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Autore: Talitha_    09/12/2020    3 recensioni
In un’ipotetico futuro in cui Marinette e Adrien sono una coppia a tutti gli effetti, ecco a voi una serie What if? alla stregua del romanticismo e del fluff più assoluto.⁣

"Era tutta colpa di Marinette se adesso Adrien moriva dalla voglia di mettere le mani in posti dove non avrebbe dovuto, e di baciarla come mai aveva fatto prima.”⁣
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1.

 

“Non siate annoiati, ma di notizie assetati! Buonasera Parigi, e benvenuti in un nuovo episodio di Faccia a faccia! Puntata speciale, quella di stasera. Era tanto, ormai, che i nostri eroi non comparivano qui sul grande schermo. Ladybug, buonasera!”

Ladybug si schiarì la gola e si accomodò meglio sulla poltroncina rossa dello studio televisivo. “Buonasera, Nadja.”

“Vi avevamo invitati qui, stasera, per discutere insieme del progetto “Prevenire è meglio che deakumizzare” finanziato dal sindaco di Parigi e da altri importanti imprenditori. Purtroppo Chat Noir non è riuscito a venire, ma sono contentissima che tu abbia accettato il mio invito. Vorresti spiegarci brevemente di cosa si tratta, Ladybug?”

Marinette annuì, le mani poggiate sulle ginocchia. “Certo, Nadja. È molto tempo, ormai, che Chat Noir ed io stiamo cercando di combattere Papillon. Purtroppo non è per nulla facile, nonostante tutti gli sforzi e i sacrifici che stiamo compiendo, non solo noi supereroi, ma anche tutta Parigi. Per questo abbiamo cercato di trovare un modo per prevenire, o almeno restringere, il numero di persone che ogni giorno cadono vittime del suo potere. Ho parlato col sig. Bourgeois, e siamo riusciti a ideare un progetto che potrebbe fare al caso nostro. Si sa, Papillon fa leva sui sentimenti delle persone per costringerle e passare dalla sua parte. E chi le biasima? Tutti, nella nostra vita quotidiana, siamo afflitti da problemi e preoccupazioni. Esiste, quindi, un modo per evitare di cadere nelle grinfie di Papillon? Per il momento, una delle uniche persone che sia mai riuscita a resistere al suo potere è stata Chloé Bourgeois. Certo, Chloé non è la persona più perfetta del mondo ed ha commesso molti sbagli. Ma tutti possiamo migliorare, e spero che lei ed altri specialisti possano far capire a tante persone come resistere a questo potere che ancora non sappiamo come gestire. Questo eviterebbe tanto dolore, e darebbe anche a me e Chat Noir più tempo per vivere le nostre vite ed indagare sull’identità e le intenzioni di Papillon.”

Nadja sorrise affabile. “È davvero un’idea meravigliosa, Ladybug. Io stessa sono stata akumizzata, ma credo che, se avessi saputo come gestire le mie emozioni avrei risparmiato a te e Chat Noir una bella pena. Bene, adesso ci collegheremo con il sindaco di Parigi che ci fornirà altri dettagli su questo bellissimo progetto. Ma prima, pubblicità!”

 

***

 

Non appena annunciata la pubblicità, uno sciame di persone sbucò da ogni anfratto dello studio, correndo da una parte all’altra come prede di una strana frenesia. 

Marinette scostò leggermente le gambe fasciate dal suo costume, per evitare di far inciampare qualcuno. 

“Allora, come va?”

La voce di Nadja le parve più falsa di una moneta da tre euro. 

Ladybug stirò le labbra nell’accenno di un sorriso. 

“Oh, piuttosto bene. Grazie.”

“Ah.”

“Mmh”

“E Chat Noir? Spero stia bene. Mi è sembrato parecchio strano ricevere un suo rifiuto.”

Calcò su quella parola in un modo che infastidì moltissimo Marinette. Come se fosse lei quella che si aspettava non sarebbe venuta. Continuò a sorridere, accavallando le gambe sottili. 

“Chat Noir sta benissimo, mi ha chiesto di salutarti. Era molto triste per aver declinato il tuo invito, ma purtroppo aveva altre questioni di cui occuparsi.”

“Ah, sì? Non è nulla di grave, spero.”

Le antenne di Marinette si raddrizzarono ancora un poco. Non le piaceva la piega che stava prendendo alla situazione. Ancora due minuti alla fine della pubblicità. 

