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Autore: theastwind    05/12/2020    1 recensioni
E' una storia d'amore e d'avventura tra Nami e... il Rosso.
Ambientata nel lasso temporale collocato prima che la ciurma entri nel Grande Blu.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Shanks il rosso
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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50 – L’alba

 

“Ma porca…” – fu la prima frase che riuscì ad articolare quando si svegliò prestissimo e poco prima dell’alba nel suo letto. Ricordava le luci e la musica della sera precedente, tutti i preparativi per sconvolgere il suo Rosso, la dolce voce di lui comparsa all’improvviso alle spalle, il suo profumo e il suo respiro sulla pelle e soprattutto le sue parole, quel bellissimo pirata che, per la prima volta, le aveva fatto dei complimenti… Aveva detto:

“Mi piace il tuo vestito… mi piace il tuo profumo e voglio ballare con te… - comunque non prima di aver precisato - mi sa che sono parecchio ubriaco!”

“E io che faccio? SVENGO!” – s’incazzò con se stessa per aver mandato all’aria quella che poteva essere la notte migliore della sua vita.

“Nooooo…” – si disperava in preda ai languori per via di quei dolci ricordi mentre torturava il cuscino e voleva battere la testa da qualche parte.

Si era sentita male per tutta la giornata precedente: mal di pancia, di seno gonfio e pesante, di gambe, di testa e un continuo stato di debolezza che, insieme alle manovre di attracco del suo Rosso, l’avevano fatta svenire; poi, quando lui l’aveva ricoperta di dolci baci e stretta a se, lei, già eccitatissima, era venuta, perdendo i sensi.

“E’ vero… - sospirava delusa e amareggiata – sono proprio una mocciosa: mi eccito già solo se mi parla nell’orecchio… proprio non riesco a resistere!” – e si alzò per scendere nell’immenso cortile,  prendere un po’ d’aria fresca e vedere l’alba.

“Chissà se mi ha riportata lui… – pensò, guardandosi e trovandosi ancora vestita come la sera precedente. Poi sbuffò - Che idiota che sono - si disse disperata pensando di aver sprecato la sola occasione che lui le aveva concesso da quando lo conosceva – adesso chissà se mi capiterà di nuovo!”

 

“E’ proprio un bel posto! – guardava dal bordo del promontorio, che dava sul mare, il cielo che si tingeva dei colori dell’alba e i primissimi raggi del sole che sfioravano l’acqua – Shanks deve essersi divertito una cifra…” – ripensava alle parole di Helena che raccontava di lui e Pilot che correvano come pazzi esattamente dove ora lei stava ammirando il panorama.

Ma guardare giù verso il mare e la spiaggia le dava le vertigini e dovette tirarsi indietro e sedersi mentre si godeva, nel fresco della mattina, quel sole nascente che la salutava, sfiorandola coi suoi raggi pallidi eppure bellissimi.

Era scalza, seduta ai piedi di un grosso albero con la schiena nuda appoggiata alla corteccia e giocherellava con i raggi obliqui del sole, facendoli passare fra le dita dei piedi, pensando a lui e al fatto che da quando lo conosceva niente era più come prima.

Tutto le sembrava più bello, più dolce e aveva sempre una musica costante in testa… Anche la tavoletta di cioccolata al latte che stava addentando per placare, o almeno smorzare, quel bisogno di lui e i suoi ormoni sempre in subbuglio, sembrava la migliore cioccolata che avesse mai assaggiato.

E comunque era sicuramente meno dolce delle sue labbra…

 

“Così oltre che brutta, tappa e grassa, diventi pure brufolosa…” – la salutò la voce più dolce del mondo facendola trasalire e strozzare con un quadratino di cioccolata.

Si girò e riconobbe il suo Rosso che reggeva per i manici due grossi boccali e una borsa: sorrideva divertito mentre pensava seriamente di prenderla a morsi a cominciare dal collo per finire con la cioccolata.

