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Autore: Kaiyoko Hyorin    02/12/2020    3 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“That will free our lands
Strong pride,
Might and honor are requied
To fight for the reign”
[ Majesty, Wind Rose ]




Superato l'ultimo meandro del Fiume Selva, il Lago Lungo si schiuse dinanzi alla chiatta di Bard alla luce del tramonto, immenso e suggestivo nella foschia che già andava alzandosi dal pelo dell'acqua. Erano riusciti a convincere l'Uomo del Lago a farli entrare in città con la promessa di una cospiqua somma di denaro e Kat, che pure era rimasta senza più alcun avere non fosse ciò che indossava, ancora si chiedeva da dove i suoi compagni avrebbero tirato fuori le monete necessarie.
Quando essi stavano raccogliendo il poco che era loro rimasto in tasche segrete, suscitando l'interesse ed il divertimento d'ella, la giovane donna della Compagnia si perse poi nell'osservare l'enorme distesa d'acqua che era il lago, non riuscendo ad evitare di rimanerne impressionata.
Lago Lungo calzava bene il nome che gli era stato dato, giacché esso aveva origine dal colmamento di una lunga e profonda forra rocciosa, talmente larga da far apparire le rive opposte piccole e remote e talmente lunga che le estremità settentrionali e meridionali non potevano esser scorte ad occhio nudo. Eppure, malgrado ciò, fu quando l'enorme profilo della Montagna Solitaria si stagliò sopra l'orizzonte, al Nord, che ella finì per trattenere il respiro e sgranar lo sguardo. Essa svettava maestosa ed imponente, seppur in lontananza, contro la distesa cremisi del cielo che volgeva al crepuscolo, violacea sopra la grigiastra coltre nebbiosa che andava addensandosi sulla linea dell'orizzonte, e la ragazza avvertì il proprio petto stringersi. Quell'intensa sensazione la confuse e la spaesò, giacché non la comprese. La riconobbe in ritardo; un'intensa nostalgia mista ad una profonda gioia le avevano colmato l'animo, come se dinanzi ai suoi occhi grigi si stagliasse quella che era stata la sua unica, vera casa, e ciò la turbò quasi più dell'incognita che la Montagna rappresentava per il loro viaggio.
Non ebbe il tempo di riaversi dalle proprie emozioni però, giacché pochi secondi dopo nel suo campo visivo entrò la chioma bruna di uno dei nani della Compagnia. Nello spazio di un respiro tutti i figli di Durin si alzarono in piedi, cristallizzati in una stasi volta alla mera e struggente contemplazione del perduto Regno di Erebor. Anche loro l'avevano scorto sopra l'orizzonte ed ora l'ammiravano e lo bramavano dal profondo dei loro cuori nanici, spinti da emozioni ed aspettative differenti ma ugualmente intense, tanto da trasudare nell'aria immota del crepuscolo. 
– Tieni, prendi tutto.. – mormorò la voce spezzata dall'emozione di Gloin, mentre consegnava i soldi sino a quel momento negati a Balin.
E nel breve silenzio che seguì, cullata dallo sciabordio delle onde contro il legno della chiatta, Kat si ritrovò a serrare la presa sul basso bordo dell'imbarcazione mentre la profonda ammirazione che l'aveva colmata venne soppiantata da una rinnovata determinazione che le gonfiò il petto. Erano quasi arrivati, il tempo di mettere in atto i suoi propositi era ormai prossimo, e non poteva permettersi di fallire.
Cercò meccanicamente con lo sguardo il capo della loro Compagnia, così come si trovava a far spesso da quando avevano lasciato il Reame Boscoso, ma quando ne trovò il profilo non poté osservarlo a lungo che quei suoi occhi di diamante, inspiegabilmente, si voltarono a incrociare i suoi, e lei si ritrovò a sussultare e deviare il proprio sguardo di scatto, colta in flagrante. Il suo cuore stava ancora pompandole furioso nel petto quando una voce conosciuta attirò la sua attenzione.
– Tutto bene, Kat?
Un apprensivo Bilbo fece capolino al suo fianco, comparendo inatteso soltanto come un piccolo e silenzioso hobbit saprebbe fare. Sotto quei suoi limpidi occhi blu, lei si ritrovò a sorridere, grata di quella distrazione da tutte le emozioni inattese ed inspiegabili con cui si era ritrovata a lottare in quegli ultimi minuti.
– Sto bene.. – affermò pacata, tornando meccanicamente a osservare la Montagna in lontananza – sono solo impaziente, credo. Voglio raggiungerla al più presto. È un po' strano, forse, non trovi? Non sono un Nano, non dovrei sentirmi così coinvolta, eppure...
Dopo quella mezza verità, Katla non terminò la propria frase, ma non ve ne fu bisogno: quando tornò a cercare lo hobbit con lo sguardo, quello annuì. Eppure, mentre anch'esso osservava l'ombra della Montagna Solitaria, le apparve oltremodo corrucciato ed inquieto, tanto da indurla ad inarcare un sopracciglio.
– ..cosa c'è? Qualcosa ti preoccupa?
