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Autore: Ufun    28/11/2020    0 recensioni
[Sky: Children of the Light]
Inizialmente c’era un unico Regno, e la Luce regnava sovrana. Tutto era in armonia con tutto: piante, animali, terra, acqua, aria, fuoco. Poi subentrarono le tenebre. La luce si divise in tanti piccoli pezzi, cadde. Si nascose nei sette Regni. Trovala, figlia della Luce. Raccoglila e riportala quassù, dove mi appartiene.
(...)
Due occhi azzurri correvano lungo tutta la mia figura. Dai capelli bianchi, lunghi e mossi, alle labbra a cuore carnose e leggermente rosate, alle spalle, al seno pieno, alla vita asciutta, fino alle gambe affusolate. Tastavo la mia pelle, il mio viso, e appena premevo un po’ più del solito mi… illuminavo leggermente. Era tutto così nuovo per me, tutto così… eccitante.
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 1
Il sogno che feci quella notte fu particolarmente strano.
Sognai una ragazza. Sapevo chiamarsi Afelo, lo percepivo dalla sua aura. Era una ragazza minuta e aggraziata, aveva i capelli a caschetto e il viso appuntito, abbellito da due occhi marroni e frizzanti. Le sue forme morbide erano però irrigidite dalla postura e dal suo tono di voce, perché mi stava parlando con un tono serio e preoccupato.
Mentre mi sciacquavo il viso, cercavo di ricordare le sue parole, ma più il tempo passava e più si affievolivano. L’ultima cosa che ricordavo era la sua figura girarsi, darmi le spalle e iniziare a camminare senza lanciarmi un ultimo sguardo.
Più il tempo passava, più non sembravano miei ricordi. Io Afelo ero sicura di non conoscerla, tanto meno di averla incrociata per sbaglio, visto che fino alla sera prima semplicemente non ero esistita.
Mi asciugai il viso sospirando e indossai un paio di pantaloncini che avevo trovato nell’armadio. Il mio mantello celeste si fece più visibile una volta finito di prepararmi e pettinandomi i capelli mi resi conto che forse avrei dovuto tagliarli, erano un po’ ingombranti così lunghi e con il mantello di mezzo. Appena misi piede fuori dalla mia camera, centinaia di voci si sovrapposero tra di loro. Ragazzi di tutti i tipi occupavano il corridoio del mio piano: c’era chi correva, chi camminava frettolosamente e chi chiacchierava poggiato alle pareti. Le ragazze avevano quasi tutte i capelli raccolti in code di cavallo o codini piuttosto bizzarri, notai. I ragazzi avevano trecce, capelli corti, capelli a caschetto, c’era una varietà di acconciature impressionante. Tutti erano splendidi e sulla parte centrale del mantello, dall’alto verso il basso, avevano dei simboli, chi più chi meno, e alcuni portavano anche oggetti sulle spalle, come avevo visto fare anche a Izat e Vowet.
Io di simboli ne avevo solamente uno, ma anche altri erano come me.
Non sei l’unica, Ekoful.
Non sapendo esattamente dove andare, mi limitai a seguire la massa. Si sarebbero sicuramente diretti fuori o comunque in una qualche area comune, pensai. Ed effettivamente mi ritrovai nell’Oasi comune in cui mi ero svegliata il giorno precedente. E ad osservarla più attentamente constatai la presenza anche di qualche panchina qua e là. Alcuni ragazzi oltrepassavano i portali da soli, altri in gruppo, altri in coppia, tenendosi per mano. Fuori dal settimo portale, invece, quello più alto e “imponente”, c’era chi sostava diversi minuti prima di entrare deciso, o chi salutava chi sarebbe entrato, con un abbraccio, come a significare che non si sarebbero rivisti per un po’ di tempo.
-Ciao piccola tarma!- riconobbi la voce. Vowet. Mi salutò agitando una mano da lontano, e mentre si avvicinò si passò una mano tra i capelli lisci. Era senza dubbio un ragazzo molto affascinante.
-Ehilà Vowet, come stai?- chiesi educatamente e arrossendo un po’, non ancora abituata al mio nuovo amico.
-Ma come stai tu, piuttosto? Dormito bene la tua prima notte qui?- ribattè lui sorridendo e facendomi segno di sedermi su una panchina lì vicino.
-Beh sì. Ma ad essere sincera ho fatto uno strano sogno…- iniziai a dire rigirandomi una ciocca di capelli tra le dita. Vowet mi sembrò anche abbastanza interessato a ciò che stavo per dire, quando spostò lo sguardo su qualcuno dietro di me e istintivamente mi girai anch’io. Dal portale dell’Isola dell’Alba era spuntato Izat e stava camminando verso di noi. Spostò lo sguardo da Vowet, che salutò con un cenno del capo, a me, poi alle mie gambe.
