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Autore: Ookami_96    12/11/2020    0 recensioni
"Sempre, ovunque e comunque", in ogni epoca, in ogni universo; ambientazioni differenti, luoghi immaginari, contesti particolari. L'unico filo comune saranno Aizawa e Mic, sempre insieme, alla ricerca l'uno dell'altro.
Un insieme di OneShot - AU, con i nostri due personaggi sempre come protagonisti che tenterò (con molta fatica, lo so già) di mantenere quanto più InCharacter possibile.
Non chiedetemi perchè sentivo il bisogno di scrivere codesta cosa.
Non mi resta che augurarvi buona lettura e sperare che non sia un fiasco colossale XD
*
- Dal Capitolo 4: I suoi occhi, abituati all'oscurità, individuarono subito un letto al lato opposto della stanza, e una figura adagiatavi sopra. In quell'esatto momento, iniziò a pregustare la sua ricompensa.
Si avvicinò, silenzioso e guardingo; prese un fiammifero e accese lo stoppino di una piccola candela, posta sopra al comodino di fianco al letto.
Illuminò una chioma bionda, che copriva in parte il viso, mentre il resto del corpo era avvolto in calde e spesse coperte.
"Buongiorno principessa"
- Fantasy AU
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Present Mic, Shōta Aizawa
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Per Sempre

NormalAU - mondo normale, senza quirk.

«Ehi, tutto bene?» Domandò al bambino seduto di fronte a lui; aveva i lacrimoni agli occhi, ma non sembrava volerli lasciar ricadere sulle guance rosse. 
«Si.» Nel dirlo il bambino dai capelli corvini si strinse ancora di più il ginocchio tra le mani, nascondendo probabilmente una brutta sbucciatura.

«Io sono Hizashi» gli porse la mano, sorridente «tu come ti chiami?» 
«Shota.» 
Rimase lì doversi istanti, aspettando che le dita del bimbo di fronte a lui afferrassero le sue, continuando a sorridere.

La sua attesa fu ripagata e quando finalmente Shota si decise a prendere la sua mano, Hizashi lo aiutò ad alzarsi.
«Ti accompagno dalla maestra, okay?»
«Mh.» E così, prendendolo sottobraccio, l'aveva accompagnato dalla donna seduta poco lontano.

*

«Quando ti deciderai ad andare a parlargli?» Non doveva chiederle a chi si stesse riferendo. Lui e l'amica andavano in quel bar tutte le notti dopo il lavoro, a prendere un caffè e qualcosa da mangiare che colmasse il loro stomaco vuoto; da qualche settimana era entrato a far parte dello staff notturno un ragazzo che, nemmeno lui sapeva come, aveva smosso qualcosa nel suo animo.

«E cosa gli dico? "Posso offrirti qualcosa?"» risero entrambi, continuando a sorseggiare il caffè e buttando qualche sguardo verso il bancone. 
«Non è da te essere così impacciato! Dov'è finito il mio latin lover, compagno di rimorchio, preferito?» 
«Mi sa che sono troppo vecchio ormai!»

«A 25 anni? Certo, certo.» La ragazza addentò il cornetto che aveva davanti, sporcandosi il viso di cioccolato bianco. «O forse hai paura...?» 
Quanto odiava quello sguardo malizioso. Quando odiava quando lei aveva ragione.

*

Non sapeva bene come, ma erano diventati amici, lui e Hizashi.
Il biondino lo aspettava al cancello la mattina, entravano assieme e poi giocavano tutto il giorno; pure durante il pisolino il bimbo voleva sdraiarsi vicino a lui. 
Faceva tantissimo rumore, urlava e non stava zitto un attimo. All'inizio la cosa lo infastidiva, ma poi aveva capito che preferiva il macello che faceva Hizashi al il silenzio che regnava a casa sua.

