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Autore: BeaS    24/11/2020    2 recensioni
Nessuna delle due si sarebbe immaginata che le cose sarebbero andate a finire così, ma prima o poi avrebbero dovuto fare qualcosa. Un passo alla volta e tutto sarebbe andato bene, dovevano solo venirsi incontro.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Regina Mills, Zelena
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
 
Le occhiaie le stavano spuntando, erano due giorni di fila che non dormiva. Alle tre passate di notte aveva deciso di prendere le gocce. Aveva una città da amministrare e non poteva permettere ad una biondina di occupare talmente tanto i suoi pensieri da non fala dormire e addirittura lavorare.
Si alzò dal letto, si diresse in bagno per la sua solta doccia mattutina, ed aprì le ante di vetro per entrare. Un po' d’acqua calda l’avrebbe fatta sentire meglio.
Quel giorno aveva in agenda due riunioni, in una delle quali era prevista la presenza dello sceriffo.
No! Non ci devo pensare. Lavoro, lavoro, lavoro. Cominciò a ripetere dento di se, per scacciare quel pensiero.
Terminate le ultime cose dentro casa e dopo essersi vestita si diresse subito in municipio. Si sarebbe fatta portare la colazione dalla sua segretaria. Non aveva intenzione di andare da Granny’s, con una grande probabilità che l’avrebbe incontrata.
“Buongiorno Ashley. Appena finisce con ciò che sta facendo, desidererei un caffè nero, amaro. Grazie mille.” Disse alla sua segretaria, appena le passò davanti per entrare nel suo ufficio.
“Buongiorno sindaco Mills. Cinque minuti ed andrò subito a prenderlo.” Le rispose Ashley. Quella ragazza era l’unica ad essere riuscita a mantenere il suo lavoro, senza aver mai perso le staffe in tutti quegli anni. Era sempre riuscita a collaborare con la “ex Regina Cattiva”, come erano soliti chiamare il sindaco anni fa. Ashley aveva sempre visto oltre il sindaco che tutti conoscevano, in fin dei conti, lavorare con lei nove ore al giorno, ti porta a conoscerla un minimo.
Regina poggiò la sua borsa sul comodino accanto alla finestra e cominciò a sistemare tutte le carte che avrebbe dovuto visionare quel giorno. Arrivata alla fine del plico di fogli si accorse che mancava quello della stazione della polizia.
Ovviamente manca. Si disse, mai una volta Emma era fosse puntuale con le scadenze.
“Ashley per favore, chiama la stazione di polizia. E dì ad Emma Swan che se non mi consegna i documenti entro fine giornata, la licenzierò.” Disse Regina con un falso sorriso, per far capire che probabilmente l’avrebbe fatto davvero, ad Ashley appena entrò in ufficio col suo caffè fumante.
“Si signor sindaco.” Si girò su se stessa ed uscire dallo studio, chiudendo la porta dietro di se.
 
La mattinata passò velocemente, il lavoro era tanto e lei non aveva voglia di distrarsi. Quando riusciva ad ingranare la marcia non permetteva a distrazioni esterne di rovinare il suo operato.
Dopo pochi minuti senti qualcuno bussare alla sua porta, alzò lo sguardo e riconobbe la figura della sua segretaria.
“Avanti.” Disse Regina, riportando intanto lo sguardo sui documenti.
“Signor sindaco, sono quasi le quindici. Ha la riunione tra pochi minuti.” Le fece notare Ashley. Era passata l’ora di pranzo da un pezzo, e non se ne era accorta minimamente.
“Grazie Ashley. Ero così sommersa dal lavoro che non mi sono resa conto dell’orario, adesso vado.” Ringraziò mentalmente la sua segretaria per averle ricordato il suo appuntamento e cominciò a spegnere tutto per prendere le carte che avrebbe visionato insieme al consiglio.
 
