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Autore: Kia85    28/11/2020    0 recensioni
Eppure Aureliano aveva cambiato la sua vita, e Alberto l'aveva vista cambiare nei suoi occhi meravigliosi.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Eppure mi hai cambiato la vita

 

3.   Rassegnazione

 

Che Alberto avesse un valido motivo per essersi unito a quella spedizione era poco ma sicuro.

Il problema era che non capiva quale dei due prevalesse.

Sì, era incazzato con Aureliano, e non solo perché aveva massacrato di botte suo cugino Boris fino ad ammazzarlo, ma anche perché gli aveva detto che non lo voleva più rivedere.

Il senso di appartenenza alla famiglia urlava vendetta: Boris era stato ammazzato come una bestia, con una ferocia che avrebbe fatto inorridire anche gente come loro. Ma quella era solo una delle tante voci che urlavano in lui quella notte.

Ancora più prepotente era quella parte di lui umiliata e denigrata da Aureliano quando gli aveva detto quelle cose la mattina stessa, dopo che aveva liberato il prete.  Lo aveva chiamato zingaro di merda, aveva insinuato, come tanti altri, che non fosse uomo come suo fratello, e infine che non voleva più vederlo. Per Alberto pensare di fidarsi di lui anche solo per un momento era stata un’effimera illusione. Alberto ci aveva creduto davvero, ingenuamente si era illuso di poter lavorare insieme a lui. Insieme avrebbero potuto finalmente liberarsi delle loro famiglie, avrebbero potuto conquistare Roma.

Ma Roma non si conquistava così, non con un affare messo in piedi da una manciata di ragazzini ingenui. E soprattutto non quando uno di questi era spinto da altre motivazioni, come quella stupida di poter passare del tempo con Aureliano, la stessa che in fondo lo aveva spinto ad unirsi alla spedizione punitiva.

Avrebbe voluto urlare e chiedere al cielo perché si era ritrovato intrappolato in questa merda. Perché lui? E cosa avrebbe dovuto fare ora?

Cosa lo aveva convinto ad avvicinarsi a Manfredi, prendere una pistola e recarsi lì, alla ricerca di Aureliano?

Ma Alberto sapeva che non aveva tempo. Mentre correva in mezzo a quelle casette abbandonate cercando Aureliano, sapeva che avrebbe dovuto prendere una decisione e al più presto. Perché in situazioni come quelle non c’era tempo per ragionare con calma.

Era venuto per ucciderlo o salvarlo?

Ucciderlo e vendicarsi? Certo, se lo avesse ucciso, si sarebbe guadagnato il rispetto di tutti quegli stronzi che ancora lo deridevano, suo fratello in primis, tutti quelli che non lo reputavano uomo abbastanza. Beh, cazzo, uccidendo Aureliano avrebbe dimostrato che lo era. Avrebbe potuto passare in mezzo alla sua gente a testa alta, mostrando un orgoglio che pochi potevano sfoggiare; sua madre sarebbe stata fiera di lui, suo fratello lo avrebbe finalmente considerato degno della loro famiglia.

O forse era venuto per salvarlo? Perché sapeva che i suoi uomini lo avrebbero ucciso, se lo avessero trovato prima di lui. Gli avrebbero sparato in faccia, avrebbero trasfigurato il suo bel viso, senza pietà, accanendosi su di lui, vendicando Boris. Gli occhi di Aureliano, che tanto erano rimasti impressi dentro di lui, quelli che notte dopo notte Alberto aveva lasciato entrare nei suoi sogni più irrequieti, quegli stessi occhi si sarebbero chiusi per sempre, se lui non avesse fatto qualcosa.

Un rumore di passi lo destò dai suoi pensieri, con la coda degli occhi vide un movimento, una testa di capelli biondi che di certo non apparteneva a nessuno di loro. Alberto capì cosa fare. Distrasse il cugino e fece il giro dell’isolato.

Il cuore batteva forte nel suo petto, rimbombava nelle orecchie prepotentemente, come a volergli suggerire la risposta al suo tormento.

Cazzo!

E alla fine eccolo lì. Braccato.

Aureliano di fronte a sé, di fronte alla sua pistola.

I suoi occhi rassegnati e sconfitti così vicini ad Alberto, e tra di loro una pistola calda e pronta.

