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Autore: Ookami_96    29/11/2020    0 recensioni
"Sempre, ovunque e comunque", in ogni epoca, in ogni universo; ambientazioni differenti, luoghi immaginari, contesti particolari. L'unico filo comune saranno Aizawa e Mic, sempre insieme, alla ricerca l'uno dell'altro.
Un insieme di OneShot - AU, con i nostri due personaggi sempre come protagonisti che tenterò (con molta fatica, lo so già) di mantenere quanto più InCharacter possibile.
Non chiedetemi perchè sentivo il bisogno di scrivere codesta cosa.
Non mi resta che augurarvi buona lettura e sperare che non sia un fiasco colossale XD
*
- Dal Capitolo 4: I suoi occhi, abituati all'oscurità, individuarono subito un letto al lato opposto della stanza, e una figura adagiatavi sopra. In quell'esatto momento, iniziò a pregustare la sua ricompensa.
Si avvicinò, silenzioso e guardingo; prese un fiammifero e accese lo stoppino di una piccola candela, posta sopra al comodino di fianco al letto.
Illuminò una chioma bionda, che copriva in parte il viso, mentre il resto del corpo era avvolto in calde e spesse coperte.
"Buongiorno principessa"
- Fantasy AU
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Present Mic, Shōta Aizawa
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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69 Giorni con Te

Quarantena AU

Day 0

Spense la televisione, incerto su come dovesse sentirsi in quel momento; raramente si era sentito così prima. Proprio per questo afferrò il cellulare, cercando un segno di vita da parte di una persona qualsiasi. 
Si aspettava un messaggio da parte dai suoi studenti, ma probabilmente preferivano commentare la notizia con amici e compagni, piuttosto che con lui e gli altri professori sul gruppo scolastico. Stranamente affianco al nome di Hizashi non era comparsa nessuna notifica, zero. E dire che da lui era quasi sicuro di ricevere qualcosa, anzi, una tempesta di messaggi… 
Sbuffò, sentendo uno strano senso di agitazione crescere sempre di più, pesando sulla bocca dello stomaco. 
“Maledizione.” Iniziò a girare in tondo per la stanza, osservato dai suoi due gatti incuriositi; le parole del giornalista in televisione gli risuonavano nella mente, mentre realizzava che per un periodo indefinito avrebbe dovuto vivere lì, completamente da solo.

La solitudine per lui non era mai stata un problema, anzi. Se n’era andato di casa alla prima occasione e stava bene nel suo piccolo appartamento. 
Il poter andare a lezione però, poter vedere studenti, colleghi e soprattutto Hizashi, facevano parte di una routine che, anche se non lo dava a vedere, amava. 
Si lasciò cadere sul divano. 
Era in quarantena. Non poteva più uscire di casa. 
Non poteva più fare nulla…
Chiuse gli occhi, sperando che quell’ansia lo trascinasse nel sonno, distogliendolo almeno per un po’ da quell’incubo.

*

“Sho!” Strinse le palpebre, girandosi appena e raggomitolandosi su sé stesso.
“Sho! Fammi entrare!” Ci mise un attimo a riconoscere quella voce e i pugni sulla sua porta d’ingresso, e qualche altro istante per realizzare che non si trattava di un sogno. 
Si alzò pigramente, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando. 
Solo quando fu di fronte alla porta, ancora chiusa, ricordò perché si era addormentato, cos’era appena successo; all’improvviso quella voce non era più una fonte di disturbo, quanto di salvezza. 
Girò svelto le chiavi inserite nella toppa e abbassò la maniglia. 
Non ebbe tempo di dire nulla: le braccia di Hizashi lo circondarono stringendolo a sé, facendolo quasi soffocare in mezzo ai capelli biondi.

