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Autore: Bored94    07/12/2020    1 recensioni
[Gin-centric] [Tematiche delicate]
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Dopo la fine della guerra contro gli Amanto, Gintoki Sakata è riuscito a rifarsi una vita e a trovare dei nuovi compagni, una nuova famiglia. Cosa succederebbe se anche questa gli venisse improvvisamente strappata via? Come reagirebbe se pensasse di aver perso tutto?
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata, Kagura, Shinpachi Shimura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 3


Shinpachi guardò fuori dal finestrino dell'auto della Shinsengumi. Stavano finalmente tornando a casa! Dopo più di un mese! Non poteva crederci!

«Ehi Kagura-chan! Cosa sarà la prima cosa che farai appena arrivata?»

«Mangiare fino a scoppiare» rispose la ragazzina senza battere ciglio. Shinpachi rise, possibile che l'amica non facesse altro che pensare al cibo?

«Prima dovremo portarvi al quartier generale. Dovrete rilasciare delle dichiarazioni. Dopo vi porteremo a casa Shimura» si limitò a comunicare Hijikata senza disturbarsi a dare ulteriori spiegazioni.

A Kagura la risposta non piacque affatto. «A casa di Shinpachi? Ma io voglio andare a casa mia. Perché devo andare da Shinpachi?»

«Vi spiegherà tutto sua sorella.»

Shinpachi cominciò a sentirsi a disagio. Cosa significava? Hijikata non era mai stato un chiacchierone, ma sembrava voler evitare domande a qualsiasi costo. Cosa stava succedendo? Perché Kagura non poteva tornare direttamente alla Yorozuya?

«È successo qualcosa a Gin-san?» chiese a bruciapelo. Non ricevette risposta. Kagura e Shinpachi esplosero all'unisono.

«Perché non rispondi?» «Cos'è successo?» «Perché ce lo deve spiegare mia sorella? Perché non può farlo lei?» «Perché non posso andare a casa? Dov'è Gin-chan?»

«Basta!» sbraitò. «Siete scomparsi per più di un mese! Cosa pensate che sia successo? Cosa credete che abbiano pensato tutti?»

I due ragazzini ammutolirono, il gelo scese all'interno della vettura mentre assimilavano quanto appena detto da Hijikata.

Erano spariti per più di un mese.

Erano stati talmente euforici all'idea di tornare finalmente a casa che non si erano fermati a pensare alle implicazioni della loro sparizione. Non avevano avuto modo di contattare la loro famiglia. Nessuno sapeva che fine avessero fatto.

L'ultima volta che Gin li aveva visti erano chiusi in un albergo in fiamme.

Un brivido gelido gli corse lungo la spina dorsale.

Li credevano morti.

 

L'attesa per rilasciare la loro dichiarazione stava durando eoni. O almeno così sembrava a loro. Volevano correre a casa a dire a Otae e Gintoki che erano ancora vivi, il loro nervosismo e la loro impazienza erano tangibili, contagiavano persino gli agenti della Shinsengumi che gli orbitavano attorno con finta non-chalance per tenerli d'occhio.

Finalmente Kondo li chiamò.

Shinpachi gettò un'occhiata all'orologio appeso alla parete e rimase di stucco nel vedere che in realtà stavano aspettando da soli dieci minuti.

«D'accodo, ragazzi. Adesso dovete raccontarci tutto» Kondo si accorse della loro impazienza. «So che questo è l'ultimo posto in cui vorreste essere, ma la vostra testimonianza è fondamentale per riuscire finalmente a chiudere questo caso.»

Shinpachi e Kagura iniziarono a raccontare in modo rapido e dettagliato, aggiungendo particolari uno al discorso dell'altro. Prima avessero finito, prima sarebbero stati liberi di andarsene.

