Le diavolesse
- (capitolo
scritto da me, ma se volete curiosare il mio profilo su wattpad,
è questo
qui)
-
L'anziana
donna percorse il corridoio dell'ospedale fino
all'uscita. Sbirciò fuori e valutò il tempo: era
sereno. Piegò il cappotto e lo
appoggiò sul braccio mentre usciva sul viale alberato.
Mentre
la gonna le batteva contro i polpacci guardò di nuovo il
cielo: mancava dalla contea da tre anni e tutte le volte si stupiva di
quanto
facesse caldo. Era sempre convinta di trovare temperature rigide anche
in piena
primavera, invece la sua vecchia cittadina natale la stupiva tutte le
volte.
Sospirò
e si passò una mano sulla camicetta bianca per
distendere eventuali pieghe e sospirò soddisfatta: Jason
stava bene. Era stato
aggredito due giorni prima a casa di Aaron Myers e ora si trovava
ancora in
ospedale, ma più per precauzione che per reale
necessità.
Con
passo veloce percorse tutto il viale fino ad arrivare
all'inizio del paese ma, invece di passare attraverso il centro, dove
la vita
di Maple Town era più frenetica e decise di passare dalle
strade secondarie.
Prima di far sapere a tutto il paese che fosse tornata aveva bisogno di
parlare
con Patience.
Quando
Patience le aveva telefonato, due giorni prima, dicendo
che Jason era stato aggredito, si era spaventata tantissimo: lei lo
aveva mandato
a Maple Town per l'articolo sulla targa e lo aveva messo nei guai.
Quando
era scesa dall'aereo, tre ore prima, aveva preso un taxi
velocemente e si era fatta portare in ospedale subito, per assicurarsi
delle
condizioni del nipote. Jason per fortuna stava bene, ma quello che gli
era
successo non era da sottovalutare. L'unica cosa che la tranquillizzava
in
quella storia era che la targa non c'entrava niente.
Girò
a sinistra, lungo un sentiero ormai poco battuto,
attraversò un prato e aprì il cancelletto di una
staccionata vecchio stile, di
quelle che non si vedevano quasi più. Con pochi passi
raggiunse la porta della
cucina e bussò guardandosi intorno.
Quando
la porta si aprì, la donna dall'altra parte sorrise e
sospirò insieme. «Jo!» Josephine
Druvé, nata Stealer, sorrise alla cugina.
«Patty, come stai?»
Le
due donne si abbracciarono e Jo entrò in casa.
«Come sta
Jason?»
«Sta
bene. Non so come ringraziarti: mio figlio e sua moglie non
sapevano niente. Non l'ho detto neanche ad Arthur, pensa che sia uno
dei soliti
viaggi per venire a trovarti...»
Patty
alzò le spalle, per mitigare la cosa, anche se
effettivamente capiva perché non avesse raccontato alla sua
famiglia cosa fosse
successo. «Figurati se non ti avvisavo! Gira voce che Jason
sia stato aggredito
a causa della storia della targa e... Ma come ha fatto a sapere della
targa?»
Jo
si sedette e sistemò cappotto e borsetta sulla sedia accanto
a sé, nel piccolo salottino, prima di guardarsi intorno: il
vecchio divano
verde militare, di quel tessuto orrendo e consumato, era ancora
lì, mentre il
tavolo da pranzo doveva essere nuovo, perché era quadrato,
mentre l'ultima
volta che era stata lì, Patty aveva un tavolo rotondo, di
quelli vecchi. Le
foto alle pareti mostravano il paese negli anni passati e i pazienti
che la
donna aveva avuto nel corso della sua vita: Patty lavorava come
infermiera
nell'ospedale di Maple Town e tutti se la ricordavano per la sua
disponibilità
e gentilezza. La carta da parati, invece, era ancora quella di sempre.
Per
fortuna le tende erano graziose e non rovinate.
«Gliel'ho
detto io» rispose Jo, dopo aver controllato anche
tutto il resto del mobilio: mobili vecchi e antichi. Stava per sgridare
la
cugina per non fare mai cambiamenti, quando sulla mensola del camino
vide una
vecchia foto di famiglia e non ebbe cuore di rimproverarla. A volte le
cose
vecchie portano serenità nella vita delle persone.
«Perché
glielo hai detto?» La voce di Patty si fece stridula e
incredula.