«Sho…» Lo abbracciò a sua volta, percependo qualche brivido sotto alle dita. 
«Perdonami ma… Avevo paura… » Si voltò appena, cercando gli occhi verdi dell’uomo. Questi però affondò ancora di più il viso sulla sua spalla, stringendolo. 
«Non volevo rimanere da solo… Senza di te…» Solo allora intravide una valigia, abbandonata sul pianerottolo accanto allo zerbino. Sorrise, accarezzando la schiena del biondo.

Day 1
Appena aperti gli occhi si ritrovò le iridi di Hizashi puntate sulle sue, come incantate. 
«Good morning babe» Gli schioccò un bacio sulla guancia, lasciando poi che Shota gli si accoccolasse tra le braccia. Il contatto tra la loro pelle ricordò al corvino la loro notte precedente e, per un attimo, si vergognò di essere nudo sotto le coperte con Hizashi. Nonostante gli anni di conoscenza e frequentazione non riusciva proprio ad abituarsi alla nudità (sua, soprattutto.)

Dopo poco si spostarono in cucina, affamati. Trovarono le tazze della sera prima, con ancora un po’ di thè ormai freddo e la scatola dei biscotti aperta. 
«Cosa facciamo ora?» Gli chiese il biondo, portandosi alla bocca un cucchiaio di cereali. 
Effettivamente la sera prima si erano entrambi fatti prendere dall’impulso, soprattutto Hizashi, che aveva fatto armi e bagagli e si era precipitato da lui. 
«Torniamo a dormire» Disse, prendendo un sorso di succo all’arancia dal bricco. Il biondo si alzò, schioccandogli un bacio sulla fronte.
«Vai, io metto un po’ in ordine» Non se lo fece ripetere due volte, e tornò a infilarsi sotto le coperte, lasciando Hizashi a lavare una pila consistente di piatti e tazze e a fare pulizie per tutta casa.

Day 3
Aprì gli occhi, trovandosi davanti quelli di Hizashi, già sbarrati. Di nuovo.
«Good morning» Non seppe neppure lui perché, ma “da quanto sei sveglio?” fu la prima cosa che gli chiese. 
«Tre ore.» Sorrise, mettendogli una ciocca bionda ribelle dietro l’orecchio. 
«Non serve che stai qui finché mi sveglio. Fai come fossi a casa tua.»
«Really?» Si alzò di scatto dal letto, come liberato da uno strano incantesimo. 
«Certo.» 
Senza farselo ripetere gli schioccò un bacio sulla guancia e schizzò via, pronto a una nuova giornata di pulizie e cucina. 
Lui invece era pronto a richiudere gli occhi, e svegliarsi magari tra qualche altra ora.

Day 6 
«Eccomi! Sono tornato!» Urlò, entrando dalla porta carico di buste. 
Shota, assieme ai gatti, lo osservò togliersi mascherina, guanti, cappotto e quant’altro, rosso in viso e visibilmente provato. Il corvino prese poi due delle buste portate dall’uomo e iniziò a riempire scaffali e pensili che neanche ricordava di avere, puliti appena il giorno prima da Hizashi. 
«Quanta roba hai comprato?» Gli chiese quando entrò in cucina, già con la tuta addosso e altre due buste in mano. 
«Siamo in due, e io non sono come te, che campi d’aria e succhi di frutta.» Gli lanciò un’occhiata divertita, aiutandolo poi a mettere in frigo il resto.

«E questo?» La mano di Shota reggeva una scatola presa dal fondo di una busta. 
«E’ un frullatore, così domattina ti faccio la spremuta!» Sospirò, lasciando l’oggetto sul tavolo della cucina; subito dopo però si ritrovò in mano un’altra scatola, ancora più grande.
«E’ per il pane!» 
«Ma il lievito è esaurito ovunque, come puoi-»
«Lo farò io! Don’t worry babe» Con un altro bacio si dileguò, iniziando a montare i nuovi accessori della cucina, al pari di un bambino a Natale.