Cosa sono questi sguardi spudorati?
Risollevò gli occhi e quando notò i miei occhi increduli deglutì vistosamente, sedendosi davanti a noi sull’erba. Mi coprii le cosce, per quanto potevo, con il mantello. Vowet fece caso alle dinamiche e si schiarì la voce.
-Mi stavi parlando del tuo sogno?- riprese. Izat stese e piegò le gambe davanti a sé un paio di volte mugugnando. Sembrava avesse volato per tanto tempo, e ovviamente non doveva averle mosse più di tanto. Stavo per riaprire bocca per rispondergli, quando optai per il non farlo e il tenermi l’accadimento per me, ancora per un po’.
-Uhm sì, ma non me lo ricordo proprio chiaramente…- mentii -Piuttosto, sono curiosa di provare a volare. Non avreste dovuto istruirmi?-
-Ma certo, certo. Se hai voglia, possiamo iniziare dal primo Regno.- esordì Vowet alzandosi in piedi e indicando l’Isola dell’Alba. Annuii decisa e mi alzai anch’io, seguita da Izat. Lui però non lo vedevo molto convinto.
-Ragazzi, io preferirei andare a riposare, mi sono svegliato prestissimo stamattina e ho fastidio alle spalle…- disse, infatti.
-Tranquillo Iz, ti capisco. Anzi ti ripeto che per me quello che fai è inutile, non troverai… altri frammenti nel primo Regno-
-Ne abbiamo già parlato, non mi va di ripetere le stesse cose, e fino a prova contraria ho più frammenti di te- tagliò corto Izat, rivolgendomi un cenno di saluto con un sorriso e un occhiolino, per poi voltarsi e dirigersi verso il dormitorio. Ricambiai agitando la mano e osservando il mantello stanco ricadere pigro sulle sue spalle larghe. Mi voltai verso Vowet.
-Di cosa avete già parlato, se posso chiedere?- provai piano. Ero curiosa di conoscerli, conoscere la loro amicizia. Sembravano amici da tantissimo tempo, si conoscevano bene e si capivano anche solo con uno sguardo.
-Ma sì che puoi, figurati, non c’è niente da nascondere qui- rispose con non-chalance lui e avviandosi verso il portale con me di fianco. A guardarci saremmo sembrati un maestro e la sua allieva sia a giudicare da come eravamo vestiti, sia dal numero di simboli che c’erano sui nostri mantelli a confronto.
-Vedi, io e Izat inizialmente non eravamo la coppia di amici migliore di questi mondi. Lui è sempre stato particolarmente solare con gli altri ragazzi, mentre io ero solito svolazzare per conto mio e fare il mio dovere. Ci siamo ritrovati nel quinto Regno, un giorno, io e lui. Non c’era nessun altro a quell’ora e io ero in particolare difficoltà perché il mio mantello era sporco di fango. È un brutto mondo, quello. Ti consiglio di andarci solo quando sarai ben forte- si rabbuiò per un attimo.
-Comunque- riprese –Izat mi aiutò tanto. Si avvicinò, mi trasmise energia. Ecco, lezione di oggi: ci si può trasmettere energia a vicenda, se si ha bisogno. Siamo fatti di luce, quindi se la tua luce è flebile io posso aiutarti semplicemente avvicinandomi a te o toccandoti- e così fece. Mi sfiorò il palmo della mano, ma lo guardai confusa perché non sentii nulla di che.
-Beh adesso non ne hai bisogno, la tua luce non è debole, anzi… per avere solo un frammento dentro di te sei anche abbastanza attiva- mi confermò.
Senza accorgermene, mi resi conto che nel frattempo eravamo arrivati al limite di un precipizio. Sotto i nostri piedi c’era solo sabbia, infinite distese di sabbia. Ogni tanto si scorgevano delle rupi, ma in lontananza.
-Buttati- disse a bruciapelo.
-Come, scusa?-
-Devi volare, buttati. Stendi le braccia e vola.-
Mi affacciai ancora oltre il limite del precipizio. Eravamo parecchio in alto. Feci un paio di respiri profondi. Alternavo lo sguardo dalla sabbia sotto i miei piedi agli occhi viola di Vowet, che mi guardava sorridendo fiducioso.
-Dai, Eko, non ho tutta la giornata!-
-Non mettermi fretta per favore, potrei schiantarmi!-
-Ok, ok, hai ragione. Prenditi tutto il tempo che vuoi- mi rispose allora lui, facendo un passo indietro. Lo sentivo fischiettare e passeggiare dietro di me, sentendo i suoi scarponcini affondare nella sabbia.
Ok Ekoful, è arrivato il momento che stavi aspettando. Feci un respiro profondo.
