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Autore: jinkoria    11/12/2020    2 recensioni
[ BakuDeku; multicharacter, multipairing | Prompt dell’iniziativa #25DaysofBakuDekuChristmas ]
Di come in venticinque giorni Midoriya Izuku si faccia innanzitutto eroe del proprio Natale e di quanto Bakugou Katsuki sia, non poi così sorprendentemente, fondamentale in tutto ciò.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Mina Ashido, Shouto Todoroki
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Bonsoir!
Torniamo ai limiti del concesso perché mi piace vivere in ansia - e perché oggi mi era un po' presa male. L'importante è riuscirci (?). 
In mia difesa, faccio schifo con le canzoni natalizie, non ne menzionerò qua sotto perché alcune le detesto e avrei voluto capire se in Giappone ne abbiano o meno di specifiche ma non ho avuto tempo materiale e voglia, ahimè, il brutto della diretta. Stava anche prendendo un'altra piega, un po' meno imbranata e più soft, però ho deciso di rinviarla~
Si torna un po' nel pov dell'isteria, se Midoriya è sceso a patti con se stesso al punto da rasentare l'insonnia perché qua siamo persone equilibrate, Katsuki deve ancora fare un passetto in avanti! Ricordo però che sono passati moooolti mesi dal loro chiarimento e in questo contesto vanno considerati già ben più affiatati, quindi Kacchan perlomeno non ha molta fatica davanti a sé, anzi, è più... consapevole, ecco perché di Cose, solo che deve darsi pure lui l'ok. Mina s'è capito, insieme a Kaminari sono quelli peggiori. 
Grazie di cuore sempre a chiunque passi, legga e in qualche modo si intrattenga, spero piacevolmente! Buona lettura


 

 

-11: Dancing to Christmas Music that we're already tired of

 

“Stufo” era proprio l’aggettivo più pertinente, calzante al quale Bakugou avrebbe potuto accostarsi, l’abito su misura da indossare ed esibire per mostrare a tutti la propria insofferenza a tutta quella… tortura spacciata per piacevole serata in compagnia.

Stavolta, se non altro, non il giardino bensì il salotto di casa sua era stato invaso dai compagni con il reale intento di mettere un po’ in ordine l’organizzazione di una festa altrimenti abbandonata a se stessa; Jirou e Tokoyami si erano presentati di nuovo, al seguito gran parte della ciurma di scapestrati che, per almeno tutto il resto delle vacanze, avrebbe fatto di tutto per non dover vedere, l’intento quello di recuperare i famosi cd offerti giorni addietro e mai davvero ritirati. Il problema si era posto in conseguenza a ciò, quando Mina e Kaminari erano entrati pericolosamente in possesso del telecomando del lettore musicale, le custodie delle compilation natalizie passate da una mano all’altra sotto ghigni mefistofelici e sguardi carichi di malvagità – questo, perlomeno, dalla prospettiva distorta dal fastidio di Katsuki.

In realtà era anche peggio.

Questa volta il tizio a metà era assente, aveva infatti comunicato nella chat di gruppo l’impossibilità di esserci, impegnato già in precedenza con Yoarashi; quando Tsuyu gli aveva chiesto, ingenua, se si trattasse di un appuntamento, Todoroki aveva risposto che non gli era stato detto in quei termini ma a pensarci bene poteva tranquillamente essere quello il caso.

Bakugou aveva inviato una emoji di esplosione, scoppiettante caratteri di “silenzio”, berciando poi nella stessa conversazione su quanto quelle notifiche frivole lo stessero disturbando. Ed era vero, lui che centellinava con attenzione le chiacchiere per messaggistica, limitando lo scambio online allo stretto indispensabile, si era sentito come pungolato da quella terminologia fin troppo adolescenziale, stucchevole, come se a qualcuno importasse davvero qualcosa di chi andasse a un appuntamento con qualcun altro.

Ripensando agli ammonimenti ricevuti subito dopo da parte degli altri e alle domande che Shouto aveva continuato a ricevere, accolte e soddisfatte poiché si avvalevano della gentilezza del ragazzo, era piuttosto chiaro, a conti fatti, interessasse praticamente a tutti, nessuno escluso. In effetti, l’unico che aveva evitato di commentare era lo stesso ancora mancante all’appello e del quale era stata invece data conferma di presenza.

«Midoriya-kun è in ritardo» constatò Iida, dando inconsapevolmente voce ai pensieri di Katsuki «Qualcuno lo ha sentito?» e poi, rivolto proprio al padrone di casa «Nulla?».

Bakugou schioccò la lingua con forza contro il palato, infastidito più del dovuto «E perché dovrei saperlo io?».

