Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Nike90Wyatt    11/12/2020    2 recensioni
Una lettera da Milano sconvolge la vita di Marinette Dupain-Cheng, paladina di Parigi nei panni di Ladybug e neo Guardiana della Miracle Box; una serie di circostanze, insieme ai suggerimenti dell’inseparabile Tikki e dei suoi genitori, la spingeranno a prendere una decisione che stravolgerà il suo futuro e le sue relazioni.
Intanto, Gabriel Agreste, ossessionato dalla vendetta nel nome di sua moglie Emilie, vola in Tibet, accompagnato dalla sua fedele assistente, nonché amica e complice, Nathalie Sancoeur, con un unico obiettivo: scoprire i segreti dei Miraculous che si celano tra le mura del Tempio dei Guardiani.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

19

«Non credo sia saggio andare da sola.»

Marinette girò l’angolo. Villa Agreste era sul fondo del vialone. «So quello che faccio, Tikki.»

«Avresti potuto almeno contattare Chat Noir.»

Scosse la testa. «Ci vorrebbe troppo tempo. Sfrutteremo il fattore sorpresa. Vuoi mettere la soddisfazione quando sbatterò in faccia ai Guardiani e a quel sedicente Gran Maestro la Miracle Box completa? Si dovranno ricredere di tutto quello che hanno pensato su di me.»

Giunta al cancello bussò al citofono. «Fidati di me, Tikki. E tieniti pronta.» La telecamera di sorveglianza ruotò verso di lei. Il cancello si aprì.

All’ingresso la attendeva Nathalie. Solita postura da militare pronto ad obbedire a qualsiasi ordine, solito volto inespressivo, solite mani incrociate dietro la schiena, solita mise da lavoro. «Benvenuta, Mademoiselle Marinette. Il signor Agreste la attende nel suo studio.»

La condusse attraverso un lungo corridoio, illuminato da ampie vetrate a muro. I colori dominanti erano il bianco e nero. L’ambiente odorava di detersivo alla lavanda; e di assenza di sentimenti.

Nathalie bussò una volta alla porta. La aprì senza attendere risposta. Lasciò passare Marinette e la richiuse, lasciandoli soli.

Gabriel Agreste sedeva alla scrivania in legno d’ebano in fondo. Si alzò. «Benvenuta, Marinette.»

Alle spalle troneggiava un gigantesco quadro in mosaico ritraente Emilie Agreste. Occupava l’intera parete in altezza.

Agreste indicò con una mano le poltrone. «Accomodati, pure.» Sotto braccio aveva un raccoglitore di foto.

Marinette rimase in piedi. «Come fai a dormire la notte?»

Agreste arrestò il passo e la fissò. «Prego?»

«Con quale coraggio professi amore per tuo figlio e nel frattempo scateni il panico per Parigi?»

«Non… Non comprendo ciò che dici.»

Marinette indicò il quadro. «Lo fai per lei, vero? Vuoi riportarla in vita a qualunque costo. Non importa le vite che rovini sul tuo cammino.» Mosse un passo in avanti. «Hai rovinato la mia vita» ringhiò a denti stretti.

«Credo che tu stia prendendo un abbaglio, Marinette. Io non ho idea di cosa tu stia parlando. E non tollero questo atteggiamento da parte tua, in casa mia.»

«Nessun abbaglio… Papillon.»

Agreste sgranò gli occhi. Era paura quella? «Cosa…» Si sistemò il cravattino rosso, la mano tremolante.

Marinette annuì. «Lo tieni sempre addosso il Miraculous? L’altro dov’è? Lo porta Nathalie oppure l’hai messa da parte definitivamente e preferisci agire da solo? Dopotutto, lei ti ha tenuto all’oscuro per questi tre anni di tutto il male che avevi fatto.»

«Come sai queste cose?» L’occhio destro di Agreste iniziò a vibrare. «Ladybug!»

«Immagino che Adrien non sappia nulla di tutto ciò.»

«Lascia mio figlio fuori dalla faccenda!»

«Hai mai pensato a come potrebbe reagire tua moglie se sapesse quello che hai fatto per riportarla in vita? Tutto il dolore che hai causato?»

Agreste soffiò dal naso. «Piccoli sacrifici, per uno scopo nobile.»