“Mi dispiace non poterti rispondere, Nadja. Non so nulla della vita privata di Chat Noir.”

Nadja assunse un’espressione incredula. “Davvero?” chiese, alzando un sopracciglio. “Proprio strano, mi sembrava che ultimamente foste così legati. Molto più di prima.”

Marinette si costrinse a non mandare tutto all’aria e tornarsene a casa. Nadja era fatta così, sempre alla ricerca dello scoop. Persino in qualità di Marinette doveva stare attenta a quello che diceva. Non le piaceva che la sua relazione con Adrien fosse sbandierata ai quattro venti, e neanche a lui. 

Era estremamente irritante essere sulla bocca di tutta Parigi non solo nelle vesti di Ladybug, ma anche della se stessa di tutti i giorni. 

Continuò a sorridere. 

“Non preoccuparti. Io e Chat Noir passiamo talmente tanto tempo insieme che ormai siamo diventati una coppia di supereroi molto affiatata, capisco possa essere difficile per qualcuno che ci guarda dall’esterno fraintendere il nostro rapporto.”

E Nadja aggiunse così, con noncuranza. “Ah, come cambiano i tempi. Se due amici come voi si scambiano baci sulle labbra, non oso pensare cosa facciano due fidanzati. Oh, tra dieci secondi siamo di nuovo in onda, tutto pronto?”

Marinette afferrò con forza i braccioli della poltrona. 

 

 

2.

 

“È davvero una vipera, dirmi una cosa del genere. Ma ci credi? E se anche fosse? Se noi fossimo una coppia? Cosa gliene potrebbe importare a persone come lei?”

Camminava avanti e indietro con le mani sui fianchi, percorrendo tutta la superficie del balcone che avevano scelto quella sera. Ogni volta che decidevano di incontrarsi di nascosto sceglievano a turno un posto differente, anche se il loro posto speciale rimaneva sempre la terrazza dietro la cattedrale di Notre-Dame che si affacciava sulla Senna. Quella su cui lui aveva preparato la loro prima sorpresa.

“Shh, abbassa la voce.” Marinette avvertì una mano guantata avvolgerla da dietro, un respiro dolce sulla nuca. Si fermò. “Potrebbe sentirti qualcuno. Vieni qui.”

Chat Noir la attirò a sé, posando un dito sulla sue labbra morbide. 

Marinette emise un respiro strozzato. Poi mise il broncio. 

“Mi ha stufata, sempre a fare elucubrazioni e domande inopportune.”

Chat Noir la guardò comprensivo. Poi la avvolse in un delicato abbraccio. 

“Mi dispiace, eri da sola. So come attacca Nadja, ed è tutta colpa mia se adesso ti senti così.”

Marinette scosse vivacemente la testa contro il suo petto. “Non devi biasimarti, non è colpa tua. È solo che quella donna mi manda in bestia. Non ci lascia mai un attimo in pace, neanche da Marinette ed Adrien. È estenuante.”

Chat Noir le lasciò un leggero bacio sulla punta del naso, le mani incrociate dietro la vita di Ladybug. Poi le scostò una ciocca di capelli dagli occhi, e la infilò dietro l’orecchio destro. 

“Mi sei mancata” mormorò. 

Marinette sentì le gambe cederle. 

“Anche tu mi sei mancato” rispose, nascondendo il suo viso dallo sguardo da attento scrutatore di Adrien. 

“Com’è andata a Londra?” sussurrò contro il suo petto.

Lui sospirò pesantemente, stringendola più forte a sé, facendo scivolare la mano destra sul collo di lei, col pollice che le carezzava piano la tempia. 

Marinette inclinò leggermente le testa per assecondare il suo tocco, gli occhi chiusi. 

Chat Noir rimase qualche secondo in silenzio, infine mormorò: “Poteva andare peggio.”

Ladybug alzò subito il suo sguardo preoccupato verso di lui, e questa volta fu Adrien a eludere i suoi occhi azzurri. 

Marinette si morse il labbro, poi sussurrò piano: “C’entra tuo padre, vero?”

Lui sospirò amaramente, scuotendo la testa. “Non voglio parlare di questo, adesso” disse cambiando argomento, circondandola di nuovo con le braccia e portando il mento sui capelli di lei. “Non quando posso stringerti tra le braccia dopo tutto     questo tempo.”

