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Autore: Ghostclimber    01/12/2020    4 recensioni
Rukawa sembra essere vittima di una crisi d'asma proprio nel bel mezzo di una partita contro il Kainan.
La sua determinazione lo porterà a continuare comunque a correre, e il successivo, prevedibile incidente lo metterà sulla strada di una sconvolgente presa di coscienza.
E delle sue conseguenze.
Warning: hanahaki
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ciao, mamma.- disse il dottor Yamamoto quando la porta si aprì.

-Ciao, Kenta. Entra, ti aspettavo.- ribatté la donna, scostandosi per lasciarlo entrare. Yamamoto, timidamente, fece un passo avanti; mentre si toglieva le scarpe notò il solito profumo d'incenso che da sempre era la caratteristica della sua casa natale, ma gli parve di avvertire qualcosa di sottilmente diverso: -Hai cambiato incenso?- chiese. La madre sorrise: -Sì, è salvia bianca.

-Ah sì? Che proprietà ha?- domandò Yamamoto. Per sua madre non c'era mai un semplice motivo di preferenza, ogni cosa aveva uno scopo e questioni semplici come la scelta degli abiti o dell'incenso erano sempre dettati da un intento preciso.

-Sapevo che saresti venuto qui, prima o poi. Restava solo da capire quanto ci avresti impiegato, e la salvia bianca aiuta ad aprire il Terzo Occhio.- Yamamoto seguì in silenzio la madre verso la cucina. Dopo una palese esitazione, con imbarazzo ammise: -Sì. Direi che nell'ultimo periodo mi sono capitate tante di quelle cose assurde che devo ammettere... insomma, credo di aver avuto la mente un po' chiusa.

-E io credo che sia colpa mia. Mi dispiace, Kenta.- disse la donna, posando una scatola di biscotti sul tavolo. Sul suo viso c'era un piccolo sorriso di rimpianto.

-Mamma, io...- la donna alzò una mano ingioiellata per farlo tacere, accese il fuoco sotto al bollitore e si sedette sulla sedia al lato opposto del tavolo rispetto al figlio.

-Lo so che sei cresciuto con una donna che non faceva altro che parlare di assurdità. Ti ho praticamente tirato su a pane e cerchi nel grano. E non sono mai riuscita a farti capire quale fosse lo scopo di tutte le mie ricerche sul paranormale.

-Qual era, mamma?- chiese Yamamoto. La donna chinò il capo e rimase in silenzio per un po', forse meditando su cosa dire o su come dirlo.

-C'è qualcosa, nel mondo. Qualcosa che non si può spiegare con la scienza. Miracoli, avvenimenti impossibili... e questo è innegabile. Ma certo, ci sono anche un sacco di baggianate. La maggior parte delle cose può essere spiegata con qualche ricerca mirata, mantenendo una mente lucida e cercando di non seguire i propri desideri. Questo è l'errore che la maggior parte degli investigatori del paranormale commette. Si pongono l'obiettivo di dimostrare la propria tesi invece di cercare la verità. E presto o tardi perdono ogni connessione con la realtà, affondando in un baratro di assurdità, teorie di complotto e quant'altro.

-Quindi...- Yamamoto osò, approfittando di una pausa, -Tu non credi in... negli esorcismi, o... che so io, il Triangolo delle Bermuda o i cerchi nel grano?

-Vuoi una risposta sincera?- Yamamoto annuì con enfasi.

-Non ne ho idea. Sono solo in cerca di spiegazioni, o se non ne trovo almeno di prove inconfutabili che certe cose accadano davvero.

-Non... non so se capisco.

-Ti faccio l'esempio dei cerchi nel grano. Ne è apparso uno, quattro o cinque anni fa, poco lontano da qui. Sono andata a vederlo, ed era davvero come dicono: nodi espansi solo da un lato, circonferenze e forme perfette, che solo un codice matematico potrebbe creare. Non certo... uno spiritoso con un bastone e una corda o... i ricci in accoppiamento. Per cui sì, per quanto riguarda i cerchi nel grano, credo che ci sia dietro qualcosa che non riusciamo a capire. Se poi siano degli alieni creativi o una copertura per qualche progetto di arma chimica, proprio non saprei.- il bollitore si mise a fischiare, e la donna si alzò per versare il tè nella teiera. Yamamoto rimase seduto a fissare il piano del tavolo; la lievissima traccia del fondo di una tazza o di una ciotola creava una fetta di luna che lo ipnotizzò per un po'. Si sentiva ancora più in colpa di prima.

