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Autore: Giana_    27/11/2020    0 recensioni
Sarah sembra una normalissima ragazza per chi non la conosce. Figlia unica, genitori poco presenti, pochi amici, un gatto Maine Coon e sta per compiere 18 anni. Nessuno sa che nasconde una parte di se. Lei ha dei poteri magici che le permettono di fare quello che vuole ma le provocano anche dolori ed incubi. Finalmente a pochi giorni del suo compleanno può avere le risposte che cerca. Perché ha questi poteri? E perché non può usarli senza soffrire? è la sola persona che li possiede?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sarah stava dormendo da un numero imprecisato di ore. Appena Raj aveva toccato terra lei era svenuta non riuscendo più a trattenersi. Dopo di che era rimasta incosciente fino ad ora. Aveva sentito solo frasi sporadiche di una voce femminile “Che cosa è successo?” ... ”Perché è lei l’ unica ad essersi ferita?” Anche se non capiva perché, sapere che gli altri ragazzi stavano bene le infondeva un profondo sollievo. Poi aveva sentito Raj dire “Non è stata colpita … è stata la maledizione.. voleva proteggere me e se stessa” Maledizione? Di cosa stavano parlando?...

Quando Sarah aprì gli occhi si trovò sdraiata in un enorme letto a baldacchino con la struttura portante tutta dorata e le lenzuola rosse. Interdetta si tirò su a sedere e vide che era in una specie di camera da letto ma sembrava che il soffitto non ci fosse e sopra di lei si vedeva un cielo notturno pieno di stelle. Invece di un pavimento normale per terra c’ era quello che sembrava un prato verdissimo. Mettendo i piedi sul prato, Sarah sentì la rugiada bagnarle le piante nude dei piedi. Mentre si tirava in piedi il prato si animava, sbocciavano papaveri, margherite, soffioni... Insieme ai fiori spuntavano anche farfalle dai mille colori che svolazzavano intorno a lei poi si allontanavano tutte verso la stessa direzione. Incantata, Sarah le seguì e vide che anche i fiori sbocciavano segnando un sentiero che portava verso quella direzione, mentre camminava i fiori dietro di lei si richiudevano e sparivano così com’ erano sbocciati. Seguendo le farfalle Sarah camminò fuori dalla stanza e poi salì una enorme scala a chiocciola fino al piano più alto. Qui c‘ era un enorme sala circolare buia con un grande tavolo di mogano ovale al centro. L‘ unica cosa che saltava agli occhi era un grande specchio, con la cornice dorata, infondo alla sala. Mossa dalla curiosità Sarah li si avvicinò e quando arrivò tanto vicina da specchiarsi, vide una cosa che la fece rimanere senza fiato. Lei indossava un vestito con una sola manica che copriva con del leggero pizzo il braccio che si era bruciata con la Punizione, poi il pizzo si fermava alla vita dove cominciava una gonna lunga di un tessuto leggerissimo e brillante. Era tutto dello stesso rosso delle lenzuola del letto tranne il fondo che, sfumando, diventava d’ oro. Non aveva scarpe ma sui piedi c’ erano disegnati ghirigori e fiori d’ oro. Anche nei capelli, bruni normalmente, aveva ciocche d’ oro e rosso sangue. Al collo portava una catena d’ oro con un ciondolo a forma di un fiore stilizzato circondato da un cerchio. Istintivamente la riconobbe come una stella alpina. Ma non era la sua immagine ad averla lasciata senza parole ma quello che stava succedendo alle sue spalle. La sala deserta e buia stava prendendo vita. Si riempì di luce e di persone che festeggiavano, sorridendo, con i vestiti più disparati, ispirati a diverse culture, giapponesi, indiani, brasiliani, russi... Ma quando Sarah si voltò alle sue spalle non vede niente e nessuno, solo la sala sempre buia e deserta. Guardando di nuovo lo specchio vide che l’immagine che aveva visto era sparita, c’ era solo lei. Com’era possibile? Sarah alzò una mano, con l’intento di toccare lo specchio, ma una voce dietro di lei la anticipò “Sarah, non farlo” Spaventata, Sarah si girò e vide chi aveva parlato. Dietro di lei ad un paio di metri che la stava osservando c‘ era un ragazzo che ad occhio aveva una ventina d’ anni con i capelli neri a spazzola, gli occhi verdi, una maglia rossa con stampato in oro lo stesso simbolo che lei portava al collo, la stella alpina, e pantaloni lunghi neri e strappati. “Quello è uno specchio magico, mostra a chiunque qualcosa del suo passato o del suo futuro. Chi ne tocca la superficie però viene cambiato e non riesce più a distinguere la realtà dalla fantasia. Comincia ad avere allucinazioni e, di fatto, impazzisce” Le spiegò il ragazzo studiando la sua espressione. Sarah si voltò di nuovo verso lo specchio per non farsi guardare e, molto confusa