Tutto era iniziato ad andare male dopo che avevano riportato la ragazza dalla sua famiglia, dopo che quel bamboccio arricchito che le faceva la posta aveva tentato di rapirla. La missione era praticamente conclusa e si sarebbero potuti godere il resto della vacanza gratuita prima di tornare in città. In albergo però era accaduto qualcosa di strano: un tizio che avevano intravisto altre volte nei giorni precedenti aveva iniziato ad osservarli con insistenza.

Inizialmente Shinpachi aveva solo pensato di essere un po' troppo suscettibile, ma si era accorto che anche Gintoki sembrava molto più cauto.

Lo sconosciuto, li informò Kondo, era un ronin che aveva combattuto nella guerra contro gli Amanto e che aveva iniziato ad usare l'albergo in cui alloggiavano come base per gli incontri con i suoi compagni. L'uomo si era probabilmente allertato perché aveva riconosciuto Gintoki come il Demone Bianco famoso durante la guerra; sapeva che aveva rinunciato a combattere dopo la fine della stessa, inoltre si vociferava che Shiroyasha avesse cambiato bandiera: era stato visto combattere al fianco di Katsura contro il Kihetai e contro alcuni dei suoi membri addirittura al fianco dei cani del bakufu. Il ronin non riusciva a capire da che parte stesse il samurai, ma faceva fatica a credere che si trovasse lì per caso. Si era messo in testa che Gintoki sapesse della loro presenza e fosse lì per rovinare i loro piani.

Gin dal canto suo sperava che non andasse a infastidirli così avrebbe potuto continuare a ignorarlo e godersi la vacanza.

Ovviamente la speranza era stata vana.

Il ronin aveva deciso che Gin era una minaccia e aveva deciso di affrontarlo. Aveva sentito le leggende, ma per qualche motivo era sicuro che fossero solo, per l'appunto, leggende. Nel frattempo i suoi uomini avevano avuto l'ordine di bruciare tutte le prove del loro passaggio in quell'albergo.

I tuttofare si erano accorti delle fiamme tornando dalla spiaggia ed avevano iniziato a correre in direzione dell'edificio, intenzionati a dare una mano durante l'evacuazione, quando il ronin si era parato davanti a loro.

L'uomo aveva iniziato a straparlare e a nulla erano valse le spiegazioni dei tre amici che cercavano di convincerlo che loro non erano lì per lui. Alla fine Gintoki spazientito aveva fatto cenno ai due ragazzi di andare avanti, lui si sarebbe occupato di quel seccatore.

Shinpachi e Kagura avevano raggiunto l'edificio in fiamme e avevano subito iniziato ad aiutare le persone in fuga, si erano poi addentrati nell'albergo per controllare che nessuno fosse rimasto indietro. La scelta si era rivelata più stupida di quanto credessero, dal momento che la struttura dell'edificio aveva iniziato a cedere, sbarrandogli la strada. La poca visibilità, i nuovi ostacoli e il fumo avevano trasformato l'albergo in una trappola mortale, in breve Kagura e Shinpachi avevano finito l'ossigeno ed erano svenuti.

Il giorno dopo si erano risvegliati legati e imbavagliati nella base di quelli che Kondo ora gli aveva svelato essere un gruppo di terroristi, a quanto pareva li avevano portati via attraverso un tunnel al quale si accedeva dalla cantina dell'albergo. Li avevano sentiti discutere animatamente perché il loro capo, che i due amici avevano dedotto essere il ronin che aveva sbarrato loro la strada, sembrava essere scomparso in seguito al suo combattimento con il Demone Bianco. Shinpachi pensò che se il loro capo aveva combattuto con Gintoki probabilmente a quel punto era morto o in mano alla Shinsengumi, ma si guardò bene dal condividerlo con i loro carcerieri. Erano rimasti prigionieri di quegli uomini per più di una settimana, nutriti alla bene e meglio, prima di iniziare a capire quali fossero i loro piani. La proposta che andava per la maggiore era quella di usarli come moneta di scambio per avere indietro il capo, o quanto meno una somma di denaro.