Non c’era nessunissima ragione, infatti. Il capoclasse tuttavia parve di ben altro avviso, almeno questo fu ciò che percepì Katsuki dal modo eloquente in cui quello lo guardò, quasi volesse sottintendere un è ovvio perché dovresti saperlo tu. Beh, gli era ovvio per niente, ed era proprietario della sua mente e unico testimone ufficiale della relazione che intercorreva tra sé e Midoriya, e non c’era alcun motivo per cui dovesse saperne più degli altri. Semmai, pensò con una buona dose di irritazione, quello che avrebbe potuto esserne al corrente era Todoroki, peccato anche lui mancasse nella lista di ospiti indesiderati.

La musica si frappose nella conversazione prima ancora di poter continuarla – anche se Iida doveva aver capito non avrebbe cavato un ragno dal buco che era la cocciutaggine di Bakugou, dunque si era girato verso Ochako ponendole la stessa domanda, la ragazza parve anch’essa non sapere niente.

Una canzone dietro l’altra veniva scartata da Mina, la quale deteneva il possesso e controllo del telecomando, i cd accatastati al fianco del lettore, non nell’ordine in cui erano stati trovati ma almeno Jirou aveva avuto l’accortezza di riporli correttamente nelle proprie custodie mentre Denki e l’amica li sfogliavano in cerca di qualcosa da mettere.

Tokoyami provò invano ad avanzare una perplessità, a voce alta per farsi sentire – perché il volume era più alto dell’accettabile, specie a un simile orario del giorno, che fossero canzoni natalizie era discutibile avesse importanza per il resto del vicinato, inoltre Ashido pareva contenta di averne beccata una di suo gradimento, tanto che si alzò dalla posizione accovacciata accanto all’apparecchio elettronico e, tirandosi su Denki, si mise a ballare.

«Non dovremmo essere io e Jirou a scegliere…? Eravamo venuti qui per questo…» cercò di dire, intanto anche Ochako, Tsuyu e Aoyama, che si limitava a muovere i fianchi con le braccia incrociate dietro la testa, si erano aggregati alla danza.

Fu interrotto da Kyouka stessa, la mano di lei intenta a dargli pacche consolatorie sulla spalla «Lascia stare, ormai quei due non li fermi più, approfittiamo di quello che fanno loro per farci un’idea noi…».

«No invece!» quasi ruggì Bakugou, separando i due compagni con le braccia per passarvi in mezzo, diretto verso gli invasori casinisti per eccellenza e pronto a fermarli «Siete venuti qui perché volevate discutere con me e quell’inutile assenteista di Deku su cosa farvi mangiare e altre stronzate sulle vostre assurde pianificazioni, che continuate a rimandare, fosse per me vi farei mangiare me-».

Il campanello censurò tempestivo il finire della frase, ciò non impedì comunque a Katsuki di imprecare ad alta voce perché interrotto e poco incline a tollerare un’altra presenza in quella stanza, così si avviò alla porta e, con tutta la poca pazienza rimastagli, la spalancò «Chi cazzo è?».

La figura di Deku, davanti a lui, appariva più minuta del solito, tutto infagottato in un cappotto piuttosto imbottito e un cappellino di lana verde scuro a camuffarsi tra i ricci, il naso rossissimo. Forse per questo notò più nello specifico il sussulto in risposta alla sua brusca uscita, perché era come concentrato in se stesso, in piedi eppure dava l’impressione di star cercando di occupare meno spazio nonostante si trovasse in una casa ben più grande della propria, sebbene di certo non era la gente a mancare.

Katsuki borbottò «Ah, sei tu» frattanto si faceva da parte per farlo passare. Midoriya si intrufolò chiedendo educato il permesso, salutò poi tutti con un unico “Ciao” generale rivolto a chiunque fosse presente mentre toglieva cappotto e scarpe all’ingresso.

Tenne il cappello, però, per chissà quale motivo. Bakugou sollevò prima un sopracciglio, dopodiché assottigliò gli occhi, attento ai movimenti dell’altro e in attesa si togliesse l’ultimo indumento da esterno, cosa che però non avvenne; allungò la mano senza riflettere, protesa verso suddetto cappellino, quando Iida si avvicinò al nuovo arrivato con voce carica e potente, quasi più della musica stessa.

«Midoriya-kun, ti aspettavamo!».

Il ragazzo si grattò la guancia con l’indice scoperto, un sorriso un po’ a disagio «Mi sono addormentato senza accorgermene, scusate, avete già parlato di qualcosa?».

Lo sguardo apparentemente truce di Katsuki si rilassò, non in quanto più calmo, semmai fu l’effetto di una realizzazione, data da un’osservazione più attenta delle guance ancora rosse di Izuku e gli occhi lucidi, quasi liquidi, non di pianto – scartò subito l’ipotesi, sia per intuito sia perché, per quanto insensato e assurdo gli paresse, il solo pensiero era bastato a fargli salire in bocca un sapore sgradevole e lo stomaco aveva brontolato come a dare man forte alla scelta di ignorare l’alternativa.

