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Autore: beep beep richie    26/11/2020    3 recensioni
IT [ REDDIE!AU ]
Di cosa profuma Richie Tozier? Un quesito simile, prima di quel momento, Eddie non se l’era mai posto. Se ne stava in piedi davanti allo specchio del bagno a fissare il proprio riflesso ed aveva appena finito di constatare che la camicia con le palme di Richie fosse molto, anzi tremendamente larga, cazzo. Di cosa profuma Richie Tozier? Di stupido, innanzitutto. Aprì gli occhi e si rese conto di star sorridendo, piuttosto soddisfatto, ma farlo in assenza del suo amico gli sembrò un attimo dopo un po’ sciocco. Che gusto c’era ad insultare Richie se quello non poteva sentirlo? Se lo figurò proprio: s’immaginò quello che, ridendosela, quella sua risatina del cazzo, gli diceva che insultarlo in sua assenza fosse poco producente e poi faceva un’imitazione di qualcosa che Eddie non conosceva. «Sta’ zitto, Richie!» Un. Attimo. Cavolo. «Oh, perfetto, adesso per colpa tua mi metto anche a parlare da solo!» Era peggio di un’infezione, Rich gli avrebbe fatto venire una malattia mentale e non andava bene, oh, non andava proprio bene. Se gli avesse fatto venire una malattia, sua madre ne sarebbe uscita pazza.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finché ti va

 

Vi fosse stato il terremoto, Eddie Kaspbrak non se ne sarebbe mai accorto. Un po’ perché il banco lo faceva tremare lui stesso con quella gamba che non riusciva a stare ferma, un po’ perché per la testa aveva problemi ben peggiori di stupidi terremoti, non ci stava proprio. Era altrove, era sotto la propria finestra, sull’erba umida che era stata tagliata appena quella mattina, poi era in casa Tozier, sicuramente sul letto di Richie sempre sfatto nonostante Maggie chiedesse un po’ d’ordine, era – nella peggiore delle ipotesi – nell’ospedale di Derry. Ancora.
 
«E-E-Eddie!» lo chiamò a voce bassa Bill, chi poteva dire se più preoccupato per l’eccessiva quantità di ansia del suo amico o per le occhiatacce che l’insegnante aveva cominciato a rivolgergli da due minuti. «Stai facendo t-tremare t-t-tutto, porcaccia!»
 
Non stesse pensando in quel momento allo stato di Richie, l’avrebbe rimproverato per aver balbettato il suo nome. Andiamo, Bill, sono il tuo migliore amico! Non balbettare il mio nome, odio quando lo fai! Invece non riusciva a smettere di figurarsi la scena del giorno precedente: Richie atterrato sul terreno che si piegava per il dolore su un lato, pur assicurandogli di stare bene, poi all’improvviso Sonia, le urla, il divieto al povero ferito di arrampicarsi nuovamente fino alla finestra del figlio, l’arrivo dei signori Tozier in seguito alla telefonata e di nuovo Richie che, prima di sparire assieme ai genitori, ma prima anche che Sonia tirasse via Eddie per un braccio, gli donava un sorriso rassicurante affinché Eddie smettesse di guardarlo con aria terrificata. Però non stava bene, cazzo. Richie si era fatto male.
 
«E-Eddie, cazzo!» sussurrò con forza ancora Bill.
 
«Denbrough.» lo richiamò l’insegnante, pur accortosi che lo studente stesse cercando soltanto di richiamare il... «Kaspbrak, per favore, attenzione.»
 
Bill gli diede una gomitata, facendolo tornare tra loro.
 
«Eh? Oh. Mi scusi.» fece Eddie, avvampando sulle guance per il rimprovero, muovendo ancora con agitazione quella dannata gamba.
 
«Cercate di pensare ai fatti vostri più tardi, grazie.» L’insegnante non si dilungò troppo, quindi tornò alla sua lezione di geografia.
 
«S-se continui in q-q-questo modo, f-finirà che dovremo chiamarti M-ma-M-Magnitudo!» disse Bill a voce più bassa rispetto a prima, a malapena udibile dal compagno di banco.
 
«Non riesco a concentrarmi!» rispose Eddie, ma per evitare di essere caotico come sapeva essere decise praticamente di mimarle con le labbra, queste parole.
 
