Capitolo
37: Conigli, vento,
fuliggine
“Guarda
quanti bei
coniglietti…” esultò Victorie,
osservando con entusiasmo la cesta sul balcone
del ‘Serraglio Magico’ con conigli di tutti i
colori, alcuni con le orecchie in
su, mentre altri le avevano in giù.
Teddy,
il quale si trovava
vicino alla ragazzina, ammise, con un sorriso:
“Già, sono proprio tanti…”
“Secondo
te, quale dovrei prendere?”
“E’
una tua decisione,
Victoire. Io non ho alcun diritto di mettermi in mezzo.”
“Uffa,
sei proprio di grande
aiuto, tu…”
Ad
un tratto, un piccolo
coniglietto dal pelo grigio con riflessi blu e le orecchie
all’ingiù, si alzò
su due zampe, come una sorta di equilibrista, ma, dopo un
po’, perse
l’equilibrio e cadde per terra.
“Hai
visto quello, Teddy?”
esclamò, ancora incredula da quello che aveva appena visto,
la bionda e il
compagno annuì: “Sì. Quel piccoletto ha
davvero tanta energia…”
Quasi
subito, il piccolo
coniglio si diresse verso Victoire, fermandosi proprio davanti a lei.
“Ciao,
piccolino… sei proprio
un amore, sai?” gli sussurrò, con dolcezza,
Victoire, accarezzandogli il pelo.
Il
coniglietto, di tutta
risposta, le diede dei piccoli colpi sulla testa, come se volesse farle
capire
che aveva un animo giocherellone, mentre guardava la piccola bionda con
i suoi
piccoli, ma profondi occhi neri.
In
un attimo, la ragazzina
capì.
“Signora,
prendo questo
coniglio. E’ il mio, lo sento.” Esclamò
Victoire alla signora dietro al
balcone, la quale prese l’animale: “Bene, sappi
che, quando lo prendi in mano,
devi far appoggiare le zampe posteriori sul braccio in questo modo,
capito?
Guarda attentamente come faccio io.”
Victoire
osservò con molta
attenzione la posizione, poi allungò le braccia e prese in
braccio il coniglio,
nello stesso modo in cui lo aveva preso la signora.
Il
coniglio rimase
perfettamente immobile tra le braccia della ragazzina, la quale
cominciò ad
accarezzargli il pelo grigio, tutta eccitata.
“Cavoli,
quant’è morbido!
Prova a toccarlo, Teddy!” esultò Victoire e,
subito, l’amico la imitò,
commentando: “Hai proprio ragione. Inoltre, è un
coniglio molto tranquillo…
sembra quasi un peluche.”
“Chissà
la faccia che faranno
Dominique e Louis, quando lo vedranno…”
“Mi
scusi, come si chiama
questo coniglio?”
“Non
ha un nome. Comunque,
sappiate che è una femmina.”
L’informò la strega, tornandosene a leggere la sua
rivista.
Teddy
guardò Victoire e le
domandò: “Come vuoi chiamarla?”
“Creamy!
Mi ricorda tanto il
gelato…”
“Beh,
di certo è un nome
parecchio originale…”
Ad
un tratto, il Tassorosso
notò che Victorie aveva assunto un’espressione tra
il nervoso e il seccato.
“Qualche
problema, Vicky?” le
domandò Teddy e l’altra rispose, stringendo il
coniglietto: “Ho solo pensato a
quella stupida bestiaccia di quella tua amica! Di sicuro,
vorrà mangiarsi la
mia povera Creamy…”
“Non
preoccuparti, la terremo
d’occhio e, quando saremo ad Hogwarts, Creamy
starà nella tua Sala Comune ed
Asmodeus in quella di Delphini… probabilmente, starai a
Grifondoro, come tuo
padre e tutta la tua famiglia paterna…”
“Io
a Grifondoro?! Ma
neanche… io voglio finire a Tassorosso, assieme a
te!”
“Davvero?
Beh, sono felice di
sentirlo, ma… vedremo… forse… ma chi
lo sa…” borbottò Teddy, sbrigandosi ad
uscire con la ragazzina.
Non
aveva proprio il cuore di
dirle che Tassorosso era l’ultima Casa dove sarebbe,
probabilmente, finita… e
non perché tutta la sua famiglia era finita a Grifondoro, ma
perché il suo
carattere era completamente incompatibile a quello di un Tassorosso:
aveva
troppo grinta, troppa poca pazienza, amava mettersi abbastanza in
mostra,
preferiva divertirsi che lavorare… insomma, Victoire Weasley
era tutto, tranne
che una Tassorosso.
Tuttavia,
non se la sentiva d’infrangere
i sogni di una ragazzina… anche se si stupiva che Victoire
preferisse
Tassorosso a Grifondoro, a differenza della maggior parte dei
ragazzini, che
consideravano la sua Casa un gruppo di mollaccioni, buoni a
nulla… certo che
era davvero unica, chissà perché preferiva la sua
Casa…
Ad
un tratto, notò una figura
proprio davanti ad una vetrina che lui riconobbe subito, mentre un
largo
sorriso gli apparve sulle labbra.
“Nonna!
Ehi, nonna!” la
chiamò Teddy, muovendo le braccia, ma la donna, a causa
della confusione non lo
sentì.
Senza
mai lasciare la mano di
Vicky, il ragazzino si fece largo tra la folla e, una volta che fu
più vicino,
chiamò di nuovo: “Nonna!”
Solo
allora, la donna,
sentendo la voce del nipote, si girò e non appena riconobbe
Teddy, sorrise:
“Teddy!”
Subito,
corse ad abbracciarlo
e domandò, entusiasta: “Sei venuto qui per
comprare le cose per la scuola?”
“Sì.
E tu?”
“Ho
finito il concime per le
mie amate piante, quindi dovevo assolutamente trovarne
dell’altro.”
“Nonna,
Vicky ha appena comprato
un coniglietto.”
Sollevò,
delicatamente, la
gabbia di Creamy, la quale mosse il suo nasino.
“Oh,
che carino… come si
chiama il piccolo?” domandò Andromeda e Victoire,
tutta orgogliosa, annunciò:
“E’ una femmina e si chiama Creamy!”
