Migliori Amici e Fidanzati
Hermione vide
Harry e Ron dall’entrata della Sala Grande e si affrettò ad uscire. Non se la
sentiva di affrontarli in quel momento e negli ultimi giorni li aveva evitati,
cosa che li aveva fatti arrabbiare sempre di più. Sfortunatamente, quel giorno
la sua sorte non volle sorriderle perché riuscì a malapena ad attraversare il
giardino che qualcuno la afferrò e la fece voltare.
“Non puoi
continuare a scappare, Hermione. Alla fine, dovrai parlarci”, disse Ron.
“Non sapevo
di essere io quella che vi ignora”.
“Dobbiamo parlarle”.
“Volete
parlarmi oppure urlarmi addosso?”.
“Vogliamo
capire”.
Hermione guardò Harry. Non sembrava volesse capirle nulla.
“Sicuro? Forse
tu sì, Ron, ma non credo sia lo stesso per Harry”.
“Non penso
di poter capire”, replicò lui. “Ma voglio sapere perché”.
“I sentimenti
non sono semplici da spiegare. Non è che io mi sia svegliata una mattina ed
abbia pensato “sai che c’è? Penso oggi mi innamorerò di Draco Malfoy, così agiterò
un po’ le acque”. È semplicemente successo”.
“Come è
potuto accadere con uno come lui?”, chiese frustrato.
“Perché non
è la persona che credi. Ho passato del tempo con lui, l’ho conosciuto ed è
diverso dal borioso che è sempre stato”.
Harry fece
una smorfia. “Per favore, Hermione, davvero vuoi rifilarci la solita storia
smielata?”.
“Ma è vero!
Come puoi all’improvviso pensarla diversamente su Piton ma non riuscire a fare
la stessa cosa con Draco?”.
“Le azioni
di Piton ci hanno dimostrato la sua vera personalità”.
“E così
anche Draco! Noi sappiamo a che tipo di pressione è stato sottoposto. L’hai
detto tu steso che non è riuscito ad uccidere Silente, ha abbassato la bacchetta,
e non ha detto a Bellatrix chi fossimo a Malfoy Manor. La sua riluttanza ad
eseguire qualsiasi ordine gli fosse stato dato come Mangiamorte dimostra che
non era in grado di diventare una persona simile!”, urlò con passione.
“Stai
davvero cercando di far passare la codardia di Malfoy per una specie di
caratteristica che possa redimerlo?”, chiese incredulo Harry.
“Sì, è così.
Era un codardo nel senso che, nel profondo, sapeva quanto fosse sbagliato ciò
che stava facendo. Gli mancava la convinzione per diventare un vero
Mangiamorte. È davvero codardia, questa? O forse voleva fare la cosa giusta ma
non aveva idea di come?”.
“Merlino, Hermione.
Ti ha davvero rigirata se sei capace di dire tante sciocchezze”, sbottò Ron.
“Oh, certo, dev’essere
questo il motivo! Stupia Hermione, è troppo infantile per capire la differenza
da sola. O magari è perché le piacciono i maghi oscuri. Non è così, Ron?”, urlò
lei.
“Sei sempre
stata troppo compassionevole per il tuo stesso bene. Malfoy ti ha venduto una
storiella strappalacrime su quanto sia stato mal cresciuto e tu ti sei
abbassata le mutande”, rispose crudele Ron.
Hermione sussultò
come se l’avesse presa a schiaffi, ferita che avesse potuto dirle una cosa del
genere. “Pensi davvero una cosa simile di me?”, gli chiese con calma.
“Crediamo tu
non abbia esperienza con i ragazzi e sia sempre troppo incline a vedere il
meglio delle persone”, si intromise Harry.
“Non sono un’idiota.
Quando lo capirete?”.
“Quando inizierai
a prendere decisioni migliori”.
“Sono
rimasta al tuo fianco qualsiasi decisione tu abbia preso, Harry, anche se non l’approvavo.
Quando invece sono io a fare qualcosa, un’unica cosa, che a te non piace sei molto
veloce a giudicare”.