“Lo vedi che sei tu che mi fornisci continuo materiale per prenderti per il culo? – continuò, sedendosi accanto a lei emozionato – Sei solo una mocciosa che mangia la cioccolata di nascosto e poi s’incazza se le dico che è grassa…”

Lei si riprese:

“La tua è solo invidia… perché ti sei perso vent’anni di dolci e perché non te ne darò neanche un pezzetto…” – e, con i tamburi nel cuore, tornò a mordere la tavoletta per non addentare lui.

“E’ vero…” 

“Ed è subito sakè…” – fece abbastanza preoccupata per la sua salute visto che salutava il nuovo giorno con un notevole quantitativo di alcol, accennando ai due boccali. Lui la guardò di traverso e gliene consegnò uno con un liquido denso e dal forte odore.

“E’ latte appena munto… è ancora caldo: l’ho preso dalla stalla poco fa… mi dispiace non portarlo sulla nave, ma non si conserva… – e aggiunse – bevilo, ti fa bene e magari la smetti di svenire…” – concluse ridendo.

Lei arrossì e chinò la testa sentendosi una caccola…

“Mi hai riportata tu?”

“Mhmm…” – disse lui nel boccale per assentire, trangugiando tutto felice quella montagna di latte.

“Mi dispiace, Shanks…” – mormorò in preda ai sensi di colpa, pensando di avergli rovinato la serata, costringendolo a tornare alla fattoria prima del tempo.

Lo guardò dispiaciuta ma poi scoppiò a ridere nel vedere un grosso baffo di panna sotto il naso che lui si leccò attraverso, eccitandola  di prima mattina.

“Che ti ridi? Che succeda a me è normale… vedrai che risate mi faccio quando lo bevi tu e ti si ferma sui baffetti che non dovresti avere…”

“IO NON HO I BAFFI!!” 

“E allora bevi e vediamo…”

Bevve e lui scoppiò a ridere.

“Guarda lì… - disse ridendo – passi tranquillamente per uno dei miei uomini: hai dei mustacchi degni di un messicano…”

“Che idiota che sei… - fece lei sprezzante – devi sempre dire cazzate… la panna sulle labbra si ferma a tutti… Mi volevo far perdonare dandoti metà della tavoletta e ora non lo faccio più…” – e ritornò a morderla. 

“E io mi mangio la ciambella che ha fatto apposta per me Helena ieri sera” – disse come un bimbo dispettoso, facendola diventare verde di gelosia.

“Ti andrà di traverso…” – sibilò mentre lui rideva, apriva la borsa che portava pezzi di ciambella e ne addentava uno.

Ne prese un altro e lo consegnò a lei.

“Mangia! E bevi tutto il latte… – la guardò dolcemente – in questi giorni ti devi alimentare bene visto che perdi strani liquidi…” - e scoppiò a ridere mentre lei arrossiva per l’imbarazzo e non lo guardava.

“Quella stronza… perché non si fa i cazzi suoi?!” - non riuscì a trattenersi dal dirlo ad alta voce mentre Shanks si divertiva troppo e se la mangiava con gli occhi.

“Quella stronza, come la chiami tu, non mi ha detto niente – lea rimproverò dolcemente – l’ho capito da solo. Ieri sera mi sono avvicinato a te e sei svenuta… Allora ho pensato che due erano le cose: - e numerò con le dita – una, ti piaccio da svenire – disse mentre lei tremava e diventava di tutti i colori, trasaliva e sudava – due, perdi liquidi… Tu che dici?” – le chiese ridendo, guardandola negli occhi, innamorato cotto.

E lei rispose agitata, spingendolo:

“C’è sempre la terza soluzione: che puzzavi talmente tanto da farmi perdere i sensi!! Cretino!” – sentendosi stupida, innamorata e completamente in balia di quel pirata che si stava divertendo da morire alle sue spalle.

E lui rideva, rideva quasi fino a soffocare: avrebbe dato qualunque cosa per prenderla lì davanti al sole nascente, al mare, a quell’albero…e  adesso aveva davvero voglia di cioccolata…

“Mi era venuta in mente anche quell’ipotesi - replicò per cambiare discorso e toglierla dall’enorme imbarazzo in cui si trovava, mentre si mordeva le labbra per sfogare il bisogno di mordicchiare quelle guance rosse che gli stavano davanti – ma ieri mi sono fatto un signor bagno, in una vera vasca…” – sospirò tutto contento.