Lei sorrise contro di lui. “Da come parli si direbbero passate settimane, non cinque giorni.”

Chat Noir mise il broncio. “Non avevi detto che ti ero mancato?”

Ladybug alzò la testa per guardarlo negli occhi, poi sollevò delicatamente le punte dei piedi fino ad arrivare all’altezza del suo volto. Lo fissò intensamente in quegli occhi verdi per qualche secondo, poi gli schioccò un leggero bacio sulle labbra. “Certo che mi sei mancato, sciocco di un gatto” gli rise contro. 

Lui continuò ad osservarla ancora un po’, mentre con le mani le accarezzava la schiena. Marinette si era completamente dimenticata di Nadja e delle sue domande indiscrete, ormai. L’unica cosa che contava, ora, era essere tra le braccia del suo gattino preferito. 

Senza che se ne rendesse conto, un leggero sorriso dipinse le sue labbra. 

“Perché ridi?” le chiese dolce Adrien.

Lei scosse la testa. “Stavo solo pensando che riesci sempre a farmi dimenticare i miei problemi.”

Lui arrossì leggermente sotto il velo della maschera. Poi si sporse contro il suo orecchio, inarcando di poco la schiena. “La stessa cosa vale per te, Milady.”

Marinette tremò leggermente sotto il respiro delle sue parole, allacciando più forte le braccia dietro il suo collo. 

“Te l’ho già detto che mi sei mancata?” mormorò di nuovo lui contro il suo collo profumato, schioccandole un leggero bacio che provocò un altro brivido a Marinette. 

Lei sorrise di nuovo, annuendo con un grugnito. 

Allora Adrien si scostò un poco da lei, e Marinette avvertì subito il freddo dove poco prima si trovava il corpo di Chat Noir. 

Ladybug corrucciò le labbra in segno di disappunto. 

Lui sorrise malizioso, mentre allentava la sua presa su di lei. Poi la fece sedere sulla coperta che aveva portato a gambe incrociate, e le chiese di chiudere gli occhi. 

Lei protestò, senza capire cosa stesse accadendo, poi obbedì vedendo i suoi occhi verdi brillare sotto la luce della luna. Rimase per interminabili secondi senza udire altro se non i passi sempre più lontani di Chat Noir e il rimbombo di clacson di macchine lontane. 

Poi udì un fruscio leggerissimo, e percepì di nuovo la presenza del suo partner accanto a lei. Adrien si assicurò che tenesse ancora gli occhi chiusi, poi si sedette di fronte a lei attento a non calpestare la sua coda. 

“Non aprirli ancora, mi raccomando” si assicurò. 

Lei corrugò le sopracciglia. “Ma cos…?”

Percepì il dito guantato di Adrien fare leggera pressione sulle sue labbra, e allora fece come lui aveva chiesto. 

Ladybug sentì poi il respiro di Chat Noir sul suo volto, era vicinissimo. Se si fosse sporta anche solo di pochi centimetri era convinta che le loro labbra si sarebbero toccate.  

Non sapeva perché, ma era piuttosto nervosa. 

Adrien trattenne il respiro per qualche secondo, poi sporse di poco il viso, e le sue labbra sfiorarono quelle di Marinette. Sentiva il loro sapore di fragole, la loro consistenza morbida, ma non approfondì il bacio. Ne respirava l’odore e ne saggiava il sapore, ma rimase immobile. 

Ladybug era troppo presa dal momento per pensare a cosa stesse accadendo. Aveva ancora gli occhi chiusi, e tratteneva il respiro. Sentì la mancanza di qualcosa su di sé, e solo dopo si accorse che le mani di lui non la circondavano come facevano sempre. Prima che potesse dire qualcosa, Adrien si scostò dalle sue labbra lasciandole un leggerissimo bacio. Poi aprì gli occhi e la vide ancora in attesa di qualcosa, probabilmente di un suo cenno. 

Rimase a fissarla senza neanche accorgersene, troppo bella per poterle resistere, con quelle labbra di rose, le guance rotonde, gli occhi chiusi e le ciglia che sfarfallavano leggermente. 

“Posso aprirli, ora?” la voce di Marinette lo colse di sorpresa, e fu allora che si rese conto che lei lo stava ancora aspettando. 

Si schiarì la gola. “Non ancora.” La voce era più rauca di quanto non avesse previsto. 