Sapeva che poteva sentirsi quel leggero rumore, la punta del suo tacco che continuava a sbattere contro il parquet, ma non riusciva a fermarla. Era troppo nervosa, troppo agitata, troppo arrabbiata, troppo gelosa.
Aspetta! Io non sono gelosa, semplicemente lui non dovrebbe essere qui! Ovviamente questa era l’unica risposta a tutti quei sentimenti.
Emma stava parlando con quel capitano da strapazzo vicino alla porta della sala conferenze. Ed era palese che non stessero parlando di lavoro, il sorriso sul volto di quell’uomo era troppo smagliante per parlare di omicidi.
Fortunatamente non dovette attendere molto per vedere Emma allontanarsi da lui per sedersi vicino a lei. Lo sceriffo le sorrise, scostò la sedia da sotto il tavolo e si sedette accanto al sindaco. Regina era nera dalla rabbia, come aveva potuto portare quel coso, nel suo municipio. Ridere e scherzare con lui davanti a lei, dopo quello che le aveva detto la sera del Ringraziamento. Era ovvio che la Signorina Swan avesse cambiato idea riguardo gli approcci del capitano Jones nei suoi confronti.
Regina la guardò due secondi negli occhi e poi li distolse, non voleva che Emma capisse, e sapeva che avrebbe impiegato davvero poco tempo per leggerla, e il sindaco non aveva per niente voglia di litigare con lei. Facendo vagare lo sguardo altrove vide il capitano appostato accanto alla porta, in posizione eretta, con le mani dietro la schiena, come se stesse aspettando qualcosa o qualcuno. Attese qualche altro secondo, poi siccome lo straniero non aveva intenzione di andarsene, Regina si alzò in piedi, pronta a fronteggiarlo.
“Desidera qualcosa?” disse Regina in modo leggermente aspro. Il capitano si girò verso di lei, avendo intuito che ce l’avesse con lui.
“Mh?” Killian Jones aveva lo sguardo perso, probabilmente non aveva sentito la sua domanda.
“Desidera qualcosa?” ribatté Regina, cercando di mantenere la calma, senza far trapelare il suo fastidio.
“Oh no, sono qui solo per aspettare lo Sceriffo Swan.” Disse Jones alzando una mano, in modo da indicare Emma.
Prese un respiro profondo e rispose “La Signorina Swan adesso è impegnata in una riunione privata, Capitano. È pregato di aspettare fuori.”
Jones guardò Emma, come a chiedere cosa dovesse fare e quando capì che la bionda non le avrebbe dato nessuna risposta, lasciò un breve sorriso al sindaco ed uscì.
 
Salutati i membri del consiglio regina iniziò a mettere a posto le sue cose per tornare in ufficio, quando vide un sacchetto di carta sopra ad una cartellina, i documenti sicuramente, fare capolino davanti a lei sul tavolo. Alzò lo sguardo e si ritrovò gli occhi verdi di Emma davanti a se.
“So che hai saltato il pranzo, Ashley mi ha avvisato prima. Ti ho portato qualcosa da mettere sotto i denti, mi ricordo che se lavori troppo e non mangi poi ti viene il mal di testa.” Disse Emma, in modo genuino con un sorriso sul volto.
Ecco, erano questi i gesti che facevano venire a Regina mille pensieri.
Perché Ashley aveva avvisato Emma? Avrebbe potuto chiamare Zelena. Si disse la mora pensando a quel gesto.
Prese la busta tra le mani e l’aprì. All’interno c’era un piccolo bicchiere pieno di caffè, un muffin ai mirtilli ed una mela.
“Il caffè è amaro, non ci ho messo ne zucchero, ne nessuna delle tante stranezze che bevo io.” Le disse Emma, mentre si metteva le mani in tasca, con guardo divertito e anche un po' imbarazzato.
Regina la guardò in quegli occhi così profondi, così limpidi e chiari. Dio quanto le piacevano, poteva annegarci dentro.
“Ti ringrazio Emma, è stato un gesto molto carino.” Un sorriso le comparve spontaneamente sul volto, facendo evaporare tutta la rabbia che aveva provato nelle ore precedenti, quando l’aveva vista entrare col capitano della polizia di Boston.
“Non è niente di che.” Sminuì velocemente la bionda “Senti…” continuò “ volevo chiederti una cosa.” Ormai era palese la sua fatica nel tirare fuori ciò che aveva da dire.
“Tutto ok? Sai che puoi dirmi qualsiasi cosa” la rassicurò subito Regina
“Si si tutto bene. Volevo solo chiederti una cosa.” Si mise le mani in tasca, spostò il suo peso da una gamba all’altra e riprese il discorso “ ti andrebbe di and…” non fece in tempo a finire la frase che la porta della sala riunioni si aprì con forza, mostrando Killian Jones.
“Emma, ho visto gli altri uscire e mi chiedevo che fine avessi fatto. Volevi lasciarmi qui da solo tesoro?” dicendo l’ultima parola sfoderò il suo sorriso più affascinante, quello che aveva fato cadere molte donne ai suoi piedi.  
Emma alzò un sopracciglio a quel nomignolo, nessuno l’aveva mai chiamata così, e di certo lui non sarebbe stato il primo a farlo.
“Arrivo, stavo solo parlando con Regina.” Rispose velocemente Emma, era alquanto stufa di quell’uomo e del suo pessimo tempismo.
“E Jones… non chiamarmi più tesoro.”
Il capitano non aspettandosi quella risposta usci, dopo aver dato un veloce sguardo ad entrambe, con la coda tra le gambe.
“Continueremo il nostro discorso, ora devo andare. Vostra Maestà” disse lo sceriffo con un sorriso sul volto, allontanandosi verso l’uscita.
Regina era sconvolta, da dove usciva tutta quella spavalderia di Emma. Sicuramente si stava divertendo, ma allo stesso tempo era anche infastidita. Non da lei, ma dal capitano.
Emma le voleva chiedere qualcosa, ed era evidente che si trovasse in difficoltà a farlo, adesso la sua curiosità sarebbe aumentata.
Doveva occupare la sua mente.
 