Avevano atteso un'altra settimana per capire quale fosse la routine dei ronin e verso metà della terza erano riusciti a scappare nella notte. Dovevano ammettere che quei terroristi non dovevano essere un granché se due ragazzini, nutriti a pane ed acqua per più di due settimane, erano riusciti a fargliela sotto il naso. Il giovane samurai era riuscito addirittura a recuperare la propria spada di legno, mentre l'ombrello dell'amica sembrava essere rimasto all'albergo, probabilmente era caduto mentre li trasportavano. Kagura e Shinpachi quella notte avevano raggiunto un villaggio che non ricordavano di aver mai visto durante il viaggio di andata con Gintoki, ma erano troppo stanchi e provati per proseguire, così si erano intrufolati in una rimessa ed erano crollati.

Il giorno dopo erano stati trovati dalla padrona di casa, che, impietosita dalle loro condizioni, aveva permesso loro di lavarsi e sfamarsi. Dovette passare qualche giorno prima che Shinpachi e Kagura fossero abbastanza in forma per rendersi conto che avrebbero dovuto trovare il modo di contattare la loro famiglia a Edo e farsi venire a prendere. Purtroppo il villaggio sembrava non essere stato toccato dall'ondata “civilizzatrice” degli Amanto, rendendo impossibili o estremamente difficoltosi i contatti con l'esterno: la copertura telefonica era quasi nulla, internet era solo una vaga chimera e l'ufficio postale possedeva come unico mezzo di trasporto un motorino mezzo sfasciato che minacciava di lasciare a piedi il postino a metà strada tra lì, ovunque lì si trovasse, ed Edo. Erano dovuti passare ancora altri giorni prima che la padrona di casa permettesse ai due adolescenti di mettersi in marcia per tornare a casa. Non erano sicuri di dove si trovassero, così si erano fatti indicare la direzione per la città più vicina. La signora non era affatto d'accordo, ma loro mancavano da casa da ormai più di un mese e non riuscivano più ad aspettare oltre. Era stato durante il loro viaggio di ritorno che avevano incontrato le pattuglie della Shinsengumi che, seguendo una loro pista indipendente, erano finiti a dare la caccia a quegli stessi terroristi che avevano catturato i due amici. Una volta aggiornato Hijikata sugli ultimi avvenimenti, questi li aveva riportati ad Edo per rilasciare una dichiarazione al quartier generale della Shinsengumi, dove si trovavano.

 

Finito il loro racconto e ottenuto il permesso di andare, Shinpachi e Kagura si erano fiondati all'esterno, ma erano stati placcati dal vicecomandante demoniaco che li aveva portati entrambi da Otae, nonostante le rimostranze di una riluttante Kagura.

 

La felicità di Otae nel rivederli vivi e vegeti fece scemare almeno in parte l'irritazione della giovane yato. Aggiornata anche lei riguardo le loro peripezie e dopo che Otae si era stancata di abbracciare Shinpachi fino a stritolarlo, ricevettero il permesso di andare entrambi alla Yorozuya, anche se non capirono l'insistenza di Otae nel voler assolutamente fare una telefonata prima che loro si dirigessero da Gin. L'unica cosa che il ragazzo con gli occhiali era riuscito a capire era che la sorella per qualche motivo era particolarmente irritata dall'esito della chiamata.

«Quell'idiota non risponde» sbuffò la ragazza. «È da quando Hijikata ha chiamato per dire che vi avevano trovato ed eravate al quartier generale che cerchiamo di contattare quel perdigiorno di un samurai, ma non risponde al telefono. Ho chiesto a Otose di controllare che non stesse ancora dormendo, ma niente da fare.»

«Le hai detto che siamo tornati?»

«Sì, ma non l'abbiamo ancora detto a Gintoki... a questo punto è meglio che siate voi ad andare.»