«Aveva
bisogno di una scusa per tornare qui. Dio solo sa se quel
ragazzo ha bisogno di spintarelle!»
«Perché?»
Patty si alzò e andò in cucina e mise sul fuoco
il
bollitore, prima di tornare in salotto e sedersi accanto all'amica.
«È
innamorato di Aaron, ma da quando si sono lasciati non aveva
fatto niente per provare a riprenderselo. Quando si tratta di lavoro
riesce a
smuovere mari e monti, quando invece è la sua vita
privata...» Jo sospirò
ancora, passandosi una mano sul viso.
«Oh,
è vero. Lui è uno di quelli... a cui piacciono...
piacciono... sì, i meccanici!»
esclamò Patty, ingarbugliando le
parole: non riusciva a dire 'omossessuale', anche se
non aveva nessun
pregiudizio nei loro confronti.
Jo
rise divertita e la tensione che l'aveva tenuta in ansia per
due giorni lentamente scivolò via lungo la schiena.
«Già, i meccanici!»
«Comunque
è stato aggredito... È una cosa seria,
dannazione!
Forse non dovevamo portare la targa...»
Patty
si alzò quando il bollitore fischiò e si
interruppe.
L'amica la seguì in cucina, aprendo uno sportello e tirando
fuori due tazze.
«Non è stato aggredito per via della
targa.»
«No?»
La donna, che stava versando il liquido bollente nella
teiera, alzò di scatto la testa e l'acqua inondò
il piano della cucina. Doveva
essere molto agitata.
«Patty,
siediti, lo faccio io: sei troppo agitata.» Patty non
riuscì a negare e non disse niente, osservò Jo
pulire il ripiano e versare il
tè nelle tazze. Quando Jo portò in salotto il
vassoio con le tazze, lo zucchero
e la teiera, la seguì.
«Ho
parlato con l'agente White: ha indagato su Jason già da
quando è arrivato qui e ha scoperto che ha perso il posto
presso Providence
perché ha pestato i piedi a un imprenditore locale che ha
molto potere. Pensano
che sia stato un avvertimento o qualcosa del genere, comunque
seguiranno prima
quella pista. Ti dirò: pensavo che la notizia della targa lo
avrebbe portato
qui come scusa per vedere il meccanico, ma non pensavo ci volesse
davvero fare
un articolo...»
Patty
sospirò e mescolò troppo zucchero nel suo
tè. Il
cucchiaino continuava a tintinnare contro la ceramica bianca della
tazza che
era appartenuta a sua nonna. «Ho sentito dire che ha trovato
una buca e che ha
detto in giro che la cassa con la targa sia stata trovata
lì.»
Jo
ridacchiò. «Già. Sul confine fra Maple
e Sap. Se sapessero
dove è stata veramente la targa fino all'altro
giorno!» Anche Patty rise e si
coprì la bocca con la mano, come se si vergognasse.
«Abbiamo
fatto un bel casino, eh?» esclamò la padrona di
casa,
una volta calmata.
«Eh,
sì. Ma ti ricordi cosa dicevano di noi? 'Le tre diavolesse'
ci chiamavano!»
«Ti
ricordi quella volta che il ciabattino aveva avuto da dire
perché avevamo accorciato le nostre gonne? Era uscito dal
negozio, ci aveva
gridato contro e tu sei andata là vicino dicendo che da uno
che tradiva la
moglie non accettavi prediche! »
«Già,
quell'essere viscido... Però poi Emma ha avuto l'idea di
cospargergli la macchina di sapone liquido mentre era appartato con la
segretaria, ti ricordi? Non ha più detto niente, dopo!
»
Tutte
e due le donne risero e poi sospirarono, raccontando altri
aneddoti e quando una lacrima scese sulla guancia di Patty anche Jo non
riuscì
più a trattenersi. «Non è
giusto...» disse la padrona di casa, guardando fuori
dalla finestra, una volta asciugate tutte le lacrime.
«No,
Patty, non lo è. Ma è la vita...» Patty
annuì.
«Lei...
Non mi riconosce sempre... Ieri mi ha chiamato Jenny.»
«Jenny?
Come la Jenny che...»
«Sì,
penso che mi abbia scambiato per la moglie del vecchio
panettiere che aveva il forno nel '69.»
Sospirò
e anche l'amica la imitò. «Abbiamo fatto
bene?» chiese Patty
dopo un po', timorosa di non aver agito nel giusto.