– Cos..? – si riebbe Bilbo, mostrando sul suo volto il consueto caleidoscopio di emozioni ed espressioni che la fecero inconsciamente sorridere – ...no, io... cioè... – confusione ed incertezza si alternarono nell’amico mentre tentava di darle una risposta e lei attese, paziente, consapevole che sarebbe arrivata sincera e limpida al momento giusto. E così fu: – ..in realtà, quella montagna mi dà una strana sensazione. – ammise, pur con un certo disagio, sfregandosi il naso con un gesto frettoloso – Non mi sento tranquillo.
Katla se ne sorprese, ma di fronte alla faccia aggrottata dello hobbit annuì con un cenno del capo, prima di cercar di comprendere a cosa egli si stesse riferendo e tornare per questo a osservare la vetta in lontananza, tinta di sfumature di fuoco dagli ultimi raggi del sole. Fu in quel frangente che le apparve pari ad una fiammella che andava attenuandosi sulla cima di una densa piramide oscura, soffocata da un'ombra pesante e pregna di malvagità; e allora capì.
Il drago.
Era l'oppressiva eppur lontana presenza del drago ad aver inquietato Bilbo.
Serrò meccanicamente le labbra in una smorfia piatta e tesa, così come si tesero parte dei suoi muscoli in reazione ad una sensazione analoga che minacciò di afferrarle il cuore.
– Non preoccuparti, Bilbo, – gli disse, avendo cura di tenere il tono basso cosicché fosse egli l'unico a sentirla, mentre tornava a rivolgerglisi – ce la faremo.
E gli sorrise, ottimistica ed incoraggiante, ed il sorriso a metà che il mezz'uomo le rivolse di rimando, pur molto simile più ad una smorfia che ad una vera espressione, ella se lo fece bastare, giacché lo conosceva abbastanza da sapere che stava facendo del suo meglio per crederle.
Lasciò allora vagare di nuovo lo sguardo sui membri della Compagnia e le venne naturale soffermarsi ad osservare due chiome che, ormai, avrebbe riconosciuto fra mille altre. La nuca bionda di Fili si stagliava accanto a quella scura del fratello minore ed entrambi i nani erano intenti a scambiare qualche parola con il loro nobile zio e con Balin. Il denaro doveva già essere in mano a Bard, perché ella non scorse il sacchetto di monete nelle mani del nano dalla barba bianca.
Kat non riuscì a non corrucciarsi leggermente in volto nell'osservare i due nipoti di Thorin, giacché era da quando l'Uomo del Lago era comparso che sembravano comportarsi in modo strano. Entrambi erano stati meno solari e propensi allo scherzo del solito, come se fossero in preda ad una preoccupazione nuova e pressante, ma per quanto ella avesse tentato di indagare al riguardo nessuno dei due si era confidato con lei. Peccato che non fossero riusciti a rasserenarla, né a convincerla del contrario, del tutto inconsapevoli di somigliare tremendamente al loro zio: Kat ne aveva riconosciuto subito le espressioni un po' adombrate, uguali a quella che assumeva Thorin quando era preda di qualche grattacapo, soprattutto quella di Fili. Così la questione era rimasta irrisolta, col disappunto della ragazza, che ora si limitava a fissarli dall'altra estremità della chiatta con un pizzico d’insoddisfazione crescente.
Il quieto e lontano suono delle cascate da cui le acque fluivano presso l'estremità più meridionale di Lago Lungo venne sovrastato dalla voce di Bard, che la trasse dai suoi pensieri mentre incitava tutti loro ad entrare all'interno dei barili. Quando tuttavia lei si mosse per fare altrettanto, l'uomo la fermò.
– Tu no.
Katla si voltò a guardarlo con espressione sorpresa e confusa, ma pochi istanti dopo fu la voce di Dwalin a levarsi in protesta, scontrosa e burbera come poche altre volte.
– E perché no? L'accordo era chiaro: o tutti, o nessuno.
Stupita della veemenza espressa da Dwalin, Kat non fece nemmeno in tempo ad alternare lo sguardo dall'uomo al nano che il primo abbozzò un mezzo sorrisetto sotto i baffetti.
– Per quanto di statura insolita, ella rimane una Donna. Non ha bisogno di nascondersi: può entrare in città spacciandosi per una parente, a differenza del resto di voi – ribatté, pacato e quasi ironico, sostenendo impassibile lo sguardo altrui.
Quel confronto silenzioso ebbe vita breve, perché ci pensò Thorin ad anticipare il borbottio scontento del compagno. 
– Non abbiamo scelta: muoviamoci – affermò con tono basso e cupo, non prima di aver rivolto un'occhiata delle sue verso l'Uomo del Lago.
Non vi furono dunque altre proteste e Kat si accostò, suo malgrado, a Bard mentre questi spingeva la chiatta all'interno della nebbia con solerte maestria. Una volta che i nani, finanche il piccolo Bilbo, furono scomparsi all'interno delle loro botti, la ragazza scoccò all'uomo un'occhiata in tralice, avvertendo una nota di disagio pungolarle l'animo. Da tempo non parlava con uno della sua stessa razza e mai le era capitato di trovarsi di fronte ad uno di loro da quando si era trovata nella Terra di Mezzo, e questo contribuì a farla render finalmente conto di quanto bassa fosse divenuta.
Probabilmente agli occhi di lui, come a quelli di chiunque altro fosse più alto di un nano, ella appariva davvero come una bambina del suo popolo. Per la prima volta da quando si era riscoperta con quelle fattezze, si sentì impacciata ed insoddisfatta di sé e desiderò il proprio vecchio corpo.