Day 12
Entrò in cucina avvolto nel profumo di pizza e pane appena sfornato.
«Spiegami quando dovremmo mangiare tutta questa roba» Sbuffò appena l’occhio gli cadde su due torte di mele messe a raffreddare sul tavolo. 
«Pensavo di darne un po’ ai vicini…» Sorrise, grattandosi dietro la testa. 
«Devo ricordarti che siamo in quarantena per un virus?» Effettivamente si era fatto prendere troppo la mano quel giorno.

Osservò poi Shota spostare il tavolino del salotto e il tappeto, già con un pantalone della tuta e una maglietta bianca aderente addosso. Sbuffò: l'ora degli esercizi era arrivata. 
Si tolse il grembiule e andò a cambiarsi, svogliato. 
Di solito gli piaceva allenarsi, soprattutto con Sho; eppure lì, chiuso in casa, non trovava molti stimoli. Oltretutto il compagno era decisamente più flessibile e agile, cosa che infervorava molto il suo spirito competitivo. Proprio per questo cercava di essere costante: se doveva perdere lo avrebbe fatto con dignità.

Infilò leggings e canotta e si posizionò accanto al compagno, iniziando a fare un po’ di stretching. Lui però gli si avvicinò, fissando un angolo della sua bocca. 
«Ti sei sporcato con l’impasto.» Non fece in tempo a replicare o a pulirsi da sé: senza preavviso e senza dire niente, Shota gli si avvicinò ancora, per poi leccarlo ad un angolo della bocca e passarsi la lingua sulle labbra. 
«Un po’ troppo dolce.» Un sorriso strano, malizioso, gli si disegnò sul volto, lasciando spiazzato Hizashi. 
Fece un profondo respiro, come in meditazione; poi aprì gli occhi e afferrò Shota per le braccia, tirandolo verso di sé e facendolo sdraiare sopra al suo corpo. 
«Oggi scelgo io gli esercizi. E nel primo stai sopra tu, babe» In risposta a quel sorriso beffardo, Sho insinuò una mano sotto alla sua canotta, iniziando a baciargli e mordergli il collo.

Day 20
Vedendo la quantità di cibo nel suo piatto già stava pensando a quanti addominali avrebbe dovuto aggiungere alla sessione del giorno dopo; iniziava a pensare che l’obiettivo di Hizashi fosse quello di ingrassarlo e poi cuocerlo al forno, al pari delle patate e del pollo di fronte a lui.
Una cosa era certa, tornare a mangiare barrette energetiche e ramen in scatola sarebbe stato più duro del previsto. 
«Senti darling. Mi hanno chiamato dalla radio…» Lo lasciò continuare, guardandolo negli occhi con una patata già in bocca. 
«Possiamo riprendere a lavorare, mi hanno chiesto di tornare e incrementare il programma.» 
«Quando?»
«Domani…» Abbassò lo sguardo, incerto.

Non gli era mai pesato il secondo lavoro di Hizashi, e non lo preoccupava così tanto per la questione sicurezza. 
Eppure l’idea di addormentarsi solo, senza di lui, lo turbava. 
«Se vuoi andare vai.» Un sospiro, lungo. 
«C’mon… Non fare così, anche a me spiace lasciarti solo, se-»
«Io sto bene da solo.» Usò un tono poco più alto del solito, se ne accorsero entrambi; Hizashi fece per alzarsi, ma lui lo anticipò, rifugiandosi in camera e lasciandolo solo a tavola.

Day 21
Nonostante stesse dormendo, percepì chiaramente il rumore della serratura; aprì gli occhi e si strinse nelle coperte, girato con la schiena verso la porta della stanza. 
Drizzando le orecchie potè sentire i passi di Hizashi, prima verso il bagno e poi verso la cucina, il rumore di un bicchiere e poi quegli stessi passi dirigersi verso la camera. 
Finse di dormire quando lo sentì entrare. 
Non si mise subito sotto le coperte, percepì poco dopo il suo respiro sulla sua guancia, lasciata scoperta. 
«Forgive me… Non essere arrabbiato con me…» Un bacio dolce gli si posò appena sotto allo zigomo. Poi il rumore delle coperte, un “Good night” sussurrato, poi più niente.