“Creamy?
E’ proprio un bel
nome.”
“Già,
non vedo l’ora di farlo
vedere ai miei fratelli e agli amici di Teddy.”
“Oh,
ci sono anche i tuoi
amici, Teddy?”
“Già.
Dato che sei qui,
nonna, posso presentarmi alcuni di loro.”
“Ne
sarei onorata, tesoro!
Anzi, non vedo l’ora di conoscerli tutti.”
“Certo…
anche se per alcuni
ce ne vorrà un po’…”
Fu
solo quando s’infilarono
in uno stretto e buio vicolo che i due ragazzini di dodici anni si
fermarono
per riprendere fiato.
“Che
corsa… non sono più
abituato a correre…” sussurrò,
stravolto Kevin, mentre Delphini, la quale si
stava pulendo col dorso della mano la fronte sudata, annuiva:
“Già. La lezione
che più si avvicina ad educazione fisica è Volo e
non vengono richiesti polmoni
ben allenati.”
“Non
ti è sembrato un po’
strano?”
“Cosa?”
“Il
comportamento di Abel…
hai notato com’è diventato nervoso, quando ti sei
avvicinata a quel punto? E,
poi, ha buttato tutta quella polvere…”
“Già…
stava decisamente
nascondendo qualcosa…”
“Sai,
la sua espressione
facciale… mi ha ricordato una cosa… ricordi
l’anno scorso, quando Hugh Flint ha
sentito qualcuno in Sala Comune?”
“Certo
che me lo ricordo… ho
fatto ribaltare i divani, per far accorrere Lumacorno.”
“Beh,
quando lui e gli altri
insegnanti erano alla ricerca di questo tizio, Abel era molto
nervoso… io credo
che temesse che gli insegnanti riuscissero a trovare quel
tizio.”
“Lo
credo anch’io. Inoltre,
aveva un’espressione di spavento, quando Lumacorno ha detto
che Mrs Purr aveva
avuto a che fare con due uomini e Bluebell Borgin ha detto di non aver
mai
avuto un mantello dell’invisibilità…
credo che sia stato Abel a far entrare in
Sala Comune il nostro amico invisibile.”
“Come
avrebbe fatto?”
“Se
non sbaglio, tu condividi
il dormitorio con lui…”
“Sì,
assieme a Lester Fawley
e Hugh Flint.”
“E’
entrato assieme a voi,
vero?”
“Sì,
e poi, si è infilato
subito nel letto.”
“Ottimo.
Ha aspettato che voi
tre vi addormentaste. Di certo, non ci sarà voluto molto,
eravamo tutti stanchi
per il lungo viaggio e per la cerimonia…”
“Altroché…
ho fatto in tempo
ad appoggiare la testa sul cuscino che mi sono addormentato
subito…”
“Poi,
una volta che eravate
tutti crollati, si è diretto nella Sala Comune e ha aperto
la porta che conduce
al nostro sotterraneo.”
“Cosa?!
Ecco come diavolo ha
fatto ad entrare, col passaggio nascosto e le finestre sul
fondale…”
“Purtroppo,
io lo sospettavo
già.”
“Sospettavi
di Abel?”
“No,
ma sospettavo che un
Serpeverde avesse aperto il passaggio dall’interno per far
entrare qualcuno.
Certo, poteva aver sentito la password di nascosto, ma era comunque un
azzardo
entrare col rischio di essere beccato da qualcuno ancora in piedi,
doveva per
forza avere un complice all’interno.”
“Perché
non ne hai parlato
con Lumacorno?”
“Erano
solo ipotesi, non
potevo rischiare di inimicarmi tutti i miei compagni con
l’accusa di una talpa
interna…”
“Beh,
io ti avrei creduto.”
Sentendo
ciò, Delphini si
voltò a guardarlo, incredula.
Arrossendo
dall’imbarazzo,
Kevin spiegò, guardando da un’altra parte e
mettendosi una mano dietro alla
nuca: “Sei l’unica Serpeverde che mi ha accettato
fin dall’inizio… nei gruppi
di lavoro finiamo sempre insieme… e sei l’unica
che crede che possa partecipare
e superare il provino di Cacciatore… pertanto,
anch’io ho piena fiducia in te.”
Spostando
lo sguardo, per non
mostrare le guance incandescenti, borbottò:
“Tornando a noi… dopo
quell’accaduto, ho deciso di osservare la situazione,
concentrandomi su alcune
persone.”
“Solo
su alcune? Ma… siamo in
tanti a Serpeverde…”
“Vero,
ma c’erano alcuni
piccoli indizi per trovare la talpa…”
“Quali?”
“Prima
di tutto, il mantello
dell’invisibilità. Solo un ragazzino proveniente
da una famiglia di maghi
poteva permetterselo, questo fatto ti ha subito scartato, visto che eri
l’unico
Nato Babbano di Serpeverde, ma, oltre a provenire da una famiglia di
maghi, il
proprietario doveva essere ricco sfondato, dato che sono rari e
parecchio
costosi… e le uniche famiglie che rispecchiano con certezza
questa categoria,
sono, ovviamente, quelle appartenenti alle Sacre Ventotto.”
“Quindi,
bisognava solo
cercare tra loro…”
“In
realtà, il complice ha
lasciato un altro piccolo e cruciale indizio.”
“Quale?”
“Non
ti sembra che portare un
intruso nella nostra Sala Comune sia stato un leggero
azzardo?”
“Beh,
sì… in effetti, mi è
sembrato un po’ strano…”
“Questo
era perché non
conosceva troppo bene la scuola per nasconderlo in un posto
migliore… e chi
sono gli studenti che meno conoscono i nascondigli della
scuola?”
“Quelli
del primo anno!”
“Già…
quindi la talpa era,
per forza di cose, uno studente del primo anno che facesse parte delle
Sacre
Ventotto e Abel combacia perfettamente con questo pensiero. Scommetto
che Abel
e il suo amico si erano accordati in precedenza che lui avrebbe aperto
la porta
non appena tutti si fossero addormentati. Inoltre,
quand’eravamo sul treno per
Hogwarts, Gal ha detto di averlo visto parlare da solo e che non lo ha
fatto
entrare assieme a Christian… non stava parlando da solo, ma
con quell’essere.