– Non preoccuparti – se ne uscì di punto in bianco Bard, riportandola al presente e facendola per questo sussultare – gli Uomini della Stirpe di Girion mantengono sempre la parola data.
Kat si ritrovò a sbatter le palpebre, sorpresa, mentre meccanicamente annuiva con un cenno del capo, ancora troppo stupita che Bard le rivolgesse parola per ricambiarlo a voce, ma non ve ne fu bisogno.
– Vi farò entrare tutti in città, come da accordi – continuò quello, serio e pacato, prima di lasciar spazio a una leggera nota scherzosa – Data la presenza di una Donna fra loro, li avrei creduti meno diffidenti, ma non affermerò che ciò sia un male o che io ne sia in qualche modo sorpreso: so bene di cosa sono capaci gli Uomini.
La ragazza si aggiustò meccanicamente il mantello elfico, dono di Elrohir ed Elladan, intorno al busto, deviando lo sguardo sull'acqua del lago per non dar a vedere il proprio stato d'animo all'altro. Il fatto che Bard stesse dando mostra di un'indole più aperta e meno burbera di quella che si era aspettata sin dall'inizio era qualcosa che la lasciava incerta e spaesata al contempo. Una parte di lei si chiese subito a cosa quell'atteggiamento fosse dovuto, ma un'altra le ricordò che non poteva voltar le spalle a nessun tipo di gentilezza che le venisse donata, non se voleva sperare di raggiungere il proprio obiettivo.
Così, scoccando una nuova occhiata da sopra la spalla a Bard, il cui sguardo era invece fisso dinanzi a sé, lasciò che le labbra le si delineassero di un nuovo mezzo sorriso.
Era un uomo alto, dai capelli castani lunghi sino alle spalle e lineamenti quasi dinoccolati, coronati da una mascella forte coperta di una corta barba incolta. Vestiva gli abiti delle genti del lago, cosparsi di toppe, e pesanti stivali di cuoio macchiati e logori, e di questo la giovane donna non se ne sorprese.
– Forse è la nostra breve vita a rendere i membri del nostro popolo tanto mutevoli, rispetto alle altre razze – ipotizzò, pacata, con un'alzata di spalle, prima di cambiar discorso – ..sicuro che non debba nascondermi anche io?
E allora Bard sorrise, un'espressione che tradiva un lieve divertimento.
– Sicuro – ribatté altrettanto pacatamente, senza alcuna indecisione – e non sarebbe il luogo adatto ad una dama, in verità.
Katla annuì ancora una volta, ma non disse altro, giacché dinanzi ai suoi occhi iniziarono a delinearsi delle forme più scure nella nebbia.
– Ci siamo – l'avvertì infatti l'Uomo del Lago, indirizzando la chiatta verso la banchina che andava definendosi sempre più chiaramente sull'acqua.
Non ci vollero che pochi minuti per raggiungerla ed accostarsi ad essa e Bard, dopo averle fatto cenno di seguirlo, saltò giù dalla sua imbarcazione. Così Kat, facendo come le era stato detto, il dolore al ginocchio di quel mattino ormai passato, poté assistere in prima persona alla contrattazione fra l'uomo ed i pescatori. Una parte di lei non poté far a meno di ridacchiare fra sé e sé al pensiero delle reazioni che avrebbero avuto i suoi amici nel venire sommersi dal pescato del giorno e si voltò verso la chiatta. Scoccando un'occhiata ai barili ammucchiativi, fece addirittura il gesto di celar dietro una mano il proprio sorrisetto, non per malignità quanto per un infantile desiderio di burla nei confronti dei più brontoloni dei suoi compagni.
– ...e la ragazzina chi è? – vociò il pescatore con cui Bard stava parlando, facendola voltare quasi di scatto – Non mi pare una delle tue figlie.
Presa alla sprovvista, Katla non ebbe abbastanza prontezza di spirito per ribattere, ma ci pensò il discendente di Girion a farlo per lei.
– È una lontana parente, è qui per questioni di famiglia – mentì con prontezza l'uomo, deviando di nuovo l'attenzione altrui su di sé.
Ella se ne sorprese e se ne sentì al contempo sollevata, giacché Bard pareva ben sapere come rapportarsi con gli Uomini di Arda, a differenza sua, ma non mancò di chinare leggermente il capo in saluto al pescatore, approfittando dell'ombra che le proiettava sul viso il cappuccio per celare la propria espressione tesa.
– È stato un lungo viaggio, non vedo l'ora di conoscere il giovane Bain e le sue sorelle e godere del calore del focolare con tutta la famiglia – affermò, prima di mostrare un ampio sorriso.
Tanto bastò perché venisse ricambiata e il pescatore le diede pienamente ragione, che quell'umidità ed il freddo poco si addicevano alle sue vecchie ossa e che era un desiderio condiviso, quello di ritornare a crogiolarsi nel calore di casa propria. E di fronte a quel piccolo successo personale, Kat si rilassò un poco ed assistette da mera spettatrice a ciò che seguì, restando miracolosamente impassibile nel momento in cui i pesci comprati da Bard vennero riversati nei barili.