«Si vede!» Bill si voltò verso l’insegnante per assicurarsi che non stesse badando a loro e quando fu certo che la sua attenzione fosse tutta per il Congo tornò a Eddie. «È normale che d-dopo q-q-quello che è successo s-salti scuola, o-oggi!»
 
«E se è grave?!»
 
«N-non ha fatto chissà che v-volo, f-fidati che ha... a-abbiamo passato di peggio di-di una c-caduta del genere, o-okay, E-»
 
«Allora perché cazzo non è venuto a scuola?!» lo interruppe Eddie, spaventato dalla sola idea che potesse essere lui la causa dell’incidente del suo caro Richie.
 
«Kaspbrak oggi non ha molta voglia di seguire la lezione, vedo.» commentò l’insegnante, oramai spazientito.
 
«C-ci scusi, p-problemi familiari!» rispose Bill per l’amico. Eddie guardò con tanto d’occhi prima lui e poi l’insegnante, quindi annuì con estrema, fintissima convinzione.
 
«Come ho detto, i problemi lasciateli per dopo! Alla prossima vi assegno un capitolo da studiare in più!»
 
«Ci scusi.» conclusero all’unisono i due. La gamba di Eddie però continuò ad agitarsi per il resto dell’ora.
 
Le lezione successiva fu quella di matematica, il momento perfetto per continuare quella conversazione. Beh, secondo Eddie, perlomeno! L’insegnante lo rimproverò per non essere attento durante la correzione degli esercizi assegnati per casa, gliene fece allora correggere un paio, ma senza Richie, il giorno precedente, Eddie non aveva fatto un granché e non fece una bella figura. Poi però, per fortuna, cominciò la mezz’oretta di interrogazioni, il momento davvero perfetto per i bisbigli tra Kaspbrak e Denbrough.
 
«Secondo te quanti metri sono?»
 
«Dalla tua f-finestra al t-t-terreno, d-dici?»
 
«Sì! Secondo me si è rotto una gamba, o tutte e due! Magari sta già sulla sedia a rotelle, per questo non può entrare!»
 
«G-g-guarda che la scuola c-ce l’ha un’e-un’entrata ap-p-posita!» Storse le labbra. «E n-non essere c-così esagerato, non p-p-può essere finito su una cazzo di sedia a r-r-rotelle!»
 
«Ma le stampelle sì!»
 
«P-può darsi, ma se ci è f-f-finito, allora vuol dire che s-si rim-rimetterà! Con le s-stampelle non si v-vive per-per sempre!»
 
Eddie emise un mugolio e posò la testa sul banco. Bill gli batté una mano sulla schiena.
 
«N-non sentirti colpevole, è s-stato Richie a inciampare, n-non l’hai mica s-s-spinto tu, E-Eddie!»
 
Ma io l’ho spinto fuori perché se ne andasse subito. Perché avevo paura.
 
Eddie scosse la testa, l’umore giù, la testa giù.
 
«Sono stato uno stupido, Bill! Avrei dovuto farlo uscire dalla porta... Stupido, stupido, stupido!»
 
«Dopo s-scuola andiamo a t-trovarlo, ci stai?»
 
«In teoria devo tenere le distanze da Rich...» Ma in pratica ci stava sicuramente, perciò alzò finalmente il capo dal banco per annuire. «Non volevo che si facesse male per colpa mia.» ripeté, incapace di sostenere quel peso sulle sue spalle.
 
«L’ultima c-cosa che Richie farà s-s-sarà darti la c-colpa, comunque.»
 
«Ma io so che è lo stesso mia!» Lo sguardo di Bill doveva valere più di mille parole, perché Eddie annuì di nuovo e disse, più sicuro: «Mi farò perdonare. Ci penserò io. L’aiuterò io.»
 
La loro conversazione venne interrotta dal cigolio della porta dell’aula che si aprì. L’inaspettato volto del bidello fece capolino nella classe, salvando Jordan Rees da una tragica F.
 
«Mi scusi, professore, c’è un genitore al telefono!»
 
Era impensabile che ogni giorno ci fossero problemi in quella dannata scuola e che almeno una volta a mattinata l’insegnante si trovasse a dover lasciare la propria cattedra per via di problemi esterni alla classe. Ci mancano i genitori dei ragazzi che si lamentano, pensò il poveretto, prima di chiedere al bidello: «Puoi badare a loro finché sono via? Niente pacchia, ragazzi!»
 
Niente pacchia, ma quasi tutti gli studenti si raggrupparono per fare due chiacchiere. I Perdenti e Stacey ne approfittarono per raggiungere Eddie e Bill.
 