Tenya, intanto, scosse il capo in risposta, voltandosi per indicare gli altri ancora presi dal ballo «Stavamo scegliendo la musica ma è andata a finire così».

Midoriya li guardò a sua volta e annuì, gesto che gli provocò un impercettibile barcollo, il rappresentante si girò per raggiungere Yaoyorozu, seduta sul divano mentre osservava sorridente le sue compagne divertirsi al passo con la musica, tuttavia troppo imbarazzata per lasciarsi andare; Iida doveva averlo capito, conoscendo ancora l’insicurezza della ragazza, dunque le si era seduto accanto per impegnarla su chissà che discorso.

«Oi».

Almeno stavolta non saltò sul posto, forse si aspettava lo chiamasse, ricambiò l’occhiata dell’amico d’infanzia con più naturalezza e compostezza «Sì, Kacchan?».

Kacchan odiò ogni sillaba e intonazione di quel nomignolo, così come trovò detestabile ogni centimetro di faccia tanto serenamente esposta, come se non avesse nulla da nascondere e fosse all’improvviso tranquillo al pensiero di mettersi a nudo. Come se nessuno se ne accorgesse, di quanto forzato, per chissà quale ragione, fosse in quel momento, lui e la sua faccia che trasudava stanchezza da ogni poro.

Prima di potergli domandare – metterlo alle strette – quale fosse il problema, Ashido gli fu accanto, gioviale, saltellando euforica mentre afferrava Midoriya per il braccio «Lascia stare questo guastafeste e vieni a ballare con noi!».

Il rossore sul volto di Izuku si accentuò, stavolta Bakugou lo riconobbe però come imbarazzo, se per la vicinanza con la ragazza o per la proposta in sé non gli era chiaro, in ogni caso si premurò di spazzar via anche quella punta di sollievo insorta nel momento in cui aveva avuto conferma non fosse così affaticato e smorto come gli era parso; rimaneva comunque un po’ instabile, era evidente, forse soltanto Mina non se ne rendeva conto tanto era agitata lei stessa, lo strattone non violento ma ugualmente ferreo faceva sì Deku barcollasse fin troppo.

Midoriya, in difficoltà, cercò di protestare «In realtà…».

«Dobbiamo parlare di una cosa».

Se Izuku lo aveva guardato con sorpresa, Mina aveva fatto del tutto finta di ignorarlo, di conseguenza l’altro era tornato a concentrarsi su di lei.

«Non c’è bisogno che fai il timido! Guarda Kaminari, balla come se si fosse istupidito dopo aver usato i suoi poteri, eppure si sta divertendo!» cercò di convincerlo, il tono tanto alto quanto poco convincente «Questa canzone è anche famosissima, l’avrai ballata almeno una volta!».

Una vena pulsò minacciosa sulla fronte di Katsuki, di nuovo la mano si allungò in fretta ma in questo caso mossa dalla totale intenzione, quando si andò a stringere sul polso del braccio libero di Deku per tirarlo a sé, portandoselo dietro la schiena – la nuca iniziò a pungere come infastidita dal prurito laddove era certo Midoriya lo stesse fissando, quasi avrebbe voluto vedere con che ridicola espressione. Come sospettava, a giudicare dal calore emanato dalla pelle di Izuku fino alla sua, c’era qualcosa che non andava in quell’idiota.

«Ho detto» ripeté, le parole scandite e marcate dalla voce graffiante «che dobbiamo-».

«Che vuoi essere tu a ballare con lui, perché non l’hai detto prima!».

Katsuki si convinse, mentre adduceva a tutta la propria, così minima da rasentare l’inesistenza, pazienza residua, che non era affatto vera quella diceria sul diventare più buoni sotto Natale, era una sciocchezza, una falsità da raccontare ai più giovani per tenerli buoni e avvalorare i premi smistati da Babbo Natale un giorno l’anno; la certezza si fece pressoché nauseante tanto era valida e preminente su qualsiasi altra sensazione percepisse al momento, impossibile da contestare, nell’attimo in cui gli occhi rossi di Katsuki si allinearono con quelli dorati e macchinatori di Mina, le labbra storte in un sorriso sghembo e le palpebre socchiuse, in quella che aveva tutta l’aria di essere un’espressione perfida e maliziosa insieme.

Il sorriso di chi sapeva, qualsiasi cosa fosse, a Katsuki era noto solo il fastidio a conseguirne e una punta indefinita di sensazione di stranezza al centro dello stomaco.