Era pure andato da lui un giorno.
Al venerdì le attività pomeridiane erano facoltative, rimanevano lì di solito perché i genitori di molti bambini erano troppo impegnati per badare a loro già dal pranzo. Quella giornata faceva eccezione per una volta: la madre di Hizashi aveva mezza giornata libera e, ci scommetteva il suo peluche preferito, il bambino aveva fatto di tutto per poterlo invitare.
E così era stato.

La mamma di Hizashi cucinò per loro un pranzo eccezionale e abbandonante; era una signora gentile e socievole. Trattava il figlio in una maniera a lui sconosciuta, pure le attenzioni che rivolgeva a lui erano totalmente diverse.
Giocarono poi tutto il pomeriggio e prima di cena la signora Yamada lo riaccompagnò a casa sua.

Sua madre neanche scese a ringraziare.

*

«Ehm, scusa?» Alzò lo sguardo appena, scorgendo davanti a sé la figura di un giovane ragazzo, probabilmente della sua età. 
Passarono diversi secondi prima che il ragazzo capisse che poteva parlare anche se lui non gli aveva risposto. Non aveva intenzione di sprecare parole non necessarie alle quattro del mattino.

«Posso sedermi qui?» 
Lanciò uno sguardo ad un tavolo in fondo al locale; era sicuro di averlo visto fino a poco prima con la solita ragazza dai capelli neri, per quale motivo voleva importunarlo sedendosi al bancone?
«Prego.» Scrollò appena le spalle, passando una spugnetta sul piano per dargli una pulita.

Il ragazzo sorrise e si sedette proprio di fronte a lui, ordinando un altro caffè. 
Gli posò la tazzina davanti, assieme a un contenitore con zucchero e vari dolcificanti, che però il ragazzo non usò.
La sua espressione doveva essere al limite dell'incredulo, vista la risata che suscitò nel suo cliente. 
«Non ti piace il caffè senza zucchero?» gli chiese, continuando a ridere. 
«E' troppo amaro.» 
Un'altra risata. 
Come si poteva essere così allegri e svegli a quell'ora del mattino?

«E cosa ti piace prendere al bar?» Per la prima volta fece caso ai suoi occhi, verdi come due smeraldi. Se ne sentì ipnotizzato. Per questo ci mise più del dovuto a rispondere.
«Ehm... Il cappuccino alla vaniglia» 
«Prendo quello allora! Fammene due, per favore»
"Non sara troppa caffeina?"
Senza dire niente si mise a preparare il cappuccino con un'attenzione che solitamente non gli apparteneva. 
Quando furono pronti gli mise le due tazzine davanti, ma il ragazzo aspettò a berlo. Spostò invece lo sgabello vicino a lui e gli fece cenno di andare a sedersi vicino a lui. 
Buttò uno sguardo al locale e al retro, una pausa di un paio di minuti forse poteva concedersela, no?

Gli si sedette accanto e, sotto lo sguardo stupito del ragazzo, zuccherò il suo cappuccino, iniziando poi a sorseggiarlo. 
Appena il biondo assaggiò la sua bevanda gli occhi si spalancarono, allontanando la tazza.
«Com'è dolce!» 
Neanche se ne accorse, ma un timido sorriso si dipinse sul suo viso.

*

«Smettila di tenere il broncio Sho-chan!» Alzò lo sguardo verso il casinista in piedi vicino a lui; come potesse essere sempre così felice e solare per lui era un continuo mistero. 
«Tu non sei triste?» Tornò a fissare il terreno, cercando di ignorare il vociare degli altri bambini, tutti presi a giocare e festeggiare per l'ultimo giorno di asilo.

«Triste? Da domani siamo in vacanza Sho!» Si vedeva che non stava più nella pelle; sapeva che Hizashi avrebbe passato quel tempo con sua madre, con i suoi dolci nonni, che spesso lo venivano a prendere, e il suo cagnolino Hiro... 
«Io sto bene qui...» Chi avrebbe voluto passare le vacanze chiuso in casa, con i suoi genitori? E poi...

