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Autore: Little Firestar84    25/11/2020    9 recensioni
A Tokyo, Ryo Saeba delude ancora una volta la donna che aveva detto di amare, spedendola in una spirale di tristezza e delusione, mentre a Shinjuku un killer semina la morte tra le donne...
A Austin, Patrick Jane scopre che la morte di John Il Rosso potrebbe non essere la fine della sua storia, e che ancora una volta, Visualize e Bret Stiles potrebbero essere connessi alla sua caccia.
Ancora non lo sanno, ma i destini di Ryo Saeba e Patrick Jane sono destinati ad incrociarsi- ed il tutto per il bene delle donne che amano, e in nome del futuro che con loro desiderano creare.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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- Questa storia fa parte della serie 'The Consultant'
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Salve a tutti! Torno a voi con uan nuova multichapter, un po' diversa dal solito... un esperimento, diciamo.  Da Austin a Tokyo con amore e una 357 Magnum è, innazittuo, un crossover, con lo show della CBS The Mentalist, ed è un giallo (in cui però la parte romantica sarà presente),e cronologicamente l'azione è ambientata ai giorni nostri, prendendo spunto dal film City Hunter: Private Eye che vede Ryo e Kaori (e tutta l'allegra banda) dell'età che avevano al termine del mange e nell'anime, ma spostando l'ambientazione ai giorni nostri, con la relativa tecnologia annessa, ma che seguirà comunque la cronostoria sia di the mentalist (di cui vi lascio un velocisismo riassunto qui) che di City Hunter...

 NEGLI EPISODI PRECEDENTI DI THE MENTALIST:
Da ragazzino che lavorava nel circo, Patrick Jane di strada ne ha fatta: truffatore ed attore senza pari, Jane è un "mentalista", che riesce, attraverso il suo intuito, l'hot e cold reading e la manipolazione- nonchè un carisma innato e un discreto fascino, a farsi passare con successo per un sensitivo. Successo e fama non gli mancano, e con tempo, Jane riesce a diventare ricco e riscattare- per sè e per la moglie Angela e la figlia Charlotte- un passato fatto di ristrettezze e miseria.  Una moglie bellissima, una bambina tanto bella da sembrare un angelo, una villa sulla spiaggia di Malibù, vestiti firmati, gioielli, una collezzione di auto che vale milioni, Jane ha tutto. Ma non gli basta.
Quando una rete nazionale gli propone uno speciale in cui cercare di contattare le vittime del Serial killer John il rosso, che da anni terrorizza il Sud-Ovest degli USA, Jane accetta subito, pregustando il salto di qualità, la possibilità di essere famoso a livello nazionale... ma a John il Rosso, quello che Jane dice di lui quella sera non piace, e quando a mezzanotte inoltrata torna a casa, Jane trova la porta socchiusa, e sul muro davanti a lui la firma del killer, uno smiley fatto col sangue- quello di sua moglie e sua figlia.
Accecato dalla vendetta, Jane si isola dal mondo per alcuni mesi, abbandonando tutto e tutti, tornando quando scopre che l'indagine sull'omicida è stata assegnata al California Bureau of Investigation.
Manipolando il direttore del CBI, Jane ottiene di divenire consulente dell'unità che segue il caso, che ha a capo Teresa Lisbon, e di cui fanno parte Kimball Cho, ex militare, Wayne Rigsby e l'esperta di informatica e sorveglianza Grace Van Pelt. Lisbon non apprezza la cosa: sia perchè sa che Jane vuole solo vednicarsi, sia perchè vede ogni giorno la sanità mentale e l'equilibrio dell'uomo farsi sempre più precari.
Per oltre un decennio, Jane segue il caso, in modo maniacale, nascondendosi dietro a una maschera di pagliaccio, prendendosi gioco di tutti, forze dell'oridne e criminali compresi, ma, dato il suo alto numero di casi risolti, Lisbon, anche a discapito della carriera e delle relazioni personali, continua a supportarlo- e col tempo, ad avvinarsi smepre di più a Jane, divennedo di fatto il suo unico punto di contatto con la realtà tutte le volte che John il Rosso ricompare, prendendosi gioco di loro, e di Jane in primis.
Col passare degli anni, Jane intuisce di un possibile legame tra la setta Visualize, a cui c'è Bret Stiles a capo, e John il rosso, ma Jane capisce che le cose sono ancora più complicate: il killer non fa solo parte della setta, ma anche delle forze dell'ordine, che, con le loro soffiate, permettono all'assassiono di essere sempre un passo avanti, e di mettere in pericolo quella che è divenuta di fatto la famiglia di Jane, i suoi amici e colleghi, e di Lisbon in particolare, di cui Jane si è innamorato, ma a cui non confessa nulla sapendo che vivere quell'amore la metterebbe ancora più in pericolo con il suo nemico.  
Dopo quasi undici anni, Jane riesce a stilare una lista dei sette papabili candidati alla figura di Red John, membri di Visualize ai massimi livelli o delle forze dell'ordine, e, al cimitero dove è sepolta la sua famiglia, Jane finalmente ottiene la sua vendetta: uccide, soffocandolo, lo sceriffo McAllister, il vero nome del killer, che, sibillino, prima di morire gli ricorda che lui non sa, e non saprà, mai tutto...
Braccato dalle froze dell'ordine, omicida, Jane fugge, lasciando a Lisbon uno struggente messaggio sul telefono, in cui la ringrazie, e le dice che gli mancherà- ma la sua storia non è destinata a finire così. Quando Cho ottiene un incarico all'FBI di Austin, sotto al comando dell'uomo che ha braccato Jane, l'agente Abbott, il Mentalista ottiene di tornare a casa con la fedina pulita, in cambio di cinque anni al servizio dei federali. Ma solo se Lisbon, a cui er due anni ha mandato segretaemnte cartoline senza alcun testo e piccoli regali, andrà a lavorare con lui: il suo scopo? Conquistarla, ora che è finalmente libero.
E dopo numerose peripezie, un agente dell'FBI che tenterà di portargliela via e un assassino che minaccia di impdire le sue nozze, Jane finalmente ottiene il cuore della sua bella: e se la sua storia era iniziata con la morte, è con la vita, ed il concepimento di suo figlio, che il suo destino si compie...