Lei corrugò le ciglia indispettita, e ad Adrien scappò un sorriso. 

“Si può sapere almeno che stai facendo?” chiese di nuovo lei, in tono divertito. 

Lui scosse la testa, e lei, anche se non poteva vederlo, percepì un leggero spostamento dell’aria. 

“Ti sto osservando” mormorò senza che se ne rendesse conto. 

Lei si ritrasse un poco, sorpresa. 

Chaton…”

“È che mi sembri più bella di quando me ne sono andato.”

Marinette aprì gli occhi, mentre le gote diventavano sempre più rosse. 

“Non dire sciocchezze.”

Lui la guardava serissimo, negli occhi come pagliuzze scintillanti che riflettevano la luce delle stelle. “È vero.”

Ladybug, senza sapere perché - ormai doveva essersi abituata alle sue avances, no? - si sorprese imbarazzata. Distolse lo sguardo dai suoi occhi, e vide che Adrien teneva le mani dietro la schiena. 

Prima che potesse fare altre domande, lui la prevenne. “Ti ho portato una cosa” mormorò guardandola negli occhi. Marinette gli parve confusa. “Da Londra” specificò. 

Ladybug non sapeva cosa dire. “N-non dovevi” protestò scuotendo la testa. 

Quella era la prima volta, da quando si erano messi insieme, che non avevano potuto vedersi per più di due giorni. E, anche se sembrava strano - e forse anche stupido, la consapevolezza che lui non fosse a pochi passi di distanza l’aveva resa inquieta. Certo, in caso di bisogno lui sarebbe subito tornato utilizzando il power-up dello spazio, eppure non era la stessa cosa. E sapere che lui l’aveva sempre tenuta nei suoi pensieri, e le aveva anche portato un regalo, la fece sentire talmente sollevata che sentì subito gli occhi farsi umidi. 

“Milady, p-perché piangi?” 

Una nota di preoccupazione nella voce, Adrien non esitò un istante a portarle una mano alla guancia per confortarla. 

Lei scosse la testa con fare noncurante. “È che mi sei mancato tanto” sussurrò, mentre una prima perfetta goccia sfuggì dall’intreccio delle sue ciglia. 

Lui sorrise alle sue parole, avvicinandosi alle sue labbra per schioccarle un leggero bacio. 

“Allora, non vuoi vedere cosa ti ho portato?”

Lei si portò subito una mano in volto per asciugarsi la lacrima, ma lui la prevenne con una dolce carezza. Allora annuì, tirando un poco su con il naso. 

Adrien si rese conto allora di essere piuttosto nervoso. E se non le fosse piaciuto? Se lo considerasse come inopportuno?

Si morse il labbro inferiore, indeciso all’improvviso della sua scelta. Ladybug era lì, di fronte a lui, che lo aspettava curiosa, e vedendolo così nervoso gli portò una mano alla guancia. “Tutto bene?”

Chat Noir sentiva il respiro corto. “Ehm… sì, certo. È solo che…”

Lei inclinò leggermente la testa, inarcando le sopracciglia come per invitarlo a continuare. “Il gatto ti ha per caso mangiato la lingua?” chiese con una punta di malizia. 

Lui arrossì, mentre si portava la mano libera alla faccia. 

“È che… all’improvviso mi sembra un regalo così stupido. Forse… ehm” abbassò lo sguardo “non dovrei dartelo.”

Lei sorrise prendendolo per le guance: “E perché mai? Lo sanno tutti che fai dei regali fantastici.” Si sporse un poco verso di lui, gli diede un bacio leggero sul naso, e abbassando il tono di voce aggiunse: “Soprattutto quanto si parla della tua bellissima ragazza.” 

Chat Noir deglutì, ritrovarsela così vicino all’improvviso lo aveva colto impreparato. 

“Adesso mi hai incuriosita” aggiunse poi, circondandolo per le spalle. “Devi assolutamente darmelo.”

