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Autore: LysandraBlack    07/12/2020    2 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 45
What's your plan for tomorrow?



 

Wintersend era ormai passato da un paio di settimane, ma l'inverno sembrava aver deciso di attardarsi un altro po', rendendo il mese di Drakonis particolarmente sgradevole.

Marian stava finendo di sistemarsi le fibbie dei gambali, pronta ad affrontare un'altra giornata, quando qualcuno bussò alla porta della stanza che condivideva con Ruvena.

«Marian? Posso entrare?»

Riconobbe la voce di Andrew. Andò ad aprirgli, uno sguardo confuso negli occhi. «Che ci fai qui?»

Il ragazzo si infilò all'interno prima ancora che potesse finire la domanda, chiudendo la porta dietro di sé e controllando con un'occhiata fugace che fossero soli. «La Comandante vuole parlarti.»

Marian aggrottò la fronte. «Come mai tutta questa segretezza?»

Andrew si mordicchiò l'interno della guancia, lo sguardo basso, come faceva da bambino quando beccava lui e Garrett a combinarne una delle loro a Lothering. «È arrivato il momento di dirtelo.»

Cominciava a spazientirsi. «Di che stai parlando?»

L'altro si guardò nuovamente attorno, facendole cenno con la mano di avvicinarglisi ulteriormente. «C'è parecchio malcontento tra i nostri ranghi, ultimamente, siamo in tanti a pensare che la Comandante non stia facendo il bene dell'Ordine, né quello dei maghi che dovremmo proteggere. E ci siamo... organizzati, per così dire.»

Marian inarcò un sopracciglio, spronandolo a proseguire.

«Thrask è stato uno dei primi. Alcuni tuoi amici, Keran e Hugh ad esempio, si sono uniti quasi subito, ora stanno cercando di convincere Thrask a contattare anche Ruvena, ma passa troppo tempo con te per non correre rischi.»

«Rischi? Ruvena è una persona fidata.»

Andrew le fece cenno di abbassare la voce, annuendo. «Lo so, come te e Max d'altronde, ma voi due avete tutti gli occhi puntati addosso. Se anche un solo sussurro arrivasse fino alle orecchie di Meredith o del suo cane da guardia, saresti la prima ad essere accusata, non vede l'ora di trascinare te e Garrett nel fango. E Macsen ha un cognome troppo importante per rischiare di essere associato ad una congiura fallita.»

Il cuore di Marian quasi saltò un battito. «Una congiura?» Sussurrò appena, le mani che tremavano. «Stai parlando seriamente? State davvero pensando di detronizzare Meredith, da soli? È follia!»

Andrew scosse il capo. «Non siamo soli. Siamo parecchi templari, alcuni maghi all'interno del Circolo, gente della Resistenza... quelli più moderati almeno.»

«Coi maghi? Se vi scoprissero-»

«Non lo faranno. Siamo stati attenti.»

Marian iniziò a fare due più due, febbrilmente, ricapitolando tutte le stranezze che erano accadute alla Forca in quegli ultimi mesi. Maghi che sembravano essere spariti per giorni senza che nessuno ne denunciasse l'assenza, turni di guardia bizzarri, sempre più templari che le rivolgevano cenni di saluto senza guardarla male o sputarle veleno addosso. Alain che usciva velocemente dall'infermeria, Thrask e Keran che avevano riportato ferite da arma da taglio, Gilia, una degli ultimi fedeli seguaci di Karras, sparita nel nulla e data per morta in un'imboscata dei Risolutori, che tuttavia erano mesi che non combinavano niente. Grace, la maga che avevano ricatturato dalla Resistenza assieme ad Alain, che aveva stranamente preso l'abitudine di stare in biblioteca fino a tardi, soprattutto durante i turni di Lynn, che Marian sapeva avere un debole per la causa dei maghi dopo quello che Alrik aveva fatto a sua sorella. Kelsey, che aveva beccato a confabulare fitto fitto con Evelina e Grace qualche settimana prima, rientrata tardi in cortile. Hugh che evitava lei e Ruvena sempre più spesso per via di qualche impegno di cui non voleva parlare.

Tutti templari che Marian sospettava fossero in qualche modo simpatizzanti dei maghi, chi per una ragione chi per un'altra, ma mai avrebbe pensato potessero unirsi per spodestare Meredith e il suo regime tirannico.

«Se è troppo rischioso coinvolgermi, perché me ne stai parlando?» Chiese dopo alcuni lunghi istanti. «E cosa c'entra con Meredith che vuole parlarmi, se mi chiede qualcosa ora io-»

«Ci sono tre maghi che sono usciti dalla torre.» Le rispose Andrew, tagliando corto. «Uno è un cretino, ma ha intenerito Lynn a tal punto che l'ha fatto uscire, diceva di voler andare a trovare la sua mamma, non ha saputo resistere. Emile de Launcet, lo conosci, non sono sicuro sappia trovarsi il naso sulla faccia, ma non è pericoloso. Se Meredith gli mette le mani addosso e lo accusa di aver complottato contro la Forca, canterà come un bardo ubriaco e Lynn ci finirà di mezzo.»

Marian annuì, una chiara immagine del mago in questione in mente. «Immagino lo troverò attaccato alle sottane della madre a piangere o a sbirciare sotto le gonne di qualche ragazza...»