Non ha fatto entrare nessuno nello scompartimento perché
l’avrebbero scoperto
in un secondo e lui non poteva rischiare.”
“Però,
non capisco… perché
tutto questo?”
“Non
credo che Abel abbia
fatto entrare il suo complice per ammazzarci, altrimenti lo avrebbero
fatto
mentre tutti dormivano… il fatto che quell’essere
fosse sdraiato sul divano
della Sala Comune, mi fa pensare che il motivo per cui Abel
l’abbia fatto
entrare, fosse quello di dargli un rifugio per la notte. Un luogo dove
dormire
fino al mattino.”
“Era
troppo rischioso! Pensa
se fosse stata mattina…”
“Già,
infatti, molto
prudentemente, Abel non l’ha fatto più entrare nel
Sotterraneo.”
“Mi
domando chi stia cercando
di nascondere con così tanta
determinazione…”
“Non
ne ho idea, ma di certo
è qualcuno che neanche il Mondo Magico vorrebbe in
giro…”
Proprio
in quel momento,
Kevin si guardò in giro e si accorse che mancava qualcuno
all’appello.
“Ehi,
Delphini… manca Gal…”
“Quell’idiota…
avrà di certo
preso un’altra strada.”
“Ma
se fosse stato preso?
Quelli mi sono sembrati dei veri e propri
criminali…”
“C’è
questa possibilità. Con
Gal, poi…”
“Torno
indietro a cercarlo.”
“Vuoi
forse ammazzarti?”
“Cosa
intendi?”
“Sei
un mago del secondo
anno, abbastanza bravo in Incantesimi. Non hai abbastanza esperienza
per
affrontarli e salvare Gal.”
“Lo
so, ma… Gal è uno dei
miei amici, uno dei primi che abbia mai ricevuto in vita! Non posso
abbandonarlo così, anche se non posso fare
molto…”
“Allora
andrò io.”
“Cosa?”
“Ho
più esperienza con tipi poco
raccomandabili. Vado, analizzo la situazione e, se Gal è
riuscito a
svignarsela, bene, sennò li sistemo io.”
“Ma
non sarà pericoloso?”
Per
tutta risposta, Delphini
si voltò a guardarlo e, con un sorrisetto di sfida e
parecchia fiducia verso sé
stessa, ribatté: “Pericoloso? Per quei deficienti,
semmai…”
“Ma
guarda quanta polvere
nera… ci vorrà un decennio per farla sparire,
anche con la magia!” borbottò il
mago piuttosto basso con sporchi capelli biondi, mentre la sua
compagna, con
capelli a caschetto biondi e gli occhi azzurri, proprio come l'altro,
esclamava: “Norman, non ha alcuna importanza
com’è conciato questo posto! La cosa
più importante, adesso, è assicurarci che non ci
siano altri ragazzini
ficcanaso in giro per questo stabile!”
“E
anche se fosse?”
“Sei
più stupido di un asino!
Se qualcuno trova la nostra merce, siamo fregati! Avremo
l’Ufficio Regolazione
e Controllo delle Creature Magiche sul collo! Per giunta, la nuova
direttrice è
Hermione Granger!”
“Cosa?!
Quella Hermione
Granger?! L’amica di Harry Potter?!”
“Proprio
quella! A quanto
pare, ha dato vita a dei progetti di legge parecchio pesanti contro chi
maltratta e sfrutta le creature magiche… è per
colpa sua se il nostro lavoro è
diminuito drasticamente! E’ furba come una volpe e
più cocciuta di un mulo,
quella stramaledetta impicciona!”
“Ma
in questo stabile non
viene mai nessuno…”
“E
quel moccioso con l’amichetto
sotto il mantello nero che sono usciti da qui qualche secondo fa?! Come
li
chiami, quelli?!”
“Semplici
ragazzini curiosi,
Frannie.”
“Non
dire cavolate, Norman!
Tu sorveglia questo salone, mentre io controllo le stanze di sopra! Non
sarà un
intraprendente moccioso a mandare in fumo la nostra carriera!”
“E
va bene…”
Sbuffando
per la seccatura,
Norman si mise una sigaretta in bocca, cominciando a fumare,
appoggiandosi con
la schiena ad una grossa pila di casse di legno, senza nemmeno
accorgersi del
piccolo clandestino coi capelli rossi e con un vecchio casco da
aviatore
babbano nascosto dietro di esse.
Il
giovane Gal, infatti, se
ne stava rannicchiato dietro di esse, osservando sia la porta da cui,
pochi
minuti prima, erano scappati Delphini e Kevin, che Norman, il quale
stava
fumando beatamente, ignaro del fatto che l’intruso temuto
dalla compare si
trovasse proprio dietro di lui.
In
ogni caso, si trovava in
un bel vicolo cieco… come avrebbe fatto a scappare con quel
tizio che si
trovava proprio lì?!
L’unica
speranza era che quei
due se ne andassero, senza vederlo…
Ad
un tratto, la sua
attenzione fu attirata da una cassa di legno proprio di fianco a lui
che non
sembrava chiusa.
Lanciò
un’altra occhiata al
tizio che stava tenendo d’occhio la stanza e, dopo essersi
assicurato che non
stava guardando dietro di sé, Gal, il più
silenzioso possibile, alzò il
coperchio e, per poco, non fece cadere il coperchio.
All’interno
della cassa, in
mezzo a della paglia, c’era un enorme uovo che sembrava fatto
di granito.
Gal
lo contemplò finché non
allungò una mano verso di esso e lo prese, scoprendo che, al
tatto, era molto
ruvido.
Rimase
in silenzio ad
osservarlo, affascinato finché non sentì dei
passi giù dalle scale, certamente
Frannie che tornava dalla sua ispezione e, d’istinto, mise
l’uovo sotto alla
sua felpa, cercando di reprimere i brividi di freddo, a causa del
contatto con la
sua pelle calda.