Lui distolse gli occhi dal suo sguardo magnetico, e sospirò come a rassegnarsi. Portò sotto gli occhi scintillanti di Marinette una piccola scatolina bianca, con un nastro rosa piegato a fiocco sull’estremità. Lui boccheggiò come in cerca di parole, e, dopo aver intrecciato il suo sguardo con quello curioso di lei, disse piano: “Appena l’ho visto ho pensato a te, e ehm… so che può sembrare inopportuno, e se non lo vuoi n-non sei costretta ad accettarlo, però…” Marinette lo guardava con un sorriso sulle labbra, pensando che in quel momento, così, imbarazzato, fosse la cosa più adorabile al mondo. La voce gli tremava leggermente, insieme con le mani che reggevano il piccolo pacchettino rosa. Scosse un attimo la testa, e poi riprese coi farfugli. “Davvero, non devi accettarlo se non ti piace. Al momento mi sembrava un bel regalo, adesso non più” si pizzicava nervoso il sopracciglio. “Volevo soltanto che avessi qualcosa che potesse legarti a me, e che potessi portare sempre con te, e ti facesse ricordare sempre che io ci sono, se ne hai bisogno, e… insomma…”

Ladybug si divertiva a guardarlo penare tanto, ma era anche curiosa di sapere l’oggetto di tante tribolazioni nella mente di lui. Sorrise dicendo: “Forse è meglio se lo apro, non ti pare?”

Lui annuì, e le porse tra le mani il pacchetto. Marinette lo prese tra le sue, insieme con le dita di Adrien, che accarezzò nel tentativo di tranquillizzarlo.  

“Ehi, sta’ tranquillo. Sono sicura che sarà il regalo più bello che tu abbia mai potuto farmi.” Poggiò il pacchetto sulla coperta tra le loro gambe, e si alzò sulle ginocchia per baciarlo sulle labbra. Poi portò la sua testa contro il suo collo, e gli accarezzò i capelli fino a che non lo sentì più calmo tra le sue braccia. Allora si girò e si sistemò meglio tra le sue gambe, prendendo il pacchetto e sciogliendo piano il nastro rosa con le dita. 

Lui le circondò la vita con la mano per farla mettere più comoda, e si appoggiò con la schiena alla ringhiera della terrazza. 

Scrutava attentamente il volto di Marinette, cercando di non perdersi neanche una singola espressione dei suoi occhi. La osservò scoprire il contenuto della scatola, un fremito scuoterle le labbra, i contorni degli occhi subito umidi, le ciglia tremare leggermente. 

“N-non ti piace?” chiese, forse una nota di rassegnazione nella voce. 

E si sorprese quando Marinette si voltò verso di lui, gli occhi scintillanti, e premette con forze le labbra contro quelle di Adrien, e inspirò profondamente contro di lui, e sentì scivolare qualcosa di caldo ed umido dentro di lui, e non si rese conto di quanto quel contatto gli fosse mancato fino a quando non lo sentì per la prima volta dopo quasi una settimana. 

Strinse più forte la vita di Ladybug contro il suo petto, portando una mano alla sua guancia morbida e bollente. Quando si scostò per riprendere fiato, Marinette ansimò contro le sue labbra: “Tu, pazzo di un gatto. Come puoi pensare che un regalo come questo non possa piacermi?” Lo baciò di nuovo, questa volta piano, come se cercasse di imprimersi il più possibile la sua forma e il suo sapore nella mente. “Ci avrai speso anche tantissimo, adesso mi fai sentire in colpa perché non ho niente per te” gli sussurrò contro. 

Lui la guardò sollevato, felice. “Non ci pensare neanche, non voglio nessun regalo.” Lei fece per protestare, ma la zittì con un bacio. Osservò Marinette abbassare ancora incredula lo sguardo verso il piccolo anellino d’argento che teneva tra le dita, e allora disse: “Mi basta sapere che ti piace e che ti andrà di indossarlo, qualche volta.”

A quelle parole, Ladybug si girò di scatto a guardarlo, in volto un’espressione sconvolta. “Qualche volta? Questo rimarrà per sempre al mio dito, non me lo toglierò mai e poi mai, neanche per rimpiazzare quelli che verranno.” Si accorse un po' tardi di come quella frase potesse suonare alle orecchie di Chat Noir, che iniziava a sentire anche lui le lacrime premere per uscire. “Quelli che verranno?” chiese in un sussurro, ancora incerto di aver capito bene. 

Lei arrossì, e abbassò lo sguardo verso il piccolo oggettino che teneva tra le dita. “Certo” rispose infine sorridendo “non credere di cavartela soltanto con uno.” E, così dicendo, gli volse una timida occhiata. Lui annuì prontamente, come a prendere sul serio quell’importante incarico. Già pensava a tutti gli anelli che le avrebbe regalato, e sorrise come un ebete al pensiero. 

