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Autore: lapacechenonho    01/12/2020    3 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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16: 005- Things you said when you were crying (Le cose che hai detto mentre stavi piangendo).
 
Ginny era tornata a casa da Hogwarts per Natale, non aveva voglia di passare il primo Natale senza Fred a scuola da sola. Neville, Luna ed Hermione avevano scelto di non restare, di conseguenza anche lei aveva scelto di fare lo stesso. Hermione era tutta presa da questa nuova relazione con Ron e ogni volta che anche solo si accennava al rientro a casa, diventava così sdolcinata che a Ginny quasi non veniva il mal di denti. Erano carini insieme, ma Ginny non poteva fare a meno di rinfacciare al fratello quanto fosse ipocrita nei suoi confronti.
Quel Natale alla Tana sembrava freddo però. Nonostante sua madre avesse abbellito il salone come faceva ogni anno, cibo a volontà, nonostante l’ambiente circostante sembrava allegro e gioioso, in Ginny rimaneva costante la sensazione che mancasse qualcosa, o meglio, qualcuno. E non faceva riferimento ad Harry, che aveva scelto di festeggiare il Natale con Andromeda ed il piccolo Teddy. Faceva riferimento a suo fratello che adesso non era nient’altro che una lapide in giardino e una foto sorridente di lui. Improvvisamente le tornarono in mente le parole che le aveva detto Harry il giorno del funerale, il giorno in cui si erano baciati per l’ultima volta, e per la prima volta in otto mesi realizzò quanto fossero vere. Erano in giorni come quelli che la mancanza faceva più male, che l’assenza si faceva sentire. Sarebbero mancati i suoi scherzi, le sue battute, il suo alzare gli occhi al cielo ogni qualvolta sua madre metteva le canzoni di Celestina Warbeck. Ancora ricordava quando due anni prima avevano preso lo gnomo e lo avevano messo sulla cima dell’albero. Non se n’era accorto nessuno fino al giorno in cui avevano dovuto smontarlo. Sospirò pesantemente mentre scendeva le scale per andare a prendere il suo mantello per andare alla lapide di Fred, c’erano dei pacchi in più sotto l’albero ma non se ne curò più di tanto. Uscì ed il vento gelido di dicembre la investì, costringendola a stringersi nell’indumento, stava cominciando a nevicare ma non le importava; continuò dritta per la sua strada.  
La lapide di Fred era in un angolo remoto del giardino, non perché volevano dimenticarlo, ma perché il dolore per la sua perdita era ancora troppo forte e trovarselo lì davanti ogni mattina non avrebbe migliorato la situazione in cui ogni membro della famiglia Weasley riversava. Lupin, Tonks e gli altri caduti della Battaglia erano sepolti ad Hogwarts ma sua madre aveva insistito per riportare il corpo di Fred a casa, per poterlo avere più vicino. Per Ginny aveva poco senso ma era ben contenta di non girare per i giardini di Hogwarts e trovarsi davanti la tomba di tuo fratello, era già difficile farlo con le altre.
Arrivata nell’angolo di giardino in cui era sepolto Fred, vide una figura inginocchiata dinanzi, le spalle erano scosse da violenti singhiozzi. Nel buio della sera era difficile identificarla; era una figura maschile. Dapprima pensò fosse George, ma era troppo mingherlino per essere lui, erano da escludere anche Charlie e Bill. Ron l’aveva salutata poco fa dicendo di dover andare da Hermione e suo padre stava facendo qualcosa nello sgabuzzino. Rimaneva solo una persona.
«Harry» mormorò avvicinandosi lentamente. Avevano giurato di non parlarsi e vedersi più ma non poteva lasciarlo solo in quel momento. Arrivò dietro di lui e gli poggiò una mano sulla spalla.
«È colpa mia» disse solamente fissando il marmo della lapide. «È tutta colpa mia se voi avete perso un fratello, se Teddy crescerà senza genitori» singhiozzava come non lo aveva mai visto prima di quel momento e Ginny si sentiva inutile di fronte a quel dolore.
«Non è colpa tua, Harry» cercò di consolarlo. «È colpa della guerra…»
«E adesso mi dirai che non sono stato io ad iniziare la guerra ma è stato Voldemort!» esclamò tra le lacrime. Si era voltato con uno scatto e Ginny aveva indietreggiato di riflesso. Non l’aveva mai visto così. L’aveva visto piangere, sì, ma era la prima volta che lo vedeva affrontare i suoi demoni.
«Be’ ma è così…» disse piano. Di solito non aveva paura di fronteggiare le persone; dopo aver affrontato i Carrow sentiva di poter avere a che fare con chiunque, ma con Harry era come camminare in campo pieno di mine antiuomo. Harry era come una bomba ad orologeria pronto ad esplodere e ad incenerire tutto, tanto era il suo dolore. Ginny non l’aveva capito fino a quel momento.
«E Voldemort per chi ha iniziato la guerra?» la fronteggiò. Le lacrime non accennavano a fermarsi e il respiro era irregolare. «Se io mi fossi consegnato fin da subito non sarebbe successo niente di tutto questo!» esclamò adirato.
«Harry, loro hanno scelto di combattere. Lo ha scelto Colin, che era minorenne come me, e lo ha scelto Fred. Lo hanno scelto pure Remus e Tonks o Lavanda. Lo hanno fatto anche per te, ma lo hanno fatto per tutta la gente che li aspettava a casa. Remus e Tonks hanno combattuto per Teddy e Andromeda, Colin ha combattuto per suo fratello che era ancora troppo piccolo per farlo, Lavanda avrà combattuto per la sua famiglia» cercò di farlo ragionare.
«E Fred?» domandò tirando su col naso.
«Fred avrà combattuto perché quella risata con cui è morto sul volto ritorni ad abbellire le nostre giornate» la voce le si incrinò leggermente. Spesso si era chiesta perché il fato si era preso proprio Fred, perché quell’esplosione aveva colpito proprio suo fratello e non uno studente a caso che lei non conosceva, ma non aveva trovato risposte. Adesso sembrava quasi avere un senso logico.  «Se ti avesse visto piangere e ti avesse sentito, avrebbe detto che non gira tutto intorno a te» commentò poi con un mezzo sorriso che nel buio Harry non avrebbe visto. Poi successe una cosa strana: Harry si lanciò letteralmente tra le sue braccia, come un bambino che ha bisogno di essere consolato e iniziò a piangere a dirotto. I singhiozzi divennero più forti e più frequenti e sembrava quasi impossibile placarli. Quasi come non aspettasse altro, Ginny strinse Harry a sé, nonostante lui fosse più alto e la posizione risultasse scomoda per entrambi. Gli accarezzò la nuca cercando di regolarizzare il respiro che ormai aveva vita propria. «Va tutto bene, Harry» sussurrava nel suo orecchio. «Non è colpa tua» continuava. «Lo so che fa male, ma passerà».
Molto lentamente il respiro di Harry tornò quello di sempre e i singhiozzi sparirono. Rimasero in quella posizione per un po’, un tempo che ad entrambi sembrò interminabile, un tempo che servì a tutti e due per capire che potevano anche insultarsi e dirsi che non volevano vedersi e parlarsi mai più, ma il loro cuore avrebbe sempre indicato una strada diversa da quella della ragione.
 
