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Autore: Pawa    08/12/2020    13 recensioni
Il Piombo Ambrato si manifesta di nuovo e inspiegabilmente e Trafalgar Law si trova impossibilitato a utilizzare il suo Frutto del Diavolo.
Costretto dalle circostanze a recarsi su un arcipelago dove divampa un'epidemia dai sintomi più disparati e si verificano omicidi insensati, con l'aiuto e il sostegno della sua ciurma, dovrà trovare una cura per gli isolani e una per se stesso.
Il Piombo Ambrato, però, è più rapido e devastante che mai...
(Dal capitolo I)
Sangue.
Centilitri e centilitri di sangue, misti a sostanze più pastose, che poteva tranquillamente riconoscere come membrane cellulari e carne umana.
"(...)Pen, che diavolo succede?!” Tutti e diciannove i restanti Hearts li avevano raggiunti, ma non li aveva degnati d’attenzione..."
(Dal capitolo II)
“Trafalgar Law, finalmente.” Una voce profonda e fin troppo famigliare gli era giunta dall'imbarcazione vicino la sua.
“Cazzo… ma perché la Marina?”
Genere: Drammatico, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bepo, Penguin, Pirati Heart, Shachi, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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°° Il Mostro Bianco °°

 

 

- Capitolo XIII -



      Silenzio.

Era tutto ciò che aveva caratterizzato il Polar Tang per lunghi, infiniti momenti.

Prima c'erano stati pianti devastati.
Urla, che nemmeno in battaglia erano mai state così dolorosamente levate dai Pirati del Cuore.

Ma ancora potevano definirsi tali? Gli Hearts... una ciurma.
Dei pirati.
Si erano assordati e asfissiati coi loro stessi singhiozzi, coi loro ansimi spezzati. Si erano accecati di lacrime, che copiose e prepotenti avevano completamente invaso i loro occhi disperati e increduli.
Si erano ridotti a cumuli di emozioni strazianti. Indecenti, deboli e spaventati come fanciulli.
In quelle pietose condizioni, avevano potuto considerarsi ancora predoni del mare, privati della loro amata guida, di colui che li aveva resi gli uomini che erano oggi?

No.

Quando il sorriso dolce sul volto di Trafalgar Law si era ammorbidito e tale era rimasto, immutato e immutabile, non più increspato dai deboli respiri, e il leggero e dolente battito cardiaco del capitano aveva cessato di risuonare nella cupa cabina tramite l'elettrocardiogramma, i Pirati Heart si erano sentiti nuovamente orfani, emarginati, schiavi.
Senza identità.
Senza i loro cuori.

Il mondo si era crudelmente fermato.
Ogni rumore si era spento.

E così era rimasto per troppo tempo.

Troppo.

Tanto, che quando il suono secco di un paio di tacchi battenti sul legno che ricopriva il metallo dei corridoi aveva spezzato quell'atroce atmosfera di sordità, Shachi era tornato in sé, sperando, solo per poi disperarsi, forse ancora di più.

Era troppo tardi?
 
***

     Bepo si era buttato per terra, la schiena contro la libreria del suo capitano. Dopo quell'inferno di giornata, pure lui, che tanto amava stare sdraiato sul pavimento per ricercarne la freschezza, desiderava abbandonarsi su una sedia, ma la poltrona dal velluto consumato che gli proiettava ombre sul muso e gli stava accanto era appesantita dalla figura straziata e scomposta di Penguin.

Dio, quel suo povero fratello.

Era stato riportato a casa da alcuni isolani e nessuno degli Hearts era andato a soccorrerlo. Non ne avevano avuto il tempo e se anche l'avessero trovato, il disperato compagno non sarebbe stato il loro primo pensiero.
Avevano avuto decisamente altro da fare.
Il loro chef, anche lui debole e vacillante, aveva trascinato il corpo semi cosciente di Penguin nella cabina del loro comandante e solo una volta che vi erano giunti, i due, paradossalmente, si erano riscossi.
Il crudele scherzo dell'Ope Ope li aveva devastati.
Il corpo inanime di Trafalgar Law li aveva rotti.

Eppure si erano mossi.
Le lacrime avevano smesso di scorrere già minuti prima. Le labbra si erano serrate e avevano cessato di tremare. I loro respiri si erano placati di colpo, in maniera spiazzante.
I due Hearts non erano crollati nuovamente sulle ginocchia già martoriate, bensì le gambe avevano finito di oscillare, e con uno spettro oltre le pupille avevano fatto un passo nella stanza.
Sì, quell'atroce vista aveva distrutto Penguin e il cuoco di bordo, ma sino al punto di non ritorno per cui avevano automaticamente resettato tutto, e si erano uniti al resto della ciurma come automi.

Bepo non era sicuro che quella fosse una reazione plausibile.
Probabilmente avrebbe dovuto preoccuparsi per il maggiore dei suoi fratelli, che in quel momento fissava il vuoto con le labbra dischiuse, forse svenuto ad occhi aperti per la fiacchezza, tuttavia neppure il visone aveva le forze per crucciarsi un'altra volta durante quell'infausto dì.

Almeno non in quel momento.

Malgrado la loro prodezza di marinai e tutti gli avversari che avevano vittoriosamente affrontato, lottare contro un nemico tanto astratto quanto inalterabile era stato pressoché impossibile anche per loro, e n'erano usciti tanto spossati che ormai quasi l'intero equipaggio era accasciato sul pavimento ligneo della cabina, nelle pose più scomposte, e nessuno si curava del torcicollo che avrebbe lamentato al risveglio.
Nonostante ciò, il pirata di Zou non poteva biasimare gli amici.