«E se poi non ci rivediamo più...?» 
Hizashi si chinò vicino a lui, scompigliandogli i capelli con fare scherzoso e affettuoso. 
«Non succederà! Io e te staremo sempre assieme, Sho!» 
Solo a quelle parole si era tranquillizzato. Giocarono assieme finché la campanella non segnò l'inizio delle attività del pomeriggio e, quando tutto finì, salutò l'amico con le lacrime agli occhi.

Lo vide però dire qualcosa nell'orecchio della signora Yamada e, già il mattino del giorno dopo, le due mamme erano al telefono assieme. Tempo poche ore e lui era a casa di Hizashi, a giocare con Hiro in piscina. 
Nonostante la sua tenera età capì da solo che una periodo di vacanza come quello non l'aveva mai passato; cosa più importante poi, ad aprile sarebbe stato di nuovo affianco a Hizashi, pronto a iniziare un nuovo percorso a scuola.

*

Dopo uno sproloquio di dieci minuti sulla bontà del caffè amaro, aveva chiesto al ragazzo corvino seduto vicino a lui gli orari del suo turno; con una bonaria bugia lo aveva convinto che poteva aspettare che staccasse alle sette del mattino. Dopotutto non aveva molto da fare e avrebbe comunque potuto riposare prima delle sue lezioni nel pomeriggio. 
«Non è dura fare i turni di notte in un ventiquattrore?» Gli chiese continuando ad osservarlo mentre lavava le tazzine e metteva in ordine. 
«Ho scelto io questo turno.»

«Come mai?» Anche lui aveva scelto una vita notturna per il momento, ma svolgeva un lavoro totalmente diverso.
«Non... non mi piace stare troppo a contatto con la gente...» 
A quelle parole, quasi sussurrate, scoppiò a ridere. 
«Scusami! Se preferisci posso lasciarti lavo-»
«Figurati, non mi disturbi.»

Sorrise. Forse non era così di troppo come aveva pensato poco prima.
Parlarono molto delle loro vite private. Entrambi lavoravano di notte (il biondo era conduttore radiofonico in una stazione radio), e avevano dei ritmi totalmente sfasati dal resto del mondo. Il corvino infatti continuava a lavorare dopo il turno in caffetteria come assistente di un professore universitario, dormendo poi nel pomeriggio; mentre il chiassoso biondino si concedeva un po' di riposo la mattina, sfruttando il tempo restante della giornata per insegnare musica nelle scuole elementari e privatamente.

«Come fai a sopravvivere senza caffè? Qual è il tuo segreto?» 
Le gote del barista si accentuarono di un colore rosato appena visibile: sapeva di aver usato un tono e uno sguardo provocatorio. Per un attimo si sentì divertito, ma poi sperò di non aver esagerato. 
Il ragazzo fece finta di niente, scrollando le spalle. 
«Soffro di insonnia, non mi cambia molto alla fine.»
Tirò un sospiro di sollievo, continuando a fissare il viso dell'altro.

«Sai, staresti bene con una bella coda o uno chignon!» Era stata la prima cosa che aveva pensato quando i loro sguardi si erano incrociati qualche settimana prima; o forse la seconda, subito dopo a un sonoro "Wau." 
«Non saprei, non li ho mai legati»

«Vieni qui dai! Siediti...» Lo richiamò vicino a lui, tirando fuori dalla tasca uno dei suoi elastici di riserva. Stette ben attento a non fargli male o tirargli troppo i capelli, e quando ebbe finito gli porse il suo smartphone per "specchiarsi".
«Non male...»
Al biondo per poco non prese un infarto: si sentiva come il fautore di una grande opera d'arte, come Michelangelo dopo aver dipinto la Cappella Sistina probabilmente.

«Non male? Stai una favola!» Ipnotizzato da quella visione non aveva nemmeno pensato a cosa stesse per dire. 
Il corvino si grattò nervoso una guancia; non sembrava turbato da quella sua affermazione. 
Fu allora che l'occhio gli cadde su un grazioso braccialetto al polso del ragazzo.