“E
allora?” le domandò
Norman, facendo cadere la sigaretta per terra e schiacciandola con la
scarpa, e
l’altra rispose: “Ho guardato dappertutto, ma non
c’è nessuno.”
“Che
ti avevo detto?”
“Aspetta,
un attimo… ho
trovato un sacco di polvere sparsa davanti al camino del piano di
sopra.”
“E
allora? Quei due mocciosi
saranno finiti per sbaglio nel nostro camino con la Metropolvere. Non
è certo
la prima volta che succede…”
“Eppure
dalle tracce sembra
che ci fosse molta più gente…”
“Ma
finiscila di avere tutti
questi sospetti, sorella…”
Erano
così impegnati a
discutere, da non accorgersi di una ragazzina che li stava spiando di
nascosto
dalla finestra rotta.
Delphini,
infatti, osservava
l’interno del posto con molta attenzione, con tutti i suoi
sensi all’erta, in
modo da evitare di venire vista da qualcuno.
A
differenza dei due
all’interno, individuò subito Gal e fece una
smorfia, esasperata.
Soltanto
quell’imbecille poteva
nascondersi dietro a coloro che rischiavano di beccarlo…
almeno, quelli
sembravano più scemi di lui, dato che non lo avevano ancora
beccato… ma era
ovvio che il tempo stringeva.
Il
problema, molto
semplicemente, era che non poteva affrontare due maghi adulti senza
attirare
l’attenzione e del casino.
No,
doveva sistemarli con
l’astuzia e non con la forza, la dote più
importante dei Serpeverde… ma in che
modo?
Ad
un tratto, la sua attenzione
si spostò sul suo riflesso.
Forse…
certo, era un azzardo,
ma, in fondo, perché no?
Bastava
solo un vecchio
mantello e un pezzo di carta… poteva farcela!
Veloce
come il lampo, la
ragazzina si allontanò, decisa a portare a termine il suo
progetto.
Si
era allontanata da pochi
minuti quando un gufo entrò dalla finestra rotta e si
appollaiò sulle casse,
con una lettera attaccata alla zampa, che venne, prontamente, tolta da
Frannie,
la quale la lesse velocemente, mentre un sorriso di vittoria le
appariva sulla
bocca.
“Cosa
succede, Frannie?”
domandò, incuriosito, Norman e la sorella rispose:
“E’ Dorian! Ha trovato un
compratore!”
“Davvero?
Che splendida
notizia! Non vedevo l’ora di sbarazzarmene… non
riesco proprio ad immaginare
qualcuno così pazzo da volerne uno… sono talmente
pericolosi e aggressivi…”
“E’
perché la legge vieta di
tenerli, stupido! Più una cosa è vietata e rara,
più la gente la vuole e quando
si rendono conto che è pericoloso tenerli, è
troppo tardi. Ma, intanto, noi tre
facciamo affari d’oro.”
“Hai
proprio ragione, sorella…
con tutto quello che abbiamo guadagnato negli ultimi cinque anni con
questo
traffico, potremmo tranquillamente ritirarci a vita privata e vivere
come
nababbi per il resto della nostra vita.”
“Proprio
così… bene, allora
vado a prenderlo, in attesa che Dorian ci raggiunga. A proposito, dove
l’hai
messo?”
“In
una di quelle casse.”
“Accidenti
a te, possibile
che non ricordi mai niente?”
“Uffa,
guarda dentro di esse!
Vedrai che prima o poi lo troverai!”
Non
appena ebbe finito di
parlare, la donna si diresse proprio alle casse che costituivano il
nascondiglio di Gal e cominciarono ad aprirle, intenta a trovare il suo
obiettivo.
Sempre
più spaventato, Gal si
rannicchiò nel suo cantuccio, sperando che lo trovasse
qualunque cosa stesse
cercando con così tanta foga…
Sentì
i passi dei tacchi di
Frannie avvicinarsi a lui e chiuse gli occhi.
Era
la fine, lo sentiva… come
minimo lo avrebbero tenuto prigioniero… in ogni caso, gli
sarebbe mancati sua
madre, i suoi zii, Lancy un pochino, Christian, i suoi amici, quella
che gli
sarebbe mancata meno era Delphini, Hogwarts, i suoi insegnanti, tranne,
ovviamente, Bennet, l’odioso insegnante di Trasfigurazione,
Monica, una
Grifondoro di York che aveva una bella cotta per lui praticamente da
sempre, e
quel maledetto antipatico di Abel Nott.
Proprio
in quel momento,
dalla finestra rotta partì un piccolo raggio
d’energia che centrò in pieno la
testa di Norman, il quale urlò: “Ahia!”
Immediatamente,
Frannie
lasciò perdere la sua ricerca e si girò verso il
fratello, domandandogli: “Che
succede?”
“Qualcuno
mi ha tirato
qualcosa in testa!”
Entrambi
si girarono nella
direzione da cui era partito il colpo e videro una sagoma, la quale,
vedendosi
scoperta, cominciò a correre via.
“Eccolo!
Prendiamolo, Frannie!
Gli farò passare la voglia di farmi questi
scherzi!” urlò, furioso, Norman,
partendo all’inseguimento, seguito dalla sorella.
Facendo
dei grossi sospiri di
sollievo, Gal si sporse fuori dal nascondiglio e vide che non
c’era nessuno.
Senza
perdere altro tempo, il
ragazzino si alzò in piedi e lasciò il luogo,
deciso a non metterci più piede,
neanche per sbaglio!
Soltanto
quando si ritrovò
dietro ad un bidone della spazzatura di in un vicolo, il ragazzino
poté tornare
a respirare, ma, mentre si massaggiava il petto si accorse che sotto la
maglietta c’era un oggetto, ricordandosi di colpo
dell’uovo che aveva trovato
nella cassa.
Per
un attimo, il ragazzino
pensò di tornare indietro e di rimetterlo a posto, ma si
ricordò dei due
fratelli… di certo, se l’avessero beccato,
l’avrebbero ucciso…
Con
un sospiro, Gal tirò
fuori l’uovo, analizzandolo alla luce del sole.
Tutto
sommato, era ben fatto…
sembrava vero…
Con
un sorriso, il giovane
mise l’uovo nel suo zaino, ancora sporco di polvere.
