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Autore: HerikSigurd    08/12/2020    0 recensioni
Nella terra di Nin Thoulgulf, un giovanissimo guerriero, combatte quasi esclusivamente per denaro e ricchezza. Una vita ormai consacrata alla violenza e al nichilismo, segnata da un passato traumatico. Un passato da cui cerca in ogni modo di fuggire.
Ma il passato ritornerà con rinnovato vigore, per segnare per sempre il suo futuro.
Genere: Dark, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Threesome
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Il mattino era attanagliato da un'atmosfera tetra, le nuvole mantenevano un intenso e inquietante grigiore dando quasi la sensazione che fosse ancora notte, ma l'alba era già passata da un pezzo.
Come se non fosse abbastanza l'isola venne colpita da un forte vento proveniente da nord-est, portando con se un aria gelida, molto pungente e una pioggia incessante.
Tutti i soldati dell'accampamento erano dentro le loro tende a ripararsi, tanti di loro soffrivano molto il freddo. Alcuni di loro si erano addirittura ammalati, pochi di questi morti o quasi morti di tosse e raffreddore. Tranne gli elfi.
Per quanto risentisse anche lui del clima rigido e tempestoso, Thoulgulf ci era abituato essendo un ragazzo del nord.

I luoghi in cui ha vissuto, quando era un bambino, sono stati sempre freddi, pesanti e in alcuni casi anche inospitali; luoghi che in parte hanno forgiato il suo fisico e il suo carattere duro.
Quando si risvegliò egli era completamente nudo, avvolto dalle folte coperte di lupo nero,stretta tra le sue braccia teneva ancora la sua lama da cui non si staccava mai.

Ogni notte dormiva con la spada tra le braccia, come un bambino che tiene sempre il suo giocattolo tra le mani; solo che quel giocattolo poteva mozzare di netto la testa di uomo e il ragazzo ci riusciva benissimo.
Una volta che fu totalmente sveglio, si infilò le brache e iniziò a vestirsi con dei pantaloni color grigio talpa ed un farsetto nero, fatto di stoffa grezza e ruvida. Infine degli stivali con una lieve sfumatura ambrata che presentavano dei vistosi segni usura e di rattoppamenti fatti da lui.
Quelle scarpe avevano qualche anno, ma non aveva intenzione di cambiarle. Ebbe l'occasione e la possibilità di comprare un paio di scarpe nuove, però preferiva rimanere così; perché i vestiti logori e trasandati li facevano ricordare da dove veniva.
Nel centro della tenda aprì un insenatura per far defluire l'aria, evitando che entrasse l'acqua piovana.
Lì c'era un piccolo spazio di terra circondata da delle pietre, da lui stesso posizionate, per creare un focolare che non facesse danni.
Ci buttò quella poca legna asciutta che trovò nella sua minuscola e spartana abitazione, tirò fuori un pietra e con vari tentativi accese una piccola fiammella che diventò sempre più grande.

Col crescente barlume giallastro aumentarono anche gli scoppiettii e Thoulgulf rimase lì, seduto con le gambe incrociate, a fissare il fuoco con insistenza e ossessione.

Nella sua mente passavano un gran quantità di pensieri e ricordi che lui stesso, in alcune circostanze, faceva fatica a gestire; quindi si limitava semplicemente a mantenere uno sguardo passivo e la testa in un'altra dimensione.
Così sembrò che attorno al mondo del ragazzo ci fosse solo il silenzio e il rumore di una tempesta, silenzio che però venne interrotto da un voce più che famigliare.
«Thoulgulf» urlò Jhariq che stava fuori sotto la pioggia «facci entrare, abbiamo delle provviste con noi!»
Si riprese in uno scatto, slegò le corde che tenevano chiusa l'apertura della tenda facendo entrare Jhariq, Tyrsa e un uomo di bassa statura che riconobbe subito.
«Marco, dove ti eri cacciato ieri? Non ti ho visto per tutto il giorno.»
Marco Publio Lorenziano, era un uomo che non superava il metro e settanta, minuto e con una tipica carnagione olivastra.

Era vestito con con un'armatura in cuoio rivestita sul torace da una corazza muscolare di metallo e con un gonnellino bianco. Insieme aveva anche delle schiniere che gli proteggevano gambe e ginocchia, e sulle spalle era coperto da una pesante pelliccia che lo faceva apparire più grosso e robusto di quanto lo era realmente.

«Ero in perlustrazione dentro e fuori l'accampamento, ma quanto diavolo fa freddo in questo posto? Se sapevo di morire congelato col cavolo che mi sarei mosso da Saturia, quanto mi manca.»
«Forse non avresti dovuto farti esiliare» disse la donna dandogli una pacca sulla spalla «così staresti ancora al calduccio.

A proposito, perché una simile punizione?»

«Diciamo che ho violato il letto matrimoniale di un nobile saturiano, poi quello di una figlia di un nobile saturiano.»

«Non avevo dubbi.» Aggiunge Thoulgulf mentre cercava di alimentare il fuoco un altro po'.
«Tieni questo» Jhariq pose una sacca di pelle accanto al focolare «qui dentro c'è della carne di maiale essiccata e pane elfico. Mangiamo questa roba da giorno ormai, ma è l'unico alimento che ti tiene in forze in mezzo a tutta quella schifezza elfica.»

I quattro si sedettero in cerchio in modo che tutti potessero godere di un po' calore.

