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Autore: AleeraRedwoods    13/12/2020    2 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Freddo, buio, fuoco-
 
 

    Il sole era ormai affiorato oltre le scure creste degli Ephel Dùath[1], annunciando la partenza della Nuova Compagnia con i suoi taglienti bagliori rossi.
    Gli alleati, sfilando come silenziose sagome nere in una lenta processione, si riunirono nel cortile della Cittadella. Qui, le tre grosse Aquile raspavano il pavimento di pietra con le possenti zampe artigliate, impazienti. I loro cipigli, inequivocabili anche sugli affilati volti rapaci, tradivano un irritato disappunto: sui loro dorsi spaziosi erano state caricate le provviste, le armature dei viaggiatori e una considerevole quantità di armi, costringendole a sopportarne le strette cinghie di fissaggio. Mai un Maiar della loro nobile specie si era abbassato ad accettare tanto. Inoltre, con quel peso non indifferente, avrebbero dovuto compiere più pause di quanto fosse saggio, esponendosi al pericolo della terra ferma.
    La Stella dei Valar le guardò con espressione colpevole, tentando di sorridere: -Vi siamo profondamente grati per ciò che fate.- L’aquila color bronzo al suo fianco fece schioccare il becco in un suono minaccioso ma si trattenne dal rispondere: dopotutto, era un sacrificio che erano disposte a fare, per il bene dei popoli liberi.
    Sempre in virtù di questo principio, l’aquila bronzea lasciò che Ibûn, il mastro fabbro nano, controllasse ancora una volta la sottile armatura in mithril della stella, ben fissata sul suo dorso. Il nano dai favoriti bianchi, scostando la stoffa, fece cenno alla giovane donna di avvicinarsi: -Ricordati di partire sempre dal laccio destro, quando la indossi.- Le ricordò: -E se l’armatura dovesse bagnarsi, asciugala subito. Rimarrebbero- La stella sorrise, intenerita dai suoi gesti apprensivi: -Rimarrebbero brutti aloni antiestetici. Lo so, Ibûn.- Il nano le diede un buffetto sul braccio, lanciandole un’occhiata eloquente: -Beh, ti ho detto tutto. Fa’ attenzione.-
    Glorfindel, una volta congedati i due Principi di Gran Burrone con un profondo inchino, si voltò verso la stella, indirizzandole un occhiolino sornione: -Andiamo, Sillen. è ora.- La stella, tuttavia, sentì lo stomaco contorcersi per l’agitazione e si costrinse a respirare a fondo. Il viaggio sarebbe stato breve: doveva solo raggiungere la Contea, risolvere il mistero e tornare dai suoi compagni con una soluzione.
    Niente di più facile, sarebbe andato tutto bene.
    Elessar l’affiancò, intuendo i suoi pensieri cupi, e le posò una mano sulla spalla: -Vedrai Sillen, la Contea ti piacerà. Non hai nulla da temere, laggiù non incontrerai nemici. E porta i miei saluti a Casa Baggins, mi raccomando.- Sorrise, cercando di apparire più tranquillo di quanto non fosse.
    L’altra gli strinse la mano, cercando istintivamente i suoi occhi gentili: -Non so come farò senza di te, Elessar. Siamo sempre stati insieme e adesso…- Sospirando, il Re degli Uomini le passò un braccio attorno alle spalle, stringendola a sé: -Stavo giusto cercando di non pensarci. Cerca di non fare niente di stupido o di avventato, questa volta.-
    Sillen seppellì il viso nel suo petto, che le scaldò la guancia fredda. La sua voce arrivò al Re soffocata, il tono scherzoso:
-Prometto di provarci ma non ti assicuro nulla. Voi non fatevi uccidere, mentre sono via.- Lui rise, scompigliandole i capelli con tenerezza: -Faremo del nostro meglio.- Poi, deciso, la sospinse con un vigoroso gesto d’incoraggiamento: -Al nostro prossimo incontro, Stella dei Valar!-
    Era doloroso guardarla partire, dopo tutto quello che avevano passato insieme ma aveva fiducia in lei. Era giusto che affrontasse quel viaggio, tanto quanto lo era per lui rimanere a difendere la propria casa.
    Cercò di scacciare i propri cupi presentimenti, mentre la osservava allontanarsi: -Buona fortuna.- Sussurrò, scrutando poi il cielo dorato con apprensione.