Aveva deciso di chiedere un consulto alla madre, non in maniera ufficiale, sulla malattia che affliggeva Kaede Rukawa: era sinceramente preoccupato che si manifestasse non solo in relazione alla crescita dei sentimenti di Sakuragi, ma anche al suo stato di salute. Se fosse diventata una malattia cronica, il povero ragazzo era praticamente condannato. Avrebbe finito per trasformarsi in una specie di parabola sintonizzata su un'altra persona, e avrebbe rivelato in maniera dolorosa e non poco rischiosa ogni oscillazione della salute dell'altro.

Yamamoto aveva trascorso una notte insonne a rimuginare su cosa sarebbe potuto succedere se un giorno Sakuragi avesse sviluppato qualche grave malattia. Qualcosa di potenzialmente mortale, o qualcosa che richiedeva cure invasive. Kaede aveva rischiato di soffocare di punto in bianco solo per un incidente che non aveva nemmeno avuto conseguenze gravi. E se fosse successo qualcosa del genere in un momento in cui non poteva permettersi di avere una crisi? Anche solo in pubblico, o peggio in una situazione in cui doveva mantenere l'equilibrio, anche solo durante un gioco a rincorrersi sugli scogli o un momento di calma seduto su una balaustra a picco sul mare. Non si può vivere in una bolla di vetro, e nessuno avrebbe potuto chiedere a una persona di farlo, tantomeno ad un ragazzo sportivo e vagamente ribelle come Kaede Rukawa.

Se la hanahaki di Kaede fosse diventata cronica, prima o poi Yamamoto si sarebbe visto costretto ad imporgli l'asportazione chirurgica.

Distruggendo la sua vita e quella di quel simpatico, vivace ragazzo che lui amava.

-Allora, Kenta. Hanahaki, giusto? Les Fleurs du Mal.- Yamamoto la fissò come se l'avesse appena vista scendere da una navicella spaziale, tanto per restare in tema. La donna emise una piccola risatina e disse: -Non ti preoccupare, non leggo nel pensiero. Quella roba è solo parapsicologia e attenta lettura del linguaggio corporeo. Ho solo notato che i miei libri a riguardo non erano impolverati come gli altri quando ho pulito la libreria. Qui in casa siete entrati solo tu e il tecnico della lavatrice, e a lui non ho levato gli occhi di dosso per cui credo di poterlo escludere.- Yamamoto si lasciò andare ad una risata di sollievo mentre la madre gli posava di fronte una tazza per il tè. -Cielo, per un attimo ho pensato di dovermi ricredere su tutto e non solo su qualcosa!- la donna rise insieme a lui; la dissolvenza di quel che restava della tensione e dell'imbarazzo sembrò dileguarsi nel nulla, e Yamamoto prese un biscotto.

-Vedi, c'è questo ragazzo che è stato ricoverato da noi un mesetto fa. Tossiva fiori, e... lo so che è strano, ma una sua amica mi ha parlato di un manga in cui c'è questa malattia.

-Cielo, dev'essere stato imbarazzante da morire dire una cosa del genere ad un medico!

-Già, quella ragazza ha un carattere di ferro. Non so se invidiare o compatire chi se la sposerà.- il pensiero di Yamamoto corse a Miyagi e al suo sguardo adorante. Morse il biscotto, lo masticò e proseguì: -Comunque, è stato a quel punto che ho pensato di venire qui e scattare qualche foto ai tuoi libri. Scusa se ho approfittato, so che mi faccio vivo raramente e...

-Ed è normale. Sono sempre in ballo con le mie ricerche e ammetto che quando sono in fissa con qualcosa non riesco a parlare d'altro. Continua, per favore.- Yamamoto esitò. Avrebbe voluto confortarla: la frase era suonata in un tono molto amaro, che dava ad intendere che la donna avrebbe voluto tornare indietro e comportarsi in maniera diversa dal principio, ma in totale onestà Yamamoto non poteva dire nulla di costruttivo. Sapeva di evitarla perché la maggior parte delle volte che le parlava lei non faceva che blaterare di questa o di quell'altra assurdità, e le conversazioni con lei tendevano ad essere sempre meno che piacevoli. Questa era una prima volta assoluta. Yamamoto rimandò la questione e proseguì: -Abbiamo scoperto che il paziente, Kaede, è innamorato. L'abbiamo convinto a spiegare la situazione al ragazzo che ama, e lui è stato d'aiuto. Credo che a questo punto abbia cominciato a ricambiare i sentimenti di Kaede.