“Questo non
è un piccolo errore”, continuò lui.
“E non lo è
stato nemmeno il Reparto Misteri”.
Harry si
ritrasse, bianco come un lenzuolo, ed alzò un dito contro di lei. “Conosci le
circostanze”, sibilò. “Non è per niente comparabile con questo”.
Hermione si
morse un labbro. Si sentiva male per avergli detto una cosa simile ma era
stanca di essere sempre lei quella responsabile. “Senti, non te l’ho detto per
incolparti. Ti stavo solo facendo capire che non è sempre tutto bianco e nero
come credi”.
“Infatti è
più nero che bianco”, grugnì Ron.
Hermione si
strofinò gli occhi. “Sapete cosa? Voi potete anche continuare a vivere
felicemente in un mondo dove potete tenervi gli stessi pregiudizi che c’erano
prima della sconfitta di Voldemort, ma io non rimarrò lì con voi. Non mi farò fermare da qualche lamentela meschina”.
“Ciò che
proviamo per Malfoy non è per niente meschino”, la interruppe Harry.
“No, ma se
gli dessi una possibilità capiresti che non c’è bisogno di lamentarsi”.
“Che cosa? Mi
dirà che gli dispiace per tutte le porcherie che ha combinato in questi anni?”.
“Sì”,
replicò semplicemente lei.
“Ti prego, Hermione!
Alza la testa dalla sabbia”, sbottò Harry.
“Si è scusato
con me”.
“Sì, perché
sa riconoscere i punti deboli quando li vede”, la prese in giro Ron.
“Oh, certo! Perché
questo ha molto più senso rispetto al fatto che gli possa dispiacere sul serio”.
“È Malfoy! È
un coglione!”.
“Questa è la
tua risposta a tutto?”.
“Che altra
risposta ci potrebbe essere?”, insistette testardo Ron.
Hermione scosse
la testa triste e guardò i suoi amici. “Sapete, mi dispiace per voi. Avete la
vista ristretta e non riuscite a capire il lato buono delle persone”.
“Non di
quelle come Malfoy”.
“Non
andartene, Hermione!”, urlò Ron.
“Perché no? Ascoltereste
davvero ciò che ho da dire o mi chiederete solo di lasciarlo?”.
Harry e Ron la
fissarono. Gli diede il tempo di rispondere, ma rimasero in silenzio. “Come pensavo”,
disse prima di andarsene.
Aspettò di
allontanarsi abbastanza prima di appoggiarsi al muro più vicino. I litigi con Harry
e Ron l’avevano sempre scombussolata e fatta sentire vulnerabile e, quel
giorno, non avrebbe fatto eccezione. Cosa peggiore, tutta quella diatriba la
stava rallentando con il ripasso per i M.A.G.O.
Ginny li
guardò litigare dalle scale di Hogwarts. Il divario tra Harry, Ron ed Hermione si
stava allargando. Aveva pensato che Harry avrebbe iniziato a calmarsi dopo la
loro conversazione ma ormai erano passati giorni ed era ancora infuriato per quella
situazione. Ron sarebbe stato più semplice da calmare, se Harry non fosse stato
così certo che Hermione avesse perso la testa.
Ginny si era
ritrovata in mezzo, bloccata. Faceva del suo meglio per perorare la causa di Hermione
ma i ragazzi si rifiutavano di ascoltare, gran parte perché erano stati feriti
nell’orgoglio. Per qualche motivo, Harry si era convinto che Hermione non si
sarebbe messa con Malfoy se lui fosse intervenuto prima. In ogni caso, lei ne dubitava.
Hermione non avrebbe smesso di aiutarlo sulla base della sua sola richiesta,
proprio come adesso si rifiutava di smettere di frequentarlo solo perché Harry glie
lo ordinava.
Ginny sospirò
e scese lentamente le scale.
“Quando
inizierete ad accettarlo?”, chiese dietro di loro.
“Come
facciamo?”, chiese belligerante Ron.
“È ciò che
vuole. L’avresti ascoltata se ti avesse detto che non potevi stare con Hannah?”.
