Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! 5D's
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Autore: Jigokuko    06/12/2020    1 recensioni
Storia ambientata trent'anni dopo la fine dell'anime, che vede come protagonisti gli eredi dei precedenti predestinati.
-
Un drago, una duellante misteriosa ed una canzone che stordisce chiunque l'ascolti.
Cosa sta succedendo a Nuova Domino? Toccherà a quattro ragazzi ed un pappagallo venire a capo del mistero e scoprire se Stelle Cadenti può essere considerata un'alleata od un temibile nemico.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki/Akiza, Altri, Nuovo personaggio, Yusei Fudo
Note: Kidfic | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Livello 16

Azzurro luminoso

 

-... Dalla Struttura.-
Tutti i presenti rimasero interdetti a quell'affermazione, cosa c'entrava Artemis con il carcere di Nuova Domino?
-Non capisco... perchè mi hai fatta tornare qui? Chi è Ushio?-
-Ushio è un poliziotto, Artemis.-
-Eh, e quindi? Ho fatto qualcosa di illegale? Vuole arrestarmi?!-
-No, che dici! Nessuno sarà arrestato, sono stato chiamato per via di qualcuno che è già in carcere.-
Alla ragazza non veniva in mente nulla, non conosceva nessuno che fosse in galera... o almeno, in quel momento.
-A proposito di tuo padre, quello biologico.-
-In che senso? Cosa c'entra ancora?- la voce di Yuichi, adirata, si fece sentire.
-C'è un uomo, rinchiuso là dentro, che dice di essere lui.-
-Ma non è possibile, l'ho riempito di botte con le mie stesse mani!- il corvino si alzò in piedi, camminando fino a trovarsi dinanzi a Crow. -...E l'ho letteralmente reso un vegetale.-
-Lo sappiamo tutti, Yuichi, eppure sono queste le informazioni che mi sono arrivate.-
Artemis, a sentirli, non aveva detto più nulla, presa dalla confusione, così forte da provocarle un giramento di testa... improvvisamente perse i sensi, ma Ryoko l'afferrò in tempo prima che si accasciasse sul pavimento.
-Hey, Artemis...!- la chiamò, ma lei sembrava morta. Decise, assieme alla madre, di portarla nel suo letto, in modo da lasciarla riposare, per poi tornare al piano di sotto.
-Quindi... a quanto pare quel pazzo psicopatico è riuscito non si sa come a rinsavire dopo che mio fratello gli ha fritto il cervello e poi è stato arrestato? È ridicolo...!- affermò, a braccia incrociate.
-In soldoni sembra così, ma credo ci sia molto di più sotto; Ushio non mi ha spiegato tutti i dettagli perché voleva farlo di persona e con Artemis presente, dato che si tratta di suo padre.- L'uomo aveva gli occhi grigi fissi sulle sue stesse mani, a loro volta chiuse a pugno e poggiate sulle gambe. -Non voglio vedere la mia bambina soffrire ulteriormente, ne ha già passate tante... speravo fosse finalmente finita, e invece quel bastardo si ripresenta ancora. Cos'è, immortale?- disse, quasi sull'orlo del pianto. Crow si era dimostrato sempre una persona forte, eppure quando si trattava dei mocciosi veniva fuori il suo lato estremamente umano e sensibile. Non poteva permettere che sua figlia venisse nuovamente invischiata con quel criminale.
Una mano gli si poggiò sulla spalla e alzò la testa, incontrando lo sguardo di Yusei.
-Crow, non devi preoccuparti tanto. È rinchiuso nella Struttura adesso, no? Non può farle del male, nemmeno se volesse.- il sorriso dell'amico lo rassicurò un minimo, facendolo sospirare.
-Hai ragione, ma continuo a temere per lei. Spero lo tengano chiuso lá dentro fino alla fine dei suoi giorni.- strinse uno dei pugni, carico di rabbia.
In quel momento, tornò Aki dal piano di sopra e Crow scattò in piedi.
-Come sta?-
-Benissimo, ora sta dormendo profondamente, meglio lasciarla stare, per adesso.- rispose la donna, sfoggiando un sorriso rassicurante.
-Grazie al cielo...- si accasciò nuovamente sulla sedia, massaggiandosi la fronte sudata. -Quando si riprenderà, dovrò parlarle meglio di questa storia e chiederle se vuole saperne di più. Sinceramente, non voglio obbligarla.-