Una volta terminata la contrattazione e tornati sulla chiatta, non mancò di sentirsi qualche bassa voce brontolante, ma l'Uomo del Lago le zittì con un pragmatico avvertimento ed un calcio alla botte più vicina, giacché erano prossimi alla chiusa cui si accedeva ai canali della città.
Così, Kat si ritrovò a spalancare gli occhi chiari quando, di lì a poco, le sagome scure e cigolanti dell'assembramento di case che molte decadi prima avevano costituito la florida città di Esgaroth, si stagliò nella nebbia. La luce delle lanterne e delle torce si rivelò offuscata e vacua, giacché il crepuscolo e l'aria pregna d'umidità ne rifrangeva la luminosità già di per sé fioca, rendendo tali fonti simili a fuochi fatui sospesi sull’acqua, fra le grosse sagome scure che erano gli edifici della cittadina nella penombra. Di fronte a quello spettacolo spettrale, quando l'immensa grata si parò dinanzi a loro, la ragazza si ritrovò a trattenere il respiro, avvertendo una volta ancora tutto il peso della sua piccola statura.
Era una figlia degli Uomini, ma ora che stava per trovarsi in mezzo a loro, non provò altro che soggezione ed un'insolita estraneità.
– Alt! – proruppe una voce dalla guardiola della chiusa – Ispezione merci. Documenti, per favore.
Bard accostò la chiatta alla banchina e, ancor prima di saltar giù dalla chiatta, l'uomo di guardia uscito in quel momento con la lanterna ben sollevata alla mano lo riconobbe subito.
– Ah, sei tu Bard... – affermò con una nota di sollievo, prima che il suo sguardo si posasse su Kat – ...chi è con te?
La diretta interessata si ritrovò a serrare i pugni lungo i fianchi, ma rimase in attesa, lasciando che fosse il chiattaiolo a rispondere.
– Buonasera Persi – lo salutò di rimando quello, come niente fosse – ..costei è mia parente. Starà a casa nostra qualche tempo.
Come l’imbarcazione si accostò del tutto alla banchina Kat saltò giù, imitando l'erede di Girion e facendo scivolare il cappuccio un po' più indietro sul capo, per meglio permettere all'altro uomo in età avanzata di scrutarla in volto.
– Sono Katla, figlia di Hekla – si presentò, chinando il capo in segno di saluto – della Stirpe di Girion. Lieta di fare la vostra conoscenza.
– Perdinci! – se ne uscì quello, strabuzzando gli occhi, altalenandoli fra Bard e lei un paio di volte mentre si grattava il capo – Non credevo avessi parentele fra i nobili, Bard. Ha i modi di una dama del Sud, eppure è piuttosto piccola. Avete un documento, signorina?
La ragazza quasi sussultò dentro di sé, ma ancora una volta riuscì a limitarsi nelle proprie reazioni, limitandosi ad un'aria confusa e rammaricata.
– No – negò, scambiando rapida un'occhiata con l'uomo al suo fianco, di ben due spanne più alto di lei – In effetti il viaggio è stato lungo ed infido, e ho malauguratamente perduto i miei pochi averi in un'imboscata dei briganti. Sono riuscita a fuggire, ma non si può dire che mio cugino, partito insieme a me, sia stato altrettanto fortunato. Non sarei qui ora se non fosse stato per lui – e finse un sincero cordoglio, abbassando il capo e lasciando che le ombre si allungassero sul suo viso.
Una storia strappalacrime inventata sul momento che, dopo un istante di sbigottimento, fece subito presa sulla semplice mente del custode.
– Oh, le mie condoglianze... dev'essere stata un'esperienza terribile per voi. Non preoccuparti Bard, vado a prender subito il modulo per l'accesso ed il timbro – li rassicurò dunque, piuttosto amichevolmente, prendendo in consegna il documento che l'erede di Girion gli stava porgendo e il denaro che era la tassa di passaggio per lei.
Nei brevi secondi in cui rimasero di nuovo soli, Katla si ritrovò a scambiare una nuova occhiata con Bard e si stupì intimamente del mezzo sorriso che, spontaneo, si rivolsero da ambo le parti, velato di soddisfatta complicità. Una complicità che la aiutò a mitigare quell'iniziale sensazione di estraneità che l'aveva colta poco tempo prima.
Quando, poco dopo, le venne consegnato il lasciapassare ed a Bard venne applicato il timbro sulla carta che era la sua licenza di trasporto dei barili da Reame Boscoso, alla ragazza quasi tremarono le mani.
– Ecco fatto, tutto in ordine! – affermò quello, consegnando loro quanto dovuto con benevolenza, prima di aggiungere a lei in particolare – Forse la nostra città non sarà più la stessa di un tempo, ma la troverete senz'altro accogliente, a suo modo.
Il sorriso che il vecchio le rivolse rivelò in parte la dentatura macchiata e storta, ma nonostante questo, in esso vi era una sincera gentilezza che spinse la giovane donna a ricambiarlo, donandogli un nuovo cenno del capo in ringraziamento e riconoscimento della sua persona.
Quindi lei e Bard tornarono a bordo della chiatta e l'Uomo del Lago, una volta che la grata fu sollevata per lasciarli liberi di proseguire, riprese a sospingere l'imbarcazione lungo il canale. La città di Pontelagolungo si schiuse intorno a loro, diversa da qualunque altro centro abitato ella avesse mai visto, ergendosi fiera e vecchia sulle palafitte che la sostenevano sopra il pelo dell'acqua, cupa e misteriosa al contempo sotto il cielo che andava punteggiandosi di stelle.