«Sorella...» iniziò Shinpachi titubante. «Per quale motivo siamo stati portati entrambi qui? Perché Kagura-chan non è potuta tornare direttamente alla Yorozuya?»

Otae fece scorrere lo sguardo da uno dall'altra. Nasconderglielo non sarebbe servito a niente, tanto valeva che arrivassero preparati. Sospirò. «Questo mese è stato difficile. Tutti... tutti abbiamo pensato che foste morti. È stata dura farsene una ragione, abituarsi all'idea che non saresti più tornato a casa, che non avresti più criticato la mia cucina, che non avresti più usato il nostro dōjō o... partecipato a quegli assurdi incontri per Otsū. O che non avrei più visto Kagura-chan devastare mezza città in groppa a Sadaharu» Otae rise, ma i due ragazzini potevano vedere i suoi occhi iniziare a inumidirsi. Fece un respiro profondo. «Ma c'era il lavoro, i debiti, i clienti... ho cercato di concentrarmi sui miei impegni e di vivere un giorno alla volta. Ho continuato a uscire di casa per le commissioni, per andare allo Snack Smile e... Oryō e Kyūbei mi hanno aiutata a superare i momenti peggiori, ma...» si fermò un attimo, in cerca delle parole migliori «per Gintoki è stato diverso. Lui... si è isolato. Abbiamo cercato di parlargli, ma ci siamo riusciti solo di recente. Non sta bene, dovete essere pronti.»

Shinpachi restò in silenzio: le allusioni della sorella non gli piacevano affatto, perché era così vaga? Otae non era tipo da girare attorno alle cose. Cosa non gli stava dicendo? Lanciò un'occhiata a Kagura che non sembrava aver colto nulla di allarmante, ma non si stupì più di tanto.

«Sorella, mi dispiace per tutto ciò che hai dovuto passare a causa mia e sono felice che tu abbia potuto contare su Oryō e Kyūbei. Mi farò perdonare» Otae rise. «Sì, dovrai decisamente farti perdonare per essere stato rapito.»

 

Arrivarono davanti al bar della signora Otose quasi di corsa, stavano per lanciarsi su per le scale, quando si sentirono afferrare da dietro per il bavero e una voce roca li apostrofò.

«Ehi mocciosi, dove pensate di andare?»

I ragazzi si girarono di scatto e videro la padrona di casa ferma dietro di loro. Si inchinarono in automatico per scusarsi di quanto avessero fatto preoccupare tutti quanti. Spararono scuse e spiegazioni a raffica, mortificati. La signora Otose rise e li interruppe. «Ho capito, ho capito. Sono felice che stiate bene e siate tornati. Questo posto è stato fin troppo silenzioso nell'ultimo mese. Immagino vogliate correre da quel perdigiorno che vive al piano di sopra» concluse precedendoli ed entrando in casa.

Appena i due ragazzini misero piede in casa ebbero la conferma che qualcosa non andava. L'appartamento era pulito, ma sembrava lasciato a se stesso, alcune cose erano troppo in ordine, era come se chiunque ci vivesse stesse usando le stanze il meno possibile.

Kagura storse il naso. «Shinpachi... non mi piace» il ragazzo con gli occhiali non fece in tempo a risponderle che una montagna di pelo a quattro zampe si avventò su di loro guaendo e saltando come impazzita.

«Sadaharu!» strillò Kagura estasiata, mentre cercavano di alzarsi dopo essere stati travolti in pieno dal cane. «Ti sei preoccupato, vero? Scusa, cucciolo» la ragazzina rise. «Guarda, Shinpachi, scodinzola talmente tanto che gli si staccherà la coda.»

