Quando si era scatenata la tempesta Kenjirou non se n'era accorto e si era reso conto del fatto che qualcosa non andava solamente quando una forte corrente calda lo aveva trascinato verso l'alto.
Riemerse tra le onde e si guardò intorno senza capire cosa stesse succedendo. La pioggia gli finiva negli occhi e lo costringeva a strizzarli per l'immensa dose d'inquinamento al suo interno. Sentiva lo sclero bianco bruciare e non percepiva altro che l'assordante suono del vento che lo sballottava di qua e di là assieme alle alte onde. Tornare sotto il livello dell'acqua si rivelò un'impresa più ardua del previsto: le correnti calde che lo avevano portato in superficie erano troppo forti per lui e continuavano a spingerlo a galla facendogli fare capriole senza senso che gli facevano solo girare la testa. Ogni volta che il busto emergeva all'aria aperta un brivido di freddo gli percorreva la colonna vertebrale.
Kenjirou notò che una nave gli si stava avvicinando solamente quando a separarli erano rimaste solo due centinaia di metri e l'unica cosa che riuscì a pensare fu che doveva allontanarsi immediatamente. Se non poteva tornare sott'acqua e raggiungere nuovamente il fondo, allora avrebbe nuotato appena sotto le onde: con quel mare in tempesta, quale occhio umano avrebbe potuto vederlo?
Stare sotto il filo dell'acqua si dimostrò essere un'idea terribile e impossibile e prima che potesse rendersene conto la nave gli fu accanto. Kenjirou si spostò verso sinistra per evitare che la prua dell'imbarcazione lo colpisse in pieno e fu in quel momento che una folata di vento troppo forte lo scaraventò contro il legno, alzando un'onda che lo trascinò lungo tutta la fiancata. Kenjirou non sentì il legno graffiargli la schiena e nemmeno le grida dei marinai: la botta alla testa fu tutto quello che gli servì per perdere conoscenza.