Era fatta. 
Erano dentro.


Quando Bilbo riemerse dal proprio barile, s'era ormai convinto che quello sgradevole odore di pesce avrebbe per sempre fatto parte di lui, giacché il suo naso ne era già appestato. Dopo un primo fallimentare tentativo accettò volentieri il provvidenziale aiuto offertogli da Katla per saltar fuori da quello sgradevole nascondiglio e non poté non sentirsi un po' meno infelice e misero quando, finalmente, venne investito da un refolo d'aria fredda e pulita.
Mentre il resto dei nani lo imitava, lasciando la chiatta che era stata il loro biglietti d’ingresso in città, l'Uomo del Lago mise in mano ad un concittadino una moneta e scambiò con lui qualche parola a basso tono. Bilbo era un hobbit semplice, non avezzo agli usi e costumi della Gente Alta, e perciò si ritrovò ad inarcare un sopracciglio di fronte ai modi un po' loschi del loro chiattaiolo, ma non ebbe il tempo di porre alcuna domanda alla giovane donna al suo fianco che questo passò loro accanto, superandoli con falcata sicura.
– Statemi dietro – disse loro, accostandosi all'angolo dell'edificio più prossimo e sporgendosi per gettar un'occhiata oltre questo.
Ancora una volta, lo hobbit fu costretto a sopprimere la propria perplessità e, muovendosi a propria volta, si ritrovò con Kat in testa al gruppo, proprio dietro le spalle dell'uomo. Era davvero alto, più alto della giovane donna al suo fianco, e più cupo in un certo qual modo, cosa che glielo faceva risultare meno fidato. Ed anche la sua amica, con il cappuccio ancora sollevato sul capo e l'aria tesa e seria, inconsciamente, nei secondi che seguirono gli appariva diversa dall'idea che s’era fatto di lei nel corso del loro viaggio.
Stava per attirare la di lei attenzione, nella speranza di aver qualche risposta, quando Bard uscì allo scoperto.
– Seguitemi – li incitò di nuovo a basso tono, calcando l'assito della via.
E Kat fu la prima a muoversi, rapida e silenziosa come poche altre volte era stata, prendendo un poco alla sprovvista il mezz'uomo subito dietro di lei. Bilbo, dopo un primo istante di smarrimento, allora li imitò, ma solo per arrestarsi appena girato a sua volta l'angolo.
– Che posto è questo? – mormorò a mezza voce, strabiliato e confuso al contempo.
Dinanzi i suoi occhi blu si stagliò la via del mercato della città, con merci accatastate ai bordi della banchina, innumerevoli pontili e passaggi sospesi sull'acqua, bancarelle, e un gran via-vai di gente vestita d'abiti per lo più consunti e dai colori cupi. Ne rimase del tutto colpito, giacché l'abitato era diverso da ciò cui era abituato nella Contea, e per questo quasi faticò ad assimilare l'inattesa risposta che gli rivolse Thorin, affiancatolo in quei brevi secondi di incertezza collettiva.
– Questo, Mastro Baggins, è il mondo degli Uomini – affermò, superandolo.
E a Bilbo non rimase altra scelta se non quella di imitare lui ed il suoi Compagni, per nulla desideroso di rimanere indietro. Avanzarono sulla banchina con passo affrettato, seppur lo hobbit non riuscì affatto a tener basso il capo come da raccomandazioni, troppo preso da tanta estraneità, e fecero invero pochi metri prima di udire una voce perentoria fra la folla. Una folla che, quando si accorse di loro, ricambiò i suoi sguardi con altrettanta sorpresa.
– Ehi! Fermi!
Una guardia armata si distinse su una delle vie adiacenti, fra le bancarelle e la Compagnia ebbe un sussulto ed un arresto condiviso mentre si voltavano in quella direzione. Un attimo dopo però fu Thorin a riportarli alla realtà.
– Forza, muoviamoci – disse loro a mezza voce, facendo strada.
– Alt! Ho detto: ALT! In nome del Governatore! – ripeté minacciosa la guardia, in futile intimidazione.
La Compagnia tentò di svincolarsi da quella situazione sempre più incresciosa, seguendo le direttive di Bard e cercando di seminare la guardia tra le bancarelle e la folla, ma ben presto altri soldati accorsero alla spicciolata, richiamati dalla voce del loro commilitone.
Quando il primo sbarrò la strada a Kat e Thorin, venne immediatamente steso da un colpo ben assestato dell'erede di Durin e Bilbo fece un saltello dalla sorpresa quando quello cadde sulle casse vuote lì accanto. Lo scontro fu rapido ed indolore, almeno per i membri della Compagnia di Thorin Scudodiquercia, i quali misero fuori combattimento i pochi uomini accorsi ad ostacolarli, e il mezz'uomo, per un attimo, credette che sarebbero riusciti a scamparla facilmente, giacché le persone che avevano assistito ripresero incredibilmente a far come se niente fosse accaduto.
Stavano quindi per riprendere il cammino quando, fra la folla, una nuova voce perentoria si fece udire.
– Che succede qui?