*

Si rialzò lentamente, lo sguardo sicuro e adirato.
Aveva lasciato Shota solo pochi minuti e subito quegli stupidi più grandi se l'erano presa con lui. Non ci aveva pensato due volte a spingere il più grosso di loro per terra per impedirgli di spintonare ancora il suo migliore amico. 
Non era stato un gesto molto eroico, visto che subito uno dei suoi compari aveva fatto lo stesso con lui, facendogli sbucciare le mani sulla ghiaia del cortile. 
Non gli importava però, voleva solo che capissero che dovevano lasciar stare Sho.

«Fila via poppante.» 
«Non sono un poppante! Sono della classe prima!» Lo disse con orgoglio, pavoneggiandosi quel tanto che bastava per far prendere un po' di coraggio anche al corvino dietro di lui. 
Stavano per avventarsi di nuovo su di lui, quando la loro maestra era arrivata a salvarli. 
O, per meglio dire, a mettere tutti in punizione.

«Uff. Noi non abbiamo fatto nulla...» Sbuffò, seduto faccia contro il muro della classe, ancora vuota per via della ricreazione. 
«Però così almeno siamo al sicuro...» 
Non capiva perché quei ragazzi ce l'avessero tanto con il suo amico, e perché lui non volesse ribellarsi, continuando ad avere paura e terrore di quegli stupidi.

Gli afferrò la mano saldamente, sorridendo e mostrando tutti i denti che ancora non gli erano caduti. 
«Tranquillo Sho-chan! Ti proteggerò io!»
Per un attimo il bambino sembrò confortato da quelle parole; sapeva sempre come trattare con lui, come tirarlo su di morale. 
«Ma... ma tu non sei sempre con me...»

Hizashi parve pensarci un attimo, prendendo davvero sul serio la questione. 
Preso poi da un colpo di genio si sganciò un braccialetto dal braccio sinistro e lo mostrò a Shota. 
«Vedi questo? Me l'ha regalato mio nonno. E' un braccialetto magico che ti aiuta ad affrontare le paure...» Il corvino lo guardava con gli occhi brillanti e stupiti. «Per questo sono così coraggioso!»

Gli afferrò il polso e lo tirò verso di sé, chiudendo il gancio del bracciale e lasciando che gli occhi neri dell'amico lo ammirassero. 
«Ma così tu non sarai più coraggioso...»
«Sì invece! Ormai ho imparato come si fa. Quando avrai imparato anche tu, allora me lo restituirai» sorrise ancora, contagiando il corvino al suo fianco. 
«Grazie 'Zashi... sei il mio migliore amico»

*

«Che carino...» gli prese la mano senza troppe cerimonie, passando il dito sugli anelli del bracciale. 
«Oh, grazie.» Non gli sfuggì il sorriso malinconico sulle labbra del ragazzo «Me l'ha regalato un amico, tanto tempo fa...» 
«Ah si?»
Il corvino annuì, portandosi la mano vicina al corpo e mimando il gesto fatto da lui poco prima. 
«E' buffo, ma non ricordo nulla di quel bambino... Solo che me lo regalò per essere più coraggioso.»
«E ha funzionato?»

Più volte negli anni si era sforzato di ricordare il volto e la voce di quel bambino, ma man mano che gli anni passavano quella figura diventava sempre più sbiadita nella sua mente.
«Non credo, purtroppo.» continuò a fissare il piccolo oggetto legato al suo polso «Credo che più che del braccialetto avessi bisogno di un amico»
Vedendo uno strano sorriso sul volto del ragazzo biondo si riscosse da quei pensieri e da quelle parole. Come gli saltava in mente di dire quelle cose ad un completo estraneo?
«C-comunque-»

«Sai, è strano. Mi sembra quasi di conoscerti da tutta una vita»
Cos'erano quegli occhi così... così intensi? 
Quegli occhi che ora si stavano spostando verso la sua mano, appoggiata sul bancone; anche il suo sguardo si spostò su quel punto. La mano del biondo si stava avvicinando lentamente alla sua; quando furono a pochi millimetri l'una dall'altra allungò le dita per sfiorare le sue.