«Tutto bene, Eddie-Freddie?» domandò la ragazza.
 
«Già!» fece Ben. «Ad un certo punto mi hai mischiato l’ansia e ho cominciato a pensare che sarei stato interrogato...»
 
«In effetti me ne ero accorta!» disse Beverly, facendolo arrossire.
 
«È per Richie, ragazzi.» rispose Eddie, troppo provato per inventarsi una scusa, ma doveva essere abbastanza ovvio che fosse quella la ragione. «Io non credo che stia in punizione, io credo che sia-»
 
«P-praticamente morto a-a-ammazzato!»
 
Quando Eddie sbuffò sconsolato a queste parole, Beverly prese ad accarezzargli la schiena.
 
«Caro, siamo tutti preoccupati per Richie, ma vedrai che si rimetterà presto. È Richie! È una roccia!»
 
«Già!» Di nuovo Ben, sempre pronto a sostenere le parole di Beverly.
 
«L’erba cattiva non muore mai!» continuò Beverly, scherzosa, con la speranza di strappare un sorriso al suo amico.
 
«Purtroppo.» Stan.
 
«È che ha fatto un brutto volo e non vorrei mai che restasse ferito per colpa mia ma sono stato io a farlo uscire dalla finestra, ho avuto paura di mia madre perché-»
 
«Non tormentarti, Eddie-Freddie, tutto si risolverà!» l’interruppe Stacey, facendogli spostare lo sguardo su di lei. Dapprima comprensivo, poi... Un momento... di fuoco.
 
«In realtà è anche colpa tua.» l’accusò, ritrovandosi a stringere i pugni per l’improvviso fastidio. «Sì!» continuò, autoconvincendosi pian piano ed assumendo un’espressione sempre più irata. «Tu! E i tuoi stupidi giochetti!»
 
Se avesse alzato il tono, il bidello sarebbe intervenuto, ma quella conversazione sarebbe rimasta solo in quella cerchia.
 
«Eddie, che stai-» tentò Beverly davanti a quella insinuazione, notando l’espressione ferita di Stacey.
 
«N-non r-ricominciare, p-per favore!»
 
Sì, Eddie! Non ricominciare, per favore! Avevi smesso di pensare male di Stacey, no? No, magari no, però avevi imparato a conviverci, perché ormai Stacey è parte del gruppo e di positivo c’era che a lei piacesse Mike e non più Richie, Richie poteva essere tutto per te! Ora non ricominciare ad insinuare che ci sia del marcio in lei, che non ti fidi, che nasconde qualcosa, che ogni male del mondo sia colpa sua!
 
«Senti...» cercò di difendersi Stacey, però lui riprese la parola.
 
«Quella volta in cui sei venuta a casa mia e hai dato a mia madre una ragione in più per volere Richie lontano dalla mia vita supponendo che io fossi omosessuale! Beh, sai cosa?! Notizia dell’ultimo minuto, tu-»
 
«Grazie, grazie, può andare.» La voce dell’insegnante lo zittì improvvisamente. Il bidello annuì e sparì, chiudendo la porta dell’aula alle sue spalle. Durante l’assenza dell’insegnante la classe non era stata rumorosa e la parte migliore era che nessuno avesse iniziato a tirarsi il cancellino o i gessetti, però i gruppetti per chiacchierare, come quello dei Perdenti e Stacey, si erano formati ed ora dovevano sciogliersi. «Tutti al proprio posto, per favore!» ordinò, raggiungendo la cattedra. I Perdenti si lanciarono un’occhiata preoccupata, ma non poterono fare diversamente da quanto avesse ordinato l’insegnante, così ognuno tornò al proprio banco. Bill notò quanto Eddie stesse cercando di trattenersi dall’urlare stringendo i denti. «E così...» riprese l’insegnante, parlando alla classe o forse tra sé e sé. «Uno in meno! Va detto agli altri due docenti, perché chiamano proprio me?!» Gli alunni lo videro prendere un foglio per segnare qualcosa.
 
«Che vuol dire uno in meno, professore?» parlò Steven Jones a nome della classe.
 