Bilbo rimase accucciato dietro ad una cassa coperta di reti da pesca e ben presto ogni altro nano, e persino Kat e Bard, avevano trovato un nascondiglio in una delle vie secondarie del mercato cittadino.
Fra la gente si fece avanti un drappello di uomini in arme, la ronda cittadina, il cui capitano vestiva una gualdrappa bordeaux intorno alle spalle. Dal suo angolino, lo hobbit riuscì a malapena a scorgere qualche dettaglio prima di esser costretto a tornare ad acquattarsi, per non rischiare di venir scoperto. Una serie di passi pesanti si susseguirono sull'assito in legno della banchina, facendosi sempre più vicini, finché non fu lo stesso Bard ad intervenire, facendosi avanti e incrociando la strada ai soldati.
– Oh, buonasera – li salutò con una sorpresa artefatta.
Mentre sviava la loro attenzione, Bilbo si ritrovò a pensare che gli Uomini sembravano esser davvero dei bravi attori, e non nel senso migliore del termine, più bravi di quel che avrebbe immaginato, e questa considerazione gli nacque dal ricordo dello stratagemma messo in atto dal chiattaiolo e da Katla per entrare in città. In seguito a quel pensiero sorto spontaneo non poté evitare di rabbuiarsi un poco di più, mentre una sgradevole sensazione di disagio gli serrava la bocca dello stomaco. E, l'attimo seguente, lo pungolò il senso di colpa per la facilità con cui aveva proiettato tal poco lusinghiera considerazione anche sulla sua giovane amica.
Era ancora preda del proprio dissidio interiore quando giunse il segnale. In men che non si dica i membri della Compagnia di Thorin Scudodiquercia saltarono fuori dai loro anfratti e si avviarono, in fila indiana, dietro a Bard, il quale li condusse attraverso un tortuoso dedalo di vie secondarie fuori dalla zona del mercato.
Stavano passando sotto un portico dalle assi incrostate d'umidità quando un ragazzo dai folti riccioli scuri sbucò a sbarrare il passo dell'Uomo del Lago.
– Pa', – chiamò, trafelato, raggiungendo Bard in pochi istanti e donando appena un'occhiata al suo seguito – la nostra casa è sorvegliata.
E, dall'occhiata che l'Uomo del Lago volse loro, Bilbo capì che i fatti spiacevoli non erano ancora finiti.


Kat aiutò Tilda, la figlia maggiore di Bard, a distribuire coperte e panni asciutti ai suoi compagni, cercando d’ignorarne i borbottii e le lamentele. Non erano usciti dal gabinetto di casa, ma avevano comunque dovuto farsi una nuotata nelle gelide acque del lago per raggiungere l'accesso sul retro e questo li aveva messi di malumore. Quando Dwalin, che eppure era stato il primo ad emergere dietro la piccola imbarcazione ormeggiata lì nei pressi, s'era ritrovato grondante e tutto intirizzito a salire le scale, lei non era proprio riuscita a non dirgli che era stato fortunato a non dover riemergere da ben altro posto, e quando aveva alluso con un cenno del capo al piccolo gabbiotto del gabinetto, il nano dalla testa rasata aveva strabuzzato gli occhi ed era diventato paonazzo di sdegno alla sola idea.
Erano ora tutti in casa di Bard, ammassati appresso al caminetto che Bain aveva acceso da poco, sotto direttiva paterna, e la giovane aveva appena consegnato l'ultima coperta ad un tremante ed imbronciato, quasi avvilito, Bofur, quando scorse Thorin affacciato ad una finestra.
– Una Lancia del Vento nanica – mormorò l’erede di Durin, e pur parlando fra sé e sé, più d'uno dei presenti si volse a guardarne l'espressione sorpresa.
– Par quasi che tu abbia visto un fantasma – osservò, tentando di sdrammatizzare, il povero Bilbo, che pure gli era più vicino di tutti gli altri.
Katla serrò le labbra in una smorfia piatta e tesa, pur non riuscendo a distogliere lo sguardo, mentre Balin rispondeva per il loro intrepido capo.
– È così. L'ultima volta che abbiamo visto una tale arma, una città andava a fuoco. Fu il giorno in cui arrivò il drago. – raccontò, con voce bassa e carica di altrettanta melanconia il nano dalla barba bianca – Il giorno in cui Smaug distrusse Dale, Girion, il signore della città, radunò i suoi arcieri per colpire la Bestia... ma la pelle del drago è dura, più dell'armatura più resistente di questo mondo: solo una Freccia Nera partita dalla Lancia del Vento poteva trafiggerne la pelle, e poche di quelle frecce furono realizzate. La scorta andava già riducendosi, quando Girion tentò l'ultima resistenza.
– Se la mira degli Uomini fosse andata a segno – commentò con un amaro sorriso colmo di rimpianti il figlio di Thrain – molte cose sarebbero andate diversamente.
La ragazza si ritrovò a serrare i pugni lungo i fianchi, colta da sentimenti contrastanti, e distolse lo sguardo per sottrarsi la vista del terzetto. Fu Bard a farsi avanti.
– Parli come se ci fossi stato... 
– Infatti – ribadì Thorin.
Quell'ammissione colse del tutto alla sprovvista Kat, che si ritrovò a sollevar di scatto il capo per tornare a fissare il nano e l'Uomo del Lago, scorgendo l'intensità e la regalità di Thorin scontrarsi con la sorpresa e la confusione di Bard. Quest'ultimo stava per parlare quando fu suo figlio ad infrangere il silenzio fra i quattro.