Aprì appena gli occhi, lasciando che i suoi sentimenti venissero a galla. 
Si era sentito abbandonato, quasi tradito. Lui doveva rimanere in casa, confinato tra quelle mura, mentre a Hizashi era stata data l’opportunità di uscire, di tornare al lavoro che amava. 
Sapeva che non era colpa sua, che non poteva rifiutarsi e, nel profondo, sapeva che nemmeno voleva farlo. 
Ripensò a quei giorni: lo aveva visto fare di tutto pur di tenersi impegnato… 
Hizashi non era come lui, era quel tipo di persona che va a dormire all’una di notte e alle sei è già in piedi, piena di energia.

Girò il viso, cercando con lo sguardo la chioma del compagno: gli dava la spalle, come la sera prima; si girò poi del tutto, poggiando timidamente una mano sulla sua schiena e incontrando i suoi piedi caldi sotto le coperte. 
Lo vide muovere appena la testa, senza voltarsi. 
«Non sono arrabbiato…» Sussurrò, lasciando poi che Hizashi si girasse e se lo stringesse al petto, iniziando anche a scaldargli i piedi freddi.

Day 30
Da qualche giorno Hizashi aveva notato che l’umore di Shota non faceva che peggiorare. Dopo che lui aveva ripreso a lavorare in radio (tre sere a settimana) si era abbastanza adattato alla situazione, soprattutto visto che aveva la premura di tornare a letto per svegliarlo la mattina e rimanere un po’ con lui, per sopperire alle mancanze della sera. 
Eppure, nonostante questo, lo vedeva sempre più cupo. Non credeva che una persona come lui, così affezionata al suo letto e al suo sacco a pelo, potesse arrivare a patire così tanto lo star chiusa in casa. 
Doveva inventarsi qualcosa.

«Ehi Sho, perché non vai tu a far spesa oggi?» Chiese, cingendogli il busto da dietro. 
«Non sono capace, lo sai» Si trattenne dal ridere: effettivamente in anni di conoscenza aveva appurato più volte che gli acquisti del moro si limitavano sempre e solo a quello che era abituato a mangiare: ramen, succo e barrette energetiche. 
«Andiamo insieme allora!» Esclamò, rubandogli la tazza di caffè che si era appena versato. 
«Lo sai che non si può.» Sibilò, riprendendosi la tazza con il muso di un gattino disegnata sopra. 
Il biondo sbuffò, prendendone una pulita e versandoci un’abbondante dose di caffè dentro. 
«Facciamo due liste diverse e andiamo insieme, ma separati: vedrai, sarà divertente!»

E così, un’ora dopo, erano al supermercato: ognuno con un suo carrello e una sua lista della spesa. 
Shota fece la spesa abbastanza velocemente, cercando di non perdere troppo tempo tra i reparti. 
Poi, mentre stava cercando di scegliere tra due confezioni di carne, una mano gli toccò la spalla. 
«Scusi, dove posso trovare il detersivo per i piatti?» Degli occhi verdi lo fissarono maliziosi; non poteva vedergli la bocca, ma era certo che quel cretino stesse sorridendo.

«Che stai facendo? Così ci-» Ma lui lo zittì, prendendo parola.
«Ah laggiù? Grazie mille!» Disse, indicando da tutt’altra parte. «E’ proprio gentile sa? Non fossi fidanzato le chiederei il numero» Gli fece l’occhiolino e se ne andò. 
Sospirò, tornando a guardare le due confezioni di fettine. 
«Ah, prendi questa, è più succosa» Si sentì sussurrare vicino all’orecchio, poi il vortice biondo sparì.