«Che il vostro compagno, il signor Tozier, ha avuto un piccolo incidente e non potrà sciare con le stampelle, perciò si ritira dalla gita. A proposito, ho visto che finalmente ha portato l’autorizzazione, i miei complimenti.» gli disse con sarcasmo. «Sì, sì, i commenti dopo, per favore!» disse poi per mettere a tacere le voci sconvolte degli amici di Tozier. Bill sussurrò a Eddie qualcosa che quello non udì. L’insegnante, nel frattempo, di questioni personali non si interessava perciò s’intromise fra quei poveri tormenti del Kaspbrak. «Kaspbrak, manchi solo tu! Credo di doverti dare un ultimatum, a questo punto!»
 
Eddie aveva i soldi, aveva l’autorizzazione – si era procurato tutto con Richie il giorno prima. Esitò per qualche secondo, poi pronunciò parole che nessuno dei suoi amici si aspettava: «Mi scusi, alla fine non posso venire.»
 
«Potevi pure dircelo prima, ragazzo!» fece l’uomo, segnando qualcos’altro su quel foglietto. «Bene, Rees, dov’eravamo? Nel frattempo qualcuno ti ha suggerito la risposta o hai avuto un’illuminazione divina su come si risolva questa funzione?»
 
Dal proprio banco, qualcuno dei Perdenti si oppose a voce bassa alla decisione di Eddie. Solo il suo compagno si diresse direttamente a lui.
 
«Pss, Eddie! P-pensavo che-»
 
«No, Bill. Se Richie non va, non vado nemmeno io.»
 
«M-m-ma è l-la g-gita sulla n-neve, cazzo!»
 
M-m-ma Eddie era irremovibile.
 
E il piano di Stacey di far mettere insieme Eddie e Richie, di fotografarli con la macchina fotografica di Mike e sputtanarli davanti a tutta la scuola per farsi accettare – ed oltre questo anche adorare – da Greta e le altre, così, era rovinato.
 
 
 
*
 
 
 
Quando le lezioni terminarono, i ragazzi non ebbero la possibilità di terminare la conversazione precedente con Stacey perché lei se la diede a gambe per un motivo oscuro mascherato da una scusa un po’ sciocca. Loro ne rimasero confusissimi. Qualcuno pensò che fosse rimasta offesa per prima.
 
«Eddie, c-credo sia il c-c-caso di parlare di-di come hai t-trattato Stacey, p-prima!» esordì Bill quando furono nel cortile della scuola. «S-sappiamo che-che non è da te r-reagire così, v-vuoi p-p-p-parlarcene?»
 
No, sembrava dire il broncio che aveva messo su il ragazzo.
 
«S-sul serio!» insistette Bill. «N-non sei stato a-affatto gentile, non p-p-puoi trattarla c-così!»
 
«Non posso?!» sbottò. «Forse voi non ve ne siete mai accorti perché eravate troppo impegnati, ma da quando è arrivata Stacey non ha fatto altro che creare problemi! Non a voi, magari, ma a me! E credevo di essere vostro amico, credevo che vi importasse se mi facesse stare male o meno, ma nessuno di voi mi ha creduto quando ho detto di non fidarmi di lei! Nessuno di voi mi ha ascoltato quando ho detto che non mi piacesse nemmeno un po’! Nessuno di voi-»
 
«Tesoro...» La voce di Beverly uscì insicura dalle sue labbra. Sembrava stesse cercando di fare molta attenzione a quali parole usare. Doveva essere così, visto quanto tenesse a Eddie. Oppure, doveva essere così, visto cosa... pensasse. «A noi importa di te, lo sai.»
 
«Lo so? So che prima di sconfiggere It eri tu a dire di dover restare uniti e non ti accorgi... non vi accorgete che Stacey sta cercando di separarci!»
 
I ragazzi si lanciarono delle occhiate preoccupate. Se Eddie non fosse stato tanto infastidito, forse avrebbe compreso, soltanto guardandoli, che ci fosse qualcos’altro – che ci fosse del non detto. E quello che i Perdenti non stavano dicendo, alla fine, venne detto.
 
«Caro,» caro, caro, caro, non c’era bisogno di indorare la pillola, Eddie ne prendeva un sacco di pillole, «noi non credevamo che... noi pensavamo che a te non piacesse Stacey soltanto perché eri geloso, perché...» Esitò, spaventata di poter sconvolgere il suo amico. «... a lei sembrava piacere Richie.»
 
Eddie sentì il terremoto di prima. Veniva da dentro di sé.
 
