. Galion, dietro di lui, reggeva una scatola di spesso metallo, foderata di tessuto nero e fissava con evidente disprezzo gli uomini lì accanto.
    Il Re degli Elfi calamitò l’attenzione di tutti, splendente e solido come se fosse scolpito nel più prezioso dei metalli.
Sillen riacquistò un minimo di contegno, sollevando il mento.
-Thranduil.-
    Il viso spigoloso dell’elfo si contrasse lievemente, anche se nessuno parve accorgersene. Sentir pronunciare il suo nome da quella voce morbida era una tortura ma s’impose di rimanere calmo: nulla doveva trasparire dalla sua immagine austera e degna di rispetto. Nemmeno una volta osò ricordare ciò che era avvenuto quella stessa notte, solo poche ore prima.
    La stella teneva i grandi occhi viola fissi nei suoi, senza ritegno: sembravano enormi sul suo viso tirato, pensò lui. Ne fu sconvolto, così come la prima volta che l’aveva rivista su quel letto pieno di coperte.
    E ancora una volta, le sue considerazioni furono le stesse di allora. Lei era cambiata, non era la stessa stella che aveva raccolto a Bosco Atro: aveva perso peso, la pelle dorata, segnata e ferita, era tesa sulla muscolatura asciutta; i capelli neri erano scompigliati e opachi, le labbra piene erano strette e rigide.
    In quegli occhi viola, l’elfo riusciva a leggere la sua preoccupazione, i suoi pensieri cupi ma non vi trovava più un singolo barlume dell’ardore di un tempo. Qualcosa pareva essersi spento in lei, come se adesso, dinanzi a lui, ci fosse solamente una semplice ed inutile umana.
    E lui non aveva fatto niente per impedire quella trasformazione, non aveva nemmeno assistito a essa: si sentiva in qualche modo derubato.
    -Stella dei Valar.- Le fece, immobile e inespressivo come una statua.
    Sillen detestava ammetterlo ma si era aspettata un incontro diverso, con il Re degli Elfi. Molto diverso.
    Come nella sua stanza, di nuovo il suo cuore batteva all’impazzata ma l’aria attorno a lei era tesa e fredda come il ghiaccio, che sembrava riversarsi direttamente fuori dagli occhi seri di lui. Non vi era più traccia di quel calore vivo che l’aveva avvolta nella notte, prima che lui le sputasse in faccia la verità.
    Invece lei, maledizione, si sentiva rinascere. Per quanto i suoi pugni fossero serrati, avrebbe voluto gettargli le braccia al collo; per quanto le sue labbra fossero immobili, avrebbe voluto confessargli a voce alta tutti i suoi sentimenti.
    Ma non avrebbe fatto niente, perché lui era lì solo per il potere. Che strano capovolgimento degli eventi.
    Semplicemente, Thranduil le aveva promesso che le avrebbe fatto rimpiangere le sue azioni avventate e adesso manteneva fede alla sua promessa.
    Il Re degli Elfi, conscio di aver tutta l’attenzione dei presenti su di sé, alzò la voce: -Mettete i frammenti in questo scrigno. Non vorrete che lo Stregone senta tutto ciò che dite.- L’evidenza della loro superficialità fece chinare la testa a tutti e Sillen stessa si maledisse da sola: come diamine avevano fatto a non pensarci?
    In fretta, un elfo della guardia di Bosco Atro recuperò i frammenti, riponendoli con cura nella scatola che Galion reggeva tra le mani pallide. Una volta isolati questi, Thranduil continuò.
    -Da quanto ho compreso, Sillen, oltre ad aver agito imprudentemente ti ritrovi priva dei tuoi poteri.-
    Come se ci fosse bisogno di sottolinearlo.
    Gli alleati annuivano, concordi con il suo disappunto ed Elessar aggrottò le sopracciglia, interrogando Legolas con lo sguardo. Questo scosse il capo: nemmeno il figlio aveva idea di cosa suo padre stesse escogitando.
    Sillen strinse gli occhi a due fessure: -Sì, è esatto. Ebbene? Il saggio Re del Reame Boscoso ha forse qualche prezioso consiglio da darmi?- Il suo tono irriverente non passò inosservato e tutti i presenti si agitarono, aspettandosi chissà quale scontro verbale tra i due. Invece, Thranduil lasciò cadere la provocazione, dando mostra di una grande padronanza di sé.
    -Il Palantir è un oggetto potente ma non per questo impossibile da neutralizzare.-
    Thorin avanzò di un passo, schierandosi davanti alla stella come se potesse proteggerla da tutto l’astio che aleggiava nella sala: -E si dia il caso che tu sappia come fare, non è vero? Parla chiaro, Re elfo.- Alzò la voce.
    L’altro nemmeno lo guardò, rivolgendosi invece alla folla: -Per l’appunto, io conosco un modo per renderlo inutilizzabile.- Disse, semplicemente. Elessar affiancò il Re sotto la Montagna, lo sguardo severo. Non gli piaceva come Thranduil s’imponeva in quel modo nel suo Regno, nella sua casa, e già aveva dovuto ingoiare il boccone amaro quando quello aveva autonomamente deciso di insediarsi nella Cittadella: -Allora ti prego di rivelarcelo.-
    Thranduil si voltò finalmente verso di loro, tra i commenti ammirati e fiduciosi dei generali e dei soldati alleati. Persino Éomer, che non provava simpatia per gli elfi del Nord, esultò verso il più pensieroso Faramir.
    A Sillen fu subito chiaro quale fosse l’intento dell’elfo davanti a lei: ignorandola, stava cercando di oscurarla, emarginarla, escluderla, per sottrarle l’influenza che esercitava sugli alleati.
    Beh, ci stava riuscendo, grazie a meriti reali e tangibili che, per quanto le costasse ammetterlo, lei di certo non aveva.
    Forse, lasciare le cose nelle sue mani era la scelta migliore.
    La stella abbassò lo sguardo, stanca: era diventata davvero inutile, alla fine. Il ciondolo donatole dai Valar le pesava sul petto come un macigno inanimato, sterile e freddo.
    Tutto di lei era diventato freddo e rigido.
    Thranduil non la guardò più, neppure una volta, mentre si apprestava a spiegare ciò che sapeva: -Esiste uno dei Palantiri ancora intatto, ma assolutamente inservibile, proprio sepolto qui a Minas Tirith. Spero che qualcuno di voi ancora ricordi la sua storia. Esso non era diverso da quello ora usato da Rómestámo [1] e svolgeva le identiche funzioni. Perse del tutto efficacia quando quell’inetto del sovrintendente Denethor[2] si arse vivo, stringendolo tra le mani.-
    Legolas vide il volto di Elessar sbiancare e corse al suo fianco:
-Aragorn…- Ma l’altro scosse la testa, vacillando appena. Aveva compreso ciò che l’elfo stava per dire e la cosa lo disgustava.
    Sentì i brividi attraversargli la schiena quando la voce di Thranduil concluse la terribile rivelazione: -Lo stregone lo usa per animare i morti. Perché? Non potrebbe forse animare anche i vivi? Certo che sì. Ma questi corrono il rischio di essere uccisi in battaglia, durante il contatto con il frammento, dico bene? Questo è il motivo per cui li usa solo su esseri già morti: l’unico modo per annullare le capacità del Palantir è legarlo a una morte diretta. Dopodiché, la pietra mostrerà solo gli ultimi secondi di vita del disgraziato, niente di più.-
    Gli alleati confabularono tra loro, confusi, ma solo Elladan, il Principe di Gran Burrone, osò parlare: -Dunque, per annullare il suo potere, stai consigliando di usare il frammento su qualcuno di vivo per poi ucciderlo?-
    Thranduil lo guardò con una serietà tale da gelargli il sangue.
    -Esattamente.-
    Sillen strinse i pugni, sentendo la rabbia montare irrefrenabile nel petto: -Quello che dici non ha senso. Sarà sufficiente custodirli in un luogo isolato, proprio come tu stesso hai fatto ora.- Ma Thranduil era preparato a contrastare quelle deboli obiezioni. -Sì, per qualche tempo si possono custodire. Poi, chi può assicurarci che nessuno tenterà di sottrarli e utilizzarli nuovamente? Se lo stregone ha appreso questa magia oscura, non credi che anche altri potrebbero?-
    Nella sala si levò un brusio di assenso, a quelle parole. -Non sono certo di quanti frammenti possa sopportare una sola persona perché l’operazione abbia effetto. Se siamo fortunati, si sacrificheranno in pochi. Dovremmo fare delle prove con i frammenti che abbiamo.- Dichiarò, nonostante l’opzione che stava proponendo fosse a dir poco crudele.
    Sillen sentì la testa vorticare, lo stomaco contorcersi e si piegò su sé stessa, nauseata.
    Quello non poteva essere Thranduil, il suo Thranduil.
    In un breve attimo, incontrò il suo sguardo di ghiaccio e il dolore e la terribile furia che vi lesse le mozzarono il fiato.
    Ancora una volta, sentì che era solo colpa sua: aveva incautamente risvegliato il lato più oscuro e selvaggio dell’elfo che amava.