Aprì gli occhi a causa di un fascio di luce che le stava colpendo il viso. Quando si era addormentata? Quanto tempo era passato? Non stava capendo nulla...
Ci mise qualche secondo a rendersi più conto della situazione: si trovava nel letto di Ryoko, avvolta dalle lenzuola, ma nessuno era nella stanza con lei. Dal piano di sotto sentiva un vociare, ma era difficile comprendere ciò che stavano dicendo.
All'improvviso, ricordò il motivo per il quale quella mattina non era andata a scuola, ovvero la chiamata di Crow e la notizia sul suo vero padre, apparentemente rinchiuso in carcere.
-Mi rifiuto di crederci...- mormorò tra sé e sé, mentre scendeva le scale per tornare al piano terra.
Nel momento in cui sbucò la sua figura, vide suo padre adottivo correrle incontro ed afferrarle le mani, preoccupatissimo per il suo stato.
-Come stai? Ti sei ripresa? Vuoi riposarti ancora?- iniziò a tempestarla di domande, facendole solo venire il mal di testa.
-Scusami, hai ragione, devo lasciarti in pace... ma vedi, ero in pensiero per te, sei svenuta all'improvviso!- Artemis si sforzò di fare un sorriso per tentare di rassicurarlo.
-Mi è solo girata la testa, non è nulla...!-
-In ogni caso è meglio se ti siedi, vieni.- non mollando la presa alla sua mano, le lasciò il posto sulla sua sedia, mettendosi poi in ginocchio davanti a lei per vederla meglio in viso.
-Artemis... devo farti una domanda importante.- la guardò in quegli occhi scurissimi ed indagatori, non distogliendo mai lo sguardo da essi. -Sei disposta a venire con me alla Struttura e ad incontrare quell'uomo?-
La ragazza inspirò profondamente, chinandosi un poco in avanti e venendo meno al contatto visivo. Era confusa, estremamente confusa. Non riusciva a capire perchè i demoni del suo passato continuassero a tormentarla in tal modo, cos'aveva fatto di male per meritarselo? Perchè non poteva vivere il presente in modo tranquillo?
-Se hai paura, possiamo sempre non andare.- disse Crow, distogliendola dai suoi pensieri.
-Io... voglio venire, voglio vederlo nuovamente. E mettere la parola fine a tutta questa storia assurda.- il padre sorrise, appoggiandole una mano sulla spalla.
-Allora domani andremo a fargli visita.-
-Posso... venire?- subentrò Yuichi, avvicinandoglisi. -Voglio rivederlo.-
-Anche io, devo dirgliene quattro!- quella, invece, era la voce di Ryoko.
Crow guardò la figlia, lasciandole intendere che avrebbe dovuto decidere lei se portarli all'appuntamento oppure no.
-Certo... avrò bisogno di voi.- finalmente, sul suo visetto ricomparve un sorrisino, uno vero.