Sapeva che Beverly avesse già compreso i suoi sentimenti per Richie e forse in fondo sarebbe stato okay se si fosse aggiunto Bill, tanto era il suo migliore amico... Ma scoprire che tutti si fossero accorti del suo segreto e nessuno avesse detto niente lo fece sentire molto sciocco, e l’idea che forse anche Richie lo sapesse già e non avesse detto niente perché non ricambiava e sperava che Eddie non si dichiarasse lo spaventò. Essere poi messo così all’improvviso alle strette... Si ritrovò a spostare freneticamente gli occhi su tutti i Perdenti e si accorse di avere la bocca aperta, ma di non riuscire a sputare fuori nulla di sensato. Era già tanto che respirasse, un attacco d’asma non poteva averlo proprio adesso, non voleva.
 
«Che... che cosa?»
 
Stan annuì e Beverly rispose ancora con cautela: «Ce ne siamo accorti, Eddie. Tutti quanti.» Gli sorrise per tranquillizzarlo, ma Eddie in quel sorriso decise di vederci solo pena... sì, quella che dovevano star provando per lui. Pena.
 
«A me non... io...»
 
«T-ti a-abbiamo l-l-lasciato tutto il tempo di c-cui avevi b-bisogno e t-te ne lasceremo ancora, s-se v-vorrai! Anche se d-dovesse trattarsi d-di a-a-a-anni! Ma è... è evidente, Eddie, e s-siamo i-i Perdenti, siamo i t-tuoi migliori amici! C-con noi n-non hai b-bisogno di n-nasconderlo! Noi n-non ti giudichiamo e non ti ab-abbandoniamo! Mai!»
 
In quel momento, anche se nessuno di loro lo disse, si pentirono di aver trattato in quella maniera questa situazione.
 
«Tesoro, » riprese Beverly, «vogliamo che tu sappia che è una cosa carina, sai?»
 
«Ma a me non piace-» insistette fino a quando non sentì di doverla smettere. Quando la smise, però, gli venne da piangere. Troppe emozioni tutte insieme. Non voleva neppure piangere, non pensava che l’avrebbe fatto, e invece successe all’improvviso, pianse copiosamente. Non si tirò indietro quando Beverly lo abbracciò, e quando gli altri poi si unirono all’abbraccio.
 
«Perché non avete detto niente?» domandò alla fine.
 
«Perché tu non hai detto niente.» disse Stan.
 
«N-n-nessuna p-pressione!» Sì, nessuna pressione, come diceva Richie prima di punzecchiarlo lo stesso.
 
«Io davvero non so come sia possibile, vi giuro che non so come è successo!» cercò di giustificarsi Eddie, ma le occhiate degli amici gli fecero capire che non avesse bisogno di farlo. Anzi, un secondo più tardi si sentì un codardo ed uno stupido per aver cercato di giustificare la sua cotta per Richie.
 
«Ci si nasce col cattivo gusto.» disse Stan, visto che si parlasse di Boccaccia, e Bill e Beverly risero.
 
«Ci dispiace che la cosa sia uscita così...» si scusò timidamente Ben.
 
Tutte queste parole servirono a calmare pian piano il Kaspbrak, che alla fine annuì e si pulì gli occhi col dorso di una mano.
 
«Tanto se lo sapevate già...» Non aveva più importanza. «Prima o poi doveva uscire fuori...» Sì. Sì. Prima o poi avrebbe comunque dovuto avere il coraggio di dirlo ai Perdenti. Certo, anche Richie era un Perdente, però! «Mi giurate lo stesso che non glielo direte voi?»
 
«Sul nostro onore!» disse Beverly con tono scherzoso, ancora speranzosa che il suo amico le facesse un sorriso.
 
«Giuratelo voi sul vostro onore!» fece Stan, facendoli ridere, ma dovette concludere: «Non gli dirò niente ovviamente.» Perché ovviamente aveva già detto a Richie quello che doveva dirgli.
 
«Però dopo a Mike glielo diciamo, vero?»
 
Nella sua testa intervenne Richie a fare una battuta: Certo, perché no?! Mica è nero!
 
 
 
*
 
 
 
Nel pomeriggio, i Perdenti avrebbero dovuto far visita a Richie tutti insieme, ma avevano deciso di lasciar andare Eddie un paio di ore prima per farli stare un po’ da soli. Dopo aver chiamato casa Tozier, avevano scoperto che grazie al cielo Richie fosse lì e non all’ospedale, quindi la personificazione dell’ansia (Eddie) si era tranquillizzato un po’.
 