1… 2…
E sentii una leggera spinta sulla schiena, seguita da una piccola risata angelica.
Andai nel panico. Non vedevo altro che sabbia, sabbia e ancora… sabbia. Il vento mi sferzava il viso, riuscivo a tenere gli occhi aperti per miracolo. Stavo precipitando giù. Il mio battito cardiaco iniziò ad aumentare, lanciai un grido d’aiuto. Poi mi ricordai cosa mi aveva detto Vowet poco prima.
Stesi le braccia.
E immediatamente pace. Il vento non mi fischiava più nelle orecchie, bensì mi accarezzava la pelle, le gambe, mi agitava i capelli. Mi sentivo a casa. Il cuore ritornò a battere più lentamente, mentre volavo sulle distese di sabbia. Dei ragazzi in lontananza mi gridarono parole di approvazione e incoraggiamento. Sorrisi felice.
Ce l’ho fatta. Sto volando.
Voltandomi, vidi Vowet che si avvicinava a me sorridendo lasciando una scia dietro di sé. Per quella che mi sembrò un’eternità volammo uno al fianco dell’altra in quel Regno così spoglio ma così meraviglioso. Ogni tanto Vowet faceva qualche piroetta e io tentavo di imitarlo, fallendo miseramente. Il mio mantello non era ancora forte quanto il suo, per il momento riuscivo solo a volare in linea retta e virare.
Scambiandoci battute e ridacchiando, ci posammo entrambi su una roccia abbastanza grossa che vedemmo sotto di noi. Improvvisamente sentii le spalle stanche, un peso, quasi. Mi voltai il più possibile per guardare il mio mantello e mi resi conto che era diventato di un celeste particolarmente spento.
-Mi sento esausta…- dissi più tra me e me che rivolgendomi a Vowet.
-E’ normale, ti stanchi facilmente con un solo frammento.- e così dicendo si avvicinò, mi tocco il braccio e quello che accadde dopo è difficile da descrivere. I miei occhi si incatenarono ai suoi, che divennero di un viola acceso e penetrante. Vowet si fece serio, socchiuse le labbra ed espirò. Mi sentii rinvigorita da quel tocco, riuscivo a sentire lo scambio di energia che stava avvenendo tra i nostri corpi. Particelle minuscole di luce che si moltiplicavano dentro di me grazie al semplice contatto con lui, che in sé per sé era una vera e propria fonte di energia.
Oh mio Dio.
Una volta staccata poi la mano, mi sorrise anche lui e si scostò dalla fronte la ciocca fermata dagli anellini. I suoi occhi ritornarono del solito viola acceso, sì, ma non come poco prima.
-E’ stato fantastico- mormorai –è come se avessimo…-
Vowet scoppiò a ridere divertito.
-E’ stato un momento intimo, lo scambio di luce tra due corpi avviene tutti i giorni con chi vogliamo, ma la prima volta con un'altra persona fonda l’amicizia. Ora siamo connessi, io e te.- mi confermò.
-Sì ma non immaginavo sarebbe stato così… intenso-
-Beh non sono il primo con cui l’hai avuto. Anzi, ieri è stato molto più intimo rispetto ad oggi.- sorrise maliziosamente mentre io lo guardavo confusa, non sapendo a cosa si stesse riferendo.
-Il frammento di Izat- specificò allora lui –l’hai preso tu, ma apparteneva a lui, è come se avessi un pezzo della sua anima dentro di te- finì poi. Ora era tutto chiaro. La sera prima avevo avuto quel contatto con la luce di Izat, seppur minimo, che però mi aveva illuminato sulla ragione per cui io ero lì, sul mio compito in quei mondi.
-Sarà stato anche più intimo, ma oggi è stato diverso- obiettai io, cinicamente. Non sapevo bene cosa stessi provando in quel momento. Forse mi sentivo solo imbarazzata per aver preso qualcosa che non mi apparteneva senza permesso da una persona che conoscevo a malapena e con cui avevo scambiato solo qualche parola.
-E’ stato diverso perché oggi c’è stato un contatto tra me e te- mi confermò ancora una volta Vowet.
-Izat non ti ha toccato il braccio, o viceversa, come invece ho fatto io oggi con te. Ma ti abituerai a questo tipo di sensazioni, anche perché conoscerai altra gente e ti capiterà sicuramente di nuovo, magari non tanto di ricevere, quanto di dare energia. Chissà, magari capiterà anche proprio con Iz, un giorno!- concluse soffocando una risata. Gli rivolsi uno sguardo interrogativo e si grattò la nuca imbarazzato.
-Izat conosce molte persone, ma sono poche le persone con cui scambia energia-
-Come mai?- chiesi prontamente. Ne guadagnai un’alzata di spalle.