Andrew si passò una mano tra i capelli ricci, chiaramente a disagio. «Evelina, la seconda, è una dei nostri. Ha insistito per andare a controllare i suoi bambini, quelli che hai mandato all'orfanotrofio di Ostwick, dovrebbe tornare a breve. Il terzo è quello più... problematico.»

«Vieni al dunque. È nella Resistenza?»

L'altro si strinse nelle spalle. «Non che io sappia, e nemmeno gli altri ne sanno qualcosa. La Resistenza non si fida completamente di noi, comprensibilmente, soprattutto una branca in particolare. Ha distrutto il suo filatterio assieme ad un suo compare qualche settimana fa, ma nessuno dei due l'ha fatto con il nostro consenso, altrimenti glieli avremmo fatti sostituire con un falso come facciamo di solito.»

«Come fate...?» Ripetè Marian, ammirata. «Mi stai dicendo che i filatteri nella Forca sono-?»

«Non tutti, abbiamo iniziato solo da qualche mese. Ogni volta che c'è un nuovo Tormento, Feldwin e Alain portano il mago giù nelle segrete a riempire il suo filatterio. Invece che fare sul serio, prendono del sangue di pollo dal refettorio e sostituiscono quattro o cinque filatteri alla volta, rompendo gli originali. Ma loro hanno trovato il modo di oltrepassare la porta e distruggere i propri, senza pensare alle conseguenze.»

«E non avete idea di dove siano finiti?»

Andrew scosse il capo. «No, e quel che è peggio è che ne hanno denunciato la fuga, quindi non è un semplice sospetto, ma una certezza. Alle volte riusciamo a convincere Cullen che siano chiusi in camera con qualche malattia, tutti quelli che stanno all'infermeria ormai hanno capito come fregarlo, o semplicemente che siano stati chiamati da qualche incantatore anziano per qualche importante studio e si siano rintanati su qualche libro... Quei due sono scappati platealmente, invece, e senza il nostro supporto. Il compagno è stato trovato morto al porto stamattina, ma di Huon nessuna traccia. Sospetto conoscano qualcuno nella Resistenza di cui noi non siamo a conoscenza, dato hanno usato i cunicoli del Carta per fuggire, ma sta di fatto che Meredith sa che sono spariti, e se non può fare molto contro dei sussurri tra i suoi ranghi, può seguire la pista di un paio di elfi sospettati di magia del sangue. Se quelli parlano, siamo tutti fottuti.»

«Non credo di essere stata il primo pensiero della Comandante, quando si è domandata a chi rifilare l'incarico di andarli a prendere.»

«Al contrario...» la contraddisse lui, appoggiandosi al muro e incrociando le braccia al petto. «Vuole metterti alla prova, vedere se sei disposta ad uccidere qualche mago e portarle delle prove sulla congiura che ormai credo sospetti esserci alla Forca.»

Marian annuì. «Che devo fare?»

«Prima di tutto, trova De Launcet e riportalo qui trascinandolo per un orecchio. La sua famiglia è abbastanza influente a Kirkwall perché non venga reso un adepto della calma, nemmeno se qualcuno insistesse. Ed è abbastanza stupido che persino Cullen non si impunterà per levarlo di mezzo, ma se riesci fai in modo di assicurartene...» Aspettò che lei gli facesse cenno di proseguire prima di ricominciare a parlare. «Per Evelina, contiamo che torni presto, quindi concentrati su Huon. Non so i dettagli della sua vita, sono abbastanza sicuro che Meredith e la sua assistente tengano un registro su chiunque viva qui dentro, chiedi ad Elsa.»

«D'accordo. Che devo fare se lo trovo? Meredith vorrà la sua testa.»

Andrew le lanciò uno sguardo significativo. «Se dovessimo scegliere chi dei tre salvare, sarebbe Evelina. Lei ha dei contatti certi nella Resistenza, e sa benissimo cosa c'è in ballo se non si comporta bene, quei bambini che hai mandato ad Ostwick sono lì solo grazie ad una templare. Emile è un deficiente che non si ribellerà nemmeno, mettigli bene in testa che non deve fare una parola su Lynn e potrà tornare ad infastidire le incantatrici più grandi in biblioteca come fa sempre.» Prese un respiro profondo, giocherellando con il pomolo della spada legata alla cinta. «Per quanto riguarda Huon, levalo di mezzo. E dagli la colpa di tutto, se Evelina torna in tempo e riesci a convincere Emile a dire che è stato aiutato da Huon ad uscire, avremo le spalle coperte.»

«E un cadavere non può testimoniare un bel niente.» Commentò tetra Marian.

Andrew sembrò capire perfettamente cosa le passasse per la mente. «Non sappiamo niente di questo Huon, potrebbe pure essere un mago del sangue, o associato ai Risolutori. Dobbiamo fare dei sacrifici, se ci scoprissero adesso salterebbe tutto all'aria e non riusciremo mai più a togliere di mezzo Meredith e Cullen.»

«D'accordo. Riferisci che farò ciò che è necessario. Ma voglio entrare nel gruppo. E così anche Ruvena. Potrete usare Hugh per comunicare con noi, Cullen lo ritiene troppo stupido per respirare e camminare insieme, non rendendosi conto di essere lui il più imbecille qui dentro.»

L'altro trattenne una risatina. «Aggiudicato.»



 

Si diresse col cuore che batteva a mille per le notizie verso l'ufficio della Comandante.