Di guerre come quella non ne avevano mai combattute.
Di nemici così insidiosi e intoccabili nemmeno ne avevano sentito parlare. Kaido, in confronto, sarebbe stato un avversario fattibile.
Anche se immortale, perlomeno così si diceva, almeno lui avrebbero potuto avvicinarlo, colpirlo, spostarlo, o pure solo arrestare la sua corsa.
Lui era concreto, dopotutto.

L'avversario di quel terribile giorno, invece, era letteralmente inalterabile, intangibile.
Non lo avevano battuto, e mai avrebbero potuto farlo.
Dubitavano che esistesse una creatura in grado anche solo di manipolarlo.
Tuttavia, anche se non si erano congedati da quell'arduo combattimento come vincitori, in un certo senso potevano vantare con soddisfazione di aver raggiunto un pareggio.

Perché nessuno poteva dilatare, rallentare o tornare indietro nel tempo, e la morte di Trafalgar D Water Law era stata inevitabile nonché la più tremenda e atroce sconfitta che i Pirati Hearts avessero mai sofferto, ma, assurdamente, a quel punto era iniziato il secondo round.

Una lotta contro il tempo spietato, che dapprima era partito con anticipo e senza alcun avviso e aveva già portato via la vita del loro capitano.

Adesso, che il via a quella gara era stato udito da ambo gli schieramenti, i Pirati del Cuore non gli avrebbero permesso di strappar loro anche l'ultima cosa che Law aveva lasciato.

Dovevano solo fare in fretta.

Bisognava solo essere svelti, e lo sarebbero stati, perché l'eredità del loro comandante non sarebbe stata dilaniata dal passare dei minuti.

L'ennesimo miracolo medico sarebbe stato più veloce.

Così si erano detti, quando una voce ansimante li aveva riesumati dal marmo che li aveva circondati dacché il petto del loro comandante si era fermato.

***

     Cosa state facendo?!”

Ikkaku ansimava, appoggiata alla porta che aveva spalancato con fin troppa foga, facendola sbattere e causando un rumore che non doveva essere prodotto nella stanza di un povero malato terminale. Si era levata quei riccioli ribelli e scompigliati che l'erano finiti in bocca durante la corsa, e aveva serrato le labbra.

Sapeva cos'era successo.

Nessuno l'aveva degnata di risposta, ma i loro volti sfregiati dalle più deprimenti emozioni valevano come spiegazione.
Benché consapevole di cosa portava con sé, del motivo per cui si era tanto affannata per tutto il sottomarino, non era riuscita a trattenere ciò che le inumidiva le lunghe ciglia truccate. Tuttavia non si era abbandonata al tormento dei compagni. Non finché fra le mani tremanti avrebbe stretto quel preziosissimo taccuino.
Perciò aveva richiamato i compagni, riportandoli alla realtà.

Per quanto difficile, o forse impossibile, dovevano fermare i singulti, cessare i tremiti e rimettere a fuoco ciò che li circondava, e non solo con gli occhi.

Avevano creduto di fare in tempo, di salvare Law prima che lui perdesse quell'atroce guerra con la malattia.
Invece il Piombo Ambrato li aveva giocati, in anticipo sui piani e le speranze di tutti. Ciononostante non era ancora finita, non importava cosa diceva l'elettrocardiogramma, non importava cosa suggerivano medicina e natura davanti ad un corpo inerme in cui non scorreva più linfa vitale.

Quello era un amaro e crudele imprevisto, e i Pirati del Cuore si sarebbero convinti di vederlo unicamente come tale.
Un imprevisto.

E che corsari e infermieri sarebbero stati se non avessero saputo far fronte ad un dannato contrattempo?

Loro erano soltanto gli assistenti del più geniale medico del mondo, ma questo non li avrebbe fermati. Anzi, proprio perché il loro mentore era nientemeno che il dottor Trafalgar junior, un cuore fermo non li avrebbe fatti arrendere. Law aveva trovato il modo di ripristinare l'organo cardiaco già anni prima. Quasi nessuno di loro aveva mai eseguito un'operazione del genere, ma usare l'elettricità non sembrava così difficile. Sicuramente era colpa - o un dono - del loro capitano, che faceva sembrare la medicina tutta divertente e non complicata, ma potevano farcela, anche se quella volta non avrebbero avuto direttive e suggerimenti dal loro Doc, che in caso di necessità interveniva tempestivamente e con successo.
Inoltre, per quanto cruciale, non era il cuore ciò che li preoccupava di più.

L'unica donna di bordo aveva serrato la presa sul taccuino, graffiandolo e rovinandone la copertina in cuoio.

Prima di far tornare il polso del loro medico, dovevano anzitutto curare il suo corpo.
Altrimenti quel cuore che tanto sapeva amare nonostante i traumi subiti e l'apparente stoicismo del suo proprietario, si sarebbe nuovamente fermato.

E non c'era altro tempo da perdere.
Col suo petto diafano immobile, l'ossigeno non alimentava quel suo diabolico cervello e ogni minuto che passava rischiavano di perdere anche quell'ultima misera, ritardataria e quasi irrealistica speranza alla quale si aggrappavano.