Si riempirono i boccali con una birra rossa e molto torbida, aveva quel sapore dolciastro che al giovane piaceva molto. Poi si riempirono le scodelle di pane e carne secca, che mangiarono di gran gusto essendo il loro primo pasto del giorno.
Le fiamme danzavano in modo disordinato spostando le flebili ombre dei quattro individui a destra e a sinistra, in una danza quasi ipnotica e inquietante.

«Mentre ero in giro ho sentito delle voci su quello che sta succedendo ai mercenari» affermò Marco, rompendo il ghiaccio «pare che re Volg, ne convochi un gruppo alla volta. Per poi interrogarli e torturarli fino alla morte.»
L'uomo dal fisico minuti addentò un altro pezzo di carne secca. «Sembra che Volg sospetti che l'assassino di suo fratello Sundul sia un soldato di ventura come noi. Vi ricordate la notte dopo l'assedio finale a Deertown, giusto?»

«Sì me la ricordo benissimo» rispose Tyrsa «trovarono il fratello del re in un lago di sangue sul suo letto. Una fine tremenda anche se meritata, era un essere viscido. Solo gli dei sanno quanti stupri commette durante i saccheggi.»
Marco guardò per un istante Thoulgulf, osservò ogni particolare del suo sguardo e ogni movimento. Ma niente, aveva il suo solito sguardo indifferente e senza smorfie.
«Chiunque sia stato doveva essere parecchio incazzato, gli ha squarciato la gola e lo ha colpito con venti coltellate nel petto.»

Jhariq si toccò il petto come se anche lui potesse sentire il dolore provocato alla vittima.

«Però, come ha detto Tyrsa, lo stronzo meritava di morire. Quindi me ne frego, chiunque sia stato.»

Marco prese il boccale e bevve tutta la birra in una volta, nonostante la sua stazza era molto resistente all'alcol.

«Anche a me non importa» continuò l'uomo di Saturia «l'unica cosa di cui m'importa realmente è darmela a gambe il prima possibile.»

«Avevamo optato per una fuga via mare, è l'unica scelta che abbiamo.» Disse il ragazzo, che fino a quel momento si era tenuto in disparte. «Quindi dobbiamo accaparraci una delle navi usate per le provviste, così tutti la scambieranno per un mercantile e non per una nave da guerra.»

Passarono il resto del tempo a parlare del più e del meno, di quando sarebbe iniziato l'assedio e quanto oro avrebbero trovato all'interno del castello, mentre s'ingozzavano di pane, carne e birra.

«Secondo voi perché Volg sta ancora aspettando? La vittoria è sua, non ha motivo di procrastinare.» Tyrsa appoggiò i gomiti scrutando gli altri della compagnia.
«Perché un normale predatore uccide una preda e se ne nutre subito, lui no.» Tutti guardarono Thoulgulf con una espressione incuriosita, non capendo il senso della frase.
«Lui, come prima cosa, instilla nella mente della preda il terrore e la consapevolezza di non avere scampo. Poi le morde la gola, lasciando la sua vittima rantolare come maiale fino al momento della sua morte.
Infine e solo in quel momento, se ne nutre.»
«Hai fatto un discorso filosofico del cazzo, ma hai spiegato bene come egli mantenga l'ubbidienza dei popoli che ha conquistato. Tranne nel Regno delle Ulfrland dove il popolo nordico è difficile da domare, pare che laggiù i gruppi ribelli sbuchino come funghi.» Marco scrutò il rosso ramato, giocherellando con il boccale.

«”Prova a comandare un Nord e le tue budella assaggeranno il sapore acre dell'acciaio”.» Thoulgulf mise altra legna e alimentò il fuoco, perché si stava spegnendo. «In molti non lo comprendono subito.»

«Anche tu sei un Nord, eppure non sei con loro a combattere.» Aggiunse Jhariq.

«Perché quando inizi a fare il mercenario capisci troppo tardi che non potrai fare altro nella tua vita.»

Intanto, mentre la combriccola era ancora assorta nei loro discorsi, alcuni sensati e altri no, fuori il tempo si stava calmando e la pioggia era sempre meno insistente.
Si potevano udire le voci dei soldati, che ogni tanto uscivano all'aria aperta. Voci  incomprensibili per molti perché parlavano in elfico, ma Thoulfulg lo capiva abbastanza bene.

La mattinata scivolò via come un sasso sul ghiaccio, mezzodì era passato da un pezzo.
«Stanotte dovremo combattere e prima di una battaglia preferisco stare da solo. Quindi, se permettete...» li pregò Thoulgulf.
«Oh certo. Venite, anche noi dobbiamo prepararci.» Si alzò Jhariq sistemandosi il cinturone e uscì insieme alla donna.

Ma Marco rimase ancora dentro, a fissare il sedicenne con curiosità

«Che c'è?» Chiese il giovane.

«È un caso che io ti abbia visto rientrare nella tua tenda la stessa notte in cui il fratello del re è stato ucciso?»

Thoulgulf gli rispose in tutta calma.

«Avevo voglia di una passeggiata.»

«E durante le passeggiate porti sempre uno spadone sulle spalle, due asce e un pugnale nel fodero?»

«C'è a chi, al chiaro di luna, gli piace portare una dolce e graziosa fanciulla, mentre a me piace portare le mie armi. Tranne la mia armatura pesante, fa rumore e non mi piace disturbare gli altri mentre sto da solo.

Perché? Che altro avrei fatto?»
«Assolutamente nulla.» Sorrise la persona che gli stava davanti.

«Appunto, assolutamente nulla.»

Marco si alzò e se ne andò, lasciandolo da solo.

   
 
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