Stava per bussare alla porta quando le venne aperto dall'assistente di Meredith, un'Adepta della Calma di nome Elsa che la faceva ogni volta rabbrividire a disagio.

«Tenente Hawke, la Comandante vi stava aspettando.» La salutò quella con voce piatta, facendosi da parte per lasciarla entrare e fermandosi poco dietro di lei, tra le bracca un sottile plico di carte.

Meredith Stannard era seduta alla sua scrivania, in armatura completa nonostante fosse nel proprio ufficio e non ci fossero pericoli imminenti, come era sua abitudine da almeno un paio d'anni. Marian stentava ormai a ricordare se l'avesse mai vista senza.

Erano mesi che non entrava nell'ufficio della Comandante, e notò subito che aveva fatto qualche cambiamento. Le piante ornamentali erano sparite, lasciando spazio ad un'armatura templare posta esattamente sotto l'enorme scudo con le insegne dell'Ordine, la spada fiammeggiante in smalto blu che riluceva come lyrium incisa sul metallo lucido, due spade incrociate che spuntavano ai lati di esso. La libreria alla destra dell'ingresso era piena di tomi e pergamene arrotolate che spuntavano da ogni pertugio, e anche il tavolino lì accanto era coperto di carte e registri vari. Il quadro della Divina Beatrix era stato sostituito ai tempi con quello della neo-eletta Justinia, ma sembrava aver raccolto polvere che nessuno si era dato la pena di rimuovere.

La luce entrava a stento dalle finestre, protette da pesanti grate inchiodate sia all'interno che in esterno, che culminavano con degli spunzoni di ferro puntati verso chiunque avesse la folle idea di arrampicarsi fin lì, o semplicemente alzare lo sguardo verso la Comandante che spesso scrutava con aria torva e carica di sospetto il cortile.

Quando posò lo sguardo sulla grande spada appoggiata al suo supporto sulla parete, venne presa da un senso di nausea improvvisa e dovette cercare di concentrarsi sul regolarizzare il proprio respiro e fissare intensamente il pennino nelle mani della Comandante per evitare di star male.

Sentiva la bocca secca, e improvvisamente era ben consapevole della fialetta di lyrium che teneva nella scarsella alla cintura.

«Tenente, era ora. Iniziavo a temere che Ser Andrew si fosse perso.» La apostrofò secca Meredith, poggiando il pennino e prendendo la piccola barra di cera che aveva accanto, sigillando la lettera che aveva appena finito di scrivere. Dovette intercettare il suo sguardo, perché assottigliò gli occhi per poi riporre in fretta il rotolo di pergamena all'interno di uno dei cassetti sotto la scrivania. «Tre maghi sono sfuggiti al nostro controllo. Quattro, in realtà, ma uno di essi è già morto, probabilmente ucciso dai compagni. Elsa ti darà tutte le informazioni di cui hai bisogno.»

«Sì, Comandante.» Chinò rigida il capo, aspettando che le desse il permesso di uscire.

«Tenente?» Insistette invece la Comandante, puntandole gli occhi gelidi addosso. «La maggior parte dei maghi che abbiamo scovato dopo essere evasi dalla Forca, sono tornati dalle loro famiglie, come puoi bene immaginare... vedi di non farti scappare questi, perché ho una chiara idea di chi abbia dei maghi come familiari, in questa città. L'Ordine non può permettersi che pericolosi eretici vaghino indisturbati per Kirkwall.»

Un brivido di paura le scese lungo la spina dorsale a quella minaccia. Accennò un inchino, un groppo in gola, accomiatandosi con un saluto formale. «Non succederà, Comandante.»

Uscì dall'ufficio, Elsa che la seguiva silenziosa. Arrivata alla fine del corridoio, si voltò a guardarla, in attesa che l'Adepta parlasse.

«I maghi fuggiti sono Emile du Launcet, Huon ed Evelina.» La donna sfogliò le carte che aveva tra le braccia, soffermandosi su una in particolare. «La famiglia Du Launcet ha una villa in Città Alta, nel quartiere Orlesiano. La madre gli scrive lettere tutti i mesi, a volte una alla settimana.» Le allungò il foglio, su cui erano appuntati parecchi nomi e abitudini di Emile. «La seconda, Evelina, è stata riportata al Circolo dopo che si è costituita volontariamente come eretica, l'avete portata voi stessa qui alla Forca, Tenente.» Marian annuì, se la ricordava fin troppo bene, aveva cercato in tutti i modi di convincere Cullen e Karras a non renderla un'Adepta della Calma. «Il terzo, Huon, è un elfo entrato nel Circolo dieci anni fa, proveniente dall'Enclave di Kirkwall. È scappato assieme ad un complice, Arin, che è stato trovato morto. La moglie, Nyssa, lavora per un sarto in città bassa.»

Marian lesse rapidamente i fascicoli sui tre maghi, mordicchiandosi il labbro inferiore. «D'accordo, vedrò di riportarli alla Forca il prima possibile.»

«La Comandante crede che la più pericolosa sia Evelina, in quanto proveniente dal Ferelden. Ritiene che possa essere in contatto con il noto assassino eretico Geralt Amell e i suoi compagni tra i Risolutori. Il Capitano Cullen ha confermato che i due si conoscessero, a Kinloch Hold.»