Rimase come ipnotizzato da quel contatto. Era come se in una parte di lui qualcosa si fosse risvegliato, sopito da troppo tempo. Lasciò che la sua mano risalisse pian piano la sua, ma poi si riscosse. 
«S-scusa. Il mio turno è finito» Scappò via, al pari di un ladro, per andare a cambiarsi e mettere fine a quella nottata così strana.

*

«Sho-chan! Allora vieni a casa mia oggi? »
Sapeva di averlo colto alla sprovvista, non era una cosa programmata. Sperava però che, come lui aveva sorriso e accettato, anche sua mamma facesse lo stesso.
Ma lei sospirò.
«Sweetheart ne abbiamo già parlato, Aizawa-kun non può venire oggi...»

«Non è giusto! Io voglio stare con Sho!»
«Dobbiamo finire di fare le valigie, lo sai...»
Si sentì tirare il bordo della maglietta; non aveva le lacrime agli occhi, ma quando vide lo sguardo di Shota sentì le guance farsi roventi e gli occhi pizzicare.
«Vai via, 'Zashi? » I suoi occhi erano lucidi, leggermente arrossati, risaltando sulla pelle bianca come il latte.

Sua madre gli mise una mano sui capelli corvini, prendendo la manina del figlio nella sua.
«Ci trasferiamo, Aizawa-kun. Torniamo dal papà di Hizashi in America»
America? Shota neanche sapeva cosa fosse, né tantomeno quanto fosse lontano.

«Quando?»
«Domani» 
«E non torni lunedì?» Si rivolse al biondino, sperando davvero con tutto sé stesso che a inizio settimana potesse rivedere l'amico.
Appena le labbra di Hizashi iniziarono a tremolare sentì che pure le sue stavano iniziando a farlo, non riusciva a trattenersi.

«Cambio scuola Sho...» 
Non servirono a nulla i tentativi della signora Yamada di calmare i due bambini; si erano abbracciati con tutta la forza che le loro esili braccine gli consentivano, piangendo e urlando che non volevano separarsi. 
Solo l'intervento brusco della madre di Shota, seccata per il ritardo, aveva messo fine a quello che lei stessa aveva definito come una "lagna insopportabile"; preso il figlio per un braccio l'aveva trascinato via, sotto lo sguardo triste della signora Yamada e quello straziato di Hizashi.

*

"Maledizione."
Strinse forte il pugno che fino a poco prima aveva sfiorato così dolcemente la mano del ragazzo corvino. 
Ne era sicuro, aveva azzardato troppo. 
Eppure c'era qualcosa in quello sguardo, in quelle movenze, che aveva il potere di farlo agire come non aveva mai fatto, nemmeno nei suoi flirt più spinti. 
Lo agiva in un modo completamene diverso, dolce e calmo.

Voleva conoscere quel ragazzo, parlargli ancora, diventare parte della sua vita, anche in minima parte. 
Per questo rimase ad aspettarlo fuori dal bar: voleva stare ancora con lui, non sapeva per quanto, ma non si sentiva pronto ad andare via.

*

«Avanti Hizashi, calmati...» Seduto sul sedile posteriore e legato con la cintura di sicurezza, Hizashi continuava a piangere. Non aveva versato tante lacrime nemmeno quando sua mamma l'aveva portato a vedere il terrario degli insetti allo zoo.

«Voglio andare da Sho!» Ormai l'aeroporto era dietro l'angolo: dovevano solo fare il check-in, salire sull'aereo e attendere di arrivare in America. 
«Stiamo andando da papà tesoro...» 
«Non voglio!»

Gli mancava suo padre, era quasi un anno che non tornava a casa, che non lo vedeva... Mentre Shota gli aveva fatto compagnia tutti i giorni, da quando si erano conosciuti.
«Perché dobbiamo andare noi da papà?»
«Perché papà deve lavorare in America, e mamma e papà sono sposati quindi vogliono stare assieme. Non vuoi stare assieme a noi?» 
Per un attimo Hizashi si zittì, come a cercare una scappatoia che includesse il suo migliore amico.