“Lo so…” - lo spiazzò lei.

Lui si sentì fremere: non gli piaceva essere osservato a sua insaputa soprattutto dopo la storia del braccio e soprattutto da lei…

“Cos’è ti metti anche a spiare adesso?” – chiese un po’ caustico.

“Sai che voglia!” – fece lei di rimando senza accorgersi del suo turbamento.

“Ma sei proprio arrapata…” 

“Ma vaffanculo! Sei proprio un montato… - s’incazzò lei, dandogli una nuova spinta – Te la credi tantissimo… Io stavo per andare in bagno e ho sentito dei rumori… la porta era aperta e ho visto che c’eri tu e… Giada che ti manipolava i capelli tutta contenta… - e rise, presa di tenerezza per la piccola – è pazza dei tuoi capelli, è parrucchiera dentro… Aveva le stelline negli occhi…”

“Mi ha incastrato! – ammise lui – Mi sono addormentato nella vasca: mi ha svegliato per chiedermi se mi poteva lavare i capelli – e rise – Se le avessi detto di no, sarebbe scoppiata a piangere… ci teneva proprio! E per mezz’ora mi ha mostrato tutte le cremine che voleva usare e mi ha spiegato a cosa servivano: una per lisciare – raccontò, rifacendo la voce della piccola – una per lavare, una per farli lucidi, eccetera! Ne aveva una montagna… avevo voglia di piangere e chiedere aiuto…” - Poi s’inalberò: 

“E tu hai visto il tuo capitano prigioniero di un’apprendista parrucchiera e non sei corsa a liberarlo? Ma che ti tengo a fare? Da oggi fai il mozzo tanto il navigatore sono io… e pulisci anche i cessi!”

“Ma non esiste… - rispose lei, ridendo – non posso essere degradata da te, ma solo da Rufy! E’ lui il mio capitano…”

“Adesso sei sulla mia nave e fai quello che dico io…”

“Sì? Avanti, ordinami qualcosa!!” – lo sfidò, guardandolo negli occhi eccitatissima, mettendogli la tachicardia.

“Comincia col darmi la cioccolata…”

“No.” 

“Disobbedisci al tuo capitano? – le domandò con il sussurro roco di chi à già al limite dell’eccitazione sopportabile. Cominciò ad avvicinarsi lentamente a lei – Non ti conviene sfidarmi, ragazzina: sono abituato ad avere tutto quello che voglio e ho i miei metodi di persuasione… Dammi la cioccolata!”  

Ma lei non si allontanava e, sempre più eccitata, non sentiva più il cuore che aveva smesso da un po’ di fare il suo indispensabile dovere.

“No.” – ripeté, tremando.

Lui la guardò con quell’espressione da maniaco dei sette mari e lei si bagnò seduta stante, faticava a respirare perché era vicinissimo, ne sentiva il respiro e le sue dita le bloccavano il mento…

“Forse è il caso di ricordarti che sono un pirata – disse ridacchiando sulla bocca di lei, sfiorandole il naso col suo – …prendo tutto quello che voglio e non sono abituato a sentirmi dire di no…” – socchiuse e avvicinò la bocca per baciarla.

Lei stava per morire: i loro nasi si toccavano, i suoi capelli le invadevano la fronte, sentiva il calore del suo respiro sulla bocca, la sua mano che le bloccava il mento e non riusciva a capire se le labbra di lui la stavano già sfiorando oppure no… chiuse gli occhi e socchiuse le labbra aspettando quel momento meraviglioso e cercando di dominare i sussulti e la tremarella mentre Shanks giocava con la sua bocca e la teneva in scacco…

Poi, di colpo, sentì una sferzata di aria fresca e i capelli di lui sul viso: aprì gli occhi e constatò che invece di baciarla, quel deficiente di fama mondiale aveva dato un morso alla tavoletta di cioccolata che lei, in preda alla passione, aveva completamente dimenticato, sollevata a mezz’aria.

La tavoletta le sfuggì di mano per restare appesa alla bocca di Shanks, rosso in volto che rideva di lei, rischiando di soffocare.