Avrebbe
fatto un vero
figurone nella sua collezione…
“Dove
diamine è andato?!”
sibilò Frannie, puntando la bacchetta davanti a
sé e guardando in tutte le
direzioni, mentre il fratello sbuffava: “Non lo
so… ma aspetta che gli metta le
mani addosso…”
Ad
un tratto, notò un bidone
dell’immondizia caduto per terra, coi rifiuti tutti sparsi e
un sorriso gli
apparve sul viso.
“Credo
di averlo trovato,
sorella…” sogghignò Norman e Frannie
esclamò: “Ma sei sicuro che si sia
infilato proprio lì dentro?”
“Intanto
diamoci un’occhiata…”
ribatté il tizio, entrando nel vicolo, completamente deserto
e buio.
Non
c’era niente a parte
qualche volantino di cattura riferito alla Seconda guerra
Magica… ma, ad un
tratto, Norman notò una figura nera che si nascondeva nella
penombra.
“Eccolo
là…” sghignazzò
Norman, per poi puntare la bacchetta in quella direzione e sibilare e
ordinare:
“Avanti, vieni fuori! Ti abbiamo beccato!”
Non
appena ebbe finito di
dire quella frase, una bianca mano affusolata apparve dalla penombra e
permise
ad un’alta figura avvolta in un mantello verde brillante di
uscire da dietro
delle casse.
Era
molto piccola, con lunghi
capelli neri sciolti ricci, anche se si intravedevano qualche ciocca
bianca e
una strana sfumatura azzurra nel mucchio.
Per
qualche strano motivo, i
due fecero un passo indietro.
C’era
qualcosa in quella
strana figura di familiare… come se l’avessero
già vista da qualche parte… e
quel qualcosa incuteva paura…
Con
un aggraziato movimento
della mano, l’essere tirò fuori la bacchetta e la
puntò alla sua sinistra,
proprio dove c’era un volantino di cattura.
Non
appena l’ebbe guardato
bene, Norman sbiancò e, prendendo il braccio della sorella,
le ordinò:
“Frannie, dobbiamo andarcene da qui…
adesso!”
“Ma
che ti prende?”
“Quella
è Bellatrix
Lestrange!”
“Ma
che stai dicendo?! Quella
è morta!”
“Ti
dico che è lei! Guarda
quel volantino di cattura di fianco a lei!”
“Per
la barba di Merlino… ma
sono identiche!”
“Esatto!
Andiamocene,
presto!”
Aveva
appena finito di urlare
che un incantesimo partito dalla bacchetta della figura che si stava
avvicinando a loro, colpì il bidone di fianco a loro.
“Andiamocene,
sorella! Quella
è pazza e pericolosa, inoltre fa sul serio!”
strillò il tipo più giovane,
scappando dal vicolo, seguito a sua volta dalla sorella, la quale
urlava:
“Aspettami, Norman! Non lasciarmi da sola con quella pazza!
Guarda che io sono
troppo giovane e carina per essere torturata a morte!”
Era
così impegnati a scappare
da non accorgersi che la persona di cui avevano paura, non li stava
inseguendo,
ma li stava fissando in completo silenzio.
Una
volta che furono spariti,
la giovane incrociò le braccia e sbuffò, seccata:
“Idioti.”
Con
un rapido movimento della
mano, si tolse di scatto la vecchia tenda verde che aveva usato per
coprire la
sua vecchia felpa, i jeans e le scarpe da ginnastica.
Dopotutto,
sarebbe sembrato
alquanto strano se fosse apparsa la copia di Bellatrix Lestrange con
indosso
vecchi abiti babbani…
A
quel punto, la giovane
puntò la bacchetta sui capelli e sussurrò:
“Aquamenti!”
Subito,
una cascata d’acqua
gelida le finì sui capelli, tanto che Delphini dovette
trattenere un piccolo
urlo, a causa del freddo.
Una
volta che ebbe finito, si
mise la tenda che aveva usato come mantello come asciugamano, per poi
tirare
fuori dal vecchio zaino consumato un piccolo specchio apribile.
L’aveva
comprato prima di
andare ad Hogwarts, per essere sicura che non assomigliasse a sua madre
neanche
per sbaglio, infatti, tutte le mattine, controllava sempre che i
capelli
fossero a posto.
Dopo
una rapida occhiata,
fece un sorriso soddisfatto.
Non
c’era più alcuna traccia
di nero sui suoi capelli, nessuno poteva notare la somiglianza con sua
madre
neanche per sbaglio.
Puntò
di nuovo la bacchetta
sui suoi capelli e, stavolta, lanciò su di essi un
incantesimo Essicante,
perfetto per asciugare una piccola quantità
d’acqua come quella sui suoi
capelli.
Immediatamente,
un soffio
d’aria calda le riscaldò i capelli e i vestiti,
asciugandosi completamente in
pochi secondi e a quel punto, veloce come il lampo, si tirò
su i capelli in una
coda di cavallo, tornando a respirare normalmente.
Proprio
in quel momento
l’effetto dell’incantesimo Engorgio, che aveva
usato per aumentare un po’ la
sua altezza svanì e tornò ad essere la minuta
ragazzina di dodici anni, come al
solito.
Dopo
aver fatto ciò, Delphini
prese il mandato di cattura che aveva fatto in fretta e gli fece
prendere fuoco
con Incendio.
Non
doveva lasciare alcuna
traccia…
A
quel punto, si mise lo
zaino sulle spalle e uscì velocemente dal vicolo.
Sperava
che quel cretino di
Gal avesse approfittato della confusione che aveva generato per
svignarsela… in
caso contrario, era davvero uno stupido.
Ad
un tratto, però, notò un
vecchio casco da aviatore babbano e sorrise.
Allora
non era così scemo…
Con
un sorrisetto compiaciuto,
si avvicinò in punta di piedi all’amico e gli mise
entrambe le mani sulle
spalle, gridato: “T’ho preso!”