«Uno scopo nobile?» Marinette emise un verso di disgusto. «Sei solo un folle. Ed è ora che tu vada fermato. Tikki, trasformami.»

La mano di Agreste scivolò nella tasca sinistra.

«Non azzardarti!» Ladybug roteò lo yo-yo. «Consegnami i Miraculous e il Grimorio e ti lascerò in pace. Potrai continuare la tua vita accanto a tuo figlio e alle persone che ti circondano. Sparirò anche dalla tua vista per sempre.»

«E se non lo faccio?» Agreste le rivolse uno sguardo di sfida.

«Allora finirai in galera.» Ladybug sollevò tre dita. «Conterò fino a tre.»

Agreste si guardò in torno. Era alle strette e forse cercava una via di fuga.

«Uno.»

«Pensa ad Adrien. Non è giusto che lui viva senza una madre.»

«È ingiusto che viva anche senza un padre. Due.»

La porta dello studio si aprì con un botto. Ladybug si voltò. Era Nathalie, gli occhi che le uscivano dalle orbite, la bocca spalancata, il volto pallido come un fantasma.

«Nooroo, che le ali della notte si innalzino!»

«No!» urlò Ladybug.

Papillon le fu addosso in un istante. La trascinò a terra e rotolarono sul pavimento. Ladybug piegò la gamba e gli affondò un piede nel ventre, allontanandolo da sé.

Le energie le vennero meno. Sul costume si aprirono squarci, un bip intermittente risuonò. Si toccò il lobo sinistro. Non aveva più l’orecchino.

Papillon se lo rigirò tra le mani, ghignando. «E uno.» Caricò un diretto in volto.

Ladybug incrociò le braccia ed intercettò il pugno di Papillon. Il colpo impattò sulla pelle nuda dell’avambraccio. Il dolore si propagò per l’arto ed esplose fin dentro la spalla. Urlò. Scagliò lo yo-yo, ma Papillon si mosse più in fretta, lo schivò e sferrò un gancio sotto la mascella.

Ladybug barcollò. La stanza si fece di mille colori, le orecchie fischiarono. Subì un altro colpo, duro, vigoroso, alla tempia. Cadde all’indietro e svenne.

 

__________________________________________________

 

Adrien aveva gradito la reazione di Katami all’ingiustizia che stava subendo Marinette. Non si aspettava di vederla così furente, pronta ad azzannare Lila per farle rimangiare ogni parola; era una parte di lei che ancora non conosceva. Però, significava molto per lui: Katami teneva tantissimo all’amicizia di Marinette.

Come spesso avevano fatto in passato, trascorsero la giornata insieme, evitando di tornare sull’argomento Lila o su ciò che era successo nel mondo oscuro creato dal sentimostro. Adrien sapeva che comunque ne avrebbero dovuto parlare, in modo da chiarire una volta per tutte i suoi sentimenti nei confronti di Katami: le voleva bene, provava grande affetto per lei, ma non l’amava. Non l’aveva mai amata e non poteva continuare ad illuderla che tra loro ci sarebbe potuto essere qualcosa in più della semplice amicizia. Si sentiva sporco dentro per aver trascorso più di tre anni accanto a lei sperando che nascesse qualcosa, solo per poter dimenticare la delusione dei continui rifiuti di Ladybug.

Si fermarono di fronte al portone di casa Tsurugi.

«Credo che meriti una risposta definitiva alla domanda che mi hai fatto tempo fa» disse Adrien. La borsa a tracolla gli diede uno strattone. Plagg doveva aver perso un pezzo di Camembert. «Non proverò a girarci intorno, so bene che preferisci che si vada dritti al punto. Tra noi non può esserci più di un’amicizia. Mi dispiace.»

Katami scosse la testa, sorridendo. «Dispiace anche a me. Ma sono contenta che finalmente tu abbia preso una posizione senza esitare. Sei stato sincero e lo apprezzo tanto.»

Un altro strattone dalla borsa. “Non è il momento per pensare al cibo, Plagg.” «Una posizione?» Fece una risata amara. «In questo momento sono più confuso che mai.»

«Te l’ho sempre detto, Adrien.» Katami gli prese una mano. «Non devi mai esitare per raggiungere un obiettivo. Anche se alla fine dovesse andar male, saprai di aver lottato strenuamente e ne sarai lo stesso soddisfatto.» Si alzò sulle punte e gli scoccò un bacio sulla guancia.