«Starò attenta.» Rispose piatta Marian, riconsegnandole i fogli. «Posso avere un supporto?»

Elsa annuì lentamente, il marchio della Chiesa impresso sulla fronte che spiccava scarlatto sulla pelle chiara. «Potete scegliere chi preferite, la Comandante non ha posto restrizioni.»

Una volta che si fu allontanata dall'Adepta della Calma, Marian dovette appoggiarsi alla parete per evitare di rimettere l'intera colazione. Aprì la scarsella con mano tremante, stappando febbrilmente la fialetta di lyrium e versandosene metà del contenuto in gola, chiudendo gli occhi e assaporandone gli effetti immediati. Raddrizzò la schiena, rimettendo a posto la boccetta e andando a recuperare le armi che aveva lasciato al dormitorio.

Aperta la porta, trovò Ruvena che trafficava con la propria armatura, cercando di lucidare un punto particolarmente ammaccato delle placche fiancali. «Tutto bene? Sei verde, hai di nuovo la nausea?» Le chiese l'amica, guardandola in volto.

«Sto bene, è di nuovo il lyrium credo, dovrei prendermi una pausa prima o poi, ma...» Scosse il capo, sospirando. «Te la senti di rimetterti addosso quella roba e darmi una mano?» Le chiese Marian, appoggiandosi alla parete dopo aver richiuso la porta dietro di sé. «La Comandante mi ha finalmente dato qualcosa d'importante da fare. Sono scappati tre maghi, e ho istruzioni precise su cosa farne.»

L'amica le rivolse un'occhiata guardinga, alla quale lei rispose con un cenno del capo, come a farle capire che ne avrebbero parlato una volta fuori da lì. «Certo, dammi qualche minuto e sono pronta.»

Uscirono in tutta fretta, le armi al fianco.

«Hugh ha fatto il turno di notte in Città Alta, starà dormendo, altrimenti avremmo potuto chiedere a lui...» disse Ruvena, mentre dibattevano chi dei colleghi avrebbe potuto accompagnarle.

Individuò Andrew in cortile, intento a rimproverare qualcosa a due ragazzini in veste da maghi che schizzarono terrorizzati su per le scale, quasi inciampando nelle due donne che scendevano. Feldwin e Lerner, due dei templari più anziani dalla loro parte, la salutarono appena con un cenno del capo dall'altro lato della balconata.

Macsen Trevelyan stava dando spettacolo come suo solito nel quadrato d'addestramento, tenendo a bada due templari sempre più arrabbiati. Rimasero ad osservarlo per qualche minuto mentre parava con lo scudo i loro tentativi di attacco e ribatteva agilmente. Caddero a terra uno dopo l'altro nel giro di qualche secondo, finendo nel fango con una sequela di imprecazioni.

Trevelyan si concesse un sorrisetto compiaciuto, rinfoderando l'arma con una scrollata di spalle e facendo un cenno al piccolo gruppo di spettatori che gli si era radunato attorno. Marian notò Kelsey fare un cenno con la mano aperta ad un templare promosso da poco, che le depositò nel palmo un paio di monete d'argento con una smorfia irritata.

«Non preoccupatevi, non c'è alcuna vergogna a perdere contro il Campione del Gran Torneo!» Li apostrofò Trevelyan, lanciando un sorriso tronfio al Capitano Rutherford.

Cullen, dall'altro lato del cortile, gli rispose con un'occhiataccia. «Basta con gli spettacoli, tornate al lavoro!» Abbaiò, facendo disperdere la folla.

«Sperava di farmela stavolta... li ha spinti lui a sfidarmi.» Sogghignò Trevelyan, avvicinandosi a Marian e Ruvena. «A cosa devo la vostra attenzione, Tenente Hawke?»

Marian non riuscì a trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo. «Ci sarebbe un incarico, se non hai altri colleghi da umiliare, per oggi.»

Macsen ridacchiò, sciogliendosi i capelli ormai scarmigliati che aveva legato con un nastro scuro. «L'unico che mi interessa sfidare si è nascosto la spada nel culo.» Rispose, lanciando uno sguardo di scherno a Cullen, che dava ora loro le spalle. «Di che si tratta?»

«Te lo spiego nel mentre che andiamo, datti una mossa.» Tagliò corto Marian, facendo segno di uscire dal cortile. «E se posso darti un consiglio, Trevelyan, non sottovalutarlo. L'unica cosa che sa fare è tenere in mano quella spada.»

Il ragazzo le rispose con una smorfia divertita. «Ed è anche l'unica con cui ha esperienza...»

Marian scosse il capo. «Grazie della pessima immagine.»

«Sempre a disposizione, Tenente.»



 

Raggiunsero la villa dei De Launcet, trovando tutte le finestre oscurate da pesanti tendaggi. Il vialetto era immacolato, le aiuole perfettamente curate, le siepi tagliate in stravaganti forme animali.

«Orlesiani.» Borbottò Marian tra i denti, aspettando che qualcuno venisse ad aprire.

Si palesò un uomo sulla quarantina, in livrea impeccabilmente stirata, che sgranò gli occhi e quasi cadde per terra dalla sorpresa.

«Portateci da Lord de Launcet o da sua moglie, è urgente.» Tagliò corto Marian senza nemmeno lasciargli finire i convenevoli di benvenuto, facendosi strada all'interno poco cerimoniosamente.