Shachi si era alzato all'improvviso dalla sua scomposta posa ai piedi del letto, vacillante e con fin troppe vertigini, forse dovute allo scatto forse a quella maledetta situazione, tuttavia non era ricaduto, e voltandosi verso Ikkaku era quasi riuscito a mantenere la voce ferma.
“Come dobbiamo procedere?”

Lei si era frettolosamente asciugata le lacrime, ricambiando lo sguardo del rosso con determinazione, in un tacito scambio di energie. Ne avevano bisogno.

“La dinamica la conoscete, l'abbiamo studiata a lungo in questi giorni...” Aveva ricercato l'attenzione del resto dei compagni, e si era concessa un debole sorriso, non rimanendo delusa. “Qua,” Aveva alzato e mostrato il taccuino. “c'è il nostro pezzo mancante, come avevo supposto.”

“Allora iniziamo a preparare l'occorrente per l'operazione!” Il tono di Bepo, squillante per il pianto, aveva ricevuto conferme da ognuno dei presenti, che subito si erano prodigati a eseguire l'ordine, anche se a scatti e rigidamente.

“Vi spiego i particolari in corso d'opera,” Aveva proseguito Ikkaku, osando poggiare quell'oggetto dal valore inestimabile sul comodino di Law. Era la prima volta che se ne separava in oltre ventiquattro ore. “il più del lavoro l'abbiamo già fatto, e ora abbiamo l'ultimo dato per la nostra equazione.”

“Bene,” Shachi si era igienizzato fin troppo velocemente, e la sua mascherina con una bocca cucita e sanguinante gli copriva già il volto. Tuttavia, in quel momento, potevano solo chiudere un occhio sulla scrupolosità e confidare nella perfetta pulizia della cabina di Law, della quale si erano accertati ogni dì da quando le loro ricerche in laboratorio erano iniziate. “si comincia.”

Aveva proteso una mano, col palmo verso l'alto. Era vagamente tremante, ma come un bisturi gli era stato affidato, senza che il rosso lo avesse richiesto, ormai tutti troppo pratici dalle simulazioni fatte in infermeria, la mente di Shachi era tornata a Swallow Island, e la sua mano si era placata.

Afferra come si deve quel povero bisturi! Mica ti attacca. Al contrario, sei tu a destreggiarlo. Dalla sicurezza della tua presa dipende una vita, capito?”

Oh sì, se le ricordava distintamente quelle schiette e perentorie parole, dette con una voce incredibilmente alta rispetto a quella che il suo piccolo ma talentuoso insegnante avrebbe maturato nel corso degli anni.

Shachi si era concesso un sincero e piccolo sorriso, poi aveva inspirato profondamente. Riaprendo gli occhi, aveva serrato la presa sullo strumento chirurgico, e senza alcun tentennamento l'aveva avvicinato alla carne ormai fredda del suo capitano.
Quel piccolo stronzo di suo fratello doveva riaprire quei suoi spocchiosi occhi azzurri e rimproverargli tutti gli errori e le imprecisioni che avrebbe commesso durante l'operazione.
Doveva farlo.
Per quanto arrogante, noioso, borioso e insopportabile fosse in quei momenti, era pure incredibilmente affascinante e Shachi e il resto degli Hearts avevano bisogno, ancora una volta, di quella ramanzina.

“Inizio l'incisione dell'epidermide.” Il taglio era pulito e netto e l'aveva ripetuto finché il muscolo cardiaco, immobile, non era stato esposto. Era così doloroso vederlo fermo, toccarlo e non sentire il sangue fluire attraverso di esso, fissarlo e ricevere l'infido promemoria di quello che significava. Era frustrante, ma non era il momento per abbandonarsi a quell'amara contemplazione. Lo scopo, in fondo, era proprio tornare a veder battere quel cuore. “Divaricatori, svelti.”

Solitamente era Ikkaku ad occuparsi degli attrezzi chirurgici, ma sta volta il compito spettava a Uni. Lei aveva qualcosa di decisamente più cruciale da gestire, e in assenza di Penguin, che aveva lo stesso ruolo in quell'operazione, aveva il doppio della responsabilità. Sperava solo che il compagno si stesse sbrigando a tornare dal mercato.

Muoversi in mezzo a tutti i macchinari e fili che avevano preventivamente portato nella cabina del loro comandante era tutt'altro che comodo, ma le varie prove che avevano eseguito facilitavano almeno la coordinazione tra i compagni.
Clione aveva appena alzato le mani in segno di resa, tuttavia la sua reazione era incredula e altresì soddisfatta, e Ikkaku sapeva cosa significava, quindi ora era il proprio turno.

“Fammi spazio.” Il biondo si era scansato e lei si era chinata sul volto di Law, scrutando brevemente i tubicini che si insinuavano sotto la sua pelle spettrale.

Clione era appena riuscito a completare il collegamento di vasi sanguigni ed encefalo ad uno di quegli strumenti tanto complessi di cui la maggior parte della ciurma nemmeno sapeva il nome. L'unica cosa certa era il suo funzionamento: l'alimentazione artificiale del cervello. Dopo ben tre minuti dacché Law era morto, stava per andare in contro a lesioni cerebrali.
Sebbene la priorità fosse stata proprio quella di evitare danni al cervello, e ci erano riusciti, il secondo obbiettivo dell'uso di quel macchinario era strettamente correlato alla loro strategia per salvare il loro amato capitano.
Il sistema avrebbe portato l'ossigeno a quell'organo incredibile e indispensabile, mentre altre parti dell'organismo sarebbero state a digiuno per un tempo calcolato, così da rallentare l'avvelenamento nelle parti del corpo che in quel momento non erano l'urgenza.
Era rischioso, un azzardo e certamente una soluzione disperata quanto drammatica, tuttavia era l'unico modo per controllare la diffusione del contagio.

