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Autore: Red Owl    26/11/2020    1 recensioni
Quando il suo convento viene saccheggiato, la giovane Neve, figlia dei Conti di Nevelunga, si ritrova nelle mani di briganti senza scrupoli. Quando scoprono la sua identità, i suoi rapitori decidono di chiedere un riscatto a suo fratello, l'attuale Conte, e di riconsegnarla alle sue amorevoli cure.
Falco e Neve non si vedono da più di dieci anni, ma la ragazza non ha dubbi: sarebbe meglio vivere da schiava, piuttosto che tornare da lui. Ma l'accordo è ormai fatto e Neve non vi si può sottrarre. E allora è forse giunto il momento di fare ciò che sua madre le ha raccomandato prima di scomparire per sempre dalla sua vita: smettere di avere paura e avviarsi lungo la Strada del Lupo già percorsa dai suoi antenati.
C'è solo un problema: Neve ha capito ormai da molti anni di essere tutt'altro tipo di animale.
Storia di un viaggio solitario (o forse no), prologo di un vecchio racconto che forse prima o poi pubblicherò, ma che può esistere benissimo anche da sola.
AVVERTIMENTI: contiene scene di violenza, sesso e dinamiche famigliari tutt'altro che idilliache.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Nei giorni che seguirono, Neve si interrogò più volte se fosse possibile fuggire. Quando di notte giaceva sul suo materasso, il volto schiacciato contro la stoffa ruvida e le orecchie tese per cogliere i suoni che giungevano dalla foresta e dal campo, la sua mente costruiva elaborate fantasie di libertà.

Avrebbe potuto scappare da sola, pensava il più delle volte. Clara sarebbe stata un ostacolo. Nascondersi da sola sarebbe stato molto più semplice che nascondere anche una seconda persona. Avrebbe dovuto aspettare che la ragazzina si addormentasse – non avrebbe dovuto attendere a lungo perché, a differenza sua, Clara aveva il sonno pesante – e poi avrebbe sollevato il bordo della tenda opposto all’ingresso. Avrebbe strisciato: non aveva paura di sporcarsi.

Altre volte pensava invece che no, non poteva abbandonare Clara in quel posto. Cosa sarebbe successo quando i loro carcerieri si fossero accorti che Neve era sparita? Avrebbero pensato che la ragazzina avesse favorito la sua fuga e chissà in che modo l’avrebbero punita.

In ogni caso, con o senza Clara, il difficile sarebbe stato sopravvivere nella foresta. Neve non aveva che una vaga idea di quale fosse la cittadina più vicina al convento. I rifornimenti arrivavano soprattutto da Ponte Vento, il che, supponeva, significava probabilmente che quella città non poteva distare dal convento più di due giorni di viaggio. Ma quale strada avrebbe dovuto percorrere per raggiungerla?

L’educazione che aveva ricevuto durante gli anni che aveva vissuto come monaca era interamente incentrata nei campi della religione, dell’arte, della musica e dell’economia domestica: nessuno si era mai preoccupato di insegnarle la geografia di Forrascura, dal momento che la vita delle appartenenti al suo ordine religioso era interamente condotta all’interno delle mura del convento.

Neve sapeva solo che Ponte Vento sorgeva poco lontana da una delle grandi vie di comunicazione che attraversavano il regno, ma di quale strada si trattava? La giovane aveva più volte cercato di rievocare gli insegnamenti che il suo tutore le aveva impartito quand’era ancora bambina: era la Via dei Laghi? O forse la grande Strada dei Mercanti, l’antichissima rotta commerciale che attraversa quelle terre da oriente a occidente? Non aveva davvero alcun elemento per definirlo con certezza.

La ragazza era abbastanza sicura di poter sopravvivere un paio di giorni senza cibo, dissetandosi nei numerosi ruscelli e torrenti che attraversavano la regione, ma come se la sarebbe cavata, se la sua fuga sarebbe durata più del previsto? Anche ammesso che i banditi non la ricatturassero nel giro di un paio d’ore - e che non la intercettassero appena lasciata la tenda - di cosa si sarebbe nutrita? Non aveva con sé né provviste né denaro, e come poteva essere certa di potersi fidare delle persone che avrebbe incrociato lungo la via?