«Madame de Launcet è ancora nelle sue stanze, ma posso vedere se-»

«Ser Marian!» Squittì una voce familiare, seguita da piccoli passi che risuonarono sul pavimento di marmo liscio. Babette de Launcet si affacciò da una delle camere, i lunghi capelli raccolti in grossi bigodini sulla testa e l'espressione di chi si è appena trovato una viverna in salotto. «Che sorpresa!»

«Lady Babette. Lieta di vedervi in salute.» Rispose in tono piatto Marian, cercando di non ridere. Fuori da lì, non pensava di aver mai visto la donna senza chili di trucco, i capelli acconciati a sfidare la logica e abbastanza ninnoli e fronzoli da addobbare un intero bazaar antivano, ma in quel momento sembrava nient'altro che una giovane donna come tante altre.

Anzi, se doveva proprio fare un commento, quel naso un poco adunco che ora non riusciva a nascondere le dava l'idea di un qualche uccello esotico.

«Certo, se aveste annunciato la vostra visita avrei avuto il tempo di prepararmi, ma fortunatamente siete solo voi e-» si zittì di colpo, posando lo sguardo su Macsen.

«Ser Macsen Trevelyan.» Si presentò quello con un piccolo inchino che aveva tutta l'aria di essere una gran presa per il culo. «Ravie de faire votre connaissance, mademoiselle.» Proseguì in un perfetto e pomposo Orlesiano, il ghigno che si allargava ulteriormente alla sorpresa della ragazza.

Babette arrossì violentemente, portandosi una mano al volto e coprendosi le labbra. «Enchanté...»

Marian incrociò lo sguardo di Ruvena, roteando gli occhi al cielo. «Sì, meraviglioso, e lei è Ser Ruvena. Ora che ci conosciamo tutti, dovremmo parlare urgentemente con vostro padre, o vostra madre. Affari dell'Ordine Templare, Lady Babette.»

«Oh, ma certo, mio padre è fuori città ma mia madre è sveglia, vado a chiamarla.» Squittì Babette, lanciando un'ultima occhiata languida al templare prima di defilarsi ancheggiando su per le scale di marmo.

Marian gli lanciò uno sguardo di rimprovero, al quale Trevelyan rispose con una scrollata di spalle.

Dopo qualche istante, vennero condotti dal maggiordomo in salotto. Macsen afferrò di buon grado un'eclaire dal vassoio che gli offrì un'elfa minuta con un grembiule da lavoro e una cuffietta sui capelli. Lo stomaco di Marian fece una capriola all'odore, ancora in subbuglio.

Lady Dulci comparve dopo qualche lungo minuto dalla soglia, stranamente in assenza della figlia. Si sedette su una delle poltrone, fissando con aria smarrita gli ospiti. «Cosa posso fare per aiutarvi?»

«Sappiamo che vostro figlio è scappato dalla Forca, Madame.» Andò dritta al punto Marian, squadrandola dritta negli occhi. «Se ha cercato rifugio presso di voi, è nell'interesse di tutti che torni al più presto al Circolo, prima che le conseguenze si facciano spiacevoli.»

La donna sbiancò sotto il fard, irrigidendosi contro lo schienale. «Non vedo Emile da quando-»

«Pensi bene a quello che sta per dire.» La ammonì Marian in tono pacato, facendo un passo verso di lei. «Emile è un bravo ragazzo, assolutamente innocuo, ma questo lo io, lo sanno i miei compagni qui, e lo sapete voi. La Comandante considera chiunque esca senza permesso dalla Forca un mago del sangue da abbattere a vista, come ben immaginate.» Aspettò qualche istante perché le sue parole scavassero nel terrore di una madre. «Ora, se vostro figlio si sta nascondendo qui, o avete informazioni su dove possiamo trovarlo, vi garantisco personalmente che non gli sarà fatto alcun male e che tornerà sano e salvo al Circolo, dove nessuno gli torcerà un capello. Avete la mia parola. In caso contrario, verranno mandati altri a cercarlo, e non posso assicurarvi che ne uscirà indenne.»

Lady Dulci sembrò avere un mezzo mancamento, accasciandosi con un gemito sul bracciolo della poltrona.

Trevelyan le corse accanto, inginocchiandosi e prendendole delicatamente la mano tra le sue, cercando di confortarla. «Madame, faremo tutto il possibile per riportare vostro figlio sano e salvo alla Forca, ma dovete aiutarci. Conoscete la fama della Tenente Hawke, non farebbe mai nulla che possa arrecargli danno.»

Marian sentì Ruvena sbuffare tra i denti, e dovette anche lei trattenersi.

«Siamo nelle vostre delicate mani, Madame Dulci, come lo è il fato di vostro figlio.» Proseguì Trevelyan con una gran faccia di bronzo.

La signora aveva ormai gli occhi lucidi. Annuì debolmente, ricambiando la stretta del giovane e sussurrandogli un ringraziamento in Orlesiano. «Mi ha fatto così pena, il mio bambino, voleva iniziare una nuova vita, ha chiesto solo una piccola somma di denaro... come potevo rifiutarmi di aiutarlo?» Singhiozzò platealmente, asciugandosi una lacrima. «Avrei dovuto fermarlo, sono stata così sciocca-»

«L'amore ci fa essere avventati, Madame, ma non temete, non gli accadrà nulla.» Le assicurò Macsen con fare esageratamente cavalleresco. «Ha per caso detto dove fosse diretto?»

