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Autore: Slytherin_Divergent    11/12/2020    1 recensioni
Kenjirou non ha mai visto un essere umano. È convinto del fatto che siano creature mostruose e senza scupoli, pronte a sacrificare tutto per dei pezzi di carta e di metallo.
Eita non ha mai visto una sirena. È sempre stato affascinato dalle leggende e ha passato tutta la vita a sognare di volerne incontrare una.
Kenjirou si rende conto del fatto che la sua vita cambia radicalmente quando viene catturato dagli umani durante una tempesta. Mentre si trova sulla nave dove viene tenuto prigioniero non riesce a pensare ad altro che al fatto che sta per morire. Eita, invece, disperso durante la tempesta, non vede l'ora di potergli parlare.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu, Shiratorizawa
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Il cartello mentiva, si ripeté per la centesima volta di fila nelle ultime due ore Hayato. Oh, si, e non avrebbe più usato Satori come orientatore, poco ma sicuro. Alla prossima esplorazione si sarebbe portato dietro Jin o Reon o Eita – sempre che non finisse nuovamente oggetto di ricerca – o uno qualunque degli altri marinai, ma non Satori.
Incontrarono i primi barlumi di civiltà quando il sole era oramai calato dietro la montagna e gli ultimi raggi illuminavano il cielo creando sfumature rossastre e rosate tra gli spiragli azzurri. Il bosco di palme e piante tropicali si diramò fino a lasciar spazio all'aperta campagna e ai campi coltivati.
«Credi che dovremmo continuare a cercare?» Yuushou si voltò verso Hayato e Satori si voltò verso il corvino, indignato.
«Sono io al comando!» esclamò, piccato. Hayato gli batté una mano sulla spalla.
«No, non più.»
«E perché?» l'occhio del rosso si contrasse in uno spasmo involontario.
«Perché sei una pessima guida e uno scellerato leader. Conoscendoti ci faresti dormire accampati su un albero.» borbottò Yunohama. Satori sobbalzò.
«No, non su un albero. Ai suoi piedi.» Hayato gli tirò un coppino sul cervelletto.
«Ormai è tardi. Se Semi e Goshiki sono davvero su quest'isola allora è probabile che abbiano raggiunto la città e ora siano lì e non si muoveranno almeno fino a domattina. Fermiamoci anche noi e riposiamo. Domani riprenderemo le ricerche.» decretò il castano. Yuushou annuì in assenso e Yunohama diede una piccola spinta a Satori per farlo camminare.
«Dove ci fermiamo?» domandò Sagae. Yamagata indicò un grosso capannone sulla cima di una piccola collinetta.
«Credo sia una stalla. Nessuno farà caso alla nostra presenza.» Yuushou e Yunohama si scambiarono un'occhiata veloce ma nessuno dei due osò contraddire la decisione di Hayato.
La porta della stalla era chiusa con una grossa catena quindi si trovarono costretti a trovare un altro ingresso. Fu Sagae ad individuare le due assi di legno rotte. Uno alla volta scivolarono dentro al fienile e strizzarono gli occhi per riuscir a vedere qualcosa, impresa che si rivelò essere più complicata del previsto dal momento in cui non c'era alcuna lanterna accesa e gli unici spiragli di luce provenivano dalla luna ormai sorta che dava a quello che avevano scoperto essere un deposito di fieno e attrezzi un'aria tetra e da racconto dell'orrore.
Yuushou fu il primo a crollare. Si stese su un mucchio di fieno e improvvisamente la stanchezza degli ultimi due giorni gli piombò addosso come un pesante macigno. In meno di due minuti già il suo respiro si era regolarizzato ed espirava piano dalla bocca, rannicchiato su se stesso. A guardarlo Hayato non poté far a meno di paragonare il suo kohai ad un bambino piccolo.
Quando anche Yunohama si fu addormentato e svegli furono rimasti solo Satori e Hayato il castano si voltò verso il rosso pronto a parlare, ma esitò per qualche secondo e fu l'altro a porre quella domanda al posto suo, le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo vitreo rivolto al soffitto. «Stai per chiedermi se penso se Eita-kun e Goshiki-kun siano ancora vivi, vero?»
Hayato strinse le labbra e annuì anche se Satori non poteva vederlo. «Sì.»
Tendou non rispose subito. Chiuse gli occhi e assottigliò le labbra in una linea dura, ricordando i brutti momenti che aveva passato durante la ricerca del loro capitano. Come lui, Eita e Tsutomu dovevano essere là fuori, da qualche parte. Non riusciva a concepire come delle persone forti come loro potessero morire in balia di una tempesta un po' violenta. Non avrebbe mai potuto accettarlo.
«Si, lo penso.» rispose infine, poi si voltò su un fianco e diede le spalle ad Hayato. «Buonanotte, Hayato-kun.»
Il castano sospirò e chiuse gli occhi. Si aspettava che Tendou avrebbe risposto così. «Buonanotte, Tendou.»
 