Era stato Law stesso a dirlo, diversi giorni prima, trovando la risposta ad uno dei quesiti che White Fox e Penguin avevano esposto quella lontana mattinata dopo l'intervento allo stomaco.

Più il cuore di Law batteva, più le cellule infette, le P.A, si sbizzarrivano nel suo povero organismo. L'unica soluzione per salvarlo, paradossalmente, era fermargli il cuore.

Non era esattamente così che gli Hearts avrebbero voluto gestire l'operazione. Avevano optato per arresti cardiaci volontari e controllati, intervallati. Non avevano minimamente considerato che Law sarebbe stato sconfitto dalla malattia o che si sarebbe arreso ad essa prima che l'ultimo tassello per la sua cura fosse stato trovato.
Tuttavia così era accaduto, ma ora i Pirati del Cuore, anche se con qualche piccola improvvisazione, erano ancora in gioco e i nemici erano nuovamente le lancette dell'orologio.
I pirati e infermieri dovevano essere precisi ma veloci.
Nessuna parte del corpo del loro medico poteva stare troppo a lungo senza ossigeno, ma allo stesso tempo dovevano anzitutto curare dal Piombo Ambrato i tessuti danneggiati, eliminare le cellule infette, o tutta quella fatica sarebbe stata vana, e Law sarebbe morto una seconda volta.

“Ikkaku, puoi procedere?"

Infatti, gli organi artificialmente ossigenati erano ancora soggetti al contagio, perché le loro cellule P.A erano normalmente alimentate, mentre quelle volutamente escluse dal sistema di alimentazione subivano un avvelenamento drasticamente più lento e ridotto, che tuttavia persisteva ancora. La malattia che aveva sterminato un'intera nazione non si era fatta fermare dalla morte del suo corpo ospite. Cocciuta e testarda all'inverosimile.
Malgrado ciò era qui che Ikkaku doveva intervenire.

“Certo, i dati sono giusti. Li ho ottenuti meno di venti minuti fa dall'ultimo esperimento.”

Bepo le aveva avvicinato un carrellino di fiale e siringhe.

“Non possiamo curare le cellule già infette, ma...” Il ragionamento della riccia era più un promemoria per se stessa, che si accingeva a somministrare una serie di fluidi a livello locale dell'encefalo, più che una vera e propria spiegazione per i compagni, che attendevano impazienti di avere un quadro completo della cura a cui avevano tanto lavorato. “con l'interruzione del flusso sanguigno a seguito dell'arresto cardiaco, il Piombo Ambrato non può proliferare come vorrebbe, dunque questo estratto concentrato di corallo rosso ci aiuterà a far nascere nuove cellule sane con elevatissima rapidità, permettendoci di avere più parti sane che malate.”

“Sì, ricordo bene le peculiarità di quel corallo,” White Fox stava assistendo Shachi nell'esportazione dei tessuti cardiaci ormai diafani, ciononostante prestava anche attenzione all'unica fanciulla di bordo, e per ovvie ragioni. Quanto lei avrebbe spiegato sarebbe servito a lui e al chirurgo temporaneo per salvare il cuore di Law. “ma di che concentrazioni stiamo parlando?”

“Sono variabili... direttamente proporzionali ai tessuti infetti.” Ikkaku aveva posato una fiala vuota rilasciando un sospiro tremante. Erano solo all'inizio, non doveva lasciarsi sopraffare dall'emozione. “Abbiamo monitorato a lungo il decadimento degli organi del Captain, quindi i calcoli non sono difficili da eseguire. Il punto, come ben sai...” Aveva afferrato una siringa, facendone uscire l'aria che conteneva. “è avere, in corrispondenza di ogni “macchia bianca”, uno stadio iniziale di tante cellule infette quante sane.”

White e Shachi avevano annuito. Il discorso era coerente con quanto avevano discusso in laboratorio in precedenza. Quello di cui erano stati all'oscuro fino a quel momento era la proporzione tra corallo e Piombo Ambrato.
Quell'incisivo calcolo, adesso, poteva invece essere velocemente eseguito da alcuni compagni per ogni organo su cui avrebbero voluto operare.

“In seguito,” Aveva ripreso Ikkaku. “le cellule sane, grazie al corallo, si riprodurranno molto più velocemente di quanto quelle contagiate potranno fare, e sono da noi artificialmente alimentate. Quelle malate, invece, bianche e inermi per mancanza di nutrimento, potranno essere asportate senza rischiare che un organo rimanga privo di un tessuto importante.” La riccia aveva concluso il proprio discorso mentre sfilava anche la seconda siringa.