Si era presentato nell’abitazione con due grossi lecca-lecca che avevano fatto storcere il naso al padre dell’amico, ma quello l’aveva fatto entrare e adesso davanti a sé c’era solo la porta della sua camera. Prese un bel respiro e, viste le mani occupate, chiese: «Toc toc?»
 
«Chi è? Il lupo mangiafrutta?» rispose Richie, riconoscendo immediatamente la voce dell’essere più adorabile della Terra. A detta sua, almeno. Il suo tono scherzoso fece sorridere Eddie, fuori. «Che frutta vuoi? Perché qui ho solo una bella banana da offrirti!»
 
Il ragazzo aprì la porta facendo pressione sulla maniglia col gomito e quando vide la figura di Richie nel letto si sentì pervaso da mille emozioni diverse: quella unica di vederlo, a prescindere, che era sempre molto simile alla gioia, ma era più della gioia; il sollievo di vederlo vivo, anche se con un paio di stampelle, in quel momento poggiate vicino al letto; ancora i sensi di colpa per essere stato la causa dell’incidente; la gratitudine verso Richie per non odiarlo a morte nonostante le sue colpe, o almeno così appariva; il timore che anche lui conoscesse i suoi sentimenti, anche se si sentiva rassicurato dal fatto che tutto sembrasse... normale, e molte altre.
 
«Eddie Spaghetti è venuto a controllare che io sia vivo e vegeto? Aw, my love!» fece Richie mentre l’altro chiudeva la porta col piede e gli rispondeva ridendo. «Ora che sei qui, vorrei stare peggio solo per dire di poter morire felice!»
 
«Coglione.» l’appellò Eddie, nonostante con queste parole l’altro fosse riuscito a strappargli un sorriso, mentre andava ad accomodarsi al suo fianco. Non era mai stato tanto cauto quanto in quel momento, ma aveva paura di fargli male ed anzi lo avrebbe ucciso se solo Richie avesse finto di soffrire più del reale – se avesse finto che Eddie gli stesse schiacciando le sue povere gambe, per esempio. «Mi dispiace tanto per quello che è successo. Come ti senti?»
 
L’ultima cosa che Richie farà sarà darti la colpa, aveva detto Bill, e sperava che il suo amico avesse ragione, accidenti.
 
«Un po’ disabile!» ammise quello, scherzoso. «Ma sta’ a sentire, nessuno che mi dice di aiutare a pulire casa! Non è grandastico?!» improvvisò un mix tra grandioso e fantastico. «Mi basta chiamare MAMMAAAAAAAAAAAA e Maggie Tozier arriva al mio servizio!»
 
Aspettarono qualche istante e poi Eddie alzò un sopracciglio.
 
«A me non sembra!»
 
«Beh, signorino, è perché non si lascia fottere, sa che ci sei tu e che non ho bisogno di altro quando ci sei tu!»
 
 «Sì, usa la bocca per qualcosa di più utile, tipo mangiare, invece di dire cazzate!» Gli mise praticamente il mano quel lecca-lecca, sperando vivamente che non badasse a quanto iniziasse ad assomigliare alla Torcia Umana.
 
Maggie Tozier bussò alla porta e la aprì subito, chiedendo se fosse successo qualcosa. Avrebbe chiesto all’amico di suo figlio se gradisse del cibo, ma vide che a quanto pare si erano già serviti.
 
«Niente, nulla e nessuno!» sghignazzò Richie. «Davo a Eds una piccola dimostrazione di come vengono serviti i principi!» Quella frase gli costò un’occhiataccia di sua madre.
 
«Quando potrai tornare ad usare le tue gambe, sarai in punizione per una settimana!» la donna disse anche, prima di sparire.
 
«Beh... io te l’avevo detto che correva qui al mio richiamo!» cercò il lato positivo.
 
«Bella Boccaccia che hai!» lo rimproverò Eddie.
 
«Grazie!»
 
«Guarda che non era un complimento!»
 
Un paio di minuti di leccatine al dolce dopo, Eddie decise di fregarsene dei suoi sensi di colpa che sarebbero tornati a tormentarlo, doveva far uscire il discorso della settimana bianca.
 
«Ti hanno ridato i soldi della gita?»
 
«Fino all’ultimo spicciolo! O papà mi avrebbe tolto la paghetta per i prossimi tre anni! Slurp!» fece, prima di leccare ancora il dolce.
 