«Allora io sposerò Shota, così staremo assieme anche noi!» 
Sentì sua mamma fermarsi e accostare, ormai erano arrivati all'aeroporto. 
Lei si girò, sorridendo e accarezzandogli la gamba con fare triste. 
«Certo tesoro, quando sarai grande potrai sposare chi vuoi...»
«Io voglio Sho!»

«D'accordo sweetheart

*

Quando uscì dal locale il biondo era ancora lì, in piedi sul ciglio del marciapiede. Appena lo vide gli rivolse un sorriso caldo e dolce, era sicuro che nessuno prima gli avesse mai sorriso in quel modo... Forse. 
In quel momento una sensazione di felicità invase il suo petto, facendogli desiderare che quella sensazione non avesse mai fine.

«Ancora qui?» Non gli veniva proprio di usare il suo solito tono freddo e distaccato; le sue parole tradivano un certo senso di gratitudine verso quel ragazzo che non ne voleva sapere di lasciarlo solo. 
Lui rise, massaggiandosi la testa con una mano, nervosamente. 
«Già... Volevo scusarmi, forse prima ho un po' esagerato...»
Il suo imbarazzo era palpabile e ben visibile; non voleva pensasse che quello che aveva fatto fosse stata una cosa sgradita da parte sua. Era sempre stato negato con le parole, quindi...

Si avvicinò a lui, lentamente; i suoi occhi verdi erano persi, insicuri, per la prima volta da quando si era seduto al bancone di fronte a lui.
Quando gli fu a pochi centimetri avvicinò la mano al suo viso, accarezzandone la guancia, così liscia e morbida rispetto alla sua; il ragazzo non si spostò, anzi, mimò il suo gesto. 
La sua mano, anch'essa morbida, gli accarezzò il collo e la pelle sotto la barba ispida di qualche giorno.

Pian piano le mani di entrambi attirarono i loro visi uno verso l'altro. 
Le loro labbra si sfiorarono appena, in un bacio casto e dolce. Rimasero così per un po', ad accarezzarsi e sentire il respiro l'uno dell'altro sulla pelle. 
Quando i loro visi si distanziarono furono i loro occhi a fondersi gli uni negli altri; per un attimo quegli occhi verdi a spirale, così particolari, lo riportarono indietro nel tempo.
«Sei tu, vero?»
Si allontanò appena, voleva vedere il suo viso, capire a cosa si riferisse.

«Sho, sei tu?»
Non aveva ancora idea di chi fosse quel ragazzo biondo che aveva fatto irruzione nella sua vita in quel modo, ma come colpito da un incantesimo quelle emozioni gli riportarono alla mente una sensazione di felicità che solo adesso stava provando di nuovo, dopo tanto. 
Cancellando tutto il resto.

*

Raggomitolato nel suo letto quella sera si sentiva più triste del solito; erano ormai quasi due anni che Hizashi se n'era andato, lasciandolo in quella scuola da solo. 
Ormai faceva fatica a ricordare il suo viso, il tono della sua voce... Odiava quella sensazione. 
Ancora di più, odiava avere solo quel braccialetto a ricordarglielo.

Si massaggiò il braccio, ripensando a come quei ragazzi l'avevano strattonato solo poche ore prima.
"Con 'Zashi non sarebbe successo nulla..."
I suoi genitori non ci provavano nemmeno a consolarlo, neanche sapevano perché fosse così triste e chiuso. Aveva solo sette anni, ma sapeva bene che nessuno sarebbe mai riuscito a prendere il posto di Hizashi, nessuno lo avrebbe più fatto ridere e divertire così.

In quel momento odiò l'amico per averlo abbandonato, per averlo lasciato solo; inconsciamente relegò il suo ricordo e tutti i loro bei momenti in un angolo remoto. 
Solo quel bracciale avrebbe fatto da ponte tra loro.