 
Sentì bussare alla porta del suo ufficio e senza alzare lo sguardo dette il permesso di entrare, a chiunque si trovasse dall’altra parte della porta.
“Regina, disturbo?” la testa di Elsa fece capolino nel suo ufficio, senza essere troppo invadente.
“Elsa, dimmi pure. È successo qualcosa?” la bionda newyorkese non era solita andare a trovarla a lavoro.  
“No no, assolutamente. Sono qui per invitarti ad uscire stasera. Emma ha organizzato una serata tra ragazze, ma era troppo impegnata per dirlo a tutte. Così mi sono offerta volontaria per pensarci io.” Ultimò con un sorriso.
“Io non saprei, ho tanto lavoro. Poi pensavo sinceramente di andare a casa dopo questa giornata.” Non che quello che stesse dicendo fosse del tutto falso, era stanca e l’unica cosa che desiderava era tornare a casa sua e farsi una doccia.
“Dai vieni, vedrai che ci divertiremo. Ci siamo tutte. E poi… Emma ha insistito particolarmente che ci fossi.” Aggiunse, cercando di convincerla. Emma non le aveva detto niente di tutto ciò, ma sapeva che era così.
Regina ci pensò un po', alla fine quanto spesso capitava di uscire insieme con le sue amiche? Mai praticamente. Ed Emma, voleva veramente che lei ci fosse? Aveva Elsa ed Anna accanto a se, con le quali riusciva a vedersi una volta l’anno circa. Lei  e lo sceriffo si vedevano spesso, quasi tutti i giorni senza contare impegni ed imprevisti vari. Quindi si, era colpita che la bionda volesse che lei ci fosse.
“Va bene, ci sarò.” Acconsentì alla fine il sindaco.
“Perfetto, Emma ti manderà un messaggio dopo per i dettagli.”
Elsa era alquanto emozionata per la serata. Eppure lei vive in questi ambienti, sta spesso nei bar, pub o anche discoteche, non che le piacessero chissà quanto ma ogni tanto non faceva male svagarsi un po' di più.
 
 
Regina entrò dentro nel locale, non ci era ma stata, e si diresse verso il bancone per chiedere a quale tavolo si trovasse. Lo spazio era molto grande, la prima parte, dalla quale era entrata era una sorta di bar/pub, luci rosse e musica molto alta. Era impossibile che Emma e le altre volessero venire in un locale simile per la serata, loro non erano tipe per quelle serate. Senza contare il fatto che non erano più così giovani per bere fino a prendersi una sbronza, ballare con degli sconosciuti nettamente più piccoli di loro e farsi toccare “involontariamente”, in mezzo a quella bolgia. Ma l’insegna fuori dal locale non mentiva, il locale era quello. Se la serata avesse preso una piega che non le piaceva avrebbe inventato una scusa e se ne sarebbe andata.
“Signor sindaco, mi sente?” le chiese il cameriere. Tornò con i piedi per terra e fece un leggero assenso al ragazzo per fargli capire che aveva la sua attenzione.
“Mi segua, la porto al suo tavolo” passarono attraverso quella marea di gente, salirono pochi gradini trovandosi davanti ad una grossa vetrata che conduceva ad un cortile esterno. Era una sorta di giardino , pieno di luci che donavano alla terrazza un’aura intima e rilassante, i tavoli si trovavano tutti all’interno di igloo trasparente. Sentì la finestra dietro di lei chiudersi e improvvisamente la musica cessò. Il chiasso era talmente tanto flebile che quasi non si sentiva, in modo tale che all’esterno si potesse godere di una serata tranquilla in buona compagnia. Vide le sue amiche dentro ad un igloo e si incamminò nella loro direzione lasciando un veloce sguardo al ragazzo facendogli capire che sapeva dove andare.
“Regina” sentì urlare dalle altre appena mise piede dentro la tensostruttura. C’erano tutte, forse anche qualcuno in più. Sua sorella appena la vide le andò in contro e la strinse in un abbraccio, per poi risedersi vicino a Mary Margaret. Di fianco alla maestra c’era Ruby, una vecchia amica di questa. La rossa era “ la barista” di Storybrooke, tutti andavano nel suo diner, quindi era impossibile non conoscere la ragazza. Accanto a loro vi erano Anna ed Elsa, la quale era, ovviamente, seduta vicina ad Emma. Lo sceriffo si alzò in piedi per poter dare il benvenuto a Regina, le diede un veloce bacio sulla guancia e si risedette, sperando che le altre non avessero puntato troppo i loro occhi sulle due.
Con le guance rosse ed il fiato mozzato, Regina si sedette accanto ad Emma e fece finta che le altre non esistessero. Non aveva voglia di dare spiegazioni.
 