Tokyo (Giappone), in una placida mattina di primavera…

“Ryo, dì un po’, hai intenzione di dormire ancora  a lungo?” Kaori sbuffò mentre si avvicinava alla stanza del suo coinquilino/partner/interesse amoroso, sbuffando. Aveva in mano un mestolo e indossava ancora, sopra il pigiama a righe, il grembiule da cucina.

Sapeva che era presto per il suo socio- normalmente Ryo non scendeva mai prima di mezzogiorno, specie se, come la sera prima, aveva fatto baldoria fino a notte fonda con Mick in giro per locali- ma per quel giorno si sarebbe dovuto accontentare di svegliarsi alle nove, visto e considerato che, per grazia ricevuta, avevano appuntamento con un cliente…

“La colazione è pronta!” Cinguettò la rossa mentre apriva la porta della camera da letto, senza bussare come suo solito, giusto per rimanere impietrita davanti allo spettacolo che le stava dinnanzi.

Il letto era completamente occupato.

Mick, in mutande, e Ryo, nudo come suo solito, se ne stavano ai lati del materasso, mentre una brunetta dai capelli corti in camiciola e slip era spaparanzata in mezzo a loro e a un mucchio di bottiglie e lattine di birra vuote.

“Tu, maledetto porco… e così tu vorresti vivere per la persona che ami, eh?” gli sbraitò contro lanciandogli tutto quello che le capitava a portata di mano e facendolo cadere dal letto. “Sei un porco, un pervertito, tu ami solo il sesso!”

“Eh?” Ryo si massaggiò un bernoccolo, e si guardò intorno, un po’ intontito, incerto su cosa stesse accadendo. “Kaori? Ma stavolta cosa ho fatto?”