-Questa è una buona notizia.- commentò la madre, incoraggiante.

-Sì. Ma il problema è che gli episodi acuti si manifestano ancora. L'altro giorno, questo ragazzo ha avuto un incidente stradale, nulla di grave, e Kaede è quasi soffocato. Sono preoccupato che prima o poi dovremo intervenire comunque asportando chirurgicamente i fiori. Insomma, se...- Yamamoto esitò, non voleva fare l'uccello del malaugurio. Ma non aveva avuto il coraggio di confessare i suoi timori neanche all'infermiera Sawada, e sapeva che se al mondo c'era una persona che poteva ascoltare un'assurdità senza battere ciglio, quella era sua madre. -Se un domani a questo ragazzo venisse un cancro. Cosa succederebbe? Kaede ricomincerebbe a stare male? Alcune forme di tumore si sviluppano in pochissimo tempo, prima di capire cosa c'è che non va in Hanamichi potremmo aver già perso Kaede. Ma se lo obbligo ad operarsi...

-...perderà il sentimento.- concluse per lui la madre. Bevve un sorso di tè, poi disse: -Fammi prendere i miei libri. Voglio vedere se riesco a capirci qualcosa.

 

-Kaede... Kaede! KAEDE!- la voce di Sakuragi era distante, tra le spire del panico e del dolore, -AIUTO! QUALCUNO VENGA AD AIUTARMI! STA MALE!- due braccia cinsero la vita di Rukawa, che riconobbe vagamente il profumo di Sakuragi, misto all'odore del disinfettante e degli antisettici. Scoppiò a piangere, sebbene questo non facesse altro che rendere più dolorosa la crisi: non riusciva ad impedirselo. Ormai sembrava che la malattia avesse preso il sopravvento. Forse era troppo tardi perché un cambiamento nei sentimenti di Sakuragi potesse avere qualche effetto, forse Sakuragi era solo infatuato e la malattia lo sapeva, forse tutto quello non c'entrava nulla ed era solo vittima di una strana malattia e di una serie di coincidenze impensabili.

-Basta! Basta, smettila, brutta puttana di una malattia!- urlò Sakuragi. Era ad un soffio, letteralmente, dall'orecchio di Rukawa, che sentì i capelli solleticargli uno zigomo, spostati dall'aria che usciva dalla bocca del rosso; tuttavia, la sua voce suonò distante. Rukawa capì di essere sul punto di svenire.

-Smettila, cazzo! Lo amo, che altro vuoi? Vuoi anche me? Prendimi, se ci tieni, non m'importa! Come se avesse un senso stare al mondo senza...- il campo visivo di Rukawa si liberò appena appena dai puntini neri che avevano cominciato ad invaderlo. Riuscì a riempirsi i polmoni, anche se un sibilo minaccioso aveva accompagnato gran parte del respiro; la sola azione era stata dolorosissima, come se stesse cercando di respirare mentre teneva la testa immersa nel fango. Ora, però, c'era un altro problema: non sembrava assolutamente in grado di espirare.

-Kaede, ti prego, resisti, sta arrivando qualcuno, ti aiuteranno...- singhiozzò Sakuragi nel suo orecchio, -Ti prego... ti amo, non lasciarmi da solo...- la gola di Rukawa si contrasse così dolorosamente che per un attimo il moro credette di vedere rosso, rosso sangue, e credette che sarebbe morto per lo scoppio di un'arteria del collo.

Poi, la sua ugola fu attraversata da una fitta così forte che Rukawa svenne per il dolore.

 

-Ecco qui.- disse la madre di Yamamoto. Il medico aveva passato l'ultima ora a sfogliare uno dei suoi libri, trovando solo una marea di inutili resoconti di caccia alle streghe. Alzò la testa dal raccapricciante processo ad una certa Meg di Kingsbridge e chiese: -Cosa?

-Ricordavo vagamente qualcosa. Hai detto che Kaede è innamorato di un ragazzo, vero?