Day 39
Osservò la stanzetta con un misto di orgoglio e soddisfazione: era riuscito a convincere Shota a mettere in ordine una piccola stanza adiacente alla camera, che fino a poco prima era adibita a ripostiglio. Aveva pulito tutto e buttato cose che probabilmente Sho non ricordava nemmeno di possedere. 
Spesso si era detto dispiaciuto per il suo stile di vita: quell’appartamento era davvero piccolo e arredato con meno del minimo indispensabile. In quel mese di convivenza se ne era reso conto ancora di più, anche se aveva provveduto a rendere il tutto più vivibile.

Ora che poi quella stanza era utilizzabile avrebbe potuto lavorarci e, con la ripresa delle lezioni, potevano spartirsi gli spazi necessari per non parlarsi sopra. Anche se a Sho sembrava importare decisamente di più che nessuno notasse quella convivenza improvvisata.
Sorrise al pensiero di quella parola. Già, ormai era un mese che convivevano “forzatamente”; era convinto che già dopo una settimana il corvino avrebbe provato a soffocarlo nel sonno, eppure sembravano aver trovato una strana complicità, un loro equilibrio.

Tornò in cucina, trovando il compagno sdraiato sul divano a coccolare il suo gattone grigio; gli si avvicinò da dietro, schioccandogli un bacio sulla fronte.
«Ti ho mai detto che ti amo?» Chiese, afferrando una ciocca nera tra le dita e iniziando a giocarci. 
«Solo tutte le mattine appena apro gli occhi.» Gli sorrise, alzando lo sguardo e lasciando che le loro labbra si congiungessero. 
«Mhm, non credo siano abbastanza…» Le mani di Shota gli afferrarono il viso, mentre i loro occhi si perdevano gli uni in quelli dell’altro. 
«Sono dell’idea che i fatti valgano più delle parole» Non gli sfuggì un sorriso malizioso sul viso del corvino, a cui seguì un bacio decisamente più appassionato. 
«Sono completamente d’accordo, darling…» E, leccandosi le labbra, si sdraiò sul divano con lui, pronto a dimostrargli il suo amore.

Day 46
All’inizio la didattica a distanza lo aveva illuso di poter tornare a una parvenza di normalità, o quantomeno l’aveva vista come una possibilità di distrarsi, di riprendere a lavorare, e di rivedere i suoi studenti. 
Ma si stava rivelando più complicato del previsto. 
Tra problemi di connessione suoi, e degli alunni, un po’ di svogliatezza da parte di questi ultimi e il mancato confronto di persona, stava decisamente perdendo l’entusiasmo. 
A questo doveva aggiungere l’essere in due a dover fare lezione ad orari diversi, e il non far intuire nulla agli allievi, fin troppo curiosi. 
«Bene. Ora, Kirishima, esponi a tutti il lavoro che ti ho assegnato l’altro giorno.» Percepì molto chiaramente un sospiro, ma non ci fece caso.

Era talmente concentrato sulle parole del ragazzo e sul monitorare che tutti fossero attenti e non distratti dal cellulare, che non si accorse minimamente della presenza dietro di sé che, molto tranquillamente, attraversò il salotto per prendere un bicchiere d’acqua. 
Se ne rese conto solo nel momento in cui questa figura gli si avvicinò al viso e gli diede un bacio sulla guancia ispida. 
«Good morning…» E, con quelle poche sillabe appena sussurrate, si allontanò verso la camera da letto.

Con gli occhi sbarrati spostò lo sguardo dal corridoio allo schermo del PC, dove venti paia di occhi lo fissavano allibiti, senza parole.
«La lezione è sospesa, ci vediamo domani.» Si scollegò ancor prima di salutare e, con ampie falcate, entrò in camera, quasi sfondando la porta.
«Che cavolo ti è preso?!» 
Hizashi era rintanato sotto le coperte, alzate fino a coprirgli quasi interamente il viso. Non ci diede troppo peso e, con un colpo deciso, gliele tolse di dosso, scoprendolo del tutto. Il biondo tremò appena, socchiudendo gli occhi rossi.