Stringendo i denti, la donna si limitò a indicare con un dito la moretta mezza nuda, e Mick, e Ryo subito entrò in modalità difensiva. Come un fedele cagnolino, le si attaccò alle gambe, stringendole il più forte possibile, tentando di impedirle di andarsene.

“Non ho fatto niente, giuro! Sono innocente! La colpa è tutta di Mick, sono certo che sia lui che si è intrufolato nel mio letto e mi ha spogliato, sì, sì, deve essere un suo scherzo per vendicarsi! È arrabbiato perché ti ho riportato da me e adesso siamo di nuovo i migliori!!!”

In quel momento, la moretta si svegliò, e stiracchiandosi lasciò che il top si alzasse, rivelando una striscia di pelle bianca come la neve, un addome perfettamente piatto e una vita sottile –il classico tipo di Ryo, in poche parole.

“Mm…Ryo, sei già sveglio?” la moretta brontolò con voce impastata. “Oh, ieri mi sono divertita così tanto… tu e Mick sì che sapete come darci dentro!” Terminò la frase con una risatina civettuola- il genere che Kaori non avrebbe emesso neanche morta- e guardò Ryo, ancora ancorata alla sua gamba, che si staccò con aria colpevole.

“Così, la colpa è di Mick, eh? Vergognati, scaricare le tue responsabilità sul tuo migliore amico!” Sbattendo la porta, Kaori si diresse verso la sua stanza, facendo quasi tremare i muri, brontolando le parole porco, maiale, pervertito, stronzo, col cavolo che mi ama, almeno prima non se le portava a casa a ripetizione.

“Ma… ma io non ho fatto niente…” Grattandosi il capo, si voltò verso il suo migliore amico, ancora addormentato, e la moretta che faceva le fusa, e mentre si chiedeva se effettivamente esistesse la possibilità che fosse accaduto qualcosa, sentì di nuovo tremare i muri - Kaori era uscita di casa sbattendo la porta.

Ryo fece per raccogliere i pantaloni ed andare a cercarla, spiegarsi, chiederle, di nuovo, per l’ennesima volta, perdono, ma fu interrotto dal suono del cellullare, dalle note della canzone preferita del suo defunto amico, il fratello di Kaori, che riempirono l’aria.

Controllò l’identità del chiamante- Saeko. Si chiese cosa volesse l’ispettore Nogami da lui a quell’ora, ed immaginò che, qualsiasi cosa fosse, dovesse essere seria: era da parecchio che le bella poliziotta non lo metteva più in mezzo ai suoi casi, a meno che non si trattasse di qualcosa di veramente grave.

“Si può saper cosa cavolo vuoi a quest’ora, Saeko?” Le rispose, un po’ scontroso, facendo il borioso annoiato e fingendo che, di qualsiasi cosa si potesse trattare, a lui non interessasse a priori.

Dall’altra parte della linea, Saeko rimase in silenzio, e Ryo avvertì chiaramente la sua preoccupazione, la rabbia, il suo senso di impotenza davanti a qualcosa di più grande di lei… l’aveva sentita così solo un’altra volta in precedenza, quando il suo grande amore era morto…

Era grave. Qualsiasi cosa fosse, era molto grave, ed in quel momento, Ryo temette di sapere di cosa si trattasse…

“Quante, stavolta?” Chiese, appoggiandosi con la schiena al muro, perso nelle sue meditazioni.

Solo una, ma il modus operandi è lo stesso. Una ragazzina che lavorava nel quartiere a luci rosse… avrà avuto vent’anni, Ryo. L’hanno drogata, e lasciata a morire dissanguata… è la quinta in pochi mesi, e io non so più dove sbattere la testa. Le vittime non hanno altra connessione se non che vivono nel quartiere e sono donne, per il resto, fisico, età, estrazione sociali sono diversi… e chiunque sia l’assassino, non lascia nessuna traccia.

“Vuoi che mi occupi del caso, Saeko?” Le chiese, mentre si accendeva una sigaretta e guardava fuori dalla finestra, con lo sguardo cupo.

Sai che non posso darti alcun incarico ufficiale, vero?  