Lady de Launcet scosse il capo. «Non saprei, non ho voluto indagare...»

Marian stava per imprecare per la perdita di tempo, quando dalla porta ricomparve l'elfa che aveva servito loro i dolcetti. Si avvicinò alla padrona di casa, il capo chino.

«Se posso permettermi, Madame, io ho un'idea di dove potrebbero trovarlo.» Parlò, la voce stranamente ferma per sembrare così remissiva. Sollevò il volto verso Marian e Ruvena, e nei suoi occhi c'era un velo di disgusto. «Diceva che si sarebbe divertito, oggi, mi ha persino invitata a... trascorrere del tempo con lui giù in città bassa.» La punta delle orecchie fremette, mentre la bocca si piegava in una piccola smorfia. «Al mio cortese rifiuto, ha detto che avrebbe trovato qualcuno di più disponibile all'Impiccato.»

«L'Impiccato?» Gemette Lady Dulci, scandalizzata. «Quel posto sporco e disgustoso? Oh, vi prego Ser, salvate il mio piccolo Emile da quel luogo di perdizione!»

«Lo salveremo da sé stesso, non si preoccupi.» Sbottò Marian, che aveva finalmente esaurito la pazienza per quel giorno e pure per il resto della settimana. “Sporco e disgustoso? Certo, ma almeno non è orlesiano...”

Salutò con un cenno la donna, voltandole le spalle e procedendo a passi larghi verso l'uscita. Con la coda dell'occhio, individuò Fifi e Babette mezze nascoste dietro il parapetto del piano superiore. Alla vista di Trevelyan, entrambe si diedero di gomito, sussurrando eccitate qualcosa.

«Buona giornata.» Alzò la voce lei, aprendo la porta senza aspettare che ci pensasse il maggiordomo, seguita a ruota da Ruvena.

Trevelyan uscì qualche secondo più tardi, con tutta calma.

«Non divertirti troppo.» Sibilò Marian tra i denti, accelerando il passo verso la piazza.

«Sono Orlesiani, Tenente, prenderli a testate non porta mai da nessuna parte.»

Represse l'istinto di urlare, limitandosi a scuotere il capo e borbottare qualche insulto. «Non ci ho ancora provato, personalmente.»



 

Era quasi l'ora di pranzo, e l'Impiccato era come sempre pieno di gente.

Faticarono ad individuare la cameriera, Norah, e dovettero aspettare che finisse di servire un tavolo di nani particolarmente ciarlieri prima che potesse dar loro retta.

«Stiamo cercando un ragazzo sui venticinque anni, dal fastidioso accento orlesiano, probabilmente sarà entrato qui tutto imbellettato in qualche farsetto nuovo di pacca.» Spiegò Marian.

«Terribilmente brutto,» aggiunse Trevelyan con un sorrisetto divertito «dalla pelata prominente e un pallido tentativo di farsi crescere un pizzetto.»

Ruvena scoppiò a ridere fragorosamente e persino Marian dovette faticare a restare seria.

Norah si esibì in una smorfia irritata. «Sì, ce l'ho presente.» Indicò con un cenno uno dei tavoli più in fondo, dove si trovava un gran numero di persone palesemente ubriache, intente a cantare qualche canzonaccia. «Fa sempre piacere avere un cliente generoso, ma ora si sta esagerando, è da stamattina che fa ubriacare tutti... sto aspettando scatti la rissa.»

Trevelyan sembrò illuminarsi all'idea, avanzando verso il gruppo a proprio agio come lo era stato nel salotto di Lady de Launcet. Le due templari lo seguirono a ruota, e Marian dovette fingere di non sentire i parecchi saluti degli avventori che l'avevano riconosciuta in un batter d'occhio.

Emile de Launcet sedeva attorniato da uno strano miscuglio di marinai, scansafatiche, signorine poco vestite e clienti abituali dell'Impiccato, le guance rosse quanto il farsetto sporco di vino e un sorriso beato stampato in faccia, che si congelò all'istante vedendo incedere i tre templari.

Si raddrizzò sulla panca, cercando di darsi un tono e sollevando le mani di fronte a sé. «Non è come sembra, lo giuro!»

Gli avventori che lo circondavano si aprirono al loro passaggio, restando immobili. Più di un paio si dileguarono immediatamente, mentre la maggior parte iniziavano ad indietreggiare intimoriti.

«Voialtri, fuori dai piedi.» Marian incrociò le braccia al petto, lanciando un'occhiata furente ai pochi ancora intenti a bere e disperdendoli definitivamente. «Emile.»

Il ragazzo cercò di accennare un sorriso di scuse. «Posso spiegare, tenente...»

«Sei davvero così stupido da aver appena speso la tua unica possibilità di levarti di torno offrendo da bere a mezza città?» Lo prese in giro Trevelyan, afferrando un boccale che una delle cameriere stava portando ad un tavolo alle loro spalle e annusandone il contenuto, prima di buttarne giù la metà con aria soddisfatta.

«Ma non ho mai avuto intenzione di... levarmi di torno!» Ribattè Emile, trattenendo a malapena un qualcosa tra un singhiozzo e un rutto. «Stavo aspettando la mia ragazza, e intanto ho offerto un paio di giri ai miei nuovi amici.» Si guardò attorno come a cercare il supporto degli altri avventori, ma la presenza di tre templari armati di tutto punto li aveva fatti ormai dileguare.