«Ti ammiro molto.»

«Una campionessa deve saper accettare una sconfitta. E sono fiera di aver perso contro una persona speciale, come quella che ti fa battere forte il cuore.» Suonò al citofono e il portone si spalancò. «Ci rivediamo domani a scherma. Così te le suonerò per bene.»

«Temo che tu abbia ragione. A domani, Katami.»

Adrien girò l’angolo e si appartò in un vicolo. La tracolla gli stava staccando la spalla dopo l’ultimo strattone. Aprì la borsa.

Plagg svolazzò in aria con aria furiosa. «Finalmente. Ce ne hai messo di tempo, zuccone!»

«Accidenti, Plagg. Stavo parlando con Katami. Non posso pensare al tuo Camembert mentre sto rinsaldando un’amicizia.»

«Ma quale Camembert, qui la situazione è grave!»

«Di che parli?»

«Ho avuto una sensazione. Una di quelle che non avvertivo da tempo. Proviene dal legame magico che ho con gli altri Kwami.»

Adrien gli rivolse la piena attenzione. «Cosa può esserci di peggio di quello che è successo ieri?»

Plagg indicò la tasca dei jeans. «Controlla il tuo cellulare. Forse c’è qualche akumizzato o sentimostro in giro.»

Adrien prese lo smartphone, lo sbloccò ed aprì l’app delle notizie in tempo reale. Plagg aveva ragione: Nadja Chamack stava trasmettendo un servizio speciale. «Da qualche minuto, è apparso in cima all’Arco di Trionfo un uomo» stava dicendo la giornalista. «Fonti certe sul posto ci hanno assicurato che si tratta di Papillon, il noto terrorista in possesso di un gioiello magico, il Miraculous, in grado di soggiogare una persona e donarle poteri oscuri.» L’inquadratura dall’alto zoomò sul monumento. Era davvero Papillon.

Nadja Chamack riprese la linea. «A quanto sembra, Papillon ha mandato un messaggio rivolto al celebre paladino di Parigi, Chat Noir.» Adrien serrò la mascella. «Vuole che il nostro amato eroe lo raggiunga al più presto lì o scatenerà la sua furia su Parigi. Ci appelliamo al buon senso di Chat Noir ed invochiamo il suo intervento e quello di Ladybug.»

Adrien ripose lo smartphone nella tasca.

«Aspetta, non essere avventato.» Plagg lo fermò con la zampetta. «E se fosse una trappola?»

«Non possiamo saperlo. So solo che le sue minacce non cadono mai a vuoto. Non possiamo perdere tempo, ne va dell’incolumità dei parigini.» Allungò il pugno in avanti. «Plagg, trasformami!»

 

Tutori dell’ordine, volanti della polizia, giornalisti, fotografi e due elicotteri circondavano l’Arco di Trionfo. Occhi e obiettivi erano puntati sulla sagoma di Papillon, immobile ed impassibile.

Chat Noir ritenne che fosse impossibile coglierlo di sorpresa alle spalle. C’era talmente tanta gente che il suo arrivo non sarebbe passato inosservato. “Perché stanno così vicini, sapendo che lui li potrebbe attaccare da un momento all’altro?” Scosse la testa. “Io la gente troppo curiosa non la capirò mai.”

Atterrò ai piedi del monumento, al di là del perimetro stabilito dalla polizia. Come previsto, dalla folla si levò un coro di fischi, applausi e urla di sostegno.

Utilizzando il suo bastone, saltò in cima.

Papillon si teneva in posa eretta. Sollevò una mano per fermare l’avanzata di Chat. «Non sono qui per lottare. Sono qui in veste di messaggero.»

Chat Noir assottigliò lo sguardo. «Non sei il vero Papillon. Sei un sentimostro.»

«Pensavo fosse Ladybug quella intelligente del duo. Evidentemente anche tu hai un po’ di sale in zucca e non sei solo un muscoloso spaccone.»

Quell’offesa non scalfì l’orgoglio di Chat Noir. «Su fai in fretta, così dopo ti mostro un po’ il mio potere.» Si appoggiò con entrambe le mani sul bastone.