-Sì. Perché, cambia qualcosa?

-Cambia, credo, che voi maschietti avete una certa tendenza a ragionare con i vostri organi riproduttivi.- rispose sua madre. Yamamoto ammise: -Vero.

-Sembra che quando la persona amata è un uomo ci sia bisogno che il sentimento venga dichiarato esplicitamente. Non servono i gesti, ci vogliono le parole. Sincere.

-Quindi, finché Hanamichi non si dichiara, Kaede resta malato?

-Non sto dicendo che è così. Dico che è possibile. Guarda qui.- la donna voltò un libro e lo mise in mano a Yamamoto: era la fotografia di una pagina scritta in qualche lingua occidentale, forse francese, forse italiano. Il medico chiese: -Cos'è?

-Una versione delle “Vite” di Giorgio Vasari mai pubblicata. Lo stampatore, quando lesse il racconto della morte di Raffaello Sanzio, gli consigliò di cambiarlo per non rischiare di incappare nella censura e forse anche in una condanna a morte.

-Perché?- chiese ancora Yamamoto.

-Nella versione pubblicata, si fa riferimento alla morte di Raffaello per dei non meglio specificati “eccessi erotici”. Invece, pare che Raffaello fosse afflitto dalla sindrome dei Fleurs du Mal, e che fosse innamorato di un uomo. Lo sedusse, e finalmente lo convinse a giacere con lui. Ma non fu sufficiente, anzi: Raffaello ebbe una crisi così violenta che ne morì.

-Mamma, devo andare.

-Certo, ma stai tranquillo: fin quando non hanno contatti fisici intensi non sembrano esserci...

-Kaede oggi andava da Hanamichi.- la interruppe Yamamoto, già nell'ingresso. Infilò i piedi nelle scarpe alla meno peggio.

-Buona fortuna, Kenta!- gli urlò dietro la madre.

 

-Oh cazzo... oh cazzo...- gemette Sakuragi. Sulla porta della sua stanza c'erano due infermiere, immobili, attonite, e tra le sue braccia giaceva Kaede, privo di sensi.

Sakuragi cercò di sentire il polso con dita tremanti, ma non riuscì a trovare il battito. Scoppiò in un pianto dirotto: -La prego, venga a vedere se è vivo!- supplicò.

-Ma... ma che diavolo è successo?- chiese una delle infermiere.

-HO DETTO VENGA A VEDERE SE È VIVO!- urlò Sakuragi. La donna si avvicinò, mentre Sakuragi si rigirava tra le braccia il corpo esanime di Rukawa. Lo trasse a sé, incurante del dolore al fianco; probabilmente qualche punto dell'operazione era saltato, ma in quel momento non avrebbe potuto importargliene di meno. Vide l'infermiera appoggiare due dita sul bel collo candido di Rukawa, e dopo un'istante la sentì dire: -Il battito è debole, ma c'è. Ragazzo, che diavolo è successo qui?- chiese di nuovo.

Sakuragi si guardò intorno: la stanza era completamente piena di fiori blu. Sakuragi si trasse Rukawa contro il petto e gli accarezzò lo sterno; quando era piccolo, vomitava spesso, e suo padre lo prendeva tra le braccia e lo massaggiava in quello stesso punto per alleviare la tensione dei muscoli. Sakuragi amava quei momenti, le sole coccole che riceveva da suo padre, il tipico giapponese tutto d'un pezzo, e anche se non avrebbe saputo dire se il dolore si calmava per il massaggio o per il conforto ricevuto, era certo che qualcosa avrebbe fatto.

-Sakuragi.- lo chiamò l'infermiera, -Prima di tutto, esigo una spiegazione. In secondo luogo, sanguini. Ti sei sicuramente strappato dei punti, e spera di non aver fatto danni peggiori.

-Kaede!- chiamò la voce di un uomo dalla soglia.

-Dottor Yamamoto!- chiamò Sakuragi, e il medico si precipitò nella stanza, il terrore dipinto in volto. Senza perdere tempo a parlare con le infermiere, si inginocchiò di fronte a Kaede e cercò il battito cardiaco, poi emise un sospiro di sollievo.

-Infermiera, mi perdoni.- disse, dopo un istante di esitazione, -Potrebbe approntarmi una sala in cui posso visitare il ragazzo? È un mio paziente.