Ovviamente,
Gal fece un salto
ed urlò per lo spavento, voltandosi di scatto, ma, non
appena vide chi gli
aveva fatto lo scherzo, fece una faccia scocciata e
borbottò, offeso: “Molto
divertente, Delphini… davvero molto divertente!”
“Intanto
ci sei cascato… la
tua faccia spaventata era davvero uno spettacolo…”
ridacchiò la ragazzina coi
capelli d’argento, mentre il rosso, faceva una smorfia.
Ad
un tratto, si accorse che
mancava qualcuno all’appello e domandò:
“Scusa, dov’è Kevin?”
“Tranquillo,
è in un posto
sicuro. Andiamo a raggiungerlo.”
“Ottima
idea…”
“Quanto
mi piace il gelato
cioccolato e frutta…” esclamò la
piccola Vicky dando un’altra leccata
all’enorme cono gelato che aveva in mano, mentre Teddy, il
quale le teneva la
mano libera, le puliva la bocca, commentando: “Si
vede… hai la bocca tutta
sporca di gelato… vedi di lavarti le mani, prima di entrare
al Ghirigoro, sennò
il proprietario chi lo sente?”
Proprio
in quel momento,
Athena li raggiunse con un sorriso: “Ciao, ragazzi, come
va?”
“Bene,
e tu?”
“Sì,
ho preso tutti i libri
per la scuola. Ah, indovinate chi ho trovato al Ghirigoro?”
“Di
sicuro non Gal.”
Tutti
scoppiarono a ridere,
finché una familiare voce maschile non
s’intromise: “In effetti, se entro in
una libreria vuol dire che sono malato.”
Sentendo
quelle parole, tutti
si girarono e videro Gal, ancora sporco di fuliggine e con un sorriso a
trentadue, con in mano una vecchia scopa da corsa, accompagnato da
Kevin, il
quale aveva anche lui una scopa.
Immediatamente,
Teddy sorrise
e domandò: “Ma dov’eravate
finiti?”
“Alla
periferia di Diagon
Alley in un vecchio stabile abbandonato… e lì
abbiamo incontrato quell’insopportabile
di Abel Nott!”
“Abel?
E che ci faceva lì?”
“Non
ne ho idea… ma scommetto
che era in combutta con due tizi che fanno affari un po’
illegali…”
“Siete
finiti in un covo di
criminali?!”
“Sì,
ed è stata una figata!
Ho ancora i brividi per l’adrenalina!”
“Gal,
guarda che hai
rischiato seriamente di farti uccidere.”
“Lo
so, ma è andato tutto
bene, fortunatamente… siamo riusciti a scappare tutti e tre
e, una volta a
Diagon Alley, ci siamo divisi: io e Kevin siamo andati a comprare le
scope per i
provini che faremo quest’anno e Delphini se
n’è andata da qualche parte…”
“E’
al Ghirigoro. L’ho appena
incontrata proprio lì, mentre stava leggendo un libro sulla
storia delle
bacchette.” S’intromise Athena, mentre Gal
borbottava: “Io non capirò mai che
cosa ci trova in quegli stupidi volumi pieni di
polvere…”
“Non
sono stupidi volumi
pieni di polvere, Gal, anzi! Sono pieni di storia, curiosità
e molta cultura!”
“Per
me, è uno spreco di
tempo!”
“Fossi
in te, giovanotto, non
sarei così negativa nei confronti dello studio e dei
libri…” s’intromise la
voce di una vecchia signora coi capelli marroni, anche se gran parte
erano
grigi.
Vedendola,
Teddy sorrise e la
presentò: “Gal, Kevin, vi presento mia nonna
Andromeda.”
“Ah,
allora è lei la famosa
nonna di Teddy… quella che lo ucciderà se
combinerà qualcosa di brutto!”
esclamò Gal, indicandola, mentre Teddy, imbarazzato,
borbottava: “Gal, per
favore…”
La
donna rimase un attimo in
silenzio, con gli occhi sgranati dalla sorpresa, poi cercando di
trattenere una
risata, ammise: “Sì, sono proprio io… e
tu devi essere il ragazzino di
Grifondoro tutto pepe col casco da pilota babbano di cui mio nipote mi
ha tanto
parlato…”
“Sissignora!
Sono proprio io,
signora!”
“Lieta
di fare la tua
conoscenza. Sembri un bravo ragazzo e pieno
d’energia.”
“Grazie
mille, signora! Anche
per me è un vero piacere fare la sua conoscenza!”
“Bene,
adesso lascio voi
giovani ai vostri divertimenti. L’ultima cosa che voglio
è fare quella di
troppo…”
“Aspetta,
nonna. C’è ancora
un’amica che ti voglio presentare…”
esclamò Teddy e sua nonna rispose:
“Davvero?”
“Sì,
è quella ragazza di
Serpeverde coi capelli d’argento di cui ti ho parlato. Si
trova al Ghirigoro.
Ha un carattere un po’ ruvido, ma è anche lei una
brava ragazza…”
“Un
po’? Non ho mai visto
nessuno con un carattere più ruvido e scontroso! Quel suo
bel carattere doveva
essere in offerta speciale, te lo dico io…”
Il
gruppo si diresse verso la
libreria e, mentre entravano, Gal disse ad Andromeda: “Non
immagina che
carattere ha, signora… bisogna essere assicurati contro gli
infortuni, perché
lei sa essere davvero spaventosa! Ma è la nostra Delphi e
tutti noi le vogliamo
bene!”
“Delphi?
Un nome originale,
non c’è che dire…”
“Veramente,
è un soprannome
dato da me, in quanto, modestia a parte, sono un genio in queste
cose… il fatto
è che il suo nome è davvero difficile e lo
sbaglio sempre. Sa, con un nome come
Delfini…”
Aveva
appena pronunciato la
frase che qualcosa lo colpì in pieno alla testa e,
voltandosi alla sua
sinistra, vide uno scaffale a cui erano stati tolti alcuni volumi,
rivelando
una piccola fessura da cui poteva benissimo passare una bacchetta e
lanciare un
incantesimo.
A
confermare il sospetto di
Gal ci pensò la voce della ragazzina che, seccata e
arrogante come al solito,
sbottava dall’altra parte dello scaffale: “Per tua
informazione, brutto
tontolone, il mio nome non è affatto difficile! Sei solo tu
che non lo sai
pronunciare!”