 
La serata stava passando piacevolmente, tra una chiacchiera e l’altra Regina era arrivata al suo secondo drink. Era abbastanza lucida, le guance le stavano andando a fuoco, ed era impossibile non accorgersi degli sguardi che le inviava Emma da quando era arrivata. Si sentiva una preda, cosa molto nuova per lei. Regina era una dominatrice, una pantera, lei era il sindaco, una regina insomma…. Non era la preda di nessuno. Anche se non mi dispiacerebbe invertire i ruoli per una volta. Guarda quegli occhi, il sorriso, quelle braccia così musc… No! Siamo in pubblico e con le amiche, via questi pensieri. Non si addicevano sicuramente a lei, che riservava certe cose solo sotto le lenzuola.
 
“Ti andrebbe di accompagnarmi a prendere altri drink?” le chiese Emma.
Come non detto.
“Si certo” le rispose Regina, le guance adesso erano più rosse di prima e sicuramente non era colpa dell’alcol, non più almeno.
Arrivate al bancone ordinarono il terzo giro per tutte quante, il sindaco era pronto a tornare al suo tavolo quando si sentì tirare per la manica della camicia. Emma stava cercando di richiamarla sopra quel chiasso infernale. Non riusciva bene a capire cosa le stesse chiedendo, così si avvicinò e accostò il suo viso a quello della bionda.
“Ti andrebbe di fare due passi con me?” le sussurrò all’orecchio. Solo brividi sentì Regina, non era sicura di aver capito bene cosa le stesse chiedendo, ma accetto. Si, sarebbe stata comunque la risposta. Uscirono di nuovo all’esterno e invece di proseguire dritte verso il loro tavolo girarono a destra verso una passeggiata che costeggiava il locale.
“Emma aspetta, predo il mio giacchetto.” Ma prima che potesse fare un singolo passo la bionda la riportò accanto a se ed incominciò ad incamminarsi, si sfilò la giacca e la poggiò sulle spalle della mora.
“No Emma, non devi darmi la tua giacca.” Cercò subito di conto battere.
“Te la do volentieri, io non ho freddo. E porto un maglione alquanto pesante.” Disse la bionda mostrando il suo maglione all’altra, la quale seguì il suo gesto e si rese conto che era il maglione che le aveva regalato lei l’anno precedente. Con un leggero sorriso accettò silenziosamente la giacca e continuarono la loro camminata.
Erano avvolte da un piacevole silenzio, tra loro due non c’era mai stato imbarazzo e sicuramente un momento privo di chiacchiere non lo avrebbe costituito. Però sentiva che c’era qualcosa che non andava con la bionda, non qualcosa di negativo, ma come se non riuscisse a stare buona perché era troppo smaniosa di far uscire qualcosa da dentro di lei.
“Emma, va tutto bene? Ti vedo strana ultimamente.” Decise di prendere il discorso, visto che non lo faceva l’altra.
“Si si va tutto bene.” Cominciò con le mani infilate nelle tasche dei jeans, come suo solito. Ci fu’ un leggero silenzio e poi riprese “Sai che il capitano Jones è tornato a Boston?”
“Finalmente” si lasciò sfuggire
“Finalmente?” ripeté la bionda, con una sguardo tra il divertito e lo stupito
“No, intendo dire. Mi sembrava si fosse trattenuto a Storybrooke abbastanza, no? So che ha terminato le indagini pochi giorni dopo il suo arrivo.” Cercò di riprendersi al meglio senza far trasparire la felicità scaturita da quella notizia.
“Si, ma ora è tornato definitivamente a casa sua.” Rispose divertita Emma.
“Però non hai comunque risposto alla mia domanda. Che c’è che non va? E non dire niente, lo sai che capisco quando menti.” Le richiese.
“Non c’è niente che non vada, assolutamente. Però vorrei chiederti una cosa.”