-Lei chi è?

-Dottor Yamamoto Kenta, sono...

-Opporca, lo pneumologo?- sbottò l'infermiera rimasta sulla soglia, -Ho letto tutti i suoi articoli sulla polmonite bilaterale e sui rischi del broncospasmo, io...

-Sono io. Gentilmente, infermiera, può trovarmi una sala visite?

-Cosa sono tutti questi fiori?- chiese l'altra.

-Glielo spiegherò appena possibile. Ma ora ho bisogno di visitare urgentemente il mio paziente, se non le dispiace.- rispose Yamamoto. Le due donne si allontanarono, e il medico chiese: -Hanamichi, cos'è successo?

-Non lo so.- rispose Sakuragi con voce piatta, -Ci stavamo baciando, e andava tutto bene, poi lui ha cominciato a stare male e...- il rosso gesticolò verso tutti i fiori che li circondavano.

-Hai detto che lo ami?

-Sì, ma non è stato quello! E comunque lo giuro, è vero! Lui stava male...

-Già da prima, lo so. In alcuni casi è necessario che venga dichiarato esplicitamente. Hanamichi, gli hai salvato la vita. Guarirà, te lo garantisco.- Yamamoto sorrise, e Sakuragi lo fissò, ancora dubbioso. Il medico rifletté che, se in un primo momento gli era sembrato che la distinzione tra uomini e donne fosse assurdamente sessista, forse poteva avere un senso, o quanto meno essere un discrimine dovuto dalle convenzioni sociali, come negli anni Ottanta si credeva che l'HIV colpisse solo gli omosessuali mentre semplicemente era più grande il numero di vittime in quanto usavano meno le protezioni, non avendo bisogno di impedire gravidanze.

Guardò il viso da duro teppista di Sakuragi e si rese conto che da quel ragazzo si sarebbe aspettato qualsiasi cattiveria, e forse anche Rukawa in fondo temeva che il rosso lo volesse solo usare per qualche sperimentazione sessuale: in fondo, tra un bacio appassionato e una dichiarazione d'amore ci può essere un mare di differenza. Non sempre, anzi spesso un bacio è solo un ottimo inizio, ma era innegabile che a volte le persone, e tante volte i duri come Sakuragi, avevano la pessima abitudine di farsi credere innamorati per poter approfittare del corpo altrui.

-Starà bene davvero, dottore?- chiese Sakuragi.

-Te lo posso assicurare.- rispose Yamamoto, poi sorrise. Sakuragi pensò che quel suo sorriso dolce e fiducioso scaldava il cuore.

 

-Kenta! Com'è andata?- chiese la madre del dottor Yamamoto, aprendo la porta di casa.

-Mamma!- rispose Yamamoto, poi si gettò in avanti tra le sue braccia.

-Tesoro, è...

-L'ha salvato. Hanamichi l'ha salvato. Tu l'hai salvato. È vivo e sta bene.- disse Yamamoto, poi scoppiò a piangere.

-Oh, vieni in casa, bambino mio, ti preparo la cena, vuoi?

-Mamma, perdonami. Per tutto.

-Non c'è niente da perdonare, sciocchino. Muoviti, che stai facendo entrare l'aria fredda.- Yamamoto si lasciò trascinare per la mano da quella donnina che aveva sempre giudicato pazza, delirante, e che invece ora si rivelava essere sempre stata lucida. La più folle e brillante mente analitica che Yamamoto Kenta, dottore in pneumologia, avesse mai incontrato.

-E poi mi parlerai della persona che tu ami, intesi?- disse la donna. Yamamoto rimase per un attimo allibito: -E tu come...?

-Sono tua madre, ecco come.- rispose lei con un sorriso.

 

 

 

 

Bluebell: amore immortale

 

 

 

 

Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione.

Probabilmente ci sarà almeno un ultimo capitolo conclusivo, ma non so se riuscirò a mantenere il mio solito ritmo. Ci proverò, ma per come sto da qualche giorno non posso garantire nulla se non che non mi lancerò giù dalla finestra.

Solo un appunto: la questione di Raffaello ha una base storica. Vasari riferisce che è davvero morto per eccessi erotici. Con chi o come, non ne ho la minima idea.

Spero che vi piaccia, fatemi sapere.

XOXO

 
   
 
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