«Certo
che abbiamo fatto bene! Ora che in casa sua bazzicano il
figlio e il nipote, lei avrebbe potuto lasciarsi scappare qualcosa e
loro
l'avrebbero potuta trovare. Non è di certo colpa sua se
quella squinternata di
Harriet la pazza era una sua parente e ha rubato la targa alla gara
della
contea!»
Patty
annuì ancora. Si sentiva come quei cani sul lunotto
posteriore delle auto: riusciva solo a muovere la testa su e
giù. Per fortuna
che Jo sapeva sempre cosa fare. Patty l'aveva chiamata quando la loro
amica
aveva iniziato ad avere problemi di memoria, preoccupata che la cosa
potesse
venire a conoscenza di tutti.
«Andiamo
da lei» disse Jo, una volta che ebbero sparecchiato.
Le
due donne passeggiarono per le vecchie vie di Maple Town,
lasciando che i ricordi e le novità della città,
riempissero i loro discorsi.
«Chi
è quella ragazza?» chiese Jo quando passarono
davanti al
negozio di Rupert l'antiquario, notando una nuova commessa.
«È
sua nipote. È arrivata da poco, nessuno sapeva chi fosse.
Non
è male ma un po' schiva. Deve aver preso da suo zio, ma
almeno è educata.»
Quando
arrivarono alla casetta arancione che conoscevano così
bene, fu Patty a bussare alla porta.
«Miss
Stealer! Che piacere!» la salutò Sean, guardando
con
curiosità Jo, di cui non si ricordava. Il ragazzo doveva
essere veramente
felice di vederla, a giudicare dal suo tono di voce. Patty fece le
presentazioni e i due si strinsero la mano.
«Jo,
Josephine Druvè, certo. Nonna mi ha raccontato un sacco di
cose su voi tre! Com'è che vi chiamavano? Le tre... Le
tre...» Il ragazzo rise
e Patty scambiò uno sguardo preoccupato con Jo: cosa aveva
saputo Sean?
«Davvero?»
lo interruppe Jo.
«Sì,
praticamente parla più spesso della sua gioventù
che di
quello che è successo la settimana scorsa...»
disse il ragazzo un po'
sconsolato.
«Se
vuoi, rimaniamo noi a farle compagnia per un po'...»
Il
volto del ragazzo si illuminò: Jo pensò che
effettivamente
alla sua età avrebbe preferito passare il pomeriggio
diversamente che accudire
la vecchia nonna. Ma poi Sean sospirò. «Ho
promesso a mio padre che...»
«Oh,
noi non racconteremo niente a tuo padre!» Sean
guardò le
due donne un po' dubbioso: volevano liberarsi di lui? E
perché? Ancora
indeciso, sentì il suo cellulare vibrare. Lo tirò
fuori dalla tasca e vide un
sms da parte di Nora. Non si fece scappare l'occasione,
afferrò la giacca
leggera sull'appendiabiti dell'ingresso e chiese un'ultima volta:
«Siete
sicure?»
«Vai,
vai. Hai una bella ragazza che ti aspetta da qualche
parte?» Il ragazzo divenne rosso sulle guance e
balbettò una risposta. Patty fu
contentissima della cosa, praticamente spinse il ragazzo fuori casa e,
una
volta chiusa la porta, si avviarono verso il salotto di Emma:
conoscevano
quella casa a memoria, loro erano cresciute con Emma e lei aveva sempre
vissuto
lì.
«Jo!
Patty!» le salutò la donna, con i lunghi capelli
raccolti
sulla nuca, seduta in poltrona: una lunga veste da casa indosso e ai
piedi un
cestino per fare la maglia. Le due donne sorrisero contente quando le
riconobbe, ma il loro sorriso sparì quando disse ancora:
«Non sapete cosa ho
trovato in soffitta! Vi do un indizio: è una cosa che
cercano dal 1885!»
***
Sean
entrò in pasticceria e adocchiò subito il tavolo
dove era
seduta Nora. Si avvicinò e le sorrise, prima di sedersi.
«Ciao!»
La
ragazza lo guardò con un'occhiata sospettosa e chiese:
«Perché tutta questa fretta?»
Lui si sedette, togliendosi la giacca e si sporse verso Nora sul tavolo. «Non sai cosa ho appena saputo da mia nonna...»
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