Tsutomu fu il primo a destarsi. Ancora prima di aprire gli occhi però capì che qualcosa non andava. Quasi scattò quando si accorse che c'era un calore estraneo al suo corpo attorno a sé e nel sobbalzare fece svegliare anche Eita.
«Che cosa stai facendo...?» biascicò il biondo, ancora più nel mondo dei sogni che nel mondo reale. Tsutomu si sentì immediatamente in colpa nel constatare che si era agitato per nulla. Poi realizzò che Eita lo stava abbracciando e scattò in piedi come una molla.
«Senpai, mi dispiace! Non posso accettare il tuo amore!» Eita a quel punto aprì un occhio e guardò storto il più piccolo che si era piegato in avanti in un profondo inchino di scuse.
«Che cosa vai blaterando?»
«Sono innamorato di un'altra persona! Non posso accettare la tua dichiaraz-» prima che potesse concludere la frase Eita gli puntò due dita in mezzo allo stomaco.
«Stavi solo tremando di freddo ieri sera. La prossima volta mi assicurerò di farti congelare.» rispose il più grande. Tsutomu si massaggiò la pancia e si sentì improvvisamente in colpa. «E comunque sappiamo tutti che sei innamorato.»
«Scusa.» la realizzazione della confezione del biondo lo colpì in pieno petto. «Aspetta, come fate a sapere che-»
«Si vede. E tanto, direi.» ribatté prontamente l'altro, stiracchiandosi. Tsutomu aprì la bocca per ribattere ma la richiuse all'istante quando sentì il suo stomaco gorgogliare. Arrossì. Eita gli lanciò un'occhiata divertita. «Fame?»
«Già.»
«Allora andiamo a cercare qualcosa da mangiare. Ti va del pesce?» il biondo guardò divertito Tsutomu mentre si incamminava verso il centro città. Il corvino fece una smorfia disgustata.
«No.» sentenziò ed Eita ridacchiò.
Molte delle botteghe non avevano ancora aperto e a dir la verità nemmeno il sole era ancora del tutto sorto. Mentre fiancheggiavano le banchine del porto vedevano molte imbarcazioni lasciare i proprio ormeggi per solcare il mare aperto e il sole era ancora una palla lontana che si affacciava appena sopra l'orizzonte, risplendendo in acqua e creando giochi di luce rossastri in cielo.
Per la via principale non c'era alcun passeggio se non qualche indaffarato mercante che correva da una bottega all'altra trasportando grosse casse di merci o di denaro. Eita si lanciò una fugace occhiata introno e poi si infilò dentro un vicoletto riemergendone poco dopo con una manciata di spiccioli dorati che fece scivolare in tasca. Affiancò Tsutomu senza dire nulla e il corvino sibilò stupito: «E quelli?»
Eita scrollò le spalle. «Certa gente dovrebbe imparare a tenere con più conto il proprio denaro.»
La bancarella che puntava il biondo era già aperta e il proprietario stava sistemando le casse piene di frutti succosi sul tavolo. Quando li vide fermarsi sorrise cortesemente decidendo di ignorare i loro vestiti stropicciati e i capelli incrostati di fango e salsedine. Le due grosse spade appese alle loro cinture lo convinsero in breve del fatto che meno aveva a che fare con loro, più avrebbe vissuto. Conosceva bene le leggi e la logica dei pirati e il vivit et vivet era da sempre il suo mantra di vita. Se le guardie rosse lo avessero interrogato avrebbe sempre potuto affermare di non aver visto nulla o di non saper che fossero pirati. «Buongiorno signori, cosa posso fare per voi?»
«Cosa puoi darci per questo?» Eita mostrò il palmo con le tre monete d'oro scintillanti. Gli occhi del mercante si spalancarono ma la comparsa di una quarta moneta e un segno di silenzio gli fecero ritrovare il contegno. Indicò la bancarella dietro di sé.
«Preferite mango, cocco o maracujà?» Eita e Tsutomu non ebbero nemmeno bisogno di guardarsi. I loro occhi si fissarono su una delle casse ed insieme esclamarono con sguardo famelico: «Mango.»
Il mercante fu ben lieto di smollare in mano al corvino due casse di frutta e ritirarsi dentro la bottega per nascondere quel gruzzolo d'oro. Normalmente per tre monete d'oro non avrebbe mai dato via due casse, ma le spade appese alle cinture dei due giovani e il loro sguardo famelico – ma soprattutto il fatto che quelle monete appartenessero agli inglesi, ne aveva adocchiata prima una cassa in mano ad uno dei miliziani – lo convinsero del fatto che non voleva avere problemi con i pirati. Eita e Tsutomu non si lamentarono e se ne andarono di buon grado con le due casse tra le braccia.
«Ci conviene lasciare la città.» il corvino resistette all'istinto di afferrare un mango e mettersi a mangiare tenendo la cassa con una sola mano. «Ci siamo fermati anche per troppo tempo.»
«Vero.» concordò Eita. «Andiamo via.»
Così com'erano entrati non ebbero problemi ad uscire. Le due guardie appostate alle porte non li riconobbero e non li guardarono nemmeno. A riconoscerli fu una voce familiare mentre superavano il grosso magazzino sulla collinetta.
«Eita-kun!» Eita si voltò di scatto e sgranò gli occhi vedendo Satori scivolare fuori dal una trave malmessa del capanno.
«Tendou!» il biondo appoggiò la cassa sull'erba mentre dal capanno venivano fuori Yuushou, Yunohama e Hayato. «Cosa ci fate qui?»
«Ehi.» Hayato si avvicinò fissando con un lieve disappunto le due casse di mango. «Vedo che non avete badato a spese. Ve lo siete vissuto proprio bene questo naufragio.»
Tsutomu si cacciò in bocca un pezzo di mango, finalmente felice di poter mettere sotto i denti qualcosa – e qualcosa con delle proteine, per di più! – poi si voltò verso Sagae e gli porse un frutto. «Vuoi?»
«Ancora non avete risposto.» Eita lanciò un'occhiata ai suoi kohai intenti a fare colazione. «Cosa ci fate qui? La nave è affondata?»
«Vi stavamo cercando, Eita-kun!» Satori gli batté le mani sulle spalle con un sorriso triste. «Ci teniamo ai nostri compagni!»
«Dov'è la nave? Al porto non era.» Yunohama guardò Tsutomu senza saper esattamente come rispondergli.
«Pensavate che avessimo ormeggiato la nave in un porto sotto l'influenza inglese...?»
«Non si può mai sapere.» Eita riprese in mano la cassa di mango mentre Tendou ne fregava uno. «Dov'è la nave?»
«Nella costa settentrionale. Tagliando per il bosco dovremmo raggiungerla in poche ore.» Hayato lanciò un'occhiata accigliata verso Satori. «Tu chiudi la fila.»
Eita e Tsutomu non fecero commenti riguardo lo strano ordine impartito dal castano e si limitarono a seguirli nella fitta vegetazione con il loro prezioso acquisto tra le braccia.
 