«Proprio degli ottimi amici.» Commentò Ruvena.

«Immagino abbia pagato anche la sua cosiddetta ragazza,» rincarò la dose Trevelyan, sogghignando «stento a credere che qualcuno andrebbe a letto con lui di propria volontà.»

Emile si fece rosso come un peperone. Cercò di alzarsi, preso dall'impeto, ma barcollò all'indietro caracollando sulla panca e finendo col culo per terra. «Non vi permetto di parlarmi in questo modo, io sono perfettamente in grado di sedurre-»

Prima che potesse finire la frase, Marian lo tirò su di peso con un'imprecazione, assestandogli uno scappellotto e trascinandolo al piano di sopra, lontano da occhi indiscreti. Gli altri due la seguirono a ruota, ignorando i deboli tentativi del mago di liberarsi dalla sua presa ferrea.

Ruvena bussò ad una delle porte, aprendola con una spallata dopo che non ebbe ottenuto risposta. La stanza era vuota, arredata con solo un letto, un tavolino sbilenco e un armadio.

Marian spinse Emile all'interno, facendolo cascare sul letto. «Cosa ti è saltato in mente?!»

Gli occhi del ragazzo si riempirono di lacrime, mentre stringeva le labbra in una smorfia offesa. «Non capite, ho passato la mia intera vita alla Forca, volevo solo-»

«Divertirti con una puttana?» Lo interruppe Trevelyan, appoggiandosi con grazia alla parete e prendendo poi un altro sorso di birra. «Gran bel sogno.»

«Nella non è una... una di quelle!» Ribattè il mago, sbattendo i pugni sul materasso come un bambino. «Le ho dato il mio anello di famiglia in cambio di un bacio e ha detto che stasera avrebbe... insomma che avremmo...» Gonfiò le guance, mordendosi il labbro. «Che avrebbe fatto di me un uomo, per tutta la notte!»

Trevelyan scoppiò in una fragorosa risata, dovendo reggersi al muro per non cadere, il boccale di birra pericolosamente in bilico. «Come se potessi durare più di cinque minuti, de Launcet...»

«Creatore, dammi la forza.» Sbottò Marian, massaggiandosi la fronte incredula.

«Non sono un mago del sangue, lo giuro, volevo solo sembrare più attraente e-»

«Un mago del sangue?!» Ripetè Marian, abbassando poi la voce. «A chi diamine sei andato a raccontare questa storia, sei completamente fuori di senno?!»

Il ragazzo era ormai sull'orlo delle lacrime. «Pensavo che avrei avuto successo con le donne, se avessero creduto che fossi qualcuno di potente.» Tirò su col naso, sfregando i piedi sul pavimento. «L'ho detto solo ad un paio di persone, però, e tutte ragazze... e Nella non mi tradirebbe mai!»

«Che tristezza.» Commentò Ruvena, scuotendo il capo. «Quasi mi dispiace per lui.»

«Questo imbecille ha rischiato di farsi sottoporre al Rituale della Calma perché voleva farsi una scopata, e a te dispiace?» La rimbeccò Marian, indicandolo.

«La promiscuità nei Circoli è tale che non puoi nemmeno camminare in biblioteca senza incappare in qualche coppia intenta a darsi alla pazza gioia, e questo ha dovuto evadere dalla Forca, fingersi un mago del sangue e dar via il proprio anello di famiglia solo per un bacio.» Trevelyan scosse il capo, sospirando platealmente. «Più che dispiacere, a me fa così pena che gli pagherei un'intera notte con metà delle ragazze della Rosa Fiorita.» Si guardò attorno con aria affranta. «E ora che lo riporteremo dentro, morirà vergine.»

Marian rimase a fissarlo, sempre più irritata, aspettando che finisse con quella pagliacciata. «Trevelyan, ti rendi conto che non è questo il punto, vero?»

«Oh ma è esattamente questo il punto, Tenente, se alla Forca fosse permesso portare dentro e fuori qualche ragazza - o ragazzo, non si nega nulla a nessuno - avremmo molte meno evasioni, ci scommetto. E meno maghi del sangue, gli servirebbe tenerselo in circolo per far sì che-»

«Trevelyan!»

Il templare sbuffò, sollevando le spalle in segno di resa. «Ci ho provato, de Launcet, ma sembra proprio che incontrerai vergine il Creatore.»

Ruvena si immobilizzò di colpo, aprendo la porta dell'armadio di scatto. Si alzò un urlo spaventato, e ne uscì una ragazza in abiti succinti.

«Nella!» La salutò entusiasta Emile, facendole un cenno con la mano. «Digli che non ho fatto nulla di male, che volevamo solo divertirci.»

La ragazza sollevò un attimo lo sguardo verso i tre templari, riabbassandolo subito dopo. «Non sapevo fosse un mago, ma quando l'ho baciato ha-» si passò una mano tra i capelli, e Marian notò che erano parecchio crespi. «Ha iniziato a dire che era un mago potente e di una famiglia nobile, e che mi avrebbe ricoperta di doni se...»