Che viaggiasse sola o con Clara faceva poca differenza: delle donne non accompagnate davano sempre nell’occhio indipendentemente dal loro numero e dalla loro età - anche se, in effetti, i capelli corti della ragazza più giovani sarebbero stati particolarmente vistosi.

E se fossero riuscite ad arrivare indenni a Ponte Vento o in un qualche altro villaggio della zona, come avrebbero giustificato la loro presenza? Era prudente presentarsi come monache sfuggite al saccheggio del convento di Forrascura? Se avessero trovato delle brave persone, queste le avrebbero certamente aiutate, ma se avessero trovato invece degli alleati dei banditi che le avevano rapite - o altri malintenzionati - il loro destino sarebbe stato segnato.

Di una cosa Neve era certa: non avrebbe più fatto l’errore di presentarsi come la figlia dei Conti di Nevelunga. La reazione di Mikel era stata più che sufficiente per farle capire che il suo titolo non era in grado di offrirle alcuna reale forma di protezione.

La giovane passo così ore interminabili a dibattersi in preda a dubbi e speranze vane fino a quando, il settimo giorno, la possibilità di decidere le proprie mosse le fu nuovamente sottratta. Era pomeriggio quando Mikel si presentò nella tenda: lei e Clara non lo vedevano dal giorno in cui erano state condotte all'accampamento.

Ottime notizie, contessina!” esordì il brigante. “Lord Falco ci ha fatto avere la sua risposta.” L’uomo levò un pugno e le mostrò il piccolo rotolo di pergamena che stringeva in esso. La giovane lo riconobbe all’istante: era uno dei piccoli messaggi che, infilati in minuscoli cilindri d’ottone, venivano affidati alle ali dei piccioni viaggiatori perché li consegnassero in tutto il regno con una rapidità a cui nessun cavaliere poteva aspirare.

La giovane sbiancò e si mise in piedi su gambe tremanti. Per qualche motivo, si era illusa che i suoi carcerieri non avessero ancora contattato suo fratello: era stata davvero stupida pensare che, prima di scrivere a Falco, Mikel si confrontasse con lei. Adesso sa che sono ancora viva, pensò in preda a una vertigine. Sa che sono prigioniera e che questi uomini sono disposti a vendermi a lui.

D’istinto allungò una mano verso il rotolo di pergamena, chiedendo silenziosamente di poter leggere con i propri occhi il messaggio riportato su di esso, ma Mikel retrocedette di un passo e si infilò il rotolino in una tasca dei calzoni.

Meglio di no, contessina” le disse con un sorriso indulgente. “Non vorrei che ti venisse la tentazione di farlo a pezzi: conosco tuo fratello e so bene che, quando si tratta con lui, è buona cosa tutelarsi in ogni modo possibile. Senza offesa, ma ho tutte le intenzioni di riscuotere la somma che lui stesso ha indicato qua sopra” disse, tamburellando con le dita sulla tasca che ora custodiva il messaggio.

Neve deglutì. “Che cifra è?” chiese con voce roca.

Sul volto del brigante passò un’ombra. “Fa differenza?” le chiese con voce quasi gentile.

La giovane sollevò le spalle. No, in effetti non faceva alcuna differenza.

E adesso quindi cosa si fa?” chiese allora. Se non poteva fare nulla per decidere del proprio futuro, desiderava almeno scoprire cosa gli altri avessero deciso per lei.

Mikel esitò per qualche istante prima di rispondere e all’improvviso Neve si trovò a contemplare un’ipotesi che fino a quel momento non aveva nemmeno preso in considerazione. Sin da quando Mikel le aveva rivelato di essere solito a fare affari con il Conte di Nevelunga, si era immaginata che Falco avrebbe voluto rimettere le mani su di lei così da poter concludere ciò che aveva iniziato dieci anni prima e ucciderla una volta per tutte. Ora si rendeva conto che c’era anche un’altra alternativa: e se suo fratello non avesse avuto alcun interesse a ucciderla di persona? E se avesse pagato Mikel e i suoi banditi perché fossero loro a ucciderla, consegnandogli come prova soltanto la sua testa?