dall’immagine di poco prima, chiese “Passato o futuro. E quello che ho visto era passato o futuro?” Il ragazzo le si avvicinò al fianco senza però entrare nel riflesso dello specchio, e rispose “L‘ unica che può saperlo sei tu...Altezza” “Perché mi chiamate tutti Altezza?...Chi siete? Dove sono?... Devo tornare a casa i miei genitori si staranno preoccupando” Disse Sarah poi, tirando su la gonna con le mani, si avviò verso le scale di corsa. Il ragazzo restò fermo e disse “Noi siamo come te, Sarah. Hai sempre saputo di non essere come i tuoi compagni e la tua famiglia. Non vuoi sapere chi sei tu? Non vuoi sapere perché ogni volta che usi la magia paghi in qualche modo? Come è successo oggi quando qualcosa ti ha spinto a proteggere Raj e a fidarti di lui e hai pagato con la tua salute. Sei rimasta incosciente per ore...Sei diversa da quelli che conosci ma noi siamo come te” Sarah aveva dimenticato quello che era successo, ma il braccio non le faceva male per niente, e i fiori e lo specchio lo avevano fatto passare la cosa in secondo piano. Cercando di rimanere composta, si girò verso il ragazzo che la stava guardando preoccupato e implorante. Sarah si era sempre fatta queste domande e voleva conoscere le riposte, qualcosa le diceva che questa sarebbe stata l‘ ultima occasione di averle. “Torna davanti allo specchio, te ne prego, e avrai tutte le risposte che desideri. Poi potrai decidere di andartene o rimanere” Detto questo, il ragazzo allungò la mano, verso di lei. Sarah guardò la mano appesa in attesa e, decisa a voler sapere chi era, disse “Mi prometti che dopo potrò andarmene dai miei genitori?” Lui la guardò serio e disse “Ti porterò io stesso nell‘ altro mondo, se lo vorrai” Sarah decise di fidarsi, fece un respiro profondo e raggiunse il ragazzo per dargli la mano. Lui la portò di nuovo davanti allo specchio ma si mise lui al centro con lei al suo fianco. La ragazza si perse nella bellezza sconvolgente del suo vestito notandolo davvero per la prima volta. “L‘ oro è il colore della famiglia reale da almeno 10 generazioni. Il rosso è il colore dei ribelli e il fiore e il tuo simbolo, bello, raro, prezioso e simbolo di...” “Coraggio e determinazione.” Concluse Sarah guardando il ciondolo al collo. Il ragazzo la guardò nello specchio “Esatto.” “Non ho niente in comune con la stella alpina però...” rispose frustrata Sarah. Lui la guardo serio e stringendole la mano disse “Quello che hai fatto oggi dimostra il contrario, Sarah. Io ti conosco da quando sei nata e so che è il simbolo più adatto a te” “Io e te ci siamo già visti?” Chiese confusa Sarah, voltandosi verso di lui. “Guarda nello specchio, Sarah” Lei obbedì e l‘ immagine cambiò.
Vide una camera luminosa con un grande letto bianco, tutto sfatto. Al centro c‘ era una donna bellissima, aveva dei riccioli biondi e gli occhi azzurri come il mare. Indossava una vestaglia bianca che sembrava essere fatta di nuvole e in braccio aveva una bambina avvolta in un telo dorato. “Questo è un mio ricordo. Il nostro primo e ultimo incontro.” Le spiegò il ragazzo. Non capendo, Sarah disse un’ovvietà “Ma io non sono quella donna” Poi però la donna nello specchio fece per mostrare la bambina che teneva in collo e subito Sarah si rese conto che quella era lei appena nata. Poi una manina entrò nel campo visivo e strinse una delle sue paffute mani e la Sarah bambina sorrise raggiante. Poi lo specchio tornò alla realtà. Voltandosi verso il ragazzo ebbe un flash improvviso. “Alexander...” Lui inspirò bruscamente e le strinse la mano per confermare. Si vedeva un leggero sollievo nel suo volto ma la preoccupazione era l‘ emozione dominante. “Cosa altro ricordi Sarah?” Sarah chiuse gli occhi per concentrarsi ma altro non le venne in mente, ricordava il sorriso di un bambino piccolo coi capelli neri che le stringeva la mano, Alexander, ma nient‘ altro. Riaprì gli occhi e disse sconsolata “Mi dispiace, nient’altro” Lui annuì come se se lo aspettasse e poi disse “Vieni. Andiamo nella tua stanza devo raccontarti tante cose ma meglio se ti stendi e se ti allontani dallo specchio” Lui la portò di nuovo verso le scale e appena lei mise i piedi sul legno scuro degli scalini ricomparì il prato, i fiori e le farfalle che aveva già visto. Prima che lei poté chiedere lui rispose alla sua domanda “Questo palazzo è il posto dove sei nata e dove i tuoi antenati hanno regnato sul nostro regno. Una volta era pieno di vita ma quando la corona è stata rubata alla vostra famiglia il palazzo è morto. La tua presenza gli sta dando di nuovo vita.” Sarah stese una mano e una farfalla si appoggiò sul suo palmo aperto per qualche secondo poi volò via.