“Te l’ho detto che prendo tutto quello che voglio!” – e rideva emozionatissimo nel vedere la sua faccia delusa che lo guardava malissimo e sulla fronte aveva scritto: “TI ODIO!”

Lei non sapeva proprio che fare.

“Mi prende sempre in giro… - pensava addolorata mentre lo guardava che rideva fino a stare male e si mangiava la cioccolata – mi frega sempre… e io mi lascio sempre fregare…” – era amareggiata e si vergognava da morire, rossa di dolore per essere così vulnerabile con lui.

“E’ vero… sei solo UN PIRATA!” – urlò incazzata e ferita, rovesciandogli addosso la borsa piena di pezzi di ciambella che lui si era portato dietro. – IDIOTA!” - si alzò per andare via perché quella risata beffarda era davvero insopportabile. 

Ma lui la trattenne per il polso, guardandola dolcemente: restarono così per un po’ di tempo durante il quale Shanks si domandò che cosa avrebbe dovuto fare. Ci era andato troppo vicino, stava per baciarla per davvero e allora tutti i suoi sforzi di tenerla lontana per rendere meno doloroso il distacco inevitabile, sarebbero andati in fumo e si sarebbero ridotti come due larve dipendenti l’uno dalle labbra dell’altra: non poteva permetterlo!

Ma l’amava troppo per lasciarla andare così delusa da lui.

“Lasciami andare idiota… - ringhiò - così ti vado a chiamare la tua amica tettona e vi divertite un po’ come ai vecchi tempi…” – misurava la voce per non farsela tremare.

“Ci mancava la scenata di gelosia ... “- rispose lui sprezzante per celare tutta l’emozione che aveva dentro. 

Quella battuta la folgorò e perse il lume della ragione: gli menò uno schiaffo che riecheggiò per tutto il promontorio, increspò l’acqua del mare e gli fece andare la guancia in ebollizione.

Lo prese per il bavero e lo guardò malissimo:

“Ehi… stupido pirata… - gli sibilò – ricordati che a differenza tua io ho due mani e le so usare! Stai attento, perché quando perdo strani liquidi non sono tanto dolce di sangue…”  

Ma lui non la lasciava e la guardava fissa: 

“Non sono così mocciosa da farmi prendere in giro da te, idiota! – e ringhiò in preda alla rabbia, scuotendolo – Non ho tempo da perdere per giocare con te… Adesso, però, ti vado a chiamare una che ne ha da buttare e cazzeggiate un po'...”  

E aggiunse disprezzandolo al massimo, trattenendo a stento le lacrime con tanto dolore in fondo all’anima:  

“E stai tranquillo per la ciambella: se le fai un bel servizietto, te la rifà!” 

“E’ così che la voglio… – pensava lui immobile e in preda alle fiamme – dura, spietata: è la regina dei pirati… voglio sposarla ora!” 

Quello schiaffo l’aveva sconvolto. Nessuna donna l’aveva mai picchiato e del resto lui non ne aveva mai dato motivo, era sempre stato molto dolce con tutte, ma Nami lo aveva fatto innamorare, l’aveva stregato. Non aveva mai conosciuto una donna così... ora era completamente cotto: se lei l’avesse schiaffeggiato un’altra volta, l’avrebbe stesa sull’erba con la forza, scopandola per una settimana intera.

“E se lo faccio a te il servizietto? – le chiese diabolico e arrapatissimo, riprendendosi da quel delirio e cercando la scusa per violentarla – me la rifai tu?”  

Lei lo guardò dall’alto in basso con disprezzo, domando il batticuore che quella proposta inaspettata le aveva creato nel petto.

“Non ho bisogno di servizietti… – sorrise disinvolta, ma con gli occhi lucidi: quell’idiota non voleva proprio capire… – Considerata la tua età, quando tu sei sfinito io ancora non sento niente! Perché sprecare tante energie con me? Hai già la tua splendida mora che ti coccola… - e tornò a ringhiare, scuotendolo e ricordando quel maledetto bacio – Non dovrai faticare granché per soddisfarla visto che per un misero bacio ti ha subito sfornato qualcosa…”

Lui se la mangiava con gli occhi, non poteva amarla di più… gli stava esplodendo il cuore:

“Ah… è il bacio il problema… - ghignò - proprio non lo mandi giù, eh?” – infierì stronzo come mai, cercandosi un altro schiaffo per poterla assaltare…

Lei si morse un labbro per non urlare poi lo inchiodò alla corteccia dell’albero guardandolo malissimo e inspirò per mantenere la calma; lui stava impazzendo dalla voglia di farsela e la guardava come un’isola dopo 12 mesi di navigazione continuata.