Quella notte le fu parecchio difficile dormire, assalita da mille preoccupazioni. La verità? Non voleva affatto rivedere quell'uomo che voleva ucciderla, quell'uomo che avrebbe dovuto chiamare "papà" al posto di Crow.
Non sapeva perché aveva deciso di accettare, forse per non dimostrarsi debole in fronte a tutte quelle persone... ma lei era fin troppo fragile, nel suo profondo, sotto quel perenne sorriso e l'allegria che l'avevano sempre caratterizzata.
Si trovò a piangere sommessamente, cercando di soffocare i singhiozzi contro il cuscino, non accorgendosi nemmeno di quanto tempo fosse passato. Ore? Giorni? Anni?
Il sole sorse ed il suo aspetto allo specchio non era dei migliori, il solo osservare la sua immagine riflessa tentava di scatenare nuovamente il pianto, non riusciva a controllarsi, la mascella inferiore aveva continui spasmi ed il viso contrito si era dipinto di rosso.
"Sei così brutta quando piangi", pensò vedendosi in quello stato pietoso.
Aprì l'acqua fredda e si lavò la faccia, riuscendo ad alleviare un poco il dolore provocato dall'aver mantenuto un'espressione tanto innaturale per tutto quel tempo.
Sorrise solamente quando Uroboro le volò sulla spalla e strusciò il capo contro la sua guancia. Quel pappagallo era così legato a lei da capire perfettamente le sue emozioni e tentare sempre di farla stare meglio ogni qualvolta fosse triste.
In soggiorno non trovò nessuno e quando guardò l'orario si accorse che era quasi mezzogiorno. Non le piaceva stare in casa da sola, quando doveva rimanerci, veniva pervasa da una sorta di ansia costante, condizione aggravatasi dopo l'avvenimento di poche settimane prima. Uroboro non bastava a farla sentire completamente al sicuro, desiderava qualcuno che le stesse costantemente accanto pronto a proteggerla, qualcuno come Crow, o come Yuichi. Esattamente, quando era diventata così debole emotivamente?
In un tentativo di alleviare la tensione, si sedette al tavolo della cucina con carta e penna, iniziando a disegnare tutto ciò che le passava per la testa, in modo confuso e scarabocchiato. Le piaceva farlo, nonostante non fosse per nulla portata all'arte, la faceva sentire libera senza dover per forza danzare.
Non molto tempo dopo, suo padre si ripresentò a casa con le buste della spesa sottobraccio.
-Oh, sei sveglia. Scusami se non ti ho avvertita, non volevo disturbarti.-
Ma quando lei alzò il capo dal foglio per rispondergli, lui notò istantaneamente gli occhi arrossati e la sua espressione affranta, la ragazza era nuovamente sull'orlo del pianto.
-Hey... ma che succede? Perché piangi?- le chiese, appoggiandole una mano sulla spalla in preda alla preoccupazione.
-Nulla di importante...- rispose, chiudendo gli occhi, in un tentativo di impedire alle lacrime di inumidirglieli.
-Certo che è importante, tu non piangi mai senza motivo. Pensi non ti conosca abbastanza bene per saperlo?- il suo tono di voce sembrava quasi rimproverarla, ma Crow lo faceva solamente per farla sfogare, dato che era solita tenersi tutto dentro e soffrire in silenzio quando le cose si facevano gravi. La giovane si morse il labbro, continuando a tacere.
-Parla, Artemis.- continuò, duramente.
-Ho paura.- finalmente, si decise a spiccicare parola. -Di lui, mio "padre". Come può voler ancora parlare con me dopo quello che gli ha fatto Yuichi? Lui... lui voleva uccidermi, se non fosse arrivato in tempo mi avrebbe sicuramente pugnalata...- nuovamente, scoppiò a piangere gettandosi tra le braccia dell'uomo. Crow la strinse forte a sé, carezzandole piano la testa.
-Non devi averne, è rinchiuso in carcere adesso, non può farti alcun male. Vuoi annullare l'appuntamento?- scosse il capo contro il suo petto, per poi tirare su col naso.
-Ormai ho accettato... voglio delle risposte...-