*

«C-cosa?» Incredulo, si allontanò ancora. 
«Chi sei? Una specie di stalker o-»
Il ragazzo di mise a ridere, prendendo per un attimo anche lui le distanze per lasciargli spazio e non opprimerlo.

«Ti ho riconosciuto solo poco fa... Sono Hizashi!» Quel nome smosse qualcosa, ma non riusciva comunque a ricordare quel ragazzo.
«Aspetta...!» Prese il telefono dalla tasca dei pantaloni e iniziò a scorrere le chat alla ricerca di una in particolare; una volta che l'ebbe trovata cercò tra gli allegati e, con la luce negli occhi, gli porse lo smartphone. 
«Ecco, vedi? Siamo noi due!»

Shota prese il telefono in mano: l'immagine era in realtà la foto di una foto riposta in un album; ritraeva due bambini, uno dai capelli biondi e occhi verdi e l'altro dai capelli e occhi neri come la pece. 
Il bimbo biondo aveva preso in spalla l'altro, correndo per un giardino verde; il primo era euforico e felice, l'altro aveva un broncio tutto particolare.

Ne era sicuro, quello era lui. 
Aveva una foto appesa in salotto, a casa dei suoi, di lui da piccolo. Per questo non faticò a riconoscersi.

«Abbiamo frequentato l'asilo e la prima elementare assieme! Poi io mi sono trasferito... Non pensavo che ti avrei mai incontrato di nuovo!» Era euforico come pochi, soprattutto per essere le sette del mattino. 
«Come... Dove...?» chiese lui, continuando a fissare quella fotografia. 
«Oh, mia mamma ha traslocato un paio d'anni fa e quando ha trovato la foto me l'ha mandata...
Non ricordo molto, in realtà. Quando ho visto il bracciale però ho iniziato a pensarci e... beh, ho fatto centro!»

Continuò a stare zitto, a stringere l'oggetto che teneva in mano. 
«Tutto bene...?» La mano del biondo si posò sulla sua spalla, mentre con il viso si abbassava appena per riuscire a guardarlo negli occhi. 
Quando alzò lo sguardo lasciò che vedesse i suoi occhi lucidi e rossi, le prime lacrime che iniziavano a sgorgare dai suoi occhi. 
«Oh cavolo, scusa non volevo-»

«Mi sei mancato, 'Zashi...» Se ne rendeva conto solo in quel momento. Quel vuoto che l'aveva accompagnato negli anni, quel senso di incompletezza, di solitudine... 
Si avvicinò a lui e lasciò che le sue braccia lo circondassero, lo mettessero al sicuro. 
«Scusami Sho... Non volevo abbandonarti» 
Rimasero così per un po', in quell'abbraccio.

«'Zashi... mi accompagneresti a casa?» Aveva ancora il viso premuto sul suo petto, ma a quelle parole il ragazzo lo distanziò; lo guardò negli occhi e gli asciugò le lacrime con il pollice. 
Gli schioccò un bacio sulla fronte e, presa la sua meno nella sua, iniziò a incamminarsi.

«Andiamo! Sono curioso di tutto quello che mi devi raccontare!» 
Si scambiarono un altro bacio, iniziando a raccontare tutto quello che veniva in mente, tutto per recuperare tutti quegli anni passati lontani.

*

«'Zashi?» 
«Sì, Sho?» 
«Tu mi vuoi bene?»
«Certo che sì! Sei il mio migliore amico, no?»

«E mi vorrai bene per sempre?» 
«Che sciocco che sei! Certo che ti vorrò bene per sempre!»

"Per sempre."
 

Hello! 
Eccoci: primo esperimento! Non so dire se sia riuscito o meno... È stato bello scriverla però e devo dire che le parti con loro due piccini sono le mie preferite 🥺
All'inizio infatti dovevano esserci solo quelle, poi ho deciso di complicarmi la vita 😂

La prossima sarà totalmente diversa, vi avviso!

Che dite? Vi è piaciuta? Consigli?

Intanto vi ringrazio! Ci sentiamo presto 💛🖤

 

  
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