“Allora intervenire contemporaneamente su cervello e cuore è stata la scelta migliore.” Shachi non era stato convintissimo di agire su due organi tanto importanti e delicati allo stesso tempo.
Inizialmente il loro piano prevedeva di occuparsi velocemente ma efficacemente solo del cervello, mentre gli arresti cardiaci indotti da loro avrebbero concesso un lasso di tempo maggiore per l'operazione generale, ma l'improvvisa morte del loro capitano li aveva costretti a prendere decisioni drastiche, adottate istantaneamente e tacitamente da tutti loro.
“Le parti decedute più superficiali le abbiamo esportate. Ora per occuparci di quelle più interne dobbiamo somministrare i principi del corallo e permettere alle cellule sane di ricreare i tessuti danneggiati. A quel punto, dopo aver eliminato i reticoli bianchi, potremo far ripartire il cuore.”

“Prima di ripristinarlo, però...” La voce di Penguin aveva sorpreso l'intera ciurma. Non lo avevano sentito arrivare e nemmeno potevano osservare le condizioni pietose in cui versava, troppo impegnati nell'operazione. “dobbiamo occuparci delle altre parti infette. O la circolazione sanguigna accelererà nuovamente il contagio, e saremo da capo.”

Shachi aveva lanciato una veloce occhiata al fratello.
Era pallido da far concorrenza a Law, ma si stava già preparando e senza alcuna esitazione. Il rosso non era sicuro da quanto Pen fosse lì, ma sperava fosse passato abbastanza tempo da avergli fatto metabolizzare la perdita del loro capitano, per quanto fosse un boccone troppo amaro da mandare giù.
Almeno lui non l'aveva visto spegnersi davanti agli occhi.

Non poteva immaginare che Penguin avesse assistito in diretta alla morte di Law nel modo più ironicamente spregevole che ci fosse.

Il più anziano dei fondatori degli Hearts si era presto aggiunto al gruppo attorno al letto, evitando abilmente i cavi dei macchinari che invadevano il pavimento.

“Ikkaku, concludiamo la sanificazione dell'encefalo, poi con Clione e Uni passiamo agli occhi. Preparate l'occorrente! Bepo, organizzati per lo stomaco. Shachi, coordiniamoci.”

La sua voce aveva la più flebile afflizione, ma riusciva ad essere ferma.

Era in qualche modo rassicurante sentire qualcuno che impartiva ordini. Gli Hearts erano così abituati a udire i gentili comandi di Law che stare senza la sua bassa voce anche solo per quei dieci minuti che erano trascorsi era stato angoscioso quanto disorientante.

Ora che l'equipaggio era riunito e aveva una guida, anche se temporanea, poteva dare il meglio di sé e rendere onore alla fama del loro dottore di bordo, compiendo il miracolo medico a cui Flevance avrebbe voluto assistere anni prima.

Il ticchettio dell'orologio a pendolo martellava la testa di ognuno dei presenti, anche di quei pochi Hearts che non s'intendevano di medicina e potevano solo assistere all'intervento. Contribuivano con piccoli gesti, come asciugare il sudore ai due chirurghi, e attraverso il panno potevano sentire la tensione nel viso di Penguin e Shachi. Non li avevano mai visti operare così in fretta e su così tante parti differenti.
Soltanto Law era in grado di fare qualcosa del genere e perfino da solo.
Come se non bastasse, era orribile vedere il loro capitano aperto in due, e non con la room.
Pareva così fragile, così impotente e succube agli eventi. Certo, in quelle circostanze non poteva davvero fare qualcosa, ma la situazione era tanto angosciosa, che gli Hearts si chiedevano come potessero, i loro compagni, continuare ad operare così attentamente e senza esitazione.

Le fiale col concentrato di corallo si svuotavano l'una dopo l'altra, i piattini con i tessuti morti esportati, al contrario, si riempivano continuamente e nessuno si prendeva la briga di pesarli.
I due pirati di Swallow Island cominciavano ad accusare la fatica per il lavoro rapido e preciso che erano costretti a eseguire e la vista di Ikkaku iniziava a farle brutti scherzi, tanto che prima di infilare un ago doveva sbattere le lunghe ciglia più di un paio di volte dietro gli occhiali chirurgici.
Era quasi surreale la fiacchezza che li stava colpendo in così poco tempo, ma in fondo era proprio colpa di quest'ultimo se quella che sarebbe dovuta essere l'operazione più complicata della loro carriera si era rivelata ancora più insidiosa.

Poi il tintinnio degli strumenti chirurgici era cessato, i suoni umidi degli organi esposti di Law si erano ammutoliti e solo un leggero segnale acustico riempiva ancora la stanza, segnalando l'attività del macchinario che alimentava artificialmente e separatamente alcuni organi.

“Adesso...” Era stato un mormorio all'inizio, quasi incredulo. Shachi aveva posato il bisturi con leggera esitazione, le mani tremanti dopo l'intervento allo stesso tempo più lungo e breve che avesse mai eseguito. Sicuramente il più straziante. Aveva deglutito, cercando la propria voce dopo momenti di terribile tensione. “Adesso, ragazzi. Allontanatevi tutti.” Aveva allargato le braccia per far indietreggiare i compagni, le dita coperte dai guanti viscidi di sangue rigide. “Bepo, usa il tuo elektro.”

Il visone aveva abbassato le orecchie, ma il suo muso dimostrava risolutezza.

“Mi raccomando,” Penguin gli aveva stretto una spalla oltre la tuta arancione. “come ti ha spiegato il capitano. Controllala, manipolala e non esagerare. Serve una potenza precisa.”

Il visone aveva ringhiato in risposta, non con arroganza, ma come segno della propria determinazione.
Ce l'avrebbe fatta.
Aveva già sfruttato il talento della propria specie per salvare delle vite e adorava che per farlo dovesse posizionare le zampe esattamente come Law faceva quando eseguiva un Counter Shock.