«Beh? Hizashi?» Gli si avvicinò, pronto a prenderlo a schiaffi per farlo svegliare: non capiva quello che aveva appena fatto? 
Solo mentre stava per afferrare il colletto della sua maglietta si rese conto di un fatto importante che fino a quel momento aveva trascurato: Hizashi era ancora a letto, sotto le coperte. 
«‘Zashi, stai bene?» Gli appoggiò una mano sulla fronte; non aveva bisogno di un termometro per capire che sicuramente si era preso una bella febbre. 
“Merda.”

Day 49
Aperta la porta di casa si trovò davanti due buste della spesa, lasciate proprio sopra lo zerbino. Vi era allegato un biglietto, con degli auguri di pronta guarigione per Hizashi e delle faccine scarabocchiate. 
Dopo aver messo in ordine tornò in camera, trovando il povero biondo sotto alle coperte, ancora con un piccolo fazzoletto umido sulla fronte, messo proprio da lui poco prima che il citofono suonasse. 
«Nemuri ci ha portato la spesa, ti ha scritto un biglietto.» Glielo appoggiò sul comodino, sedendosi ai piedi del letto, vicino a lui. 
«Mhm… Grazie» Era ancora debole e quello stato febbrile non voleva andarsene. Lo monitorava costantemente, ma a parte debolezza e tremori sembrava stesse bene.

«Ora ho lezione, tu cerca di riposare.» Bagnò il piccolo pezzo di stoffa in una bacinella che aveva lasciato lì vicino e gliela mise nuovamente sulla fronte, nella speranza che gli donasse un po’ di sollievo. 
Fece per alzarsi, ma la mano del biondo lo trattenne debolmente. 
«Non stai qui…?» 
Gli spezzava il cuore vederlo così: quegli occhi verdi brillanti ora spenti, le gote rosse e i muscoli scossi dai tremori. 
«Devo fare lezione, ‘Zashi» Gli accarezzò i capelli dolcemente, sperando di tranquillizzarlo. 
«Please…» 
Addolcì lo sguardo, confortato da quella parolina detta in inglese, sperando fosse un piccolo segno di ripresa.

Prese il portatile e si sedette a fianco a lui nel letto, poggiando la schiena contro il muro dietro di sé. Lasciò persino gli si accoccolasse vicino e che gli afferrasse la maglia, come un bambino che stringe a sé la sua copertina per dormire.

Day 53
«Buongiorno a tutti.» Sospirò. Era alla quarta videolezione di seguito quella mattina, iniziava ad essere stanco. I suoi studenti lo salutarono contenti, evidentemente le lezioni precedenti non erano state tanto impegnative per loro. 
Si distrasse appena sentendo Hizashi muoversi vicino a lui: stava decisamente meglio ora, anche se la febbre tornava sporadicamente a fargli visita, e allora lui lo costringeva a letto. Per questo aveva preso l’abitudine di rimanere sotto le coperte per quasi tutta la mattina e pretendeva la compagnia di Shota, nonostante le lezioni. 
“Lo sto viziando troppo.”

I piccoli teppistelli dovettero accorgersi di qualcosa, visto che una voce delle loro lo riportò alla realtà.
«Ehm, Aizawa-sensei… Abbiamo saputo che Yamada-sensei non sta bene…» 
Si congelò all’istante. 
“Calma. Siete colleghi, è normale che tu sia informato sul suo stato di salute.”
«Si è stato poco bene, ma si rimetterà presto.» Usò un’espressione quanto più fredda possibile, liquidando il discorso.
«Ne è sicuro…?» 
«Di sicuro non morirà.» Rispose, già irritato. Da quando gli interessava così tanto la loro vita privata?