Dopo che furono riusciti a far calmare Sadaharu, si misero alla ricerca di Gintoki. Lo trovarono addormentato nel futon, mezzo vestito e mezzo ancora in pigiama. Provarono ad avvicinarsi e scuoterlo, lo chiamarono un paio di volte, ma l'uomo si limitò a fare una smorfia e si girò dall'altra parte, così facendo una zaffata di alcol colpì in pieno i due adolescenti che si girarono verso Otose.

«Ok, qualcuno ci può spiegare cosa sta succedendo?»

«Perdervi è stato un colpo molto duro, ragazzi. Dovrete tenerlo d'occhio per un po'» si limitò a dire la donna, prese poi un'altra boccata dalla propria sigaretta e li lasciò soli.

«Guarda, Shinpachi» bisbigliò Kagura sollevando leggermene la coperta del futon. Il ragazzo capì subito cosa stava cercando di mostrargli l'amica. La camicia mezza aperta e sollevata lasciava intravedere un numero preoccupante di segni violacei e ferite in fase di guarigione che Shinpachi era sicuro non ci fossero quando lo avevano visto l'ultima volta in spiaggia. L'ombra di un livido era ancora visibile anche su uno zigomo dell'uomo addormentato. Kagura allungò una mano e sfiorò con le dita una delle guance del samurai. «Sei proprio uno stupido, Gin-chan» sussurrò. «Cosa facciamo?»

Shinpachi, che si era alzato da terra poco prima, le passò una coperta e ne sistemò una seconda sul pavimento accanto al futon, per poi sedercisi sopra. «Aspettiamo» si limitò a rispondere, ricacciando giù il groppo che gli si era formato in gola e afferrando una mano di Gintoki.

Kagura annuì e lo imitò.

***

La prima cosa di cui si accorse quando si svegliò era che sentiva un braccio intorpidito. Che Sadaharu si fosse addormentato di nuovo con il muso su di lui? Mosse le dita. Aveva qualcosa in mano?

Improvvisamente si ricordò che gli sembrava di aver sentito del trambusto quella mattina... o avrebbe dovuto dire quel pomeriggio? Ma forse era stato solo l'ennesimo sogno delirante, dopotutto gli era sembrato di sentire le voci di Shinpachi e Kagura e gli era capitato già più volte di sognarli entrare dalla porta della Yorozuya sani e salvi... emise un respiro tremolante. Quando sarebbe finita? Perché doveva continuare a vederli ogni volta che si concedeva di dormire? Non bastava che gli mancassero quando era sveglio?

Finalmente si decise ad aprire gli occhi e mosse la testa. Qualunque cosa fosse appoggiata alla sua spalla sinistra si mosse. «Gin-chan? Sei sveglio?» il suo cuore saltò un battito. Kagura?

Si alzò a sedere di scatto, sollevando le proteste della ragazzina dai capelli rossi, che si era addormentata con la testa sulla sua spalla, e di Shinpachi, che si era addormentato sull'altro lato accanto lui. Entrambi lo stavano tenendo per mano. Chiaramente quello che aveva sentito erano loro, ma com'era possibile? Come potevano essere lì? Come potevano essere vivi? Era forse impazzito e aveva iniziato ad avere allucinazioni?

Sentì che i ragazzini lasciavano andare le sue mani. Shinpachi si alzò per accendere la luce, mentre Kagura brontolava stropicciandosi gli occhi.

«Gin-san?» chiese preoccupato il ragazzo con gli occhiali riavvicinandosi con cautela, come se avesse avuto paura di spaventarlo. L'uomo si alzò in piedi e fece correre lo sguardo da uno all'altra, mentre Kagura lo imitava e si avvicinava a Shinpachi. «Gin-san, stai bene?»

Gintoki mosse qualche passo verso di loro e aprì la bocca, ma non uscì nessun suono. Si avvicinò ancora di più e si trovò a sfiorare i loro visi con le dita.

Erano davvero lì.

Non era qualche allucinazione o sogno.

Erano lì, in quella stanza. Vivi.