Quando riconobbe le sagome dei due fratelli sostare dinanzi al cancello della Struttura, Artemis seminò il padre e si lanciò dritta verso la ragazza dai capelli magenta, avvolgendola in un forte abbraccio e poggiando la testa sul suo prosperoso petto. La "vittima" della situazione si stupì di quella dimostrazione di affetto travolgente, o almeno, se l'aspettava, ma verso il giovane accanto a lei.
-Guarda che il tuo ragazzo è quello lì, mica ti sarai confusa?- le disse in tono scherzoso, mentre guardava il corvino avvampare in viso.
-Lo so! Ma le tue tette sono così morbide...- rispose, stringendola più forte.
Voleva solo celare tutte le sue preoccupazioni, provare a distrarsi. Era grata di aver accettato la loro presenza, aveva bisogno del maggiore sostegno possibile.
All'interno, Crow attirò l'attenzione di un agente, il quale si avvicinò a loro con un braccio alzato: era molto alto, piuttosto avanti con l'età ed una grossa cicatrice, profonda e guarita male, campeggiava sulla pelle abbronzata della sua guancia sinistra.
-Ooh, quindi hai deciso di venire. È lei Artemis?- si avvicinò alla più giovane, tentando di mostrarle –inutilmente– un sorriso rassicurante, ma la sua brutta faccia finì solo per farla nascondere dietro a Yuichi, il quale venne notato subito dopo. -Sei il figlio di Yusei? Dannazione, siete ridicolmente identici, ti manca solo quel bel tatuaggio sulla faccia. Cosa dici, vogliamo rimediare?-
-Preferirei evitare, grazie.- rispose di tutto punto lui, assottigliando lo sguardo. La reazione dell'uomo fu una grassa risata.
-Anche le espressioni che fai sono le stesse, questa me l'aveva mostrata subito prima di piantarmi un coltello nella guancia. Mica vuoi–-
-Possiamo rimandare i discorsi inutili a più tardi? Io avrei da fare oggi.- il corvino dovette ringraziare mentalmente la sorella per la sua impazienza, l'aveva tirato fuori inconsapevolmente da apparenti guai.
-Ryoko ha ragione.- subentrò Crow. -Ushio, perchè hai voluto che ti portassi mia figlia?-
L'energumeno si fece improvvisamente silenzioso ed incrociò le braccia.
-Seguitemi.- disse, prima di portare tutti e quattro in una stanza adibita agli interrogatori: gli unici oggetti presenti lì erano un tavolo, due sedie una di fronte all'altra ed un grande specchio sulla parete.
-Ci ascolteranno?- chiese il rosso, osservando il suo riflesso, era ovvio che dietro potevano nascondersi delle persone.
-È inevitabile, ma al contempo importante. Tranquillo, nessuna informazione che ricaveremo sarà divulgata.- rispose tranquillamente l'agente, posandosi le mani sui fianchi. -Artemis, siediti su una delle sedie.-
Lei annuì, eseguendo.
-Cara, il giorno in cui ti hanno aggredita, ricordi in modo nitido chi fosse la persona?- alla ragazza fu molto doloroso ricordare i frangenti di quella sera, ma le era impossibile dimenticare.
-... Mio padre, quello biologico. Era invecchiato, però lo avevo riconosciuto subito... la voce non era diversa e nemmeno i segni dorati sul viso.-
-Che cosa ti aveva detto?-
-Voleva... che andassi con lui... però dopo il mio rifiuto ha rivelato di aver ucciso mia madre e che avrebbe fatto la stessa cosa a me...- teneva la testa china, mordendosi il labbro inferiore.
-È davvero necessario tirare fuori questi argomenti? È scritto tutto a verbale, dovreste saperlo quanto lei!- Yuichi si intromise, poggiandole le mani sulle spalle nel tentativo di confortarla al meglio delle sue capacità. -Non vuole parlarne di nuovo, Artemis è qui solamente per sapere.-
-Sta calmo, Yusei Parte Seconda, volevo solamente capire se lo avesse riconosciuto in quel modo solo a causa dello spavento.-
-Vai al sodo...- rispose, digrignando i denti.
-Se proprio vuoi.- fece spallucce, uscendo dalla stanza e lasciando tutti lì.
-Ma dove va...?- borbottò lui, sempre più spazientito. In quel momento, Artemis poggiò una mano sulla sua, stringendola debolmente; Yuichi non disse nulla, ma le fece capire che le sarebbe stato vicino.
