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Autore: Red Owl    09/12/2020    1 recensioni
Quando il suo convento viene saccheggiato, la giovane Neve, figlia dei Conti di Nevelunga, si ritrova nelle mani di briganti senza scrupoli. Quando scoprono la sua identità, i suoi rapitori decidono di chiedere un riscatto a suo fratello, l'attuale Conte, e di riconsegnarla alle sue amorevoli cure.
Falco e Neve non si vedono da più di dieci anni, ma la ragazza non ha dubbi: sarebbe meglio vivere da schiava, piuttosto che tornare da lui. Ma l'accordo è ormai fatto e Neve non vi si può sottrarre. E allora è forse giunto il momento di fare ciò che sua madre le ha raccomandato prima di scomparire per sempre dalla sua vita: smettere di avere paura e avviarsi lungo la Strada del Lupo già percorsa dai suoi antenati.
C'è solo un problema: Neve ha capito ormai da molti anni di essere tutt'altro tipo di animale.
Storia di un viaggio solitario (o forse no), prologo di un vecchio racconto che forse prima o poi pubblicherò, ma che può esistere benissimo anche da sola.
AVVERTIMENTI: contiene scene di violenza, sesso e dinamiche famigliari tutt'altro che idilliache.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Quando ebbero finito di mangiare e si furono dissetate con l’acqua del torrente, Mikel decretò che era giunto il momento di rimettersi in viaggio. 

Sospirando, Neve si rimise in piedi sulle gambe doloranti e si avvicinò a Gert, che stava sistemando i finimenti della sua giumenta grigia. Vedendola avvicinarsi, l’animale sbuffò gentilmente in segno di saluto e la ragazza gli sfiorò con le dita il naso vellutato, grata per quel piccolo conforto. Poi si posizionò a fianco della sella, aspettando che il brigante la sollevasse come aveva fatto quella mattina.

Lui però scosse il capo. “No” le disse, guardandola con la coda dell’occhio. “Questo pomeriggio non cavalcherai con me: Piuma ha bisogno di riposarsi.” Sentendosi chiamata in causa, la giumenta mordicchiò affettuosamente la manica del proprio padrone. 

Ah” fece Neve, presa in contropiede. “Quindi…”

Gert sospirò e poi si voltò, indicando con una mano un punto alle spalle della ragazza. “Viaggerai con Yorik. È grande e grosso, ma il suo cavallo è robusto e non avrà problemi a portarvi tutti e due, almeno fino a stasera.”

Voltandosi lentamente, Neve vide che il brigante in questione era fermo a pochi metri da lei. Ancora una volta, la stava osservando in silenzio e con un’espressione indecifrabile sul suo volto dai tratti spigolosi. Senza riuscire a trattenersi, Neve si lasciò sfuggire un gemito e si voltò di scatto verso Piuma, posando inconsciamente le mani sulla sella che l’aveva ospitata fino a quella mattina.

Beh?” fece Gert con una nota di stupore nella voce.

Neve sbuffò, sperando di riuscire a nascondere dietro a una parvenza di irritazione tutta l’inquietudine che provava. “Quel tipo non mi piace” sbottò senza giri di parole.

L’uomo si chinò verso di lei e la guardò con espressione scettica. “E noi invece ti piacciamo, principessa?”

Contessalo corresse automaticamente lei, prima di stringersi nelle spalle.”E no, nemmeno voi mi piacete, ma quello lì, proprio…” La giovane lasciò sfumare la frase, limitandosi a guardare il suo interlocutore con un’espressione disgustata. 

Se doveva essere completamente onesta con se stessa, doveva ammettere che Gert iniziava a sembrarle quasi tollerabile. Forse era perché, a differenza di Mikel ed Eitan, non si era trovato nelle cantine quando la Superiora era stata uccisa, o forse era perché l’aveva sempre trattata con gentilezza e quasi con rispetto, ma Neve iniziava a sentirsi quasi a proprio agio in sua compagnia. Per una frazione di secondo si chiese se Lisi provasse forse qualcosa di simile nei confronti di Mikel, ma subito allontanò quel pensiero. Le due cose non erano nemmeno lontanamente paragonabili: lei poteva dire di non odiare Gert, mentre Lisi si stava forse infatuando di Mikel, il che rendeva la situazione della sua amica decisamente peggiore di quella in cui si trovava lei.