Sarebbe bastato poco, pochissimo, doveva solo premere il grilletto, no? E cazzo, se la sua mente non gli stava urlando di premere quel dannato grilletto.

Sarebbe stato giusto, sarebbe stata la sua occasione d’oro, il suo riscatto. Anche Aureliano lo sapeva. Lo guardava così, perso, sconfitto, pronto a morire sotto la sua pistola. Stava solo aspettando e non aveva paura.

Alberto poteva leggerglielo negli occhi.

Dopo quello che hai fatto, te lo meriteresti, stronzo di merda.

Ma tutto dentro di lui urlava l’esatto contrario. Perché Alberto sapeva che se avesse premuto quel grilletto, con Aureliano sarebbe morta anche una parte vitale di lui.

“Vai.”

E Aureliano sorrise, annuendo più a se stesso che ad Alberto. Forse perché lui credeva che Alberto non avrebbe avuto il coraggio di ammazzarlo, che fosse solo un ragazzino troppo spaurito per uccidere.

Si sbagliava. Il coraggio lo aveva, non era la prima volta che ammazzava qualcuno. Solo che non avrebbe avuto il coraggio di ammazzare lui. Ma questo Aureliano non avrebbe mai potuto capirlo.

“T’ho detto vai.” gli ripeté e ringraziò qualunque dio avesse mandato in quel momento la macchina di Gabriele.

Aureliano esitò ancora, guardandolo forse per capire perché non gli avesse sparato, e Alberto iniziò ad agitarsi; un po’ perché i suoi occhi ora indagatori lo mettevano a disagio, ma anche perché sapeva che da un momento all’altro sarebbero stati raggiunti dai suoi cugini e loro non gli avrebbero mostrato la stessa compassione.

“Vattene, cazzo. Vai!” gli intimò, facendogli cenno di raggiungere Gabriele.

Non era una minaccia, era più una preghiera di Alberto.

Vattene e resta vivo, perché se muori, io

E alla fine Aureliano si decise e corse verso la macchina di Gabriele, salendo a bordo in fretta e furia. Solo quando la macchina sfrecciò via, Alberto sentì di poter trarre un sospiro di sollievo.

“L’hai visto? È venuto di qua?” gli chiese uno dei cugini, arrivato proprio in quel momento alle sue spalle.”

Aveva avuto paura di sentirsi in colpa nei confronti nella famiglia, di sentirsi ancora una nullità, di averli delusi. Una volta in più.

“Non c’è.” rispose Alberto.

Poi guardò nuovamente il punto dove Aureliano era scomparso e capì. Capì che non c’era traccia di delusione in lui. Solo un grande sollievo, quella dolce sensazione di leggerezza che lui collegava sempre ad Aureliano. Sì, era decisamente quello il sentimento che prevalse su tutti.

Perché cazzo aveva dubitato di se stesso? Non aveva senso tormentarsi ancora. Avrebbe dovuto rassegnarsi ad Aureliano, a come lo faceva sentire dentro, come lo rendeva pazzo e felice. Rassegnarsi come lo stesso Aureliano aveva fatto, per un momento, pensando di morire per mano di Alberto.

Invece… Aureliano era vivo e sapeva che era stato possibile solo grazie a lui. Grazie ad Alberto.

 “L’abbiamo perso.”

La voce era fintamente amareggiata, e Alberto non poté trattenere un sorrisino soddisfatto per quello che aveva fatto.

Ci si vede, Aurelia’.

 

Note dell’autrice: e buonasera, chiedo scusa per il ritardo, ho avuto un sacco di cose da fare a casa e in uni, e niente. Diciamo che prima di pubblicare questo capitolo stavo aspettando di finire di scrivere il capitolo 7. Vorrei cercare di pubblicare ogni volta che scrivo un nuovo capitolo, anche se ne ho già diversi pronti.

Questo è uno dei miei preferiti, perché mi piace molto la scena in cui Spadino gli risparmia la vita, diciamo salva, va. Era andato a salvarlo, alla fine. <3

Grazie a chiunque abbia letto e grazie a Vale per aver betato.

Prossimo capitolo, Relax… ;)

A presto

kia85

 

 

 

   
 
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