E riprese, inspirando profondamente.

“No, non è quello il problema… – e aggiunse con la voce che tremava – ma se quello era un bacio, allora dai un nome a questo…”

E lo baciò: si avvicinò di più e premette semplicemente le labbra su quelle di lui che si sentì cedere i vasi sanguigni e schizzare via il cervello.

Erano emozionatissimi e tutti presi da quel contatto caldo, morbido e vivo, troppo a lungo desiderato: labbra contro labbra, credevano di sognare, ma i loro respiri agitati sulla pelle erano reali come erano reali le lacrime che Nami non riuscì a trattenere e che caddero sul viso di lui. Con gli occhi sbarrati dallo stupore e dalla forte emozione, Shanks ancora non riusciva a crederci che lei lo stesse baciando e si sentì scoppiare di gioia.

“Quanto sei stupido… - pensava mentre lo baciava e piangeva – idiota… io ti voglio bene…”

Shanks non aveva più niente di sano in corpo: sentiva tutto il dolore di lei, tutto il suo amore, la sentiva sussultare per i singhiozzi mentre le sue mani stringevano convulsamente il bavero della camicia… seppure estremamente casto, quel bacio era pieno dell’amore di Nami che continuava a bagnarlo con le lacrime. Lui socchiuse le labbra per ricambiare quella meraviglia, le lasciò il polso e le accarezzò la guancia, asciugandole le lacrime. Ma Nami era preda dei singhiozzi oramai e si dovette staccare: lui, con il cuore in frantumi, guardò la cosa più bella del mondo che aveva le labbra rosse e irritate per la barba di lui, umide per via delle lacrime che uscivano dai suoi occhi chiusi e tirava su col naso cercando, invano, di controllarsi.

“Sei uno stronzo… – gli disse senza riuscire a smettere di piangere – non capisci niente o fai finta di non capire… ti odio…”  

La guardò intensamente col cuore grosso e le asciugò le lacrime con le dita, ma lei scansò la sua mano e si alzò per andare via.

“No…” – fu l’unica cosa che Shanks riuscì a dire nel vederla andare via così… aveva il cuore a pezzi, non poteva lasciarla andare.

Sotto un sole oramai padrone del cielo e un caldo che cresceva sempre più, Shanks la rincorse, la raggiunse e la bloccò prendendola alla vita e con impeto l’abbracciò, stringendola forte a se e rischiando di farla morire:

“Mi dispiace… scusami per tutto… perdonami se in questi giorni mi comporto peggio del solito… - le sussurrò, sfiorandole la guancia con la bocca mentre lei cominciava ad impazzire - Non ti arrabbiare… lo sai che i pirati non sono tanto normali…"

La strinse a lungo, ma lei non accennava a volergli parlare e continuava a piangere; lui la lasciò, le si mise davanti e tornò ad asciugarle le lacrime.

"Dai piccola…ti prego! Non vale la pena sprecare tante lacrime per un pirata idiota, smettila di piangere - non sopportava di vederla piangere e ingoiava con difficoltà visto che nella gola aveva il cuore – finiscila… Sei o no una pirata? E poi se continui, rischio di frignare anch’io: - e le prese il mento per fissarla negli occhi – quello che fa male a te fa male anche a me… perché… tu… tu sei la mia mocciosa, giusto?” – e le sorrise con gli occhi lucidi.

A quelle parole anche a lei esplose il cuore e riuscì solo a guardarlo con la bocca piegata all’ingiù come i bambini. E lui riprese distrutto:

"Io… stavo solo scherzando… lo sai che l’ultima cosa che voglio è ferirti… - disse rosso in volto, tutto emozionato – è solo che… sei così carina quando ti arrabbi… - le confessò, spostandole delicatamente i capelli dal viso - mi piace sfotterti, te la prendi sempre e poi anche tu lo fai… È così da quando ci conosciamo.” 