La prospettiva le accese una fiamma nel petto e, prima che potesse fare qualcosa per evitarlo, Neve sentì un ringhio lasciarle la gola, e i colori del mondo attorno a lei si dissolsero in un turbinio e lei si ritrovò immersa in una dimensione fatta di ombre grigie e nere. I muscoli delle mani e delle braccia le si irrigidirono e qualcosa si contrasse nel suo torace e nel suo ventre, sobbalzando come nel tentativo di liberarsi dalla prigione della carne e delle ossa.

Clara gridò e il suono giunse a lei come da una grande distanza, ma fu sufficiente per scuoterla dalla trance nella quale stava rapidamente cadendo. Neve si aggrappò alla voce dell’amica come un naufrago al quale viene gettata una cima e la usò per riemergere a fatica dal caos che ruggiva dentro di lei, ricacciando indietro la bestia e rinchiudendola nella profondità del suo essere. 

Lo sforzo la lasciò sfinita e Neve ricadde pesantemente sul materasso. Quando riuscì ad aprire nuovamente gli occhi, vide che Mikel la guardava con un certo allarme e la cosa riuscì a procurarle un brivido di soddisfazione.

No! Si rimproverò serrando ancora le palpebre. No, ci sono andata troppo vicina questa volta! Se Clara non avesse gridato…

Ehi” mormorò Mikel, e Neve si costrinse nuovamente a guardarlo. Si era avvicinato a lei e teneva le mani sollevate come per dimostrarle che non aveva cattive intenzioni. “Noi dobbiamo semplicemente riportarti da tuo fratello. Non vogliamo farti del male e credo che lo stesso valga anche per Lord Falco.”

La ragazza non riuscì a trattenere un sogghigno. “Ne sono certa” mormorò di rimando. Tentò di dare un’intonazione ironica a quelle parole, ma la sua gola era ancora stretta in uno spasmo doloroso e la voce ne uscì distorta, bassa e roca.

Mikel si strinse nelle spalle. “Non so esattamente cosa sia successo tra voi, ma l’ultima volta che vi siete visti eri una bambina. Adesso sei una donna, e le donne come te hanno più valore da vive che da morte.”

Neve aggrottò la fronte, sorpresa da quelle parole. Per prendere tempo giocherellò con la stoffa del saio che ancora indossava, gli occhi fissi sul ruvido tessuto grigio. Quella era una prospettiva che non aveva mai preso in considerazione. L’immagine che aveva di Falco era quella di un giovane uomo di nemmeno vent’anni, non particolarmente alto, ma forte e agile come un gatto, col viso liscio di chi è appena uscito dall’adolescenza. Dell’adolescenza aveva anche la rabbia e l’impulsività: le aveva viste bruciare come fuoco nei suoi occhi azzurri. Ma adesso era cresciuto, com’era cresciuta lei, e per dieci anni aveva governato Nevelunga senza attirare le ire del re. Possibile che fosse cambiato?

Neve irrigidì la mascella soffocando un ringhio. No, non si faceva illusioni. Falco aveva dimostrato che tipo di uomo fosse: chi aveva il coraggio di fare quello che aveva fatto lui a diciannove anni non poteva veramente cambiare natura. Le parole di Mikel, tra l’altro, le avevano più volte confermato che il Conte non era una persona raccomandabile.

Ma forse non meditava più di ucciderla? Forse aveva in mente per lei un impiego più redditizio? Non era una gran consolazione, ma a Neve parve di scorgere un microscopico granello di luce nel mezzo dell’abisso oscuro nel quale aveva l’impressione di essere caduta.

La giovane incontrò gli occhi di Mikel e col capo gli rivolse quello che poteva essere un cenno d’assenso. “Adesso mi porterete da lui, quindi?” chiese, riformulando la domanda che gli aveva posto poco prima.

Partiremo domani mattina” confermò l’uomo. “Ci serve solo il tempo per organizzare le cose qui al campo.”

Neve annuì: non si era certo aspettata che l’intera banda di briganti la scortasse a Nevelunga. “Clara verrà con me?” chiese, voltandosi per osservare la ragazzina che la guardava con gli occhi sgranati e ancora un filo di paura sul volto. La giovane si chiese quale aspetto avesse avuto negli attimi in cui aveva quasi perso il dominio sulla creatura che viveva in lei. La battaglia che infuriava nel suo petto si manifestava anche all’esterno?