“Non importa. Qualcuno a casa mia sta facendo qualcosa che non mi piace. È ora che l’angelo della morte gli faccia una visitina…”

Chiuse la chiamata senza aggiungere altro, mentre una nuvoletta di fumo raggiungeva il soffitto.

A Shinjuku, nel quartiere che era la loro casa, qualcuno stava uccidendo non per vendetta o giustizia, ma per il semplice gusto di farlo.

E questo, lui non lo poteva tollerare. Non a casa sua.

 

  Nello stesso momento, ad Austin (Texas)…

Jane osservava il figlioletto neonato disteso nel lettone, seduto su una sedia pieghevole al fondo del materasso. La stanza era pressoché avvolta nell’oscurità, salvo per una piccola lampada che teneva sul comodino e che non spegneva mai, quasi con quella luce avesse potuto controllare e tenere più al sicuro la sua famiglia.

Avevano portato Evan Jane a casa quel giorno stesso, dopo alcuni giorni in terapia neonatale; di fretta come il padre, era nato con oltre tre settimane di anticipo, obbligando lui e la dolce Teresa- la dura dal cuore tenero che la maternità aveva reso una creatura a dir poco angelica- a guardare il loro piccolo tesoro attraverso un vetro per giorni e giorni.

E adesso, era a casa, e l’idea di metterlo nella culla, anche a un solo passo da lui, terrorizzava Jane oltre ogni misura. Sapeva che la possibilità che un altro serial killer decidesse di perseguitarlo andando ad attaccare la sua famiglia era remota, ma c’era una parte di lui che, nonostante l’amore per Teresa ed il loro cucciolo, sarebbe sempre rimasta in quella stanza della sua villa sulla spiaggia, ormai cenere, con lui inginocchiato a terra, incapace anche di versare una singola lacrima mentre teneva tra le braccia i cadaveri squartati della moglie e di sua figlia.

Sbuffò, tentando di allontanare quei lugubri pensieri dalla sua mente. Forse Teresa e Cho avevano ragione ed era ora di andare in terapia in modo serio, non per il puro scopo di prendere i suoi terapisti per i fondelli e manipolarli a suo piacimento, come aveva fatto anni addietro con la povera Sophie Miller, morta per la sola colpa di averlo conosciuto.

Chissà. Forse.

Ma anche no.

“Dì un po’, non pensi di essere esagerato?” La moglie gli chiese, col sorriso sulle labbra, mentre si appoggiava allo stipite con le braccia incrociate. Jane si voltò a guardarla, e le diede uno di quei suoi sorrisi sghembi che la facevano arrossire, perché, dalla prima volta che lui l’aveva guardata così, lei si era infatuata di quell’uomo dall’animo tormentato e maldetto che si nascondeva dietro alla maschera del pagliaccio.

Indossava una camicia da notte in raso, verde, senza maniche e che le arrivava quasi ai piedi. Era bellissima- e come le aveva detto una volta, il verde era il suo colore. E poi, quello era un suo regalo, e lui era famoso per il suo impeccabile gusto…

“Jane, sai che non abbiamo un’orda di serial killer alle costole ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, vero?” Gli chiese, avvicinandosi a lui e massaggiandogli le spalle. Le era scappato di chiamarlo per cognome, Jane, talmente ci era abituata… dopotutto, lui era stato Jane, il suo collega, il suo consulente, per dodici anni, mentre Patrick… beh, lui era Patrick da appena nove mesi. Ci doveva ancora fare il callo. O chissà, forse non se lo sarebbe mai fatto.

“Lo hai detto anche al nostro matrimonio, sette mesi fa.” Jane sospirò, guardando Evan. “Dove, ti rammento, siamo stati attaccati da un serial killer.”

Teresa si morse le labbra e gli diede delle pacchette sulla spalla. Aveva ragione. Anche se, tecnicamente, la colpa era stata tutta di Jane- era lui quello davvero bravo a far arrabbiare la gente, e tirare fuori il peggio del peggio da chiunque…

“Vado a preparati un the.” Gli disse, cambiando argomento, lasciandogli un bacio sui boccoli biondi, che quel cherubino di loro figlio aveva ereditato, come pure quegli occhi di un azzurro intensissimo.