“È diverso. Hannah
non è un serpente strisciante che ci ha reso la vita un inferno”.
“Immagina
fosse la Parkinson, allora. Se ti fossi innamorato di lei come con Hannah, ci
avresti rinunciato se Hermione te lo avesse chiesto?”.
“Ginny! Hai
perso la testa? Preferirei immaginarmi con Fierobecco!”.
Ginny alzò gli
occhi al cielo e si voltò verso Harry. “Non stai facendo altro che spingerla
ancora di più tra le braccia di Malfoy. Non credevo saresti stato così testardo”.
Harry sembrò
insicuro. “Non so perché non ci riesco, ma è così”.
“Provaci!”, gli
ordinò. “Prima di perderla per sempre. Se non cambierete idea, succederà”.
Harry la
guardò e lei notò il conflitto nei suoi occhi. Era ovvio che le mancasse l’amica
ma la sua testarda incapacità di ascoltare ciò che Hermione gli voleva dire ed
il desiderio, giustificato o meno, di perpetrare l’odio verso Malfoy stavano distruggendo
qualsiasi possibilità di farlo ragionare. Almeno, però, non avrebbe completamente
dimenticato le sue parole.
“Ci proverò”,
disse annuendo.
Ron fece una
smorfia ma Ginny lo ignorò. Suo fratello era pieno di rabbia ma, se Harry avesse
abbassato la testa ed accettato a malincuore la situazione, l’avrebbe fatto
anche lui.
Ginny,
contenta di essere riuscita a far ragionare, Harry, tornò nel castello.
Hermione rimase
in giardino, nascosta dietro un muro, per il resto del pranzo. Non aveva
nemmeno fame e lo stomaco le si era stretto in un fascio di nervi. Si sedette
ed iniziò a pensare cosa avrebbe potuto fare se Harry e Ron non l’avessero
perdonata. Non avrebbe mai lasciato Draco solo perché glie lo ordinavano e,
comunque, permettere loro di avere un potere così grande su di lei non sarebbe
stata una grande idea. Avrebbero pensato di poter interferire con la sua vita
privata ogni qualvolta avessero voluto. Però non voleva nemmeno rinunciare alla
loro amicizia. Sì, erano testardi e la facevano infuriare e, francamente,
spesso degli idioti, ma sapeva anche che le volevano bene ed erano preoccupati
per lei. Ciò non scusava il loro comportamento ma non poteva odiarli per
questo, non avrebbe mai potuto.
Udì la
campanella suonare l’inizio delle lezioni pomeridiane e si alzò lentamente,
asciugandosi le mani sporche sulla veste. Avrebbe dovuto recarsi ad Artimanzia
e sarebbe almeno riuscita ad evitarli, manche se ci sarebbero comunque stati Dean
e Seamus. Non che quel giorno avesse intenzione di prestare loro attenzione. Non
avrebbe ascoltato né Harry, né Ron, né tantomeno quei due.
Quando svoltò
l’angolo della classe, trovò Draco ad aspettarla alla porta. La vide e perse l’espressione
tesa. “Eccoti!”, esclamò.
“Scusa, ho
passato il pranzo di fuori”.
Lui la
raggiunse e le strofinò le mani sulle braccia. “Ero preoccupato”.
“Ho incontrato
Harry e Ron e non me la sono sentita di rientrare a mangiare”.
Il volto gli
si oscurò. “Adesso che hanno detto?”.
“Niente di
nuovo. Penso stiano ancora sperando che mi liberi di te”.
Draco imprecò.
“Ehi”, gli disse. “Non succederà”.
“Vorrei che Potter
tirasse fuori la testa dalle chiappe”.
Hermione sorrise.
“Ti comporteresti diversamente se Pansy frequentasse Harry?”, gli chiese,
inconsciamente suonando come Ginny.
Lui strinse
la mascella. “Pansy non scollegherebbe mai il cervello”.
Hermione alzò
un sopracciglio. “E perché tra noi sarebbe diverso?”.