«Davvero ti ho fatto paura quella sera?» chiese Harry alzando le sopracciglia. Era alquanto stupito da ciò che la moglie gli aveva appena raccontato.
«Be’ era la prima volta che ti vedevo in quello stato» osservò lei leggermente sulla difensiva.
Ginny si alzò invitando il marito a seguirla e si accomodarono sul divano sedendosi l’uno accanto all’altra, tenendosi per mano. Era una posizione che quando erano fidanzati adoravano, poi da quando erano nati i bambini era stato sempre più difficile fare la giovane coppia innamorata e avevano ripreso proprio quando i loro pargoli avevano lasciato il nido. Non erano più giovani ma erano ancora innamorati come quella volta nella Sala Comune Grifondoro.
«Però eravamo due testoni e non ci siamo più chiariti dopo quel momento» ricordò Harry ridendo leggermene.
«È vero. A volte mi chiedo come due teste come noi siano riuscite a stare insieme per così tanto tempo» ammise dando ragione al marito.
«Amor vincit omnia, dicevano i latini» rispose Harry alzando le spalle.
«Potter, parli anche latino? Non smetti mai di stupirmi!» esclamò dandogli un leggero pizzicotto sul fianco che fece sobbalzare Harry.
«Come quella sera sul prato?» domandò Harry cambiando discorso.
E fu di nuovo quell’estate del 1999, quando il dolore sembrava quasi sconfitto e la gente cercava di riprendere in mano la propria vita dopo la guerra.
   
 
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