Immancabile, il suo viso si volge e ne getta uno sguardo languido su quello di lui, fino a quando non si incontrano.
Le sue mani sono piccole, superflue mentre ne percorre la lunghezza fino ad arrivare alla base, smaniosa.
«Che ne dici amor mio di continuare fino a quando i cristalli incandescenti non compariranno?» sussurra suadente tradendo il suo desio.
Le sue pupille sono come perse in un mondo che non esiste, dove lei straziata non può farne parte.
Lo scongiura, lo supplica quasi di darle quel liquido color rubino e di riempire il calice costellato dalle sue labbra che sono anonime, come lo sono sempre state.
Persa in un vortice atroce, gli accarezza i capelli color dell’ebano e ogni mille baci si pente di averlo indotto a quella condizione.
Se solo avesse il coraggio, potrebbe liberarlo da quelle innumerevoli e stregate catene che lo stanno costringendo, ma lei ha paura e ne avverte uno strano presentimento che la mette in guardia.
«Bevine ancora, un bicchiere o due tesoro mio» lo implora, porgendogli l’elisir della falsa ed insulsa perdizione; lui assapora ogni goccia e la stringe opprimente con libidine sempre più crescente.
Senza alcun tetto sopra la testa, vive di lui e di ogni suoi sospiro.
Nemmeno gli zeffiri freddi di quella notte, che stanno sferzando il suo corpo nudo abbandonato a quello di Tom riescono a lenire la profonda ferita che ogni giorno si amplia, incommensurabile.
Merope pensa a come dirglielo, che dentro il suo concavo grembo sta crescendo una vita.
Bacia le sue labbra, assapora i lembi della sua pelle.
Famelica.
 
 
 
Note.
Questa storia partecipa al contest  indetto da fefe sul forum di EFP, spero che sia di vostro gradimento. Un abbraccio.