“Non sono un
idiota come Potter”.
“Questo è
discutibile”.
Draco si
passò una mano tra i capelli. “Ok, capisco che intendi”, le concesse
malvolentieri.
“Vedi? Non era troppo difficile”.
“Lo pensi tu”, mormorò.
“Vorrei sapere
quando lo accetterà”.
Draco le
mise un braccio attorno alle spalle e la fece entrare in classe. “Lo capirà. Probabilmente
quando vorrà passarti un tema da correggere”, le disse baciandole la tempia.
Hermione voleva
sperare fosse così semplice ma sapeva che non sarebbe successo. Almeno Draco stava
cercando di farla sentire meglio, piuttosto che arrabbiarsi ed aggiungerle preoccupazioni.
Probabilmente
avrebbe cambiato idea se avesse saputo ciò che gli stava passando per la testa.
Aveva notato quanto il problema con i suoi amici si fosse acuito e non era così
stupido da non capire che, se le cose non si fossero risolte con Potter e Weasley,
non sarebbero durati a lungo. La testardaggine ed il desiderio di non voler
essere comandati non li avrebbe portati lontano e la Granger non sarebbe stata
felice se non fosse riuscita a fare pace con quei due. La loro relazione ne
avrebbe risentito e presto si sarebbero lasciati.
Poteva anche
essergli voluto un po’ a capire quanto fosse innamorato di lei ma, appena accettata
la cosa, aveva capito di volere una cosa seria. Non avrebbe rinunciato a lei
senza combattere e, se avesse significato fare quello che aveva in mente, lo
avrebbe fatto. La sua felicità poteva valere un pezzo del suo orgoglio.
I mormorii e
le occhiate degli altri non avrebbero significato nulla per la Granger se
avesse avuto al suo fianco gli amici ma, se fossero rimasti arrabbiati con lei,
avrebbero iniziato ad abbatterla. Percepì la sua tensione quando entrarono
nella classe di Artimanzia, dove Finnegan e Thomas iniziarono a fissarla crudeli
e con il disgusto dipinto in faccia. Hermione sembrava a pezzi e sapeva quanto
avesse pianto durante la notte, visto che si era svegliato più di una vola con
lei che cercava di singhiozzare nel cuscino.
Non aveva
saputo cosa fare ma, fermo di una nuova convinzione, stava diventando più
positivo. Non avrebbe permesso a degli estranei di separarli. Aveva passato la
vita a seguire gli ordini degli altri e non lo avrebbe più accettato. Percepiva
ancora le occhiate di Thomas, così gli ghignò. Fanculo loro e qualsiasi altro
bastardo lì fuori.
Quella sera,
Draco aspettò finché Potter non tornò dall’allenamento di Quidditch. Si posizionò
di fronte alla porta ed intercettò il Ragazzo che è Sopravvissuto quando entrò
nell’atrio.
“Potter,
possiamo scambiare due parole?”. Non gli avrebbe mai chiesto per favore.
Il gruppetto
attorno a Potter si bloccò e tutti lo fissarono. Weasley aveva la bocca aperta
per lo stupore, non avrebbe mai capito come la Granger avesse potuto trovarlo
attraente, mentre gli altri si accigliarono.
“Con comodo,
Potter”, biascicò.
Il Capitano
dei Grifondoro fece cenno alla squadra di andare e preso Draco rimase solo con
lui e Weasley. “Speravo di poter parlare da soli”.
“Non andrò
da nessuna parte con te, Malfoy. L’ultima volta mi hai lanciato un Pietrificus
e mi hai picchiato”.
“Questa
volta è un invito e non stai andando in giro con il Mantello dell’invisibilità
ad origliare conversazioni che non ti riguardano”.
“Il tuo
ruolo di Mangiamorte mi riguardava, e dovrebbe riguardarmi anche Hermione”.
“Rimaniamo
qui a rispolverare il passato oppure vuoi sapere cosa ho da dirti?”.
“Non sono
sicuro di voler ascoltare”.
“Ottimo!