Appena lei ebbe lasciato la stanza, Jane allungò la mano al suo smartphone, e andò a rileggere un articolo di un quotidiano nazionale pubblicato alcuni mesi prima, che era andato a ripescare quella mattina stessa dopo aver controllato, come suo solito, le rassegne stampe internazionali giusto per vedere se nel mondo stesse accadendo qualcosa di interessante che potesse usufruire delle sue eccellenti doti di mentalista.

 

VISUALIZE, LA SETTA APRE UNA SEDE A TOKYO

Il gruppo di “auto-aiuto” inaugura una sede nella capitale del Giappone tra mille polemiche.

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 Sono passati tre anni dal tentato omicidio di Bret Stiles, quando il fondatore di Visualize- per gli adepti un gruppo di auto-aiuto, ma una vera e propria setta per i più – scampò a morte certa dopo che uno degli ex-membri del gruppo, lo Sceriffo Thomas McAllister (Napa Valley) e l’allora direttore del CBI (California Bureau of Investigation) tentarono di incastrare il carismatico e contestato mogul per gli omicidi commessi dal noto serial Killer John il Rosso, che per oltre vent’anni aveva terrorizzato il sud-ovest degli Stati Uniti.

Oggi, dopo aver “fatto pulizia del marcio”, come lui stesso dice, Stiles e Visualize risorgono dalle ceneri come la fenice, e la riapertura delle sedi in tutto il mondo coincide con l’inaugurazione della prima sede della “Chiesa della realizzazione interiore” in Giappone.

Luogo scelto, il controverso quartiere di Shinjuku (Tokyo), sede del governo centrale della città di Tokyo, ma anche di uno dei più grandi quartieri a luci rosse del mondo. Proprio lì Stiles ha deciso di aprire la sua nuova casa: “Le giovani che popolano quella zona sono anime perse, che noi abbiamo il dovere morale di supportare”, ha dichiarato Stiles, 77 anni (raffigurato in un’immagine di repertorio), che nonostante l’età e le vicende legali che lo hanno visto protagonista negli ultimi anni in tutto il mondo tiene ancora salde le redini del gruppo, che ereditò nel 1976 da Timothy Farragut, il fondatore, alla sua morte, avvenuta in circostanze misteriose. Voci di corridoio…  


Avvertendo i passi leggeri della moglie, Jane chiuse la schermata e nascose il telefono, e quando lei gli offrì la tazza- quella azzurro Tiffany, che gli aveva regalato per Natale quando a malapena erano colleghi, figurarsi amici o amanti- la prese col sorriso, dandole un casto ma dolce bacio sulla guancia, a cui Teresa rispose con un sorriso anche lei, ma tirato- si fermò dalla porta, voltandosi verso il marito, conscia che, di nuovo, lui le stava nascondendo qualcosa, convinto che quello fosse il suo unico modo di proteggerla, e non perché non si fidasse. Ancora non capiva che l’unico modo per essere al sicuro, essere sempre pronti, era fidarsi l’uno dell’altra e non nascondersi nulla: possibile che in quasi quindici anni non avesse imparato nulla? Che non capisse cosa gli errori del passato gli avevano causato?

Scosse il capo, triste e delusa e preoccupata, mentre il marito fissava il loro figlio, vivo  e sano, diversamente dalla sua sorellina Charlotte, morta a causa dell’ubris del padre, senza sapere cosa stesse passando per la mente di Jane. Rimase lì, immobile, con il cuore spezzato,  a guardarlo per un tempo lunghissimo, sapendo quanto l’io interiore di quell’uomo fosse differente dalla visione che dava in quel momento- a chiunque altro, con la tazza in mano, intento a sorseggiare il suo the, sarebbe parso come il ritratto della tranquillità, ma lei sapeva che era turbato.

Solo, non sapeva cosa fosse a renderlo così. Si era pentito di averla sposata? Sentiva di star tradendo Angela, la sua defunta moglie? O era semplicemente un padre-iperprotettivo, ora che Evan era nato?