«Volevi tanto andarci e ora è tutto andato in fumo.» Ecco, stava per cominciare.
 
E Richie l’aveva capito!
L’avrebbe fermato in tempo.
 
«Oh no, Spaghetti! Non starai qui a piangerci addosso perché non posso venire alla prima di tante gite, hai capito? Altrimenti giù dal mio letto! E lascia pure qui il tuo lecca-lecca, bricconcello!»
 
Eddie ci pensò su per qualche secondo e risolse che preferiva stare lì con lui su quel letto. Storse il naso.
 
«Resta comunque mia la colpa e ora voglio rimediare!»
 
Richie gli rivolse un sorriso preoccupante.
 
«Sono sicurissimo che ti farai perdonare.» Nella sua testa si era già creata un’immagine paradisiaca del suo Eddie Spaghetti in gonnellina che ballava per lui. Però in realtà... «Anche se lo stai già facendo! Sai, i miei non mi hanno lasciato nemmeno una caramella! Tu ed il tuo lecca-lecca siete le cose più dolci che io abbia visto da quando mi sono svegliato!» Poi inarcò un sopracciglio, assunse per un istante un’espressione pensierosa che a Eddie non piacque affatto e gli leccò una guancia. «Che io abbia assaggiato!» si corresse.
 
Dopo il casino che aveva creato, il minimo da parte del Kaspbrak era non urlargli contro. Mise comunque su una smorfia disgustata e si pulì la guancia col dorso della mano. «A forza di leccare» disse, «fidati che divento meno dolce!»
 
«Dovrei provare per crederci!» sghignazzò Richie, ma continuarono a mangiare entrambi il proprio lecca-lecca. Eddie si stupì che l’amico non avesse ancora fatto alcuna battuta usando il verbo leccare. «L’unica cosa che mi dispiace davvero è non poter ammirare il mio tesorino a costruire pupazzi di neve mentre i suoi amichetti fottono con le piste più terribili della montagna, ma potrei chiedere a Studio-a-casa di partire in missione solo per scattarti delle foto!»
 
«In realtà non vado neanche io.»
 
«Che cosa?!» Quasi si strozzò col succo del lecca-lecca. «Eravamo riusciti a fottere tua madre! Certo, io sono esperto nella cosa, ma tu ci eri riuscito! Come diavolo ha fatto ad accorgersi dei soldi mancanti? Li ha cercati per comprarsi un abito da sposa dell’ultimo minuto per il matrimonio col sottoscritto?! Cazzo, Richie, troppo charme, troppo charme...!»
 
«No, idiota.» lo corresse, cercando di non ridere per quelle cazzate. «Ho deciso di non consegnare l’autorizzazione, semplicemente!»
 
Richie rimase a bocca aperta per qualche secondo di troppo e poi gli scappò un teatralissimo singhiozzo. «Sigh! Il mio dolce, dolcissimo Eds si è ritirato dalla gita per stare con me!» Sì, in effetti. Ecco perché Eddie sbuffò guardando altrove, avvampando di nuovo. «Aaawwww, così devoto!» Cercò di abbracciarselo per benino, rischiando di fargli attaccare il dolce ai capelli.
 
«Non l’ho fatto per te, l’ho fatto perché era giusto!» Pft!
 
Come no!
 
«Non è vero, l’hai fatto per me, amore mio! Il miooo Eds!»
 
CHE CALDO!
 
«Richie, lasciami, prima che fai casini col lecca-lecca!»
 
«Ti lascio, ti lascio!» Mantenne la parola. «Solo perché dopo questo atto eroico meriti un bacino!»
 
Fece per avvicinarsi, ma Eddie lo allontanò prima che le sue labbra appiccicose potessero toccargli il viso.
 
«Sei tutto sporco, un’altra volta!»
 
Un’altra volta?! Musica per le orecchie del Tozier, infatti, tutto contento, rispose: «Ci conto.»
 
Trascorsero un’ora insieme – dopo aver mangiato il lecca-lecca, Eddie raccontò a Richie come fosse andata la giornata (tralasciando accuratamente la parte in cui aveva insinuato che Stacey fosse una stronza doppiogiochista ed avesse scoperto che gli altri fossero a conoscenza della sua cotta per Richie), infine si misero a chiacchierare di un film che sarebbe dovuto uscire a breve al cinema e di cui avevano già letto il fumetto.
 