– Allora saprai che Girion colpì il drago – si fece avanti il ragazzo, che era poco più alto di Kat e dei nani lì riuniti, attirando l'attenzione di chi ancora non stava assistendo al confronto – ..gli allentò una scaglia sotto l'ala destra. Ancora un colpo e avrebbe ucciso la Bestia. 
– Quella è una favola, giovanotto, – Dwalin, da dietro di loro, attirò l'attenzione su di sé – niente di più.
Il silenzio teso che seguì permeò l'aria della stanza, rendendola pesante e densa, e in quell'atmosfera Katla si sentì quasi soffocare. Eppure, fu quando Bard diede voce ad un'unica e sommessa domanda, che la ragazza cedette all'impulso e si voltò di scatto verso la porta.
– Chi siete?
Non attese nemmeno di sentir la replica di qualcuno dei suoi compagni per fuggire da quell'atmosfera, urtando inavvertitamente lo stesso Dwalin con una spalla mentre lo superava, arrivando lesta all'anta ed aprendola di getto. L'attimo seguente già se l'era chiusa alle spalle con un tonfo sordo, incurante dell'impressione che doveva aver suscitato sugli astanti all'interno e delle voci che, per questo, si levarono ovattate dalla casa in legno alle sue spalle.
Quando l'aria fredda della notte la investì, di nuovo in grado di riempire i polmoni e trarne sollievo, Kat s'appoggiò alla balaustra del pianerottolo su cui si affacciavano le scale che scendevano alla banchina. Chiuse gli occhi, godendo della sensazione della brezza sulla propria pelle e cercando di scacciare il magone che le era nato in petto, insieme ad una strana e pungente sensazione di fastidio. Si sentiva... scontenta. Una ben strana emozione, giacché non aveva ancora ben compreso da cosa fosse nata.
Le ci sarebbe voluto qualche minuto in solitudine per meglio comprendere sé stessa ed i propri sentimenti, ma non gliene furono concessi, perché di lì a poco la porta che aveva chiuso con tanta veemenza tornò a ruotare sui cardini e da dietro l'anta fece capolino la testa riccioluta di Bilbo.
– Kat... qualcosa non va? – lo hobbit, riaccostato l'uscio dietro di sé, la interpellò con quel suo modo di fare un po' esitante ed apprensivo e Katla non poté non ammorbidirsi.
– No, Bilbo – negò, scuotendo il capo, prima di voltarsi a guardarlo e mostrargli un debole mezzo sorriso – ..va tutto bene.
– Allora... perché sei qui?
Lei fece spallucce, tornando a osservare i tetti delle case in legno del quartiere. Non vi era più alcuno nei dintorni della casa del chiattaiolo, non a quell'ora tarda, giacché il freddo s'era fatto mordente in quel tardo autunno, su Lago Lungo, e persino le spie del Governatore, troppo poco pagate per attardarsi, si erano ritirate nelle loro più calde dimore.
Kat, di fronte alla quiete della notte, si sciolse in un sospiro.
– Avevo solo bisogno di un po' d'aria – ammise, pacata.
Tale parca spiegazione parve suscitare nello hobbit una altrettanto debole comprensione, che eppure lo indusse ad annuirle, prima di arricciare il naso in una smorfia indecifrabile. Osservandolo, la ragazza si ritrovò a sorridere maggiormente, non stancandosi mai del caleidoscopio di espressioni che il loro prode scassinatore era in grado di sfoggiare in certe situazioni, per lo più inconsapevolmente.
Tornando ad osservare il cielo notturno, sospirò allora ancora una volta, prima che i suoi occhi si soffermassero sullo spicchio di luna crescente che stava sollevandosi in quel momento sopra i tetti degli edifici dall'altro lato del canale. Dinanzi a quello squarcio luminoso nel cielo scuro, la ragazza se ne sentì come risucchiata e s'accorse d'essere rimasta incantata a fissar l'astro notturno soltanto quando la voce del suo amico tornò a richiamare la sua attenzione.
– Se è tutto a posto, io rientrerei in casa – affermò, un poco esitante, e lei lo vide sfregarsi le mani sulle braccia con una certa lena – confesso di sentirmi, ancora, alquanto infreddolito.
Come ritornata alla realtà, Kat spalancò gli occhi chiari sull'intrepito hobbit al suo fianco e, rammentandosi d'improvviso che egli era reduce da un bagno nelle gelide acque del lago, annuì con subitanea convinzione.
– Certo, scusami Bilbo – si affrettò a rispondergli, non desiderando che prendesse un raffreddore o peggio proprio ora che erano così vicini alla fine del viaggio – ..rientriamo pure: devi assolutamente scaldarti a dovere.
E, scostandosi dal parapetto di legno, quasi lo spinse verso l'uscio, la preoccupazione per l'amico che prendeva il sopravvento su qualunque cosa le si fosse agitato nell'animo sino a un istante prima.  Rientrarono e Kat, richiudendosi la porta alle spalle con più delicatezza di poc’anzi, notò subito che i nani ed il padrone di casa erano tutti raccolti intorno al tavolo.