«Ce lo saluti allora! Ci mancano le sue lezioni!» Stava per zittirli tutti, quando la testa di Hizashi aveva fatto capolino appena sotto alla sua. 
«Ohh you’re so sweet guys… Hai sentito Sho? I miei studenti mi vogliono bene…!» Doveva essere in pieno attacco febbrile, visto che si mise quasi a piangere dalla commozione. 
«Oh buon Dio.» Sospirò esausto, lasciando che il biondo salutasse gli studenti, e che questi ficcassero il naso nella sua vita privata.

Day 60
«Che cos’è?» Il corvino gli era piombato vicino, minaccioso, con il telefono alla mano. 
Abbassò appena gli occhiali da riposo, mettendo a fuoco una foto purtroppo ben familiare… L’aveva scattata la sera prima, quando Sho si era addormentato con una mano intrecciata nella sua. 
E sì, l’aveva pubblicata sul suo profilo social. 
«O-oh, chissà come ci è finita lì…» Si grattò il mento, nervoso. 
Solitamente Shota non accedeva ai social, e di sicuro se lo faceva era per guardare foto e video di gattini, non certo per stalkerarlo (doveva averne già abbastanza di quello vero, figuriamoci se andava a cercarlo online).

«Non fare il finto tonto, me l’ha mandata Nemuri.» 
“Impicciona.” Doveva ringraziare che non poteva uscire di casa, altrimenti sarebbe corso a farle rimpiangere quella soffiata. 
«Beh che c’è di male? Non mi fai mai pubblicare niente di noi…» Mise il broncio, lasciandosi cadere sul divano e provocando la fuga del gatto, seduto proprio lì vicino fino a poco prima. 
«E c’è un motivo.» Shota gli si sedette vicino e gli posò una mano sul ginocchio. 
«Potremmo eliminare questo “motivo”…» 
Era stufo di doversi nascondere, di non poter esternare la sua felicità a nessuno se non a pochi intimi. Voleva che il mondo sapesse che lui era felice, con l’uomo che amava.

«E poi ai miei listeners è piaciuta…» Aggiunse. Un’affermazione che poteva salvarlo e condannarlo allo stesso tempo; ma forse quella era la sua serata fortunata: Shota infatti lo prese delicatamente per le spalle e lo giudò verso di sé, fino a fargli appoggiare la testa sulle sue gambe; gli accarezzò i capelli poi, con la dolcezza che solitamente dedicava solo ai suoi gatti.

Da quando Hizashi era stato male aveva più volte pensato alla loro vita assieme: non aveva rischiato la vita, ma vederlo così debole e indifeso gli aveva fatto uno strano effetto. 
Non sentiva il bisogno, al contrario del biondo, di rendere pubblica la loro relazione; dopo quei giorni però aveva capito che se a uno dei due fosse mai successo qualcosa nessuno avrebbe mai saputo nulla, nessuno avrebbe mai saputo del loro legame, del loro amore. 
«Ci penserò» Disse solo, e sentì il corpo di Hizashi rilassarsi, fino a scivolare in un sonno finalmente tranquillo.

Day 70
Eccola, la notizia ufficiale. La quarantena era ufficialmente finita. 
E loro erano lì, sul ciglio della porta, come più di due mesi prima: Shota all’interno del suo appartamento e Hizashi fuori, in compagnia della sua valigia. 
«Ti scrivo quando arrivo a casa.» Gli diede un altro bacio, il millesimo di quella giornata. 
Non voleva andarsene, ma doveva andare a controllare lo stato del suo appartamento dopo tutto quel tempo di assenza; oltre a quello, non si sentiva di forzare Shota ora che non erano più obbligati a stare assieme. Quella quarantena aveva avuto molti aspetti belli, ma era chiaro a entrambi che più volte avevano necessitato ognuno dei propri spazi, e il corvino più di lui. 
Si mise la mascherina e, con un po’ di tristezza addosso, lasciò quella casa e il suo padrone.