Tra l'afa nel sottomarino, la propria folta pelliccia e l'ansia che lo assaliva, l'affanno di Bepo era più che giustificato, tuttavia aveva serrato la mascella.
Doveva solo fare come Law gli aveva insegnato.

Aveva dapprima sfiorato il cuore del suo Captain con gli artigli, attraverso i guanti sterili, poi vi aveva poggiato i pollici in punti specifici.

Una luce bluastra e repentina aveva preannunciato uno scoppiettio che aveva sferzato l'aria. Quindi le zampe del vice degli Hearts erano state circondate da migliaia di piccoli fulmini, che immediatamente si erano propagati attraverso l'organo cardiaco.

Il corpo di Law aveva sussultato leggermente e tutti avevano preso un respiro profondo, in attesa.

Il debolissimo battito che si era permesso di risuonare era stato in qualche modo udito sopra l'elettrocardiogramma, e gli Hearts erano sul punto di piangere dalla gioia.
Ma poi un suono contiguo e martellante aveva fatto sgranare gli occhi ad Ikkaku, che aveva fissato stranita e terrorizzata un monitor.
Un flebile sussurro congelato era tutto ciò che era stata capace di emettere.
“È asistolico...”

Il loro chef aveva guardato con ansia e impazienza i volti pallidi dei compagni impegnati nell'intervento.
“Che cazzo significa?!”

“In due parole...” Era stato White Fox a trovare il coraggio di rispondere, mentre in qualche modo si tratteneva dall'istinto di afferrarsi i capelli in una dolorosa stretta. “che lo stiamo perdendo.”

“No!” L'urlo di Penguin aveva spaventato i compagni. “Bepo, rifallo!”

L'orso non se l'era fatto ripetere. Una seconda scarica aveva attraversato il cuore di Law, ma mentre tutti trattenevano il fiato sperando nell'agognata contrazione cardiaca, l'ossigeno non entrava spontaneamente nei polmoni del comandante; la ventilazione era totalmente artificiale dacché l'avevano intubato, perché non c'era stato nessun battito.

“Dio santo, Bepo, fallo bene!” Shachi sapeva che non era colpa del compagno, che l'operazione appena eseguita era stata straziante per un corpo che, clinicamente parlando, era già morto, e pure che potevano esserci state delle imprecisioni. Ma in quel momento, mentre Law sussultava solo se mosso da altri, solo se sollecitato da terzi, la rabbia e la frustrazione erano impossibili da trattenere e il rosso aveva scosso il visone con irruenza, obbligandolo ad eseguire una terza scarica e un'altra ancora. Avrebbero continuato all'infinito se necessario.

“Aspetta, proviamo così!” Penguin era sgattaiolato sotto le braccia di Bepo per arrivare al più presto alla sinistra di Law, una mossa goffa da fare in sala operatoria, che il suo Doc avrebbe punito con mesi di pulizie dei bagni, ma nessuno se ne curava ora.
Aveva circondato il cuore esposto del proprio fratellino con la propria ampia mano e aveva iniziato un massaggio cardiaco disperato, mentre Shachi e Bepo l'avevano immediatamente assistito.

“Via, ci riprovo!” Terminata la serie di compressioni, i due pirati di Swallow Island si erano subito scansati e Bepo aveva emesso l'ennesima scossa elettrica.

“Asistolia.” Ikkaku teneva gli occhi fissi su uno schermo che stava per fermare pure il suo di cuore. In quel momento il suo unico contributo era comunicare ai compagni lo stato di Law, ma l'era sempre più difficile farlo e la vista annebbiata dal pianto silenzioso che le rovinava i lineamenti non le facilitava il compito.

“Andiamo, Law, andiamo!” Penguin aveva ricominciato le compressioni. Una parte di lui aveva quasi timore nel stringere il pugno direttamente attorno al cuore, temeva di danneggiarlo, tuttavia non aveva altre opzioni e occorrevano determinate pressione e frequenza per ripristinare il battito. Il pirata si era chinato maggiormente sul torace del fratello e sperava che le lacrime fossero trattenute dagli occhiali chirurgici. “Ti prego, non puoi farci questo...”

Shachi l'aveva afferrato per le spalle, tirandolo indietro per permettere a Bepo, che ormai accusava una certa fatica, di generare un altro elektro.

“Ti do il cambio.”

Penguin aveva scosso il capo, levandosi dalla presa del compagno. Non si era accorto di aver finito le trenta compressioni, ma questo non significava che non fosse in grado di proseguire. Avrebbero potuto continuare ancora a lungo, e a quel punto sarebbe servito un sostituto fresco e veloce. Non occorreva che Shachi si sfiancasse già.

“Va bene,” Il rosso l'aveva lasciato andare senza protestare, mentre il visone levava le zampe dal cuore di Law. “allora sbrigati.”

“Lo sto facendo!”

La frustrazione era palese nel tono di entrambi. Penguin ci stava mettendo quasi troppa foga con le pressioni, ma non poteva essere biasimato.
Era sull'orlo dell'esaurimento.
Terminava di pompare, quindi Bepo trasmetteva un'altra scarica, ma il tutto pareva un beffardo limbo infinito.