Il samurai dai capelli d'argento sentì le gambe cedere e cadde in ginocchio davanti ai due ragazzini. Entrambi, allarmati, si inginocchiarono e iniziarono a parlare concitati spiegando ciò che era accaduto nell'ultimo mese, come erano stati ritrovati dalla Shinsengumi e come sia Kondo che Otae avessero tentato di avvisarlo in tutti i modi quella mattina. Alla fine erano riusciti solo ad avvertire la signora Otose poco prima di arrivare alla Yorozuya, anche la donna aveva scoperto la verità solo una volta che se li era trovati davanti.

«Gin-chan, per favore, dì qualcosa» lo supplicò la giovane yato. «Abbiamo cercato di contattarvi in tutti i modi quando ci siamo liberati, ma non ce l'abbiamo fatta, ci dispiace, noi-»

Gintoki non la lasciò terminare e strinse a sé entrambi, come se avesse avuto paura di vederli scomparire da davanti ai suoi occhi da un momento all'altro.

«Gin-chan... non piangere» mormorò Kagura vedendo le lacrime iniziare a scorrere silenziosamente sulle guance dell'uomo e stringendolo a sua volta. «Stiamo bene.»

Shinpachi fece un sorriso triste e ricambiò l'abbraccio. «Va tutto bene, Gin-san. Siamo qui adesso. Siamo tornati a casa e tutto tornerà a posto.»

 

Non avrebbero saputo dire per quanto tempo fossero rimasti in quella posizione. I ragazzini non avevano cercato di liberarsi, avevano atteso semplicemente che Gintoki si calmasse e si decidesse a lasciarli andare. Nei giorni seguenti non l'avevano perso d'occhio un attimo, obbligandolo a mangiare e a limitare l'alcol e costringendolo a impegnarsi di nuovo con i casi della Yorozuya.

Per il momento, Shinpachi e Kagura avevano deciso di comune accordo di scegliere casi che non li portassero fuori da Edo e che sembrassero abbastanza innocui da non metterli in pericolo, era già abbastanza complicato persuadere Gin a portarli con sé con quel genere di casi, se avessero scelto qualcosa di più rischioso non erano affatto sicuri che sarebbero riusciti a convincerlo a farli partecipare.

Kagura, inoltre, aveva iniziato ad andare in camera di Gin più spesso di quanto facesse prima. Lavorando a lungo a contatto con il samurai, si erano accorti da tempo che di tanto in tanto aveva ancora degli incubi legati alla guerra contro gli Amanto. I primi tempi, quando si accorgevano che iniziava a lamentarsi nel sonno, avevano provato a svegliarlo, ma l'unica cosa che avevano ottenuto era scoprire che dopo un risveglio brusco Gintoki era molto agitato e confuso su dove si trovasse e su che giorno fosse, così avevano smesso, limitandosi ad aspettare che si svegliasse e a distrarlo, tanto erano rumorosi per natura, non era difficile. Di notte Shinpachi si fermava di rado, ma Kagura, quando si accorgeva che l'uomo stava avendo un incubo, era solita intrufolarsi in camera sua e accoccolarsi accanto a lui nel futon, avevano notato che in questo modo si svegliava comunque più tranquillo e sembrava non ricordare gli incubi.

Ovviamente non gli avevano mai parlato di tutto questo, avevano capito cosa stava succedendo mettendo insieme i pezzi, volta dopo volta. Avevano deciso di non chiedergli spiegazioni ed erano abbastanza sicuri che lui si fosse accorto di ciò che stavano facendo, ma non aveva mai commentato. Avevano quindi immaginato che il loro comportamento non lo infastidisse e avevano continuato.

Da quella missione però gli incubi sembravano essersi fatti più frequenti, così i due ragazzini si assicuravano che almeno uno di loro fosse sempre nei paraggi quando Gintoki si addormentava, che fosse giorno o notte. Sapevano che prima o poi sarebbero diminuiti, avrebbero solo dovuto avere un po' di pazienza.