“Spero che sia della misura giusta” aggiunse poi, prendendoglielo dalle dita pronto per metterlo al suo legittimo posto. “Siccome non sapevo proprio quale fosse ho chiamato Alya per chiederle consiglio. Quando ha scoperto che volevo regalarti un anello ho creduto che da un momento all’altro il suo urlo avesse raggiunto anche te.”

Lei sorrise. “Infatti mi era sembrato di sentire qualcosa, l’altro giorno.” 

Lui abbassò lo sguardo verso le sue dita guastate e affusolate, e solo allora si accorse che lei indossava ancora il suo costume da supereroina. Ladybug pronunciò una parola che suonò come una formula magica, e subito si ritrovò tra le sue braccia nelle vesti di Marinette. Chat Noir non potè resistere, e le diede un tenero bacio sulle labbra, e poi le infilò l’anello in quello che gli parse uno dei gesti più intimi che avessero mai condiviso. “È perfetto” sussurrò Marinette contro il suo orecchio. Lui si girò un poco per guardarla negli occhi, e le lasciò un bacio sulla guancia. “Sono contento che ti piaccia.”

Lei prese a osservare sognante la sua mano, che le sembrava così diversa ora. Chat Noir, invece, osservava lei con occhi sognanti, lei che lo faceva sempre così felice ogni giorno che passava. Si chiese come fosse possibile. 

Intorno, brillavano la luna e le stelle nel cielo, una leggera aria fresca scompigliava i capelli. 

Marinette rabbrividì leggermente quando un rivolo di vento un po' più forte e fresco l’attraversò, e Chat Noir fece bene attenzione ad avvolgerla per non farle prendere freddo. 

“Forse è meglio se ti porto a casa” le sussurrò tra i capelli. 

Lei lo guardò male: “Aspettiamo ancora un po’.”

Lui scosse la testa sorridendo. “Fa freddo” ribatté, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. 

“Non se mi stringi forte” protestò lei accucciandosi di più contro di lui. 

Adrien sussultò. “È molto tardi” disse poi. 

Lei sussurrò in risposta, gli occhi chiusi: “Domani non c’è scuola.”

Lui quasi si arrese alle sue parole. “Sei impossibile” sorrise lui. 

Lei alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi, poi disse con un ghigno: “Se non vuoi stare qui con me basta che lo dici.”

Lui protese il viso in avanti, e le loro fronti si toccarono. “Sai che non è vero” rispose scuotendo lievemente la testa. 

Lei si avvicinò ancora di più, facendo incontrare i loro nasi. 

“Mmh.”

Chat Noir pensò che quel momento fosse davvero magico. Parigi era come una bolla sotto di loro, o forse erano loro, a stare in una bolla. Gli unici rumori che sentivano erano quelli dei loro respiri, e i fruscii delle loro carezze. 

Quando, qualche minuto dopo, la cattedrale suonò la mezzanotte, Adrien si costrinse ad alzarsi. Marinette protestò tra le sue braccia, ma non ci fu nulla da fare. Chat Noir la portò a casa saltando tra i tetti, e non ebbe pace fino a che non la vide tranquilla sotto le coperte. Le scoccò un leggero bacio sulla fronte, poi sul naso, sulle labbra e sul mento. Lei rideva sotto di lui, e andarsene in quel momento gli parve una delle azioni più difficili che egli avesse mai fatto. 

Solo dopo qualche minuto, a metà tra sogni e realtà, Marinette si ricordò che la mattina dopo aveva Manon a casa, e che Nadja Chamack sarebbe passata a portarla e a prenderla. Il sonno le passò di colpo. 

 

*** 

Erano le nove, e Marinette era già lavata e vestita. Quando si era svegliata quella mattina,

lo schermo del telefono era intasato dalle notifiche dei ventuno messaggi che Adrien le aveva mandato. Tre come stai, quattro ti amo, sette sei sveglia, quattro chiamami quando ti svegli e altri tre ti amo.  

Pochi, tutto sommato. Nei giorni in cui era stato via la media - di mattina - era di trentacinque messaggi. Si vedeva che era più tranquillo ora che soltanto un paio di chilometri li separavano. 

Marinette sorrise tra le labbra, ma il sorriso le morì quando sentì dei passetti purtroppo ben conosciuti saltellare le scale che separavano la sua camera dal resto della casa. 