Kenjirou aveva fame. Kenjirou aveva terribilmente fame. Non metteva qualcosa sotto i denti da un giorno e mezzo ma nonostante Jin quella mattina gli avesse nuovamente domandato se volesse qualcosa da mangiare – più che altro era curioso di sapere cosa normalmente mangiava dato che tra Taichi e Kai erano partite delle scommesse: il primo affermava che mangiasse pesce crudo, il secondo puntava sui vegetali quali alghe o al massimo cozze e vongole – Kenjirou aveva brutalmente rifiutato.
Il castano stava nuotando in circolo da ben mezz'ora quando Jin si avvicinò di nuovo e si appoggiò al bordo della vasca. L'altro lo ignorò e fece finta di non sentirlo mentre gli diceva che aveva buone notizie. Buone notizie, diceva lui, come se a Kenjirou potesse importare se avevano ritrovato o meno i loro compagni umani.
«Quando Semi sarà qui decideremo cosa fare. Credo sia molto impaziente di parlare con te.» Kenjirou non diede segno di aver ascoltato mezza parola.
 
Eita stava morendo dalla voglia di salire sulla nave per poter finalmente interagire con una sirena. Aveva passato tutta la vita a sentirsi raccontare le più bizzarre leggende sul popolo che abitava il mare e per più di diciassette anni aveva sperato in un incontro del genere e ora che poteva finalmente parlare con una vera sirena era confinato su una scialuppa di salvataggio a mangiare mango mentre navigavano controvento e controcorrente.
«Soekawa-san ha detto che avrebbe dato l'incarico di costruire una vasca di legno.» Yuushou si sporse leggermente dalla scialuppa per osservare il fondo del mare tropicale. «Immagino lo troverai lì. Quando ce ne siamo andati era sveglio.»
«E com'è?» Eita si sentiva trattenuto sulle spine mentre Sagae parlava. Stava per chiedergli se si fosse messo a cantare come narravano le leggende, quando Hayato con un sorriso trentadue denti falsissimo guardò il biondo smettendo di remare e sentenziò: «Intrattabile. Acido. Irritante. Sarcastico. Arrogante. Egocentrico. Rumoroso.»
Probabilmente sarebbe andato avanti a sparare aggettivi per altri dieci minuti, ma la gomitata che gli tirò Yunohama per farlo tornare a remare lo convinse del fatto che Eita avrebbe scoperto del carattere di Kenjirou da solo, quindi quando il biondo salì sulla nave e come prima cosa domandò dove si trovasse il castano si sarebbe aspettato di tutto, tranne che essere osservato con ammirazione per poi essere ignorato.

   
 
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