Era ovvio non avesse nessuna intenzione di sottostare a quell’assurdità, innanzitutto perché non aveva alcuna voglia di ballare, tanto meno con Deku, ed era offensivo persino l’avesse anche solo supposto, secondo poi c’era davvero qualcosa che voleva chiedere all’imbecille, certo fosse esageratamente stanco e tutt’altro che reattivo, persino venire sballottato da una persona all’altra esulava dalla gentilezza a cui era tanto devoto nel suo modo di fare. Tuttavia, prima che potesse ribattere alcunché, la mano di Ashido era già sul suo braccio come prima si era avviluppata a quello di Izuku, altrettanto trascinato dalla ragazza al centro del salotto.

«Ehi!» le ringhiò contro Katsuki «Che diavolo pensi di-».

Mina lo ignorò ancora, stavolta gli rivolse un sorriso sinceramente allegro, talmente largo da farle strizzare gli occhi, intanto aveva ripreso a ballare sotto una nuova canzone natalizia, altrettanto classica «Buon divertimento!».

Bakugou tremò da capo a piedi e dovette ricordarsi che quella era casa sua e non poteva in alcun modo farla detonare o si sarebbe ritrovato sotto un ponte, peggio ancora insieme a sua madre, quindi cercò di concentrare tutta la propria imminente isteria sui pugni stretti e i denti digrignati, non smettendo di lanciare lance di odio verso la ragazza.

Difficile da comprendere a causa della musica e dal tono basso della voce in sé, un commento di Izuku lo distrasse dall’occhiata omicida.

«Scusa, Kacchan…» iniziò, visibilmente in imbarazzo mentre qualcuno ogni tanto cercava di coinvolgerlo in qualche movimento – salvo poi desistere grazie allo sguardo piuttosto eloquente di Bakugou «sono solo un po’ stanco, stanotte non ho dormito molto bene e mi è rimasto il mal di testa, però è tutto a posto».

Katsuki non ne fu molto convinto, per niente a dire il vero; a ben guardarlo più da vicino, però, dovette ammettere di riuscire a vedere delle occhiaie non troppo marcate ma presenti il giusto da confermare quanto detto dall’altro.

Perché gliene importasse così tanto faticava a capirlo, sicuro non voleva ritrovarsi un moribondo svenuto da qualche parte nel proprio soggiorno, né aveva alcuna voglia di prestargli soccorso se per caso si fosse sentito male, lui come a nessun altro dei presenti. Era chiaramente questa la ragione del suo interesse, null’altro da aggiungere.

Una pacca poderosa al punto da farlo sbilanciare in avanti si abbatté impietosa sulla sua schiena, tanto da rischiare di rovinare su Midoriya lì di fronte, il quale pose per istinto le mani in avanti sia per pararsi che per frenare la caduta dell’altro: il petto di Katsuki finì così col premere contro i palmi aperti di Izuku, il quale aveva sgranato innaturalmente gli occhi ed era diventato dello stesso colore del puntale natalizio in cima all’albero dei Bakugou, rosso come il più maturo dei pomodori. Katsuki comunque non se ne accorse, impegnato a voltare il collo come un gufo, le narici dilatate e lo sguardo affilato in cerca delle vittime da mietere.

«Il prossimo che mi tocca lo mando su Giove».

«E Midoriya, allora?» cantilenò Denki da qualche parte dietro di lui, seguito dalla risata malamente trattenuta di Mina e quella più concitata di Ochako e Jirou.

Avrebbe giurato di aver sentito Aoyama dire magnifique, per quanto riuscisse a distinguere qualcosa di così singolare in mezzo a quella confusione – suo padre avrebbe dovuto ringraziarlo se, alla fine di tutta quella tortura, sarebbe stato ancora in possesso di tutti quei cd natalizi.

Sentì una forte vibrazione contro di sé, verso la quale si voltò per riconoscerne la fonte, trovandola in un tremolante Midoriya che gli era di fatto ancora incollato addosso, complice la presa di Katsuki sulle sue spalle e della quale lui stesso non si era accorto, probabilmente si era ancorato all’altro per frenare la caduta, Izuku a sua volta era rimasto immobile nella stessa posizione di prima, poggiato al suo petto e con lo sguardo basso, le guance a fuoco e le palpebre strizzate per la vergogna.

Bakugou avrebbe voluto allontanarlo, perché era opprimente avere un tale peso in un punto simile, praticamente addossato e con tutt’altra intenzione di allentare la presa. Solo che, all’improvviso, tutti avevano ripreso a ballare come nulla fosse e la musica, della quale era davvero stufo, si era infilata molesta fin dentro i suoi timpani e pareva poco intenzionata ad andarsene presto, così aveva preso a oscillare senza nemmeno rendersene conto.

E Izuku, probabilmente altrettanto inconsapevole, con lui.

   
 
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