Beh, sarò più che contento di dire alla Granger che ci ho provato ma non hai
avuto alcun interesse”.
Il Prescelto
si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi. “Ok, spara allora”.
“Prima liberati
del compare”.
“Ehi”,
protestò Weasley.
“È tra te e
me, Potter, lo è sempre stato. Weasley è superfluo in questa conversazione”.
“Fanculo, Malfoy.
Ho lo stesso diritto di stare qui di Harry”.
Draco non lo
guardò nemmeno e tenne gli occhi puntanti su Potter, constatandone l’accettazione.
“Ron,
lasciami da solo con Malfoy”.
“Cosa? No! Dovrei
rimanere anche io!”.
Potter si
voltò verso di lui. “Lasciami ascoltare ciò che deve dire”.
“Non è
giusto! È anche mia amica!”.
“Lo so, ma
vuole parlare con me. Dubito mi dirà qualcosa di illuminante, ma forse dovrei
ascoltare”.
Draco ghignò
mentre Weasley sembrava prossimo a fare i capricci. Alla fine, li guardò
entrambi e se ne andò.
“Donnola poppante”,
gli urlò dietro Draco.
“Fanculo,
Malfoy”, grugnì Weasley..
“Mi stai già
facendo pentire di averti voluto ascoltare”, disse Potter.
“Nessuno dei
due sarebbe qui se non fosse per la Granger quindi risparmiati le cazzate da
martire per qualcuno che ci crederà”.
“Che cosa ci
veda, in te, è un mistero”.
“Potrei dire
esattamente la stessa cosa”.
“Allora
inizia”.
Draco si
prese un minuto per ricomporsi. Il ragazzo riusciva sempre a farlo
surriscaldare ma, per il bene della Granger, avrebbe ricacciato indietro l’istinto
di prenderlo a pugni.
“Che cosa
stai combinando con la Granger?”.
“Che intendi?”.
“Non fare il
finto tondo, non ti si addice”.
“Vuoi solo
insultarmi o hai sul serio qualcosa da dire?”.
Draco si passò
una mano tra i capelli. “Senti, per me non è facile. Non mi piaci, non mi sei mai
piaciuto. Tiri fuori il peggio di me ma sei il migliore amico di Hermione e per
lei significhi molto”.
“Grazie per
questo riassunto sconvolgente, Malfoy. Sono così felice di essermi fermato”, rispose
sarcastico Potter.
“Chiudi
quella cazzo di bocca e lasciami finire”, sbottò lui. Aspettò un attimo per
avere conferma di non essere più interrotto ed il Grifondoro annuì.
“È a pezzi. Questo
divario tra di voi la sta distruggendo. Non vuole la tua benedizione, sa già
che non glie la darai mai, vuole solo che provi a capirla e la smetti di metterle
addosso tutta questa pressione”.
“Perché non
è venuta a dirmelo lei stessa?”.
“Credi mi
abbia mandato a parlare lei? Metti in moto quel cervello che penso tu possieda.
Pensi davvero che non ci sia qualcuno di meglio da mandare per perorare la sua
causa?”.
“Allora perché
sei qui?”.
“Perché non
stai ascoltando. Non ho idea di ciò che la rossa bisbetica che chiamerai moglie
ti dica ma, qualsiasi cosa sia, ti rifiuti di capire”.
“E tu pensi
di avere qualche possibilità in più?”.
“Il fatto
che io sia qui dovrebbe dirti qualcosa”.
“E sarebbe?”,
chiese testardo Potter, non volendo rendergli la cosa più facile.
“Sei davvero
un mulo”, disse divertito Draco. Di norma si sarebbe irritato con il Prescelto
ma la Granger doveva averlo rammollito.
“Io posso
anche essere testardo ma non sono quello che ha passato anni a renderle la vita
un inferno”.
“Non ti racconterò
ciò che ho detto a lei, perché non ti riguarda, ma Hermione sa che mi pento del
mio precedente comportamento”.
“Lo spero
proprio, altrimenti sarei preoccupato per la sua salute mentale. Che poi sia
vero o meno, è un altro discorso”.