“Dannazione!” L'urlo disperato di Penguin aveva stretto il cuore del resto dell'equipaggio, che fremeva impotente davanti a quella pietosa e tormentosa vista.

Era una maledetta tortura.

Il loro capitano era morto, in seguito era stato operato, e ora il suo cuore si divertiva a fingersi vivo per meno di un secondo, per poi collassare nuovamente e inesorabilmente.
Anche se inerme, era in qualche modo scivolato da sotto le dita di Penguin al termine dell'ennesima serie di compressioni.

“Law...” Il pirata si era lentamente lasciato cadere per terra, con le mani piene del sangue del suo fratellino che erano troppo scosse dai tremiti per continuare col massaggio cardiaco e perfino per andare a coprirgli il volto, sfigurato dal pianto sconsolato che ormai l'aveva vinto.
“L-aw...” Aveva battuto un pugno per terra, lasciando un'impronta vermiglia a monito di tutto quello che era accaduto, a ricordargli pure ciò che stava succedendo in quell'instante: il suo fallimento.

“Cazzo, cazzo!”

Il fallimento dei Pirati del Cuore.

Avevano deluso il loro capitano.
Avevano disonorato il loro nome.

Come potevano essere gli Heart Pirates se non erano nemmeno in grado di ripristinare un cuore fermo?

“Dai, Bepo!” La voce di Shachi era rotta dai singhiozzi, ma l'uomo rimaneva fermo in piedi davanti al corpo del fratellino, pronto a riprendere da dove Penguin si era interrotto non appena il visone avrebbe scostato le zampe.

Il petto di Law si era sollevato, poi era rimasto immobile.

Il rosso gli aveva circondato il cuore con la mano. Aveva ricominciato le compressioni ignorando i gemiti soffocati dei compagni, Ikkaku che si accasciava sullo sgabello portandosi entrambe le mani a coprirsi la bocca, Bepo che teneva il muso all'insù per non essere accecato dalle proprie lacrime.
Si era allontanato quel tanto che bastava per non essere coinvolto nell'elektro del compagno, poi aveva ripetuto il massaggio cardiaco.

Quasi al termine della serie qualcuno gli aveva afferrato la caviglia e Shachi si era concesso di scostare lo sguardo dall'organo che stava odiando con tutto se stesso solo perché, ormai, era nuovamente il turno di Bepo.

“Shachi...” Il sussurro di Penguin era così flebile e basso, così affranto e completamente distrutto, che il rosso si era istintivamente chinato verso di lui per poterlo udire.

“...Shachi... f-forse...”

La luce bluastra dell'elektro del visone aveva illuminato il profilo di entrambi i pirati di Swallow Island, che si erano potuti guardare negli occhi nonostante la fatica, il dolore e gli occhiali pieni di lacrime.
Come sempre, si erano capiti.
Ma Shachi non era d'accordo, e Penguin lo sapeva, per questo aveva trovato il coraggio di catturare il suo sguardo col proprio. Per questo si era costretto a parlare, per quanto quelle parole fossero sorde e prive di senso anche alle sue stesse orecchie.

“...Forse...” Un singhiozzo l'aveva interrotto, ma non avrebbe demorso.

Law non poteva soffrire così. Non meritava quel trattamento. Non era carne da macello. Meritava rispetto e doveva essere rispettato anche il suo corpo. Il loro medico e amato capitano era una persona meravigliosa, e di conseguenza doveva essere trattato.
Era il minimo che potessero fare, d'altronde.
Lui era il loro fratellino.

Era.

“...Dovremmo lasciarlo andare.”

Shachi era indietreggiato, scioccato, fino a sbattere contro al letto.
“...No...” Non era stato realmente in grado di articolare quella fragile sillaba. La bocca spalancata e tremante sotto la mascherina, il capo scosso da fremiti che volevano denegare al posto della lingua. “No, no, non dire assurdità!”

Aveva alzato la voce, furente, per poi lanciarsi contro a Penguin e sollevarlo di peso, tenendolo dalla maglia.
“Smettila con queste cazzate!”

La scarica elettrica era scemata, lasciando la cabina drasticamente più oscura.

“Shachi!” Penguin si era divincolato dalla presa ferrea e disperata del fratello, poi l'aveva stretto a sé, abbracciandolo più forte che poteva.
“Shachi...” Poteva sentire ancora la testa rossiccia che si scuoteva contro il proprio petto, e le sue basse lamentele.

“No, Pen, ascolta...” Quella di Shachi era una debole lotta per liberarsi. I guanti sporchi di sangue imbrattavano la divisa del fratello e il rosso non poteva reggerne la vista. Aveva voltato il capo, e l'amarezza di ciò che si era ritrovato a guardare gli aveva quasi dato il colpo di grazia.
Non era più stato in grado di muovere un muscolo.
Poteva solo fissare assente il corpo aperto in due del loro adorato migliore amico, mentre non era capace di registrare nemmeno i fremiti del petto di Penguin.

Poi, Shachi aveva sbattuto le palpebre.
Aveva preso un respiro tremante.
Aveva sgranato gli occhi, trovando la forza di parlare.
“...P-Pen...”

Il compagno aveva serrato il proprio abbraccio, invitandolo a tacere. Non avrebbe saputo dire nulla per consolarlo. Non sapeva se si sarebbe ripreso lui stesso. Ma nemmeno gli importava. Che vita avrebbe vissuto senza Law?

“...Penguin...”