 
[1] Rómestámo: è il nome in lingua Quenya dello stregone Pallando. Significa letteralmente "Salvatore dell'Est". A proposito di nomi: Saedor vuol dire “veleno/veleni” (saew, pl. invariato) e Lhospen significa “sussurro” (lhoss, pl. lhyss), in lingua Sindarin.
 
[2] Sovrintendente Denethor: tutti ricordiamo l’esito della follia del padre di Faramir e Boromir, morto bruciando tra le fiamme da lui stesso appiccate. In quel momento stringeva tra le mani il Palantir di Minas Tirith, dove Sauron gli aveva mostrato il proprio terribile potere per così tante volte da fargli perdere il senno. Da quel momento in avanti, chiunque scruti nella pietra veggente vedrà solo due mani arse dal fuoco.

 


N.D.A

​Ciao a tutti, bentrovati!

Che pesantezza questi capitoli T^T Non odiatemi, la storia andrà avanti, vedrete! Sono molto provata dalle vicende che stanno accadendo ai protagonisti ma nella mia mente è tutto sensato, prima o poi la trama verrà degnamente spiegata, lo prometto L
Fatemi sapere cosa ne pensate e anche se vorrete essere severi, critici o contrariati, sarò felicissima di leggere le vostre parole :3
E niente, per questa settimana la mia dose di tristezza è qui XD

Spero di rivedervi nel prossimo capitolo!

Con tanto affetto,
Aleera
 
   
 
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