Draco percepì
la rabbia montare e lottò contro il desiderio di dire a quell’idiota di andare
a fanculo.
“Sono qui perché
mi importa di lei”.
“Ti importa?
Wow, che profondità”.
Gli ci volle
tutta la sua forza per ricacciare indietro la risposta che avrebbe voluto
dargli. Per il bene della sua ragazza, lasciò perdere il commento sarcastico. “Questa
relazione non è ciò che pensi”.
“E che cosa penso?”.
“Che io la
stia frequentando perché mi fa comodo”.
“E dovrei
prendere per buona la tua parola?”.
“NO, ma
dovresti fidarti di lei. Ha deciso di volerci dare una possibilità. Dovresti fidarti
del suo giudizio”.
“E se il suo
giudizio fosse offuscato?”.
“Da cosa?”.
“Dopo la
scena a cui ho assistito, dalla lussuria?”.
Draco imprecò.
“Se pensi una cosa del genere, non la conosci affatto. Pondera sempre tutto e
non avrebbe mai messo in pericolo la vostra amicizia per una cosa così banale”.
“Come faccio
a sapere che non la stai usando?”.
“Non puoi,
io posso solo dirti che non è così e che la amo. Ciò che vorrai fare con questa
informazione sta a te deciderlo”.
“La ami?”.
“Perché credi
sia qui ad ignorare il mio orgoglio e parlarti? Se non me ne importasse niente me
ne fregherei se non volessi più parlarle”.
Potter iniziò
a battere le dita sul manico della scopa, passandolo da una mano all’altra. “E
cosa dovrei fare con questa informazione?”, chiese confuso.
“Smettila di
fare l’idiota e fai pace con lei”.
“E poi cosa?”.
“Accetta il
mio ruolo nella sua vita come io faccio con te. Dubito diventeremo mai amici ma
lei non è felice senza di te. Magari dovresti capirlo”.
“Quando sei
diventato così maturo?”.
Draco sorrise
tetro. “Azkaban ha un modo tutto suo per questo”.
Il Grifondoro
lo fissò serio. “E se dovessi renderla infelice?”:
“Non riesco
a credere a ciò che sto per dire ma, se dovessi fare cazzate ti do il permesso
di picchiarmi. Me lo meriterei”.
Potter grugnì
prima di allungargli la mano. Draco esitò per un momento, ma alla fine glie la
strinse. Nessuno dei due mancò di notare il significato di quella stretta, dopo
tutto ciò che era successo.
“Rispetto il
fatto che tu sia venuto a parlarmi”, disse Potter accondiscendente.
Draco annuì,
rifiutandosi di essere grato per quelle parole del Prescelto. “Dì ai tuoi
compari Grifondoro di smetterla. Non voglio più sentire commenti né vedere
occhiatine, ed assicurati che Thomas non la affronti più”.
Potter si
accigliò. “Dean le ha parlato?”.
“Le ha
urlato addosso e le ha fatto passare dei brutti cinque minuti. Non apprezzo
arrivi da me sconvolta ed in lacrime”.
“Mi assicurerò
non ricapiti. Non se lo merita”.
“Non merita
nemmeno che i suoi due migliori amici la trattino da esclusa”, commentò Draco,
notando con soddisfazione il lampo di colpevolezza che passò negli occhi di
Potter.
“Le parlerò”,
mormorò il Grifondoro.
“No, farai
di più. Ti scuserai e farai pace con lei”.
Potter sembrò
volersi ribellare per un momento, ma preso assunse un’espressione rassegnata ed
annuì prima di dirigersi verso la torre dei Grifondoro.
Draco rilassò
le spalle, rilasciando la tensione che si era accumulata da quando aveva deciso
di dover parlare con l’amico della Granger, qualche ora prima. Non voleva nient’altro
che accoccolarsi con lei ma, conoscendo Potter, sapeva che sarebbe andato
subito dalla Grifondoro e dubitava avrebbero finito tanto presto. Riluttante,
si diresse nei sotterranei. Non ci dormiva da settimane.