La risata di Trevelyan risuonò nuovamente per tutta la stanza. «Che carino, scommetto che non aveva idea di cosa stava combinando.» Lanciò uno sguardo a Marian e Ruvena, che lo fissavano con somma disapprovazione. «E voi due, con tutto rispetto, non sapete che vi siete perse, con quello che sanno fare i maghi...» Si schiarì la gola, avanzando di qualche passo verso la ragazza e sistemandole la camicia in modo da coprirle un poco il seno. «Purtroppo il nostro caro Emile deve tornare a casa, non potrà mantenere la parola data.» Si frugò in tasca, estraendone una manciata di monete d'oro e mettendole nel palmo della ragazza, che lo fissò confusa. Il templare le sfiorò il dito su cui troneggiava l'anello dei de Launcet, d'oro massiccio e col sigillo della casata in smalto porpora. «Non sapresti nemmeno rivenderlo al giusto prezzo, signorina. Se permetti...» glielo sfilò delicatamente, lanciandolo poi ad Emile che fallì nell'afferrarlo al volo. Trevelyan sembrò pensarci su un attimo, per poi rinfilarsi la mano nella scarsella e tirando fuori altre tre monete d'oro. «Tuttavia è ormai ora di pranzo, e io ho un certo languorino, come non dubito le mie colleghe, vero Tenente?» Si voltò a guardare Marian, strizzandole l'occhio, per poi tornare sulla ragazza. «Avete all'incirca un'oretta, direi che dovrebbe essere più che sufficiente visto il tipo. Fai un piccolo sacrificio, per il suo bene, sarà la prima e ultima volta che vedrà una donna con il consenso di quest'ultima, sempre se glielo permetterai.»

Nella abbassò lo sguardo su tutte quelle monete d'oro, stampandosi in faccia un sorriso entusiasta. «Ma certamente, Ser!» Esclamò voltandosi verso Emile.

Il mago, in tutto questo, aveva l'espressione più stupida e basita del mondo. Boccheggiò in direzione di Trevelyan, spostando poi lo sguardo su Marian e infine sulla ragazza mezza nuda. «Davvero? Non mi ucciderete e mi lascerete...?»

«Fatti un favore e chiudi quella bocca, prima che cambi idea.» Tagliò corto Marian, capitolando. «Un'ora, non di più, altrimenti ti faccio trascinare nudo fino alla Forca.»

Usciti dalla stanza, Ruvena richiuse la porta con un grugnito disgustato. «Patetico.»

«Avete fatto una buona azione, oggi.» Sorrise Trevelyan soddisfatto, precedendole verso le scale. «Non tutti possono avere la fortuna di fare strage di cuori.»

Marian stava per rispondergli a tono, quando Ruvena la fermò per un braccio, accennando col capo verso il giovane templare. «Dici che se le prova davanti allo specchio, o ha un ego talmente grosso che non riesce manco a riflettercisi?»

Scoppiò a ridere. «Probabilmente ha un'intera parete di specchi per questo esatto motivo.»



 

Finito di pranzare, stavano per alzarsi e andare a recuperare Emile per un orecchio quando il ragazzo fece capolino dal corridoio sopra le scale, un sorriso beato stampato in volto e i pochi capelli che aveva in testa tutti spettinati.

«Direi che possiamo andare.» Tagliò corto Marian, prima che Trevelyan potesse aprire bocca.

L'altro si esibì in un risolino divertito, facendo segno ad Emile di precederli fuori dalla porta.

Una volta all'esterno, Marian afferrò il mago per un braccio. «Prima che ti riportiamo dentro, come sei uscito?»

L'altro sbiancò di colpo, l'espressione felice svanita in un lampo. «Una templare-»

«No.» Lo interruppe Marian, scuotendo il capo. «È stato quell'elfo, Huon.»

«Ma veramente...»

Strinse la presa, fino a fargli sfuggire un gemito di dolore. «Huon, l'elfo, parlava di poter scappare, l'hai sentito che confabulava con quell'altro elfo, Arin. Gli hai offerto dei soldi per evadere con loro, poi sei fuggito subito a casa dei tuoi e infine noi ti abbiamo trovato all'Impiccato. Ma sono stati Huon e Arin a farti uscire dalla Forca, usando i tunnel dietro alle cucine.» Meredith già conosceva quei passaggi, avrebbe dato la colpa ad uno dei templari di guardia di essere stato poco attento, ma nulla di talmente eclatante da chiedere la testa di qualcuno, o peggio. Soprattutto se Marian avesse sistemato tutti i maghi fuggiti, come richiedeva il piano di Andrew.

Il ragazzo annuì. «Huon. Capito. Giuro che è stato lui.»

Marian lo lasciò andare, dandogli una pacchetta sulla spalla. «Bravo.»

«E vedi di ricordartelo, ci devi un favore.» Si intromise Trevelyan, assottigliando gli occhi nonostante stesse ancora sorridendo, la voce improvvisamente fredda. «Sarebbe un peccato dover rinunciare a quel vermiciattolo che hai tra le gambe proprio ora che hai imparato come si usa, non credi?»
























Note dell'Autrice: dato che tutta la faccenda della quest "best served cold" non avrebbe assolutamente senso in questa storia... abbiamo dei punti di vista più partecipi della rivoluzione che sta nascendo in seno alla Forca.
Se qualcuno riconosce la canzone da cui sono tratti i titoli di questo e dei prossimi capitoli, vince un Biscottino. Nel senso di un piccolo mabari molto carino e ghiotto di dolcetti. 
Cheers e alla prossima! 

  
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