“Marineeeette!” sentì chiamarsi, e si spremette una mano sulla faccia, perché già sapeva che quella mattinata sarebbe stata lunghissima. 

Manon non si fece problemi a prendere subito possesso della sua camera, buttando i suoi amati pupazzi sparsi sul pavimento e sparpagliando le matite sulla scrivania. 

“Marineeeeette, giochiamo a Ladybug e Chat Noir con le tua bambole?!? Per favoreee!!” Esclamò, in un sorriso esagerato e gli occhi da cerbiatta. 

Marinette sospirò in tono accondiscendente, e fece per alzarsi, quando la figura di Nadja Chamack apparve da sotto la botola. Cercò di sorriderle il più educatamente possibile, anche se il suo buongiorno puzzava di falso a chilometri di distanza. 

“Buongiorno, Marinette” rispose Nadja in un sospiro, visibilmente abbattuta. 

Marinette inarcò le sopracciglia. “Tutto bene, Nadja?”

Lei fece come fosse a casa sua, prese una sedia e si sedette alla scrivania di Marinette, proprio di fronte a lei. “Niente di che, Marinette. Davvero. È solo che ieri sera è stata molto stressante. L’hai vista, vero, l’intervista a Ladybug?”

Marinette annuì con aria sospetta. 

Nadja continuò: “E tu dirai, cosa c’entra l’intervista con Ladybug? Apparentemente è andata molto bene, no?”

Marinette annuì di nuovo. 

Nadja sospirò pesantemente, poggiandosi con il gomito sulla scrivania. “Questo devo proprio dirtelo Marinette, anche se non credo lo sappia nessun altro.” Si avvicinò piano, abbassando la voce per non farsi sentire da Manon che faceva finta di giocare con le bambole, ma che in realtà non si stava perdendo una singola parola di ciò che le due andavano confabulando.  

“Credo” sussurrò Nadja “ecco, credo che Ladybug mi odi.”

Manon scattò ritta in piedi, pronta subito a prendere le difese di Ladybug, ma poi si ricordò che aveva sentito di nascosto, e che sicuramente sua madre si sarebbe arrabbiata se lo avesse scoperto. Finse un improvviso attacco akuma. 

Marinette impallidì sul posto, senza sapere cosa dire. 

Nadja scosse la testa. “Sicuramente penserai che io stia dicendo una stupidaggine, ma sono proprio sicura che sia così. Comunque” aggiunse sospirando scoraggiata “non credo io possa farci niente. Se Ladybug mi odia, devo accettarlo e cercare di non farlo notare. Giusto?”

Marinette non sapeva che dire, e annuì assecondandola. Si reggeva forte alla superficie della scrivania, i polpastrelli della mano erano sbiancati. 

Nadja abbassò casualmente lo sguardo verso la mano di Marinette, e altrettanto casualmente fece caso al piccolo anello che decorava il dito medio. 

Subito le si illuminò lo sguardo. 

Marinette non fece in tempo a rendersi conto dell’imprudenza di non essersi tolta l’anello che subito quella la tempestò di domande, e Marinette rispose in maniera talmente elusiva e indispettita che a Nadja ricordò qualcuno di sua conoscenza. 

Tuttavia, Nadja era troppo presa dallo scoop per fare caso al comportamento di Marinette. Insomma, Adrien Agreste aveva appena regalato un anello alla sua ragazza, e i due avevano solo diciassette anni!! Cosa mai poteva significare?!?

Marinette si controllò il più possibile dal non cacciare Nadja a suon di calci, quando questa fu chiamata via da un’importante chiamata di lavoro. 

Ahh, quanto era vero. Marinette odiava proprio quella donna! 

 

 

 

Convenevoli finali: 

Credete forse che questo aggiornamento così, di mercoledì, sia un miraggio? Uno scherzo malefico di Volpina? 

No, cari lettori, è proprio vero. In realtà avevo iniziato a scrivere questo capitolo un sacco di settimane fa, e l’ho ritrovato così, per caso, incompleto. Tra ieri sera e stamattina sono riuscita a terminarlo e ho deciso di pubblicarlo subito, ché altrimenti rimandavo fino al weekend. 

Spero che questo aggiornamento inatteso vi abbia fatto piacere, e che anche la storia vi abbia strappato una risata. 

 

A presto, 

Talitha_ <333

 

 

 

   
 
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