Sì, e anche Ciela” fece Mikel, ignorando il turbamento della ragazza più giovane.

Sentendosi sufficientemente padrona di sè, Neve incontrò gli occhi dell’uomo. “E Lisi, invece?”

Un angolo della bocca del bandito si sollevò nell’accenno di un sorriso. “Lisi cosa?”

Verrà anche lei con noi?” insistette con impazienza la giovane.

Mikel la guardò reclinando il capo. “Non ho ancora deciso” disse con lentezza. “Ti accompagnerò di persona da Lord Falco e non mi piace l’idea di lasciarla qui da sola. D’altro canto, però, non vorrei rischiare di metterla in pericolo.”

Neve emise un sibilo che avrebbe voluto essere una risata, ma che non ci assomigliava affatto. “Perché ti preoccupi per lei, giusto?” lo provocò con sdegno. Aveva l’impressione che per l’uomo fosse tutto un gioco, qualcosa da non prendere sul serio e la cosa la faceva fremere di rabbia: lui e la sua banda di criminali avevano rovinato o distrutto un gran numero di vite e avevano anche il coraggio di riderci sopra.

Davanti alla sua domanda, Mikel si fece però serio. “Sì, mi preoccupo per lei, contessina. È una brava ragazza.”

La ragazza scosse la testa, incredula. “Ed è per questo che la tieni prigioniera? Perché è una brava ragazza?”

Ovviamente no” replicò l’uomo impassibile. “Non fare domande stupide, mia signora.”

Era solo una provocazione, pensò Neve arrossendo. Passandosi nervosamente una mano tra i capelli, si sforzò di sostenere lo sguardo del bandito. “Perché pensi che potrebbe essere in pericolo, se venisse con noi?” chiese, cambiando argomento. “Credevo che fossi in buoni rapporti con Falco.”

E infatti è così” ribatté Mikel. “Ma il viaggio fino a Nevelunga non è semplice; e gli uomini di tuo fratello non sono una compagnia raccomandabile: ci penserò due volte prima di portare tra di loro una ragazza tanto bella. Tu sei intoccabile, la ragazzetta lì dietro è uno spaventapasseri e Ciela non è molto meglio. Ma Lisi… Lisi attirerà sicuramente la loro attenzione.”

E suppongo che sia meglio che attiri solo la tua, di attenzione, pensò ancora la giovane, ma non lo disse. Non voleva rischiare di tirare troppo la corda con il bandito: fino  a quel momento le aveva permesso di parlargli come meglio credeva, ma Neve sapeva di non potersi spingere troppo in là.

In ogni caso”, riprese Mikel quando, dopo qualche istante, fu evidente che Neve non intendeva aggiungere altro, “non sono venuto qui per parlare di Lisi, ma per portarvi questi. Cambiatevi: non potete viaggiare con quegli stracci addosso.” Così dicendo, si chinò e aprì la bisaccia che giaceva ai suoi piedi. Ne estrasse alcuni vestiti piegati sommariamente: gonne e camicie e corpetti che dovevano essere un tempo appartenuti a qualcuna delle donne che, volenti o nolenti, si erano trovate a passare del tempo in compagnia di quegli uomini.

Neve li prese con riluttanza dalle mani di Mikel e li depose sul materasso senza nemmeno guardarli. Avrebbe voluto chiedergli se temeva che dessero troppo nell’occhio avvolte nei loro rigidi sai grigi, ma, di nuovo, si trattenne.

Benissimo” commentò l’uomo rivolgendo alle due giovani un cenno del capo. “Cercate di riposare bene questa notte: partiremo all’alba e passeranno settimane prima che possiate riposare ancora in un ambiente così sicuro.”

Senza aggiungere altro, Mikel uscì dalla tenda, lasciando che il lembo che ne copriva l’entrata si chiudesse frusciando alle sue spalle. Riposate bene, si ripeté Neve con una smorfia. Era facile dirlo, per lui: lei sapeva benissimo che quella notte non avrebbe chiuso occhio.

   
 
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