    La stella, con rinnovata sicurezza, raggiunse il centro del cortile e chinò la testa rispettosamente, salutando tutti i generali alleati: -Abbiate cura di voi, miei signori. Namárie, tenna’ ento lye omenta (addio, fino a quando ci rivedremo).- Ma, osservandoli bene, notò che qualcuno mancava all’appello.
    Perplessa, Sillen cercò Legolas con lo sguardo e si stupì non poco, quando lo trovò accanto al padre, vicino alle grandi aquile brune. Fece per raggiungerlo ma le espressioni sui visi dei due elfi le fecero cambiare idea: parlavano tra loro con grande calma, guardandosi negli occhi e scambiandosi lievi sorrisi.
    Fu una scena oltremodo inaspettata ma scaldò piacevolmente il cuore della stella: non li aveva mai visti così sereni, insieme.
    Thranduil, pur mantenendo il suo portamento innegabilmente regale, aveva messo da parte le sue preziose vesti per adottare una mise decisamente più spartana: una camicia candida, strette brache scure e un lungo mantello color terra. Senza i suoi abituali orpelli, somigliava ancora di più al suo giovane figlio.
    Legolas s’inchinò davanti a lui in segno di saluto e, quando si voltò verso la stella per incontrare il suo sguardo attento, parve arrossire. La raggiunse velocemente, facendo ondeggiare i sottili capelli biondi: -Perché mi stai fissando con quell’espressione ebete sulla faccia?- Sussurrò, quasi imbarazzato.
    Lei rise, divertita: -Sono solo molto felice. Pare che voi altri vi siate riappacificati.- Commentò. L’elfo sollevò leggermente le spalle: -Abbiamo parlato, tutto qui. Non credo che questa tregua durerà a lungo.-
    Sillen non osò dubitare delle sue parole sarcastiche ma non poteva che essere contenta per lui.
    Era evidente la sua gioia e persino la sua pelle pallida era illuminata da un’aura di energia positiva.
    Il suo sguardo si addolcì, nostalgico: -Mi mancherai, amico mio.- Si abbracciarono forte, cercando di non soffermarsi sul terribile pensiero che quella potesse essere l’ultima volta: -Anche tu mi mancherai.-
    Quando si lasciarono, Legolas indietreggiò, affiancando un commosso Gimli: -Beh, buona fortuna, Sillen. Che i Valar ti proteggano.- La salutò, tirando su con il naso per mascherare la propria emotività.
    Thorin III Elminpietra, energico come sempre, sbatté il manico della sua ascia a terra, rivolgendosi al compagno con tono risoluto: -Se qualcuno deve proteggerla, quello sarò io. Non serve scomodare qualche entità sovrannaturale.- Precisò, lisciandosi la lunga barba intrecciata.
    Pur senza la sua armatura, il Re sotto la Montagna vantava un fisico massiccio, le spalle tanto ampie da tirare notevolmente il sottile tessuto della camicia scura: in effetti, nessuno con un minimo di buon senso avrebbe osato mettersi sulla sua strada.
    Sillen lo ringraziò con un cenno del capo, sorridendo. -Dunque, vado.- Annunciò, inchinandosi un’ultima volta e raggiungendo Glorfindel.
    L’elfo dorato, già pronto da un bel pezzo, le passò seccamente due grossi indumenti, pesantissimi: -Non sarà come volare in battaglia. Il viaggio è impegnativo e ad alta quota farà molto freddo. Mettili entrambi.- Lei cercò di intuire il verso di quegli informi pezzi di stoffa ma, spazientito, Glorfindel glieli tolse dalle mani dopo pochi secondi. Quei gesti veloci e secchi lasciavano intendere alla stella quanto anche quell’irritante e sprezzante elfo fosse agitato, minando la calma che era riuscita a mantenere fino ad allora. Lui le fece passare i due mantelli dalla testa e questi scivolarono lungo il corpo della stella, avvolgendola completamente come il bozzolo di una farfalla. Erano davvero caldissimi, seppur ruvidi e scomodi.
    Sovrappensiero, Sillen lanciò distrattamente uno sguardo verso il Re degli Elfi e, all’istante, il suo cuore perse un battito: si ritrovò violentemente incatenata agli occhi di ghiaccio di lui, già fissi su di lei, pungenti come schegge di vetro.
    Perché diamine la stava guardando?
    Notando il suo sussulto sorpreso, Thranduil s’irrigidì a sua volta, ma distolse rapidamente l’attenzione, come se niente