Pochi, interminabili, minuti dopo, la porta si aprì di nuovo: per primo entrò Ushio e, al seguito, un uomo sulla trentina. Aveva corti capelli color cioccolato, dimostrava molti più anni di quanti ne avesse e sul viso erano presenti vari marchi dorati; tre strisce verticali partivano sotto ad ogni occhio e due percorrevano il mento, terminando tutte a filo della mascella squadrata. Era ammanettato ed indossava il tipico vestiario arancione dei carcerati.
La ragazza aveva tenuto la testa china e lo sguardo sul tavolo tutto il tempo, mentre stringeva forte la mano del corvino. Non diceva una parola e gli altri presenti rimasero con il fiato sospeso a guardarlo.
-Bastardo...- mormorò Crow, stringendo i pugni. -Come ti sei permesso di fare del male a quella che dovrebbe essere tua figlia? Eh?!- il suo tono di voce, carico di rabbia, si alzò sempre più; se non fossero stati in presenza della polizia, non ci avrebbe pensato due volte prima di saltargli addosso e prenderlo a pugni. Nessuno doveva toccare la sua bambina, o l'avrebbe pagata.
-Io non le ho fatto nulla.- disse, in un tono di voce estremamente calmo. -Non vedo quella ragazza da più di dieci anni.- improvvisamente, lei alzò il capo, guardandolo negli occhi.
-Pensi di darmela a bere? Non sono un idiota!- urlò il rosso, sbattendo i palmi delle mani sul tavolo. -Sei tu che hai fatto irruzione in casa mia, hai tentato di ammazzarla e ti sei fatto pestare a sangue da questo ragazzo. Ti abbiamo visto tutti e tre chiaramente!-
Artemis stava tremando, a guardare il suo viso, non c'erano dubbi, era lui, ma come faceva ad essere lì, illeso, con tutti i colpi che si era beccato?
-Quel ragazzo? Non l'ho mai visto.-
-Smettila di sparare stronzate!-
-Aspetta! Fallo parlare, Crow.- Ryoko, che finora aveva taciuto, si intromise. -Il suo discorso è strano, ma non sembra mentire.-
-Come stavo cercando di dire, prima che quel pel di carota mi sbraitasse contro, io non vedo quella ragazza da almeno un decennio, né ho mai incontrato lui perché mi trovo in carcere da cinque anni.-
Tutti i presenti sgranarono gli occhi, tranne la rossa, la quale era pensierosa.
-Com'è possibile? Allora come avresti fatto ad uccidere la sua vera madre e poi andare a casa di Artemis? Sei evaso e poi ti hanno riportato qui?
-Artemis... è questo il tuo nome?- l'interessata annuì piano, continuando a guardarlo. -Comunque non sono evaso, potete chiedere a tutta la prigione, entrambi i giorni in cui sono avvenuti i fatti io mi trovavo qui. Avrete sbagliato persona.-
-Impossibile.- la voce di Ushio si fece sentire di nuovo, il quale si avvicinò al tavolo per farsi guardare in faccia dal detenuto. -Abbiamo analizzato i tatuaggi sul viso, contenevano esattamente tutti i tuoi dati anagrafici. Sono informazioni impossibili da copiare, quindi puoi essere stato tu... o sempre te.-
-Agente, ma io sono sempre stato qui, non ho motivo di mentire, ci sono telecamere sparse per tutta la Struttura.-
-Ed è questo il problema: secondo l'ospedale tu sei morto, ma a meno che tu non abbia il dono dell'ubiquità e la capacità di risorgere, ti sei sempre trovato in questo posto.-
-Aspetta... morto?- chiese Yuichi, in preda alla confusione.
-Qualche giorno dopo il ricovero in ospedale, la persona che hai picchiato è morta, ma il cadavere è sparito dall'obitorio prima dell'autopsia.-
Il ragazzo si irrigidì, stavolta fu lui a stringere la presa alla mano di Artemis. L'aveva fatto ancora, aveva ucciso qualcuno.
-Yuichi, riprenditi!- la sorella gli fece fare uno scossone, urlandogli il suo nome in faccia. -Non abbiamo tempo per delle crisi emotive, dobbiamo venire a capo di questa storia assurda.-
-Hai ragione... scusatemi tutti.- sospirò, allentando la presa. Voleva aiutare a tutti i costi la sua ragazza, ai suoi complessi ci avrebbe pensato dopo.
-Io non sapevo nemmeno fosse morta la madre di Artemis, mi ha lasciato quando sono finito qui l'ultima volta e non ho più avuto sue notizie.- prima di continuare, prese un profondo respiro. Anche per lui sembrava dura dire quelle cose. -Nel momento in cui mi hanno arrestato, cinque anni fa, ho deciso che mi sarei ripulito e, una volta uscito di qui, sempre se mi avessero concesso questa grazia, avrei provato a vivere una vita normale. Da lì non ho più toccato droga e mai più ho intenzione di farlo... ho rovinato la mia vita, quella della donna che amavo e anche quella di mia figlia. E volevo sfruttare questo momento per scusarmi per tutto quello che ti ho fatto, Artemis. Purtroppo non posso farlo anche con tua madre, rimedierò quando sarò morto per davvero.-