“E’ la stessa cosa che volevi chiedermi questa mattina?” non aveva dimenticato che lo sceriffo stesse per chiederle qualcosa, e la sua difficoltà nel farlo.
“Si esatto.” Era in evidente difficoltà, di nuovo. Tutta la spavalderia che aveva avuto quella sera era sparita, appena si era fermata e aveva puntato i suoi occhi su quelli del sindaco.
“Mi chiedevo, se ti andasse di uscire una volta” cercò di mantenere i suoi occhi fissi in quelli dell’altra.
“Questo mi volevi chiedere?” un sopracciglio si alzò subito alla domanda della bionda. “Emma, usciamo spesso insieme, dov’è il problema? Quando vuoi possiamo uscire.” Non riusciva bene a capire il comportamento dell’altra.
“No Regina.” Le disse subito, prese un bel respiro e ci riprovò. “Vuoi…” fece una pausa “uscire con me?” le richiese, ma sta volta il suo sguardo diceva molto di più delle sue parole.
Regina la guardò bene, non essendo sicura di aver capito. Il suo cuore le stava martellando nel petto, lui aveva già capito tutto. Piano piano la realizzazione di ciò che le aveva chiesto si fece largo sul suo volto.
“Oh…” spiazzata, completamente spiazzata era. Non si aspettava una domanda del genere. “Io, io non…” e si rifermò, non sapeva proprio cosa dire.
Emma stava iniziando a vacillare, non sapeva cosa aspettarti dalla sua domanda ma un rifiuto avrebbe sempre fatto male. Cercò di battere in ritirata, prima di farsi troppo male da sola.
“Lascia stare, fai conto che non ti ho detto niente. Non volevo metterti in imbarazzo.” Disse subito e si rincamminò verso il loro tavolo, cercando di mettere un po' di distanza tra lei e Regina. Stupida idea, che cavolo ti viene in mente? Lei non uscirà mai con te. Quei pensieri furono inevitabili, ma darsela a gambe sarebbe stato meglio di un no. Doveva volare più basso, Regina era troppo per lei.
Presa troppo dai suoi pensieri non sentì i tacchi sbattere velocemente sulla pedana in legno, farsi sempre più vicini.
“Emma aspetta” le disse la mora appena riuscì a tirarla per il maglione e farla tornare accanto a lei. “Scappi prima che io ti possa dare una risposta?” il suo tono era divertito. Beata lei che si diverte. Pensò subito lo sceriffo. “No no, volevo solo evitare l’imbarazzo a te e una terribile figuraccia a me.” Disse distogliendo lo sguardo. Sentì una splendida risata uscire dalle labbra di Regina, ed inevitabilmente cercò di capire cosa ci fosse da ridere.
“Tu pensi che io volessi dirti di no?” continuò tra una risata e l’altra.
“Beh, io non lo so”
“Emma…” si fece più vicina all’altra e le mise una mano sulla guancia, cercando di far ricongiungere il suo sguardo con quello della bionda. “Mi piacerebbe molto uscire con te.” Le disse con un sorriso smagliante, che dopo pochi secondi contagiò anche la bionda.
“Fantastico.” Disse subito “cioè, si bene. Benissimo…”non sapeva più cosa dire, si stava incartando da sola.
Regina non riuscì a resistere a quella scena, così le dette un bacio sulla guancia. Era leggero, delicato, e caldo. Era la prima volta che Regina le dava un bacio simile.
“Fantastico” ripeté Regina.
Con un sorriso su entrambi i volti tornarono verso il loro tavolo e si sedettero nuovamente vicine.
Per le altre fu’ facile vedere che le due, anche se tentavano di nasconderlo, erano felici della passeggiata appena avuta. Emma aveva fatto la sua mossa, quell’uscita aveva effettivamente aiutato.
 
Angolo dell’autrice:
 
ed eccoci con il secondo capitolo. Finalmente la storia sta iniziando a prendere forma, Emma fa i suoi primi passi e Regina sembra accettarli. Spero che questo vi piaccia, al prossimo aggiornamento.
 
BeaS
   
 
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