Yorik, in ogni caso, la metteva a disagio. Non aveva scambiato con lui che un paio di occhiate, ma in quell’uomo c’era qualcosa che non le piaceva a pelle. Qualcosa che mi ricorda Falco, comprese Neve con un sussulto.

Il suo turbamento dovette trapelare perché Gert sospirò e per un attimo parve sul punto di posarle una mano su una spalla. “Non c’è nessun motivo di avere paura di lui” la rassicurò a bassa voce, forse per non farsi sentire dall’altro brigante. “È uno che sta sulle sue ed è molto fedele a Mikel: non farà nulla che lui non voglia e ciò che Mikel vuole, in questo momento, è riportarti sana e salva da tuo fratello.”

Non ho detto che ho paura di lui” ribatté seccamente Neve. “Ho detto che non mi piace.”

Gert si strinse nelle spalle. “Non c’è niente che io possa fare per fartelo piacere” osservò. “Va’ da lui, non pensarci e resta zitta come hai fatto questa mattina: sarai con lui solo di pomeriggio.”

Tutti i pomeriggi?” insistette Neve, pur conoscendo già la risposta.

Gert annuì. “Già.”

Con una smorfia di insoddisfazione, la ragazza tornò a voltarsi verso Yorik e vide che, alle sue spalle, Clara era già montata in sella davanti al ragazzo delle Grandi Pianure. Forse potrei convincere Mikel a farmi cavalcare con lui, pensò Neve mordicchiandosi le labbra. Questo avrebbe significato costringere Clara a montare con Yorik, ma la giovane non riusciva a sentirsi in colpa per quella prospettiva.

D’istinto si voltò per cercare con lo sguardo il capo dei briganti e, quando lo trovò, si rese conto che l’uomo la stava già fissando con espressione impaziente. “Muoviti” le disse sistemando meglio Lisi davanti a sé.

Rassegnata, la ragazza raggiunse il bandito alla cui custodia era stata affidata. Questa sera, si ripromise. Questa sera chiederò a Mikel di farmi viaggiare con Hinn.

Yorik era alto. Se n’era accorta già dalla prima occhiata frettolosa che gli aveva riservato, ma ora che l’uomo torreggiava su di lei, Neve si rendeva conto di quanto imponente fosse veramente il bandito: lei non era particolarmente bassa, per essere una donna, ma lui la sovrastava di più di una testa, e aveva spalle larghe il doppio delle sue.

Quando il brigante le strinse la vita tra le mani per issarla in sella, la giovane fu tentata di tenere lo sguardo fisso sulla criniera scura del cavallo, cercando istintivamente di sottrarsi a ogni forma di confronto. Il suo orgoglio le impose però di voltarsi e di fronteggiarlo: irrigidì allora la mascella e poi si divincolò, contorcendosi fino a quando i suoi occhi chiari incontrarono quelli dell’uomo. In quell’istante Neve sperò che sembrassero freddi come ghiaccio, gelidi proprio come quelli di Falco.

Gli occhi dell’uomo erano stranamente morbidi, con un che di luminoso: erano occhi di animale, pensò la ragazza, gialli e liquidi. Contro ogni previsione, in essi Neve scorse qualcosa di famigliare e subito le sue labbra si sollevarono a scoprire i denti e un borbottio sordo si levò dalla sua gola. 

C’era qualcosa in lui, qualcosa che la creatura rannicchiata tra le sue costole riconosceva: un nemico, un avversario da scacciare o soggiogare.

Neve boccheggiò, confusa e sorpresa dalla reazione che le era esplosa nel centro del petto. Le sue dita si strinsero sul cuoio spesso della sella e per un attimo la giovane fu certa di essere sul punto di perdere il flebile controllo che ancora esercitava sulla cosa che si agitava nel suo torace. Un battito di ciglia, però, e la creatura parve acquietarsi: a Neve sembrò quasi di avvertire la sua confusione, lo spaesamento che nasceva da una sfida lanciata e non raccolta.

Prima che potesse fare o dire qualcosa, Yorik la afferrò più saldamente per la vita e la alzò all’altezza delle proprie spalle, sistemandola a cavalcioni del robusto animale che era solito cavalcare. Poi montò in sella dietro di lei, strattonandola fino a quando Neve non posò la schiena contro il suo petto. 