E aggiunse con il cuore sulle labbra:

“Dammi un altro schiaffo, ma non tenermi il muso…”

“Te lo meriteresti…” – mormorò lei con un filo di voce.

“Lo so… – ammise, tornando a stringerla, immergendo il viso nei suoi capelli, respirando il suo profumo e godendosi il suo corpo caldo e morbido – però… adesso… ti prego… stai con me, stringimi forte, abbracciami come sai fare tu e non te ne andare… – la implorò, stringendola di più mentre lei si sentiva di nuovo morire. 

Nami alzò le braccia e gli cinse il collo passando le mani nei meravigliosi capelli del suo Rosso e lo abbracciò forte mentre lui con la mano aperta sulla sua schiena nuda la stringeva forte a se; restarono per un bel pezzo in quella posizione e lei, avvinghiata a lui che la stringeva appassionatamente, credette davvero di essere in Paradiso e si sentì felicissima e perduta nel corpo di quell’uomo impossibile da capire e così facile da amare.

“Ma perché è così strano? – si domandava disperata e felice, godendosi quel meraviglioso momento. – Che vuole da me?”

Poi lui si distaccò con l’affanno e le chiese.

“Mi perdoni?”

“Davvero sono carina quando mi arrabbio?”

“Beh… carina… che parola grossa! – rise lui innamorato – Quando ti arrabbi, ti si fanno le guance rosse e perdi quel colorito cinereo che preoccupa un po’, smaltisci qualche etto e, nel complesso, sei più guardabile!”

“Vuoi partecipare alla sagra degli schiaffi?” – chiese lei ridendo mentre lui le asciugava le ultime lacrime.

“No no… Voglio solo che mi perdoni…”

Lei gli sorrise e gli fece “sì” con la testa, riportando il sole nella giornata di lui che sentì una grande carezza calda sul cuore.

Le prese la mano, le baciò il palmo tutto contento e le disse:

“Mi piace il tuo profumo… mi piace il tuo vestito e… voglio finire di fare colazione con te. – se la trascinò fino all’albero. – Vieni… prima che le formiche si portino tutto via…”

Come in quel pomeriggio stupendo, la fece sedere fra le sue gambe, appoggiare al suo petto, le porse il bicchiere di latte e le disse, ridendo emozionato:

“E’ vero… sono un pirata… con la mania dell’agricoltura: questo l’ho munto apposta per te stamattina…” - le accarezzò a lungo il viso mentre lei si sentiva il cuore fra le nuvole.

“Davvero?”

“Ma certo, piccola… sei tu la mocciosa del Vento dell’Est! Per favore bevilo - e le sorrise - così se, per ipotesi assurda e ubriaco fradicio, ti invito a ballare, tu non svieni di nuovo costringendomi a fare l’uncinetto con le vecchine…”

Finirono di fare colazione restando abbracciati e dividendo tutto: ciambella, latte e cioccolata; chiacchiere, risate, coccole e prese in giro.

E fu la colazione più dolce della vita di entrambi.

 

Helena e Shanks si salutarono con un lungo abbraccio sul molo del porto dopo che la bella mora, con le lacrime agli occhi per l’ennesima partenza di quell’amico impossibile da tenere fermo, gli aveva riempito la nave di ogni ben di Dio e anche di latte, purtroppo non molto per via della difficoltà di conservazione, per quella mocciosa che gli aveva rubato il cuore.

Nami li guardava non più gelosa e anzi piuttosto contenta: quella sosta al villaggio di Neshua le era stata propizia e Shanks era stato dolcissimo con lei. E poi era felice e orgogliosa di quel suo Rosso capace di portare solo gioia e risate a spasso per i sette mari e che aveva tantissimi amici…

Le vele erano issate e l’ancora levata….

Sul ponte del Vento dell’Est, il capitano, sbracciandosi, urlò alla sua amica che lo salutava dal porto:   

“Quando torno, voglio conoscere tuo marito!!”

   
 
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