Non fece nemmeno in tempo a capire cosa stesse succedendo che il secco clangore di legno e metallo la fece trasalire, mentre si voltava di scatto, spalancando gli occhi su Thorin. Aveva appena ributtato nel mucchio una delle tozze armi rudimentali che Bard stava offrendo loro.
– Queste non sono le armi per cui ti abbiamo pagato – affermò l'erede di Durin, squadrando dal basso della sua statura l'Uomo del Lago con un cipiglio torvo.
A tale scena, rapido come se n'era andato, il magone tornò a serrar il petto della giovane donna, che si ritrovò a stringere la presa sulla stoffa del mantello elfico che ancora portava sulle spalle, all'altezza dello sterno, mentre l'espressione le si piegava in una smorfia corrucciata.
– Kat?
La voce di Bilbo di nuovo chiamò piano il suo nome, pregna di preoccupazione, ma stavolta ella non la udì perché alle orecchie le giunsero le proteste degli altri nani, che imitarono il loro capo e reagirono con altrettanto sdegno.
– È uno scherzo.. – si lamentò Bofur.
Vere armi forgiate in acciaio, ecco ciò che vogliamo.. – si accodò Gloin, suscitando l'assenso di molti.
Ed in Katla qualcosa si ruppe. Un argine, di cui ella stessa aveva ignorato l'esistenza sino a quel momento, cedette sotto l'impeto di uno sdegno crescente e lei avvampò d'imbarazzo e rabbia, e strinse talmente tanto i pugni lungo i fianchi da trarne fitte di dolore. Così si ritrovò a fare un passo avanti, e poi un altro, raggiungendo il centro della modesta sala e facendosi largo a forza fra i nani, scostando di netto un distratto Ori e suscitando un paio di versi di sorpresa.
– Adesso parlerò io e farete bene a starmi a sentire tutti, perché questo è il mondo degli Uomini e non dei Nani – esclamò, ergendosi impettita e rivolgendo un'occhiata penetrante ad ogni volto barbuto raccolto intorno a quel tavolo.
La sua voce risuonò cupa e ferma nel silenzio, vibrante di una rabbia che ella percepiva ribollirle nelle viscere, e la sorpresa che suscitò il suo intervento contribuì a zittire ogni anima raccolta sotto il tetto dell'erede di Girion. Bard stesso, dal suo posto all'altro lato della tavolata, s'immobilizzò, squadrandola con un certo interesse, ma Kat, inevitabilmente, finì per fissarsi in ultimo su Thorin e, mirandone gli occhi di diamante, dovette dominare le emozioni che quello sguardo riusciva a risvegliarle nell'animo persino in quel momento, per riprendere da dove s'era interrotta.
– Bard ci ha fatti entrare in città, ci ha aiutati a scampare alla guardia cittadina e ci ha accolti in casa sua. I suoi figli ci hanno dato di ché scaldarci fra coperte, vestiti asciutti e finanche una bevanda calda. Certo – esordì, e il suo tono si velò di scherno, così come le labbra le si piegarono di un mezzo sorriso tirato mentre proseguiva, indicando il padrone di casa – l'abbiamo pagato per questo, ma non era tenuto ad arrivare a tanto solo per mantenere la sua parola. E, come se non bastasse, ci ha offerto quelle che sono le poche armi di cui può sperare di disporre la gente di qui... armi ricavate da utensili comuni, il cui scopo doveva esser ben altro che questo, eppure ciò non vi basta ancora! No, a voi non interessano di certo i problemi di queste persone, neanche vi siete chiesti come mai siano queste le uniche armi che la gente di questa città può sperare di utilizzare nel momento del bisogno! – e più parlava, più il fuoco che aveva dentro si ingigantiva e gli occhi le si colmarono di lacrime di nervosismo mentre gesticolava, ma quel suo sguardo continuò a sondare i membri della Compagnia inchiodandoli al pavimento lì dov'erano – Non credevo avrei mai assistito a tanta ingratitudine e così poca educazione da parte vostra... vi credevo migliori di così. 
Ed era vero, in quel momento Katla era pervasa da un'ondata talmente intensa d’amarezza e delusione da farle dolere il centro del petto, dilaniandola dall'interno. Sapeva ciò che dovevano provare i suoi compagni ma ancor più si sentiva coinvolta dagli affanni e dalle difficoltà dei discendenti di Girion. Non sapeva il motivo di tanta empatia nei loro confronti e neanche ebbe il tempo di chiederselo, non in quel momento, giacché, spinta dall'impulso del momento, girò sui tacchi, cedendo all'intimo desiderio di sottrarsi a tutti quegli sguardi fissi su di sé.
– Dove pensi di andare? – le giunse dalla familire e brusca voce di Thorin.
– Fuori di qui! – sbottò senza voltarsi, raggiungendo in poche rapide falcate la porta.
Neanche finì di udire la secca protesta dell'erede di Durin in merito che uscì, e mai come in quella circostanza impersonò tanto bene il nome che sin dall'inizio di quell'avventura le avevano affibbiato i nani della Compagnia. La Piccola Furia scese le scale di legno cigolante quasi di corsa, respirando forte nell'aria fredda della notte, il suo fiato che si faceva condensa appena lasciate le sue labbra schiuse. Si allontanò a grandi passi sulla banchina che era la via adiacente alla casupola di Bard, senza mai guardarsi indietro.


continua...




~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
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