Mentre cominciarono a scendere le scale lei diede voce alle sue insicurezze e disse “è impossibile. Io non sono una principessa o simili. Sono solo una sfigata umana. Chiedilo ai miei genitori o ai miei compagni di classe…” pronunciando l‘ ultima frase con ironia nera. Alexander rise anche se era nervoso e disse “Tu non sei ne umana ne sfigata, Sarah” Punta nel vivo chiese “Allora chi sono?” Alexander annuì, come se si aspettasse quella domanda, e, come se stesse pensando alla risposta da ore, disse "Tu sei quella che alcuni esseri umani chiamano fata. Puoi volare e fare cose che loro non possono fare. Ti fidi facilmente delle altre fate perché sai che tutti noi siamo un popolo gentile che ha come obiettivo proteggere la natura in ogni sua forma. Per quello oggi ti è venuto l'istinto di proteggere Raj." stavano entrando nella camera dove Sarah si era svegliata. "A proposito di oggi senti dolore? Dovrei controllare la cicatrice." Aggiunse lui, ma lei fece segno di no per obbiettare. Lui la portò a sedere sul letto e disse "Mi dispiace Sarah devo controllarla e lo farò con o senza il tuo consenso" lei sbuffò ma disse "Ok" e chiuse gli occhi, preparandosi al dolore. Lui sì mise dietro di lei e le sfilò la manica di pizzo, senza toglierle il vestito. "è la prima volta che la Punizione quasi mi uccide.." disse Sarah, ricordando le Punizioni peggiori ricevute. Intanto Alexander le toccava la cicatrice lungo tutta la sua lunghezza. Da quello che capiva Sarah, la cicatrice sì estendeva dalla colonna vertebrale fino al polso destro. Era incredibile la velocità con cui erano riusciti a curarla, erano passate solo poche ore e lei non sentiva niente, a parte un po’ di stanchezza. "La Punizione? Ah ho capito parli degli effetti della maledizione..Non so cosa farei se non potessi usare i miei poteri" ragionava Alexander mentre faceva muovere il braccio di Sarah. "Saresti un semplice sfigato umano. Ma di quale maledizione parli?" disse ridendo lei. Era strano ma quando Alexander le toccava le dita, anche solo per provare che si muovessero correttamente, sembrava che le loro mani non dovessero fare nient' altro che stringersi. Forse era stata l'immagine allo specchio. "Ok, la bruciatura va bene ma la cicatrice rimarrà. Come ti senti?" chiese lui, all’ apparenza meno nervoso "Mi sento bene, Alexander, forse un po stanca" Lui si mise davanti a lei e disse "Ok allora, dormi" e fece per voltarsi e uscire. All' improvviso all' idea di rimanere da sola fu terrorizzata "No, Alexander aspetta!.." lui la guardò curioso e chiese "Perché?" Sarah cercò velocemente una scusa accettabile e alla fine disse "Devi raccontarmi ancora tutta la storia.." Alexander arricciò le labbra mentre pensava poi disse "Ok te la racconterò come storia della buonanotte se vuoi. Ma tu chiamami Alex, quando qualcuno mi chiama Alexander significa che è arrabbiato con me perché ho fatto qualcosa di male. Mettiti sotto le coperte così comincio." "Perché mi sento tanto a mio agio con te? Non ti conosco neanche.." disse Sarah, ragionando per conto suo, mentre sì sdraiava sotto le coperte. Anche se era stanca voleva davvero sapere tutta la storia. Voleva sapere il motivo per cui tutti la chiamavano Altezza e anche della maledizione. "È normale, è perché sei una fata come me, inconsciamente sai che siamo parte di un popolo generoso, amichevole e buono" Sarah ci pensò su, ma qualcosa le diceva che c' era anche qualcos’altro che le faceva desiderare che Alexander si stendesse vicino a lei. Lui sì mise seduto sul letto con la schiena appoggiata alla spalliera dietro di loro. Sarah sì girò su un fianco, verso di lui, in attesa. Alexander ci pensò su per qualche secondo e poi cominciò.


G.M.

 
   
 
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