-Non so, lo fa con me, con altri suoi amici, lo faceva anche con… un’altra ragazza, ma… diciamo che non si parlano più-
-Cos’è successo?- gli chiesi ancora intimandolo a continuare. Mi sembrò non volerlo fare però, come a non voler mettere piede in affari che non erano i suoi. Era strano, lui e Izat erano molto amici, ma in alcuni momenti Vowet sembrava sottostare alle decisioni dell’altro senza opporre resistenza.
-Ti spiego brevemente cosa è successo, ma per farlo devo parlarti dell’Eden- mi disse infine. Bene, facevamo progressi. Aveva intenzione di raccontarmi. Annuii con calma, provando a nascondere l’adrenalina che mi stava salendo per il sapere di più.
-Per entrare nell’Eden devi oltrepassare il settimo portale, quello più alto che vedi nell’Oasi comune. È un mondo che tutt’oggi divide amicizie, a volte anche… relazioni. Come ti ho già detto, il nostro compito qui è quello di trovare più frammenti possibili e riportarli a colei che è lassù. Per farlo dobbiamo passare per l’Eden, per forza.-
-E dov’è il problema?- lo guardai curiosa. Cosa c’era di male in tutto ciò?
Lui sembrò temporeggiare prendendo il tamburo che portava sulle spalle e passandoci una mano sopra, piano.
-Beh, per ridare la luce dobbiamo… morire. L’Eden è l’ultimo stadio. È il posto più pericoloso tra i sette mondi e quello con più frammenti. Davvero, ce ne sono un’infinità. Ma nessuno riesce a sopravvivere fino alla fine. E una volta morti, rinasciamo. Non fraintendermi, io sarò di nuovo io e tu sarai di nuovo tu- disse incando me e lui rispettivamente.
-Però siamo così tanti in questi mondi che sarebbe impossibile ritrovarsi, poi. E per ricollegarci al discorso iniziale: Izat era… molto legato, diciamo così, a questa ragazza, che però un giorno sentì il bisogno di entrare nell’Eden. Lui non riuscì a farle cambiare idea. Anche qui, non fraintendermi, tutti vogliamo restituire la luce prima o poi, però lei voleva farlo subito-
Ascoltavo rapita il suo racconto, mentre il sole stava tramontando. Eravamo seduti su quella roccia da almeno un’ora e iniziava a fare più freddo, quindi mi coprii con il mantello e iniziai a giocherellare con una ciocca di capelli, continuando a guardare Vowet.
-Il fatto è che forse lei non era ancora forte abbastanza da entrare nell’Eden. È il settimo Regno, non a caso l’ultimo tra tutti quelli che ci sono. E che tu voglia o no, per quanto ti possa impegnare, una volta messo piede lì dentro morirai, se vai fino alla fine. Insomma… lei ci è andata. Izat era distrutto.-
-E lei non è rinata? Non si sono incontrati di nuovo?- chiesi flebilmente io. Era una storia drammatica. Provai tenerezza per Izat, avevo voglia di abbracciarlo ed esprimergli tutto il mio dispiacere.
-Non ancora, lui fa questi orari assurdi in cui vola per ore tra i mondi. Dice che lo fa per cercare altri frammenti, ma secondo me è per ritrovarla. Però, d’altronde, è passato tanto tempo da quando si sono persi- e dicendo così si alzò, tendendomi una mano per aiutarmi a rialzarmi. La presi e ci incamminammo verso l’Oasi comune. Camminammo in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri. Ma volli sapere ancora un po’ di più.
-Voi due non siete mai entrati nell’Eden?-
Vowet rise nervosamente grattandosi la nuca.
-No. Non ancora. Voglio essere più forte di come lo sono ora e in ogni caso mi presenterei al Suo cospetto con troppa poca luce. Izat nemmeno ci è entrato, ma lui è molto più forte di me, è tra i più forti tra noi, sai?- sorrise con uno sguardo di ammirazione profonda. Sorrisi anch’io intenerita da quel gesto, lui ammirava Izat e io ammiravo la loro amicizia.
Eravamo nel frattempo arrivati nel dormitorio, ci saremmo separati di lì a poco perché la mia camera e la sua erano l’una dalla parte opposta dell’altra.
-Posso chiederti un’ultima cosa?- dissi guardandomi i piedi, timorosa di oltrepassare il limite. Vowet annuì.
-Come si chiamava quella ragazza?-
-Oh Dio, Eko! Non dirmi che ora ti ossessionerai con questa storia!- rise dandomi un buffetto sulla spalla e incamminandosi verso la sua ala di dormitorio.
-Si chiamava Afelo, comunque- disse voltandosi appena, facendo tintinnare gli anellini che portava tra i capelli e girando l’angolo del corridoio.
  
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