Tornò in cucina per finire di mettere a posto, e non vide Jane che riprendeva in mano il telefono, e mandava un messaggio, pensieroso, sentendosi colpevole come un ladro….

Tokyo (Giappone), nel quartiere di Shinjuku…

Con le mani in tasca ed il capo chino, Kaori camminava sospirando per le strade di quel quartiere in cui era cresciuta, e che forse, solo con Ryo, aveva imparato ad amare.

Con ogni passo, sentiva il peso sulle spalle farsi sempre più pesante, ed il cuore spezzarsi in mille pezzettini mentre veniva trafitto da mille cristalli di ghiaccio.

Non sapeva se sentirsi più delusa dal comportamento di Ryo, che le aveva fatto capire di amarla per poi ritrattare le parole dette, attribuirle alla foga del momento, al bisogno di distare il nemico, e che lei, comunque era come un fratello per lui.

Non era stupida. Sapeva che il 90% delle volte Ryo le parlava in quel modo, uccidendo la sua femminilità, per allontanarla da sé e saperla al sicuro, fuori da quella vita pericolosa, e che il restante 10% delle volte era per pura abitudine… eppure, faceva male. Ogni. Sacrosanta. Volta.

“For fuck’s sake, watch where you are going!” Kaori cadde a terra, persa nei meandri dei suoi pensieri, e sentì una voce maschile sibilare rabbiosamente al suo indirizzo con un forte accento inglese- anzi, americano, quasi del tutto identico a quello del “buon” Mick.

“Brother Thomas, enough!” Sentì un’altra voce, più bassa, ma decisa e autoritaria, parlare. Con il fondoschiena dolorante, Kaori aprì gli occhi,  e vide che, nella sua sbadataggine, aveva fatto cadere a terra un vecchietto, un signore composto, elegante, dagli occhi azzurri- ed occidentale- sui settant’anni. “Le chiedo scusa per l’irruenza e la maleducazione del mio amico, signorina. Thomas non ha capito che tanto io quanto lei eravamo assorti nei nostri pensieri.”

Le disse, in perfetto Giapponese, in tono galante, mentre, alzandosi e spolverandosi la polvere dal costoso completo, le offriva la mano per aiutarla ad alzarsi, che lei afferrò sorridendogli timidamente, ed arrossendo- non era proprio abituata ad avere intorno uomini galanti. “Oh, la ringrazio, ma il suo amico ha ragione. Devo scusarmi io, ero assorta nei miei pensieri e non vedevo dove andavo…”

“Sembra turbata, signorina, una vittima degli eventi, della vita….”  L’uomo la guardò negli occhi, in silenzio, sembrò scrutarle dentro l’anima con quei suoi occhi di ghiaccio. Il cuore di Kaori andò a mille, e desiderò poter ritrarre la mano che lui ancora stringeva, ma la morsa dell’uomo sembrava ferrea, i movimenti del pollice sulla sua pelle quasi ipnotici.

Aveva paura. Aveva davanti un vecchietto di ottant’anni, eppure era terrorizzata.

“Tanto potenziale… una tale bellezza… eppure, un tale spreco…”  sospirò, tenendo lo sguardo saldo. Kaori finalmente riuscì a liberarsi dalla presa, e lui la guardò correre via, come un cerbiatto spaventato, una vergine sacrificale, terrorizzata da quell’inusuale incontro, che l’aveva lasciata stremata più di tutti gli altri avversari che lei e Ryo avevano incontrato negli anni - nemmeno Kaibara aveva avuto quest’effetto su di lei.

“Mi incuriosisce quella ragazza…ha un qualcosa di… stuzzicante.” L’uomo si voltò verso uno dei suoi uomini, con un sorriso compiaciuto sul viso. “David, seguila e scopri tutto quello che puoi su di lei. Credo che abbiamo appena trovato un’altra pecorella da aggiungere al nostro ovile…”

“Come desidera, Mister Stiles.”

Dopo avergli fatto un breve inchino, David si mischiò alla folla, alla ricerca della preda del padre e leader di Visualize…   

 

   
 
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