«Però appena esce andiamo a vederlo, mi raccomando!» terminò Eddie, annuendo con convinzione alle proprie parole.
 
«È un appuntamento?» scherzò Richie, facendolo arrossire.
 
«Solo se finisce che invece delle stampelle devi usare la carrozzella, principessa!» rispose, sorprendendolo.
 
«La principessa che dà della principessa al principe?» Richiuse la bocca ed annuì. «Niente male, Eds, niente male. In effetti siamo due principesse, io e te.»
 
Dopo una soddisfazione come questa, Eddie sentì di avere il permesso ed il coraggio di accoccolarsi a Richie. Sdraiato al suo fianco, lo abbracciò con un braccio solo e poggiò la fronte al suo petto – stette comunque attento perché non voleva causare altri danni alle sue gambe, non avrebbe sopportato altri sensi di colpa.
 
«Che facciamo mentre siamo soli?» domandò, riferendosi ai giorni successivi, mentre tutti gli altri sarebbero stati in gita. Anche Stacey, per fortuna. Quella ragazza non sarebbe stata in mezzo ai piedi.
 
«Ah, io ho tante idee, pasticcino, ma tu puoi sempre sorprendermi!» Eddie rispose solo con una risata. Richie continuò: «Per quanto mi riguarda, comunque, puoi anche trasferirti direttamente qui.» Certo, Sonia non avrebbe mai permesso una cosa del genere, ma... «Puoi restare qui finché ti va, Eds.» Richie lo sentiva sorridere contro i propri vestiti e questo lo spinse a parlare ancora. «Puoi riempire tutto del tuo profumo da bimbo di borotalco e se proprio non puoi separartene puoi portare i tuoi medicinali, allestire un’intera farmacia nella mia stanza o lo studio del Dottor K.» Fece trascorrere in silenzio giusto una manciata di secondi per godere della piega delle labbra di Eddie contro il proprio petto. E perché stava sorridendo anche lui. «Puoi restare qui finché ti va, pisciare nel mio letto così è come se restassi per sempre...»
 
«Richie!» lo rimbeccò Eddie, ridendo.
 
«... finché mamma non cambia le lenzuola, hey! Ma io non le laverei mai se ci pisci tu sopra!»
 
«Che schifo!»
 
«Io non mollo il mio Pisellino!» imitò la Voce di Sonia Kaspbrak e si misero entrambi a ridere.
 
 
Puoi rimanere qui finché ti va
Riempire tutto dei vestiti tuoi
Anche se questo non lo dico mai
Puoi rimanere qui finché ti va
Questo momento sa di eternità
Ti resta addosso e poi non se ne va
Porti luce in mezzo al mio disordine
E mi spingi a fare meglio e non demordere
Vedo il versante scordato della vita
Mi rialzo e finisco la partita
Quanta gente ormai ho lasciato perdere
Mi portava confusione e tanta polvere
Hai presente quando vuoi cambiare strada
E decidi che ritorni tu alla guida?
Puoi rimanere qui finché ti va
Riempire tutto dei vestiti tuoi
Anche se questo non lo dico mai
Puoi rimanere qui finché ti va
Questo momento sa di eternità
Ti resta addosso e poi non se ne va
 
(Tiromancino)
 
 
 
 
*
 
 
 
«Non è colpa nostra se quei perdenti ti hanno rovinato i piani, vedi di fare in altri modi! Se non ci riesci, non entri nel nostro gruppo perché vuol dire che sei una perdente anche tu.» Una voce stronza.
 
«Infatti!» Altre voci stronze.
 
Annuì, lo squalo – o il pesce intrappolato nella rete? Pensò che a volte, per uscire dalla rete, bisogna nuotare verso il basso... fino a raggiungere il fondo.








 
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao a tutti! NON VI SIETE DIMENTICATI DI ME, VERO??? So di essere morta per mesi e mesi e meeeeesi ma eccomi risorta! Ho avuto tantissimi impegni, tutti insieme poi!!!!, e mettiamoci l'ansia della situazione attuale, guuuuuu (a proposito, spero che stiate tutti bene!!! Nel caso vi lascio un abbraccio e se siete tristi pensate ai Reddie!!!) Devo assolutamente riprendere la mano con queste cose, non scrivo da mesi e si vede, abbiate pietà, però piano piano mi rimetterò in carreggiata e spero anche di aggiornare un po' più in fretta per arrivare al benedetto finale di questa storia! (⁎˃ᆺ˂)
  
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