Le sue parole colpirono molto Artemis... da lui non se le aspettava affatto. Quando era piccola, lo ricordava in tutt'altro modo: irascibile, violento, costantemente sotto l'effetto di stupefacenti. E ora stava mettendo il suo cuore davanti a lei, scusandosi di tutto?
Si morse il labbro, mentre i battiti del cuore pulsavano all'interno delle sue orecchie; non si accorse nemmeno di star lacrimando per l'ennesima volta in quella giornata.
-Io... io mi pento di averti odiato per tutti i miei sedici anni di vita!- parlò per la prima volta in sua presenza, facendo sgranare gli occhi a tutti, compreso l'impassibile poliziotto. Quella ragazzina possedeva un'empatia fuori dal comune e riusciva a capire alla perfezione i sentimenti anche del suo peggior nemico, facendoli suoi. Lo sentiva chiaramente, quell'odio per sé stesso e per le sue azioni provate dall'uomo, quel suo senso di estremo dispiacere, misto a vergogna sembravano perforare anche lei come se non fosse la più grande vittima lì dentro, ma la persona stessa che provava quelle emozioni ingarbugliate.
Facevano male, tanto male.
Lui si limitò a sorriderle e tirare un sospiro di sollievo, non voleva e non poteva permettersi oltre.
-Grazie... di essere così buona.-
-... Aspettate. Credo di avere la soluzione a tutto.-
-Parla, Yuichi!- Crow si avventò su di lui, afferrandogli una manica della maglietta.
-Quest'uomo e quell'altro avevano una differenza: il colore degli occhi.
Lui li ha scuri, mentre quello che ha aggredito Artemis li aveva di un azzurro inquietante, quasi... luminoso, seppur avesse le pupille dilatate e le sclere arrossate, ho visto chiaramente quegli anelli celesti mentre gli spaccavo la faccia. Non possono essere la stessa persona.-
-Ne sei sicuro al cento per cento? Può essere che l'adrenalina del momento ti abbia offuscato la mente?- Chiese Ushio, Yuichi scosse il capo.
-No, quello è un colore che non si può dimenticare o immaginare. Ero in preda alla collera, sí, ma avevo i sensi al massimo delle loro capacità: io li ho visti. Ne sono certo.- ripetè, serio.
-Ho visto anch'io qualcuno con quegli occhi.- il carcerato appoggiò i polsi ammanettati sul tavolo, prima di continuare. -A pensarci bene, circa tre, quattro mesi fa, un tipo strano è venuto a farmi visita. Era un tizio enorme, largo come un armadio, l'espressione persa e che non chiudeva mai le palpebre, tenendole spalancate. È rimasto dieci minuti a fissarmi e poi se n'è andato senza dire una parola. L'azzurro delle sue iridi mi aveva colpito molto perchè sembravano brillare anche sotto una fonte di luce, ma nonostante ciò non ho dato molto peso alla faccenda.-
Il suono di un cellulare, però, interruppe la conversazione: era quello di Ushio.
-Mh, si? Di già? ... ricevuto.- riattaccò, rimettendosi l'aggeggio in tasca. -A quanto pare mi dicono che la visita va interrotta.-
-Cosa...? Ma stavamo parlando!- sbraitò Ryoko, muovendosi in sua direzione.
-I tizi dietro lo specchio affermano di avere abbastanza informazioni, dovete sloggiare.-
-Grr...- il poliziotto la ignorò, prelevando l'uomo e portandolo via.
-È diventata proprio bella mia figlia... uguale alla madre.-
-Perchè hai voluto farle sapere quelle cose, o almeno in parte?-
-Ho pensato che glielo dovevo, è il mio primo gesto di bontà.-
-Se avessi voluto fare un gesto di bontà non avresti omesso quel dettaglio.-
-Siete stai voi a non farmi finire di parlare.-


Angolo autrice
Eheh... non dico nulla su questo capitolo, ma vi aspettavate un risvolto del genere?
Per oggi voglio solo dirvi che ora che ho il nickname con la maiuscola mi sento più professionale(?), volevo sistemarlo da un anno e finalmente mi sono decisa. :')
See ya.~

Jigokuko

 

   
 
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