“Antipatica…”
“Ti
ho sentito!”
Gal,
per tutta risposta, fece
una linguaccia allo scaffale.
“Fanno
sempre così?” domandò
Andromeda, allibita, in quanto non aveva mai visto nessuno litigare
come quei
due, mentre Teddy commentava: “Sì, tutti i
giorni… ma oggi ci stanno andando
leggero…”
“Incredibile…”
“Comunque,
il suo vero nome
sarebbe Delphini, se Gal non lo sbagliasse sempre…”
Non
appena ebbe finito di
parlare, Teddy si accorse che l’espressione facciale di sua
nonna era di puro
sgomento.
“Nonna,
ti senti bene?” le
domandò, preoccupato, il ragazzino, ma la donna,
riacquistando il suo colore e
il suo solito sorriso, lo rassicurò: “Non
preoccuparti, caro… mi è solo tornato
in mente un ricordo di tanto tempo fa… ma era una
stupidaggine. Comunque, è un
nome parecchio originale… lo stesso di una
costellazione…”
“Se
lo dici tu, nonna… ehi,
eccola lì.”
Il
giovane si avvicinò ad una
figura con un enorme volume in mano nascosta da uno scaffale, che
sfogliava le
pagine con delicatezza e attenzione, come se temesse di sciuparle.
Sentendoli
avvicinare, la
figura fece chiudere con un sonoro tonfo il volume, per poi
appoggiarlo, con
grazia e naturalezza, sul tavolo davanti a sé con la candida
mano dalla forma
delicata.
“Ehi,
Delphini.” Esclamò
Teddy, avvicinandosi a lei “C’è mia
nonna. Non vede l’ora di conoscerti.”
“Ah,
bene.” Fu la risposta
della giovane, mentre la nonna del ragazzino si avvicinava a lei e
diceva, con
un dolce sorriso, nello stesso istante in cui, lentamente, la ragazzina
girava
la testa nella sua direzione: “Sono la nonna di Teddy,
Andromeda Tonks. E’ un
vero piacere fare la tua cono…”
La
donna non finì la frase.
Infatti,
il suo viso era
diventato bianco come un lenzuolo, mentre i suoi grandi occhi si
spalancavano,
in un misto d’incredulità e terrore.
Dal
canto suo, anche
l’espressione di Delphini era scioccata.
Sapeva
che era impossibile,
ma quella donna… assomigliava in maniera impressionante a
sua madre!
La
stessa forma del viso, il
naso… persino la forma e il colore degli occhi erano
identici e lei ricordava
tutto perfettamente!
Tuttavia,
la principale
differenza tra loro era il colore dei capelli, di un bel marrone di
tonalità
calda, a giudicare dal colore dei capelli non grigi, oltre al fatto che
si
vedeva lontano un miglio che erano molto curati e non spettinati in
maniera
spaventosa, come quelli di sua madre che, sicuramente, avevano visto un
parrucchiere
per l’ultima volta prima del suo arresto, quindi, nel lontano
1981 – 1982, e lo
sguardo molto più caldo, gentile e, soprattutto, sano di
mente, dato che quello
di sua madre era sadico, pazzo e pieno di voglia omicida… o,
forse, era il
pensiero di doversi occupare di una mocciosa che neanche voleva tra i
piedi, di
cui, oltretutto, era pure gelosa da impazzire, che glielo faceva
venire, cosa
alquanto probabile…
In
quello stesso istante, la
nonna di Teddy cadde per terra e, immediatamente, il nipote corse a
soccorrerla, esclamando, spaventato e preoccupato: “Nonna,
che ti succede?!
Nonna!”
Anche
il proprietario della
libreria si avvicinò, assieme a svariati clienti, per vedere
cosa stesse
succedendo, domandando: “Cosa sta succedendo qui?!”
Immediatamente,
Athena prese
il controllo della situazione e ordinò: “Per
favore, allontanatevi tutti un
po’! In queste situazioni, bisogna mantenere la giusta
distanza, per far
respirare la persona! Se ci accalchiamo, è solo peggio!
Signore, per cortesia,
apra le finestre del suo negozio, per far passare l’aria e
tu, Oliver, prendi
una bottiglia d’acqua o dello zucchero.”
Immediatamente,
il povero
proprietario si diresse verso le finestre, mentre Oliver rovesciava sul
pavimento della libreria il contenuto del suo zaino.
Anche
Gal decise di dare
prontamente una mano, facendo muovere un libro davanti alla signora,
per darle
un po’ d’aria.
“Come
va con l’aria?” domandò
Athena al proprietario e quello, mortificato, rispose: “Le ho
aperte, ma…
purtroppo oggi è una giornata parecchio afosa
e…”
“Oh,
accidenti… se solo ci
fosse un po’ di vento…”
sbuffò la ragazzina coi capelli neri, muovendo,
seccata, la mano.
Fu
a quel punto che accade un
fatto totalmente inaspettato e, allo stesso tempo, incredibile.
Infatti,
dalla porta e dalla
finestra aperta entrò, ruggendo come un leone, una vera e
propria bufera di
vento, che ribaltò i tavoli e le sedie e fece cadere tutti i
libri, mentre i
presenti furono costretti a cercare di ripararsi con le mani, mentre i
loro
mantelli svolazzavano come se avevano improvvisamente preso vita.
Finalmente,
per la gran gioia
di tutti, soprattutto da parte del gestore, il vento finì,
lasciando un negozio
devastato.
“Beh…
di sicuro è arrivato il
vento…” commentò Gal, risistemandosi il
suo casco, mentre Oliver, coi capelli
tutti scompigliati, passava a Teddy la bottiglia d’acqua:
“Ecco qui, la
bottiglia. Credo che devi metterne qualche goccia su un fazzoletto e
poi
passarglielo sulla fronte…”
“Non
disturbarti, Teddy…
a-adesso sto bene…” lo bloccò
Andromeda, rialzandosi in piedi “Quella brezza,
per quanto potente e improvvisa, mi è stata molto utile per
riprendermi…”
Nel
frattempo, il povero
proprietario guardava, sconvolto il suo negozio, ridotto come un campo
di
battaglia, borbottando: “Il mio povero negozio…
come è stato ridotto…”
“Si
sposti.” Ordinò una voce
calma e femminile alle sue spalle e, il pover’uomo,
voltandosi, vide una
ragazzina coi capelli d’argento con in mano una bacchetta che
lo superò,
posizionandosi proprio al centro del negozio.