Stordita e con il respiro corto, la ragazza si lasciò manovrare come un peso morto e non protestò quando il cavallo si avviò al passo sulla via segnata da Mikel: trascorsero diversi minuti prima che si rendesse conto che quello che era accaduto era qualcosa di anomalo.

La giovane afferrò le redini d’istinto e il morello scosse il capo, irritato dalla tensione improvvisa sul morso. Le mani di Yorik si strinsero immediatamente su quelle di lei, inglobandole e obbligandola a lasciare la presa.

Cosa sei?” gli chiese Neve con voce sommessa. Perché era sicura, assolutamente certa, che in quel bandito ci fosse qualcosa di più di quanto balzasse all’occhio.

Niente” replicò lui. Aveva una voce profonda, dal timbro quasi vellutato, in contrasto con il suo aspetto trasandato. Prima di avvicinarsi a lui, la ragazza gli aveva dato un’occhiata veloce, ma approfondita: i suoi abiti erano vecchi e recavano su di sé le cicatrici di parecchi rammendi fatti senza particolare maestria e i suoi capelli scuri, lunghi fino alle spalle e in parte intrecciati, parlavano di un’igiene personale piuttosto approssimativa. Persino la barba, tratto che accomunava gran parte degli uomini di quelle terre, pareva essere stata accorciata malamente, in maniera irregolare.

Non fu solo la sua voce a coglierla di sorpresa, ma anche la sua risposta. Cosa vuol dire “niente”? Si chiese Neve indispettita. Ora che la cosa che aveva nel petto si era acquietata, adesso che non rischiava più di essere sopraffatta da quell’entità senza nome che forse viveva di vita autonoma e che forse invece era parte integrante del suo essere, la ragazza vedeva chiaramente che nell’atteggiamento dell’uomo c’era qualcosa di bizzarro.

Non mi hai chiesto cosa’gli fece notare.

Pressata com’era contro il suo torace, Neve lo sentì trattenere il respiro. “Cosa?” fece poi; e Neve alzò gli occhi al cielo. La stava forse prendendo in giro?

Ho detto che non mi hai chiesto cosa intendessi dire con quella domanda, ma mi hai detto che non sei niente. Il che è una risposta piuttosto strana” spiegò la giovane con un sospiro di esasperazione.

L’uomo non rispose per qualche istante, poi sospirò. “Non sono certo di seguire il discorso” ammise con voce stanca.

Voglio dire…” Neve si interruppe di colpo. Ogni volta che aveva avuto l’occasione di parlare della vera natura di Falco e di fare accenno al demone che si agitava nel suo stesso petto, aveva desistito per timore di quella che avrebbe potuto essere la reazione dei suoi carcerieri e delle sue amiche. Era davvero prudente approfondire l’argomento con quell’uomo strano, che con ogni probabilità sapeva molto di più di quello che diceva?

Neve aveva imparato a fidarsi del proprio istinto e sapeva che doveva esserci un motivo, se aveva reagito in quel modo al primo vero contatto che aveva avuto con Yorik. Che lui dicesse pure di non essere niente: non era tanto sciocca da credergli.

Sta’ ferma, mia signora, che innervosisci il cavallo.”

Le parole di Yorik la colsero di sorpresa e Neve si accorse solo in quel momento di essere intenta a torcersi le mani, ruotando le dita finché le nocche non si facevano bianche. Immediatamente ammorbidì la presa e lasciò che le sue mani si posassero sull’unica porzione di sella che riuscivano a raggiungere.

La ragazza lasciò cadere il discorso e l’uomo non cercò più di riprenderlo; e così i due continuarono a cavalcare in un silenzio rotto solamente dalla cadenza ritmica degli zoccoli degli animali e dal chiacchierare sommesso di Eitan e Ciela, che chiudevano la piccola carovana.

A differenza di quello che aveva fatto quella mattina, Neve non passò le ore pomeridiane a studiare il paesaggio nella speranza di individuarvi una possibilità di fuga, ma rifletté a lungo sul modo in cui la presenza di Yorik avrebbe potuto influenzare il resto del viaggio.