Shachi gli aveva dato una spinta più decisa, e l'altro l'aveva guardato con stanchezza, ormai vuoto dentro.
Il più giovane non gli prestava attenzione, fissava immobile il letto.
L'unico segno che fosse ancora sveglio, e non svenuto sul colpo, era il suo pugno che si stringeva attorno alla maglia di Penguin.

Questi aveva fiaccamente spostato lo sguardo, seguendo la direzione del rosso.

Il suo labbro aveva preso a tremare, incontrollato, ma non aveva pianto.

Non un solo fiato era più stato emesso dall'intero equipaggio.
Ognuno si era semplicemente e silenziosamente accasciato per terra, nei punti più disparati della cabina. Bepo era indietreggiato contro la libreria. Penguin e Shachi, sorreggendosi a vicenda, avevano trattenuto i singulti, come tutti gli altri.
Nessuno osava disturbare quella tranquillità.

C'era solo una persona che aveva diritto di farlo.

E gli Hearts l'avevano sentito.

Un rumore.

Un battito.

 
***

     Penguin, come stai?”

Bepo aveva infine trovato le forze per preoccuparsi di lui. Quella breve pausa che si era concesso non era sufficiente a farlo alzare. Addirittura non era in grado di fargli aggiungere le sue solite scuse alla fine di una frase. Perlomeno, però, poteva articolare più di due parole di fila.

Il più anziano dei fondatori degli Hearts aveva lentamente voltato il capo verso il fratello. Una sua mano era sepolta tra i capelli rossicci di Shachi, che dormiva per terra con la testa sulle sue ginocchia. Pen lo accarezzava con incertezza o forse con distrazione. Pareva non essere totalmente in sé. Probabilmente era un gesto abitudinario il suo, e non si rendeva realmente conto di starlo eseguendo.

Bepo aveva fissato gli occhi spalancati del compagno, la sua bocca semi aperta lasciata scoperta dalla mascherina, che ancora gli stava arricciata sul mento.

Poi Penguin aveva abbassato le palpebre, trattenendo il respiro.

E l'aveva udito.
Ancora, e ancora.

Batteva forte, sicuro, e non si vergognava di farsi sentire. L'elettrocardiogramma nemmeno serviva.
Rimbombava in tutta la stanza.

Un sorriso tremolante ma sincerissimo si era costruito sul volto straziato del pirata di Swallow Island.

Aveva riaperto gli occhi, stanchi, troppo, ma pieni di gioia.

“Benissimo.”




 
 
 
°°FINE CAPITOLO°°



...Alloooora... siete ancora arrabbiati con me? 
Lo so, lo so, sono un pelino crudele, ma alcuni miei fedeli lettori mi chiamano "Dio caritatevole!"... Beh, lo dicono con assoluta ironia, ma dettagli! 
Questo capitolo è sicuramente COMPLICATO. 

Volevo lasciarvi sulle spine il più a lungo possibile, quindi ho ricorso ad una struttura articolata, con "inversioni cronologiche", passatemi il termine, un po' come feci nel capitolo V. 
Dopodiché, ci tenevo a trasmettere tutta l'ansia e la frustrazione degli Hearts. Non so se ci sono riuscita, soprattutto considerando che ho dovuto mischiare i sentimenti ad una parte strettamente scientifica, ma vi prego di farmi sapere! Ci tengo tanto sul punto “empatia”, e ormai lo sapete.


Per quanto riguarda il lato medico, spero si sia capito tutto. Alcune cosucce verranno spiegate nel capitolo successivo, in questo non aveva senso a livello logistico dilungarmi troppo, perché la maggior parte delle cose da fare, gli Hearts avrebbero dovuto saperle, e sarebbe stata una palese “aggiunta narrativa” quella di scendere nel dettaglio nel corso dell'operazione. Tuttavia, a grandi linee, ho spiegato tutto, quindi mi auguro di essere stata sufficientemente chiara e non pesante!


Ho un sacco di cose da dire, ma ho la testa talmente piena che non so da dove iniziare, perciò... passiamo alle MERAVIGLIE di fanart che mi avete dedicato?
Ragazzi... stiamo scherzando?
Davvero avete dedicato arte, tempo e fatica per qualcosa che ho scritto IO?

Non ci sono parole per descrivere come questa cosa mi fa sentire...
Ma immaginate un pavone che apre la coda e raggiunge il Nirvana. Quello sono io.

Sperando che EFP non elimini le immagini, allego almeno un'immagine a testa per ogni grandioso artista che mi ha fatto questo regalo (perché sì, c'è chi ne ha fatte più di una!)

Ci tengo, inoltre, a ringraziare _Kalika_ che sulla sua page Instagram ha commentato e pubblicizzato tutti i capitoli precedenti de Il Mostro Bianco.
Tesoro, sei fantastica.


Non smetterò mai di ringraziare tutti voi lettori, recensori e artisti!

Attendo con ansia, quindi, di sapere cosa ne pensate di questo capitolo! Non vedo l'ora ♥

Siamo quasi alla fine della storia, e io piango, perché è la mia bambina!
Ma prima o poi dovrò salutarla... e lasciar spazio alle 
nuove bambine!

A presto,
baci
Pawa


P.S Mi scuso se l'aspetto grafico del capitolo varia leggermente dai precedenti e da un punto all'altro. Non capisco cosa stia combinando EFP! Indagherò e cercherò di risolvere. Spero sia comunque gradevole.



   
 
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