***

«Tu... che cosa hai fatto?» sibilò Shinpachi con un tremito di rabbia nella voce, sconvolto dopo aver scoperto ciò che tutti stavano tenendo nascosto a lui e Kagura da quando erano tornati.

Erano passati dal bar di Otose per salutare e la situazione era degenerata quando Tama, molto tranquillamente, aveva osservato che era una buona cosa che Gintoki non avesse portato a termine il suo tentato seppuku, visto che i ragazzi erano tornati.

Gintoki deglutì sotto lo sguardo sconvolto di Shinpachi e l'orrore negli occhi di Kagura. Sapeva cosa sarebbe successo ora: le avrebbe prese. E ne avrebbe prese tante.

Come se gli avesse letto nel pensiero, il samurai con gli occhiali gli mollò un pugno che lo mandò lungo disteso sul pavimento del locale.

«SEPPUKU?! TE LO DIAMO NOI IL SEPPUKU, BRUTTO IDIOTA!» urlò il ragazzo fuori di sé dalla rabbia e lo afferrò per il bavero del kimono. «Si può sapere cos-» Shinpachi venne interrotto e spostato con violenza da Kagura, che afferrò a sua volta Gintoki. «Si può sapere cosa ti è saltato in mente, stupido samurai con la permanente? Eh?!» strillò la ragazzina, scuotendolo.

Dopo non pochi sforzi, Gin riuscì finalmente a liberarsi e stava per ribattere quando vide l'espressione sui volti dei due ragazzini. Non erano davvero arrabbiati, erano solo incredibilmente spaventati e il samurai si rese conto di quanto avessero dovuto essere preoccupati in quei giorni: erano tornati e lo avevano trovato steso nel futon che puzzava di alcol, con ancora i segni delle risse sul corpo e chiaramente dimagrito, con profonde occhiaie che avevano impiegato giorni a scomparire. Sapeva anche che si erano accorti che gli incubi erano aumentati e stavano facendo del loro meglio per aiutarlo a gestirli senza farglielo pesare o metterlo a disagio. Capì solo in quel momento però che si ritenevano in qualche modo responsabili per ciò che aveva passato.

Si avvicinò a entrambi con cautela. «Mi dispiace» si limitò a dire. Vide gli occhi dei due adolescenti riempirsi di lacrime. Da quanto tempo stavano nascondendo la loro preoccupazione e cercando di essere forti per lui? «Non è stata colpa vostra, ero...» scosse la testa e assunse un'espressione forzatamente svagata.

Shinpachi e Kagura non lo lasciarono finire e lo abbracciarono. «Sei un idiota, Gin-chan» sussurò Kagura senza staccarsi da lui. «Cosa avremmo fatto se tu ci fossi riuscito e noi fossimo tornati? Cosa avrei fatto io? Te l'ho già detto, la vita senza di te non sarebbe divertente, stupido con la faccia da pesce lesso.»

«Ho già visto qualcuno della mia famiglia morire, Gin-san... mio padre, mia madre, Hajime-nii... non voglio che succeda qualcosa anche a te. Per favore, non fare mai più qualcosa di così stupido» mormorò Shinpachi, nascondendo il viso nel suo kimono.

«Ohi ohi, andiamo ragazzi» rispose appoggiando una mano sulla testa di ognuno. «Non è successo nulla. Voi state bene e io sono ancora qui. Mi riprenderò alla svelta, promesso, ci vuole ben altro per mettermi al tappeto. Adesso però dobbiamo festeggiare. L'ultimo che arriva al ristorante paga la cena!» disse scappando all'esterno inseguito da Shinpachi e Kagura che strillavano che così però era proprio sleale.

Otose sorrise da dietro il bancone, finalmente era tornato tutto alla normalità.

«Avanti, ragazze. Tra poco arriveranno i clienti.»

  
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