Era davvero curioso il modo in cui un uomo che fino a poche ore prima le era parso insignificante e sgradevole le pareva tutto d’un tratto l’elemento più interessante dell’intera compagnia. Ora tutto assumeva un senso, in effetti: l’istintiva diffidenza che aveva avvertito nei suoi confronti, il modo insistente in cui lui l’aveva fissata per tutta la mattinata. Chissà se anche lui aveva avvertito in lei la presenza di un avversario. Chissà se era già a conoscenza della sua vera natura - del resto, non sospettava già da tempo che Mikel sapesse più cose sul conto di Falco di quanto non lasciasse intendere? E chissà se la presenza di Yorik nel gruppo era casuale, così come sembrava essere casuale la presenza di Gert, Aro e Hinn, o se Mikel aveva deciso di portarlo con sé per un preciso motivo. E, se era così, qual era quel motivo? Avere qualcuno che fosse in grado di tenerle testa, qualora ve ne fosse stata la necessità? Sfidare Falco?

Neve ebbe l’impressione di perdersi in quella spirale di ipotesi sempre più inverosimili e allora chiuse per un attimo gli occhi e cercò di riordinare i pensieri. Madre, Luce del Creato, custodiscimi e proteggimi nell’ora più buia della notte, pregò, cercando conforto in quelle parole familiari. 

Il battito del suo cuore rallentò, ma la sensazione che le stringeva la bocca dello stomaco non svanì del tutto. A causarla non era, per una volta, la creatura che pareva assopita dietro le sue costole, ma un più banale stato d’ansia che si era impossessato di lei, una sorta di tensione vibrante che la percorreva da capo a piedi. Era una sensazione multiforme sulla quale Neve non riusciva a posare le dita. In essa c’era angoscia, l’incertezza di non conoscere il proprio futuro e la natura dell’uomo che cavalcava alle sue spalle, la paura di scoprire in lui un nemico difficile da sopraffare, il conforto di sapersi non più sola, il timore di doversi confrontare con qualcuno di simile a Falco ancor prima di arrivare a Nevelunga.

Quando il sole si fece basso sull’orizzonte e Mikel diede il segnale di fermarsi, Neve era sfinita. Compiendo un ultimo sforzo per rimanere eretta e non scivolare nuovamente contro il petto di Yorik come aveva fatto per la prima fase di quel viaggio, la ragazza si guardò attorno e si rese conto che il paesaggio che la circondava  era cambiato.

Era stata talmente assorta nei propri pensieri che non si era nemmeno accorta che durante il pomeriggio avevano cavalcato in salita, lasciandosi alle spalle la profonda depressione che dava il nome al distretto di Forrascura. Mentre lei rimuginava sulla natura di Yorik, i cavalli e i loro cavalieri si erano inerpicati su per le pareti dell’antico canyon e sfruttando l’ascesa più dolce e meno difficoltosa erano infine giunti sull’immenso plateau calcareo che sovrastava quella contrada.

Le rocce chiare e porose accoglievano i raggi del tramonto e ne assorbivano i colori, tingendosi d’un velo rosa che si faceva sempre più intenso con il passare dei minuti. La vallata che si estendeva ai loro piedi era già immersa nelle ombre della sera e solo l’Aser, in fondo, rifletteva, simile a un nastro dorato, la luce che ancora riempiva il cielo. 

L’orizzonte era tanto ampio che la vista poteva spaziare da levante a ponente, arrivando fino ai margini più occidentali della foresta di Forrascura. Neve riusciva a indovinare le sagome di alcuni villaggi e forse, lontano, anche quella di un insediamento più imponente che pareva sorgere sulle rive di un corso d’acqua minore. E quel solco che le pareva di indovinare tra gli alberi era forse una strada? Possibile che quella città fosse proprio Ponte Vento, il luogo che aveva sognato di raggiungere quando aveva progettato una fuga notturna dalla tenda nella quale era custodita?

Abbiamo percorso già parecchia strada, comprese la ragazza con una stretta al cuore. Non aveva avuto l’impressione che i banditi avessero spinto i cavalli ai limiti delle loro capacità, ma che ne sapeva lei di quegli animali? Neve cercò di ricordare il viaggio che dieci anni prima l’aveva condotta al convento, cercò di riportarne alla mente i tempi e le distanze.

Sei giorni, calcolò, sette al massimo. Una settimana e poi sarò a casa. Subito si accorse di ciò che aveva pensato e si corresse: non a casa, no, ma a Nevelunga. E da Falco.

   
 
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