Il sentimostro gli mostrò il tablet. Lo schermo si accese: l’immagine mostrava Papillon – con tutta probabilità il vero – in una stanza buia, illuminata solo da un faretto puntato sul suo volto. Aveva un aspetto diverso dal solito: sulla maschera grigia erano disegnati dei ghirigori blu; sui polsini della giacca viola c’erano delle piume variopinte; all’occhiello era fissata una spilla, la spilla del Pavone. Aveva fuso i poteri dei due Miraculous, proprio come aveva fatto il giorno precedente quando aveva akumizzato Lila.

«Chat Noir» esordì. «Il mio nome adesso è Papillombre.»

«Che nome idiota.» Chat ghignò.

«Tra qualche secondo non avrai più tanta voglia di scherzare. Li vedi questi?» Papillombre mostrò il palmo di una mano. Due orecchini neri, lucidi. «Se te lo stessi chiedendo, questi sono gli orecchini della tua amata compagna, Ladybug.»

“No, non può essere.”

«L’ho catturata e adesso è mia gradita ospite» proseguì Papillombre. «O mia prigioniera, se preferisci. La sostanza è la stessa.»

«Stai bluffando. Ladybug non si farebbe mai catturare da te.»

«Temo che la tua partner abbia perso lo smalto, si sia fatta più incauta in questi anni. E ciò l’ha portata a commettere una serie di errori.»

Chat scosse il capo. «Stai mentendo. È solo un trucco per aggirarmi.» Doveva essere così. Ladybug era troppo scaltra.

«Immaginavo che avresti detto così. D’altronde, la tua fiducia in Ladybug è ineluttabile, giusto?» Papillombre scoccò uno sguardo fuori inquadratura e batté con la mano sulla spalla. «Ti dimostrerò che non sto bluffando.» Un Kwami rosso si posò sulla sua spalla. Tikki.

«È un trucco.» Chat si sforzò di sorridere, ma stava iniziando a perdere certezze. Papillombre l’aveva orchestrata bene stavolta.

«Tikki, vorresti gentilmente dire al nostro gatto qualcosa che solo tu, la tua protettrice e lui potete sapere?»

«Qualche anno fa», la voce di Tikki era strozzata, gli occhi coperti da un velo di lacrime, «hai regalato una rosa rossa a Ladybug la sera in cui avete sconfitto Gelatone. Lei ti disse che c’era un altro ragazzo nel suo cuore, ma accettò ugualmente la rosa. Tu la baciasti sulla guancia.»

«Che cosa romantica» commentò Papillombre. «Quasi mi commuovo.»

Il respiro di Chat venne meno. Era vero. Ladybug era stata catturata. E lui non aveva fatto nulla per impedirlo. La voce gli uscì in un sussurro. «Cosa… Cosa devo fare?»

«Dovrai fare esattamente ciò che ti dice il mio sentimostro. Inutile che ti spieghi cosa accadrà alla tua bella se non farai quello che ti dico, vero?» Il collegamento si interruppe.

Chat Noir era sgomento. Se Tikki era lì, se gli orecchini erano nelle mani di Papillombre, l’identità di Ladybug era stata scoperta. Era tutto finito.

Il sentimostro gli porse una benda nera. «Mettitela sugli occhi.» Chat eseguì. «Sali sulle mie spalle e ti condurrò da lui.»

«Anche se mi ripugna.»

 

A giudicare dal tempo trascorso, il tragitto fu breve. Un portone si spalancò e Chat Noir si ritrovò all’interno di un edificio. Dall’eco dei passi doveva trattarsi di un posto grande, con un pavimento in marmo o in parquet. L’odore gli era familiare.

Il sentimostro lo fermò in un punto. «Non muoverti.»

Il pavimento sotto ai suoi piedi si mosse. Lo stomaco si sollevò verso l’alto. Erano in un ascensore. Uno spasmo gli suggerì che erano arrivati. Il sentimostro gli tolse la benda.

Il luogo era tetro, poco illuminato. Aveva l’aspetto di una chiesa, con l’erba al posto del pavimento. Nell’aria si respirava un profumo di gardenie. Chat Noir deglutì: per un attimo la sua memoria vagò nel passato, a quelli che erano i fiori preferiti di sua madre, Emilie.

In fondo a quella sorta di cripta, Papillombre lo attendeva in piedi, il faretto sempre puntato sul volto mascherato. Al suo fianco c’era un contenitore dalla superficie dorata. Somigliava ad una capsula che facevano vedere nei film sull’ibernazione. Alle spalle, vi era un campo di piantine con delle crisalidi appese alle foglie. Il covo delle akuma.