Con
un semplice movimento
della bacchetta, tutti i libri ritornarono al proprio posto negli
scaffali,
mentre i tavoli e le sedie si rialzavano.
In
pochi secondi, il
Ghirigoro ritornò esattamente com’era prima del
terribile vento che aveva messo
a soqquadro il negozio.
“Ecco
fatto.” dichiarò
Delphini, non appena ebbe finito il lavoro, e si girò, con
l’intenzione di raggiungere
i suoi compagni, quando, da sotto un tavolo, notò qualcosa
che brillava per
terra.
Con
un rapido movimento della
bacchetta la fece levitare fino alla sua mano e non appena
l’ebbe inquadrata,
sgranò gli occhi.
Non
era possibile, quella
era…
“Scusa,
Delphini… quella
sarebbe mia…” le disse, timidamente, la voce di
Oliver e la ragazzina, con uno
scrollo di spalle, mise la scaglia nella mano del Tassorosso,
dicendogli:
“Tieni.”
“Grazie.”
“E’
davvero un oggetto molto
affascinante…”
“Già…
l’abbiamo trovato
l’anno scorso, nei vicoli della Camera dei Segreti, quando ci
siamo separati…”
“Davvero
molto interessante…”
Oliver
era così impegnato a
rimettersi la strana scaglia nel suo zaino, per accorgersi che la
compagna
stava facendo un sorrisetto pieno d’interesse e di
vittoria… non vedeva l’ora
di parlarne con Asmodeus…
Nel
frattempo, Gal si mise a
controllare, preoccupato, la sua scopa, per controllare se non
c’erano danni
alla sua amata scopa e, una volta che si fu accertato che fosse tutto a
posto,
fece un sospiro di sollievo: “Che sollievo, temevo che
quest’anno non sarei
riuscito a fare i provini… sarei morto…”
“Che
lagna che sei… è solo
una vecchia scopa e uno stupido sport…” gli fece
notare, seccata, Delphini,
mentre prendeva un sacchetto pieno zeppo di libri, sia vecchie che
nuove
edizioni, da terra.
Per
tutta risposta, Gal la
guardò in malo modo e sbottò: “Ehi, il
Quidditch non è uno stupido sport, come
lo chiami tu! Si tratta di un’arte nobile e ricca
d’arte…”
“Mi
sembra di parlare con un
vecchio babbano amante del calcio da morire… io preferisco
di gran lunga
leggere che fare sport!” dichiarò la ragazzina,
portando i libri alla cassa per
poterli pagare.
Proprio
in quel momento, la
porta si aprì e comparve una trafelata signora Weasley,
accompagnata da Christian,
Dominique e Louis, e con in mano la gabbia di Creamy.
“State
tutti bene? Ho sentito
che qualcuno era svenuto e che un’enorme e potente folata di
vento aveva messo
a soqquadro il negozio, ribaltando tutto…!”
esclamò, preoccupata, la donna,
controllando che tutti i ragazzi, dal primo all’ultimo, non
fossero feriti.
“Stanno
bene, Molly, non
preoccuparti… sono io che sono svenuta… oggi fa
troppo caldo…” spiegò Andromeda
e Molly, preoccupata, le domandò: “E’
tutto a posto? Vuoi che chiami Harry per
farti riaccompagnare a casa?”
“Ma
no, non preoccuparti… una
bella tisana energetica e un po’ di riposo mi rimetteranno in
sesto, te lo
assicuro.”
“Bene,
un’ottima notizia…”
Mentre
le due donne
parlavano, Victoire prese dalla gabbietta la piccola Creamy e la prese
in
braccio, cominciando ad accarezzarla.
“Oh,
che carino! Sembra un
peluche!” esclamò Gal, mentre Athena esclamava:
“E’ un Ariete Blu, la razza di
conigli più intelligente.”
“Certo
che sai un sacco di
cose, Athena…” commentò Kevin, mentre
l’altra, con un sorriso, ammetteva: “Mi
piace leggere e conoscere sempre più
cose…”
Nel
frattempo, Delphini, una
volta che ebbe finito di comprare i suoi volumi, si avvicinò
al gruppo e diede
un’occhiata all’animale.
Tutto
sommato, era molto
carino… non l’avrebbe mai ammesso a nessuno,
nemmeno a sé stessa, ma le piaceva
molto… lo trovava così adorabile e
morbido…
Victorie
la notò e, subito,
esclamò: “Se hai intenzione di dar da mangiare la
mia Creamy a quel brutto e
viscido lombrico, caschi male!”
“Sei
tu che caschi male!
Anzi, per tua informazione, Asmodeus è un serpente, non un
lombrico!”
“Quel
che è! Non riesco
proprio a capire come cavolo fai ad avere un serpente come animale
domestico!
Molto meglio la mia Creamy!”
Prima
che il litigio tra le
due peggiorasse, la signora Weasley s’intromise:
“Adesso basta, voi due. Su,
ormai è ora di tornare a casa. Prendete le vostre cose e poi
torniamo al
‘Paiolo Magico’.”
“Va
bene, nonna.”
Il
gruppetto raggiunse la
signora Weasley, la quale si voltò un’ultima volta
verso Andromeda e la salutò:
“Ci vediamo, Andromeda.”
“Certo,
Molly… anzi, è meglio
che vada anch’io.”
“Ottimo.”
Mentre
il gruppo usciva dalla
libreria, Delphini notò che la nonna di Teddy la stava
osservando dalla
finestra con uno sguardo titubante e nervoso, aggrappata ad uno
scaffale di
legno, come per impedirsi di cadere.
La
ragazzina osservò di
nascosto per qualche minuto, prima di voltarsi e raggiungere gli altri.