*

Era tornato da appena un paio d’ore; aveva riordinato e iniziato a togliere tutta la polvere accumulata in quei due mesi e mezzo. Guardò per l’ennesima volta la sua povera orchidea appassita: non aveva il cuore di buttarla dopo averla abbandonata lì da sola. 
Con il pensiero della sua povera piantina in mente e il panno ancora in mano, quasi si spaventò quando sentì bussare insistentemente alla sua porta. 
Andò ad aprire, trovandosi di fronte proprio il corvino, piegato in due, forse per lo sforzo della corsa. 
«Sho? Che cosa-»

Lui però lo interruppe, entrando in casa e strappandosi dal volto la mascherina.
«H-hizashi io… Tu…» Balbettava, rosso in volto. 
Gli prese il visto tra le mani, fissandolo negli occhi nero pece; solo allora il suo sguardo si fece poco più convinto e afferrò quelle mani posate sulle sue guance tra le sue. 
«Torna. A casa mia.» Sorrise, non sapendo bene come prendere quell’affermazione. 
«Da te? Ma sei tu che-» E di nuovo, lo fermò.

«Lo so cos’ho detto. Però… Vorrei che tu tornassi da me e che, beh, che ci rimanessi.» Voltò lo sguardo dall’altra parte, rompendo il contatto visivo. Non era per niente convinto di quello che stava facendo. Proprio per niente. 
Eppure quelle due ore erano bastate a farlo sentire solo come non mai, a fargli sentire la mancanza di Hizashi.
«Potrei accettare, a due condizioni.» La fronte del biondo si posò sulla sua, costringendolo a guardarlo negli occhi. 
«Ovvero?» 
«La prima: che tu mi faccia pubblicare una foto, nostra.» Il suo labbro si corrucciò in una smorfia, tanto buffa quanto irresistibile agli occhi di Hizashi. 
«Va bene. E la seconda?» Il biondo si morse il labbro, contento per la risposta di Shota, ma eccitato per la seconda condizione.

«Che traslochi anche tu.» 
«Cosa?»

Day 90
«Sei proprio sicuro?» Chiese, alzandosi  e abbandonando la sua comoda spalla. 
«Non farla tanto lunga, pubblicala e basta.» Finse di non essere interessato, ma nel momento in cui il dito di Hizashi premette sul tasto incriminato si allungò verso lo schermo, per sbirciare. 
Non dovette attendere molto prima che dei cuoricini iniziassero a spuntare dalla barra delle notifiche. 
Ora non poteva più tornare indietro. 
«Thank you darling» Esultò, afferrandolo per il collo e iniziando a baciargli le guance e il viso. 
«Se ti basta così poco…» Spostò lo sguardo, cercando di nascondere quelle strane emozioni che provava: erano ufficialmente fidanzati agli occhi del mondo, non doveva più nascondersi.

«Ah, stavo per dimenticarmi. Ho sentito la ditta dei traslochi, passeranno prima da casa mia e poi verranno qui.» Gli si strinse contro, strusciandosi al pari di un gatto. 
Era strano, neanche quando se n’era andato di casa si era sentito così entusiasta all’idea di trasferisti, eppure ora non stava nella pelle. 
«Non vedo l’ora babe… Una casa tutta nostra.» Gli strinse le braccia intorno, appoggiando il mento sulla sua testa. 
«Si, tutta nostra ‘Zashi.»


 

Buongiorno a tutti!! 

Come al solito ho iniziato a scrivere pensando a un capitolo corto, poi mi sono ritrovata con questa cosa eterna, ma vabbè, ormai mi conoscete.
Era da un po' che volevo scrivere un capitolo "quarantena", così mi sono decisa e ho provato a buttare giù qualche idea. Spero vi sia piaciuta e non sia stata troppo melensa come cosa, ma avevo bisogno di scrivere qualcosa di felice XD

Buona domenica, e grazie a chi leggerà il capitolo <3

  
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