Il sentimostro gli diede una spinta. «Muoviti.»

Chat Noir avanzò senza fiatare. Tikki svolazzava accanto a Papillombre. Sulla sinistra, nell’ombra, una donna osservava il tutto in rigoroso silenzio. Era poggiata al muro, le braccia conserte.

«Dov’è lei?» Chat Noir fronteggiò Papillombre, le dita serrate sul bastone.

«Io ti consiglierei di non fare mosse avventate se tieni al suo bel faccino.» Papillombre guardò oltre la sua spalla. «Tu non servi più.» Agitò una mano e il sentimostro scomparve. Tornò a rivolgersi a Chat Noir: «Tu non conosci la sua vera identità, vero? È la regola che vi ha insegnato quell’insulso vecchietto che si faceva chiamare Guardiano.» Rise. «Se me lo concedi, devo dire che è molto, molto bella.»

Chat Noir si protese in avanti, ma Tikki lo fermò. «Non fare sciocchezze! È in gioco la vita di…» Dalla bocca uscirono delle bolle.

«Oh non puoi dire il nome della tua portatrice.» Papillombre annuì. «Interessante. Io seguirei il suo consiglio, micio. Sa essere molto saggia e collaborativa.»

Chat Noir chinò il capo e si arrese. «Immagino tu voglia il mio anello.»

Papillombre allungò la mano aperta. «Sono un uomo di parola. Consegnami il Miraculous e lascerò liberi sia te che la tua bella. Non farò più del male ad anima viva. Anzi, non mi trasformerò mai più in Papillon. Sparirò per sempre dalla circolazione. Lo giuro sul mio onore.»

«Un uomo come te non ha onore.» Chat Noir si sfilò l’anello e lo lanciò a Papillombre. Un’aura verde lo circondò. Plagg si manifestò al suo fianco.

La donna ebbe un sussulto.

Un’ombra di incertezza passò sul volto di Papillombre. Poi, la fulminò con lo sguardo, imponendole il silenzio. «Adrien Agreste. Che beffarda che è la vita, vero?» Si voltò ed accarezzò la capsula.

«Cosa sta succedendo?» chiese Plagg, passando lo sguardo da Adrien a Tikki, la quale scosse la testa.

«Ho fatto quello che mi hai chiesto» disse Adrien. «Ora mantieni le tue promesse e libera Ladybug.»

Papillombre si girò a guardarlo. «Non ancora, Adrien. È giusto che tu sappia perché sto facendo tutto questo. D’altronde è per te che lo faccio.» La fusione terminò. «Nooroo, ritrasformami.»

Adrien perse più battiti del cuore. No. Non poteva essere vero. Per tutto quel tempo, tutte quelle battaglie, tutto quell’odio. Papillon era Gabriel Agreste, suo padre. La donna sulla sinistra avanzò alla luce: Nathalie Sancoeur.

«Sono scioccato almeno quanto te, figliolo. Sapere che ci siamo combattuti senza esclusioni di colpi, mi strazia il cuore. Ma tutto questo l’ho fatto per te, per noi. Perché tornassimo ad essere una famiglia felice.» Gabriel premette un pulsante sotto la capsula. La superficie dorata si aprì e rimase solo un vetro a separare l’esterno dall’interno.

La donna che giaceva nella capsula era Emilie Graham de Vanilly. La madre che lui riteneva morta e cremata.

«È bellissima non è vero?» Gabriel accarezzò il vetro. «Oggi tornerà a riempire di luce le nostre vite.» Puntò gli orecchini sui lobi e spinse, digrignando i denti per il dolore. Gocce di sangue gli macchiarono le dita.

Adrien aveva la bocca aperta, ma non riusciva a proferire parola. Nathalie, Tikki e Plagg assistettero in silenzio.

Gabriel infilò l’anello. Pronunciò una formula in una lingua che Adrien non conosceva. L’anello e gli orecchini si illuminarono. Plagg e Tikki furono risucchiati dai Miraculous.

Gabriel si levò da terra e fluttuò in aria. Il corpo divenne dorato e lilla. La sua voce rimbombò per la stanza, scariche di elettricità schizzarono in ogni direzione. «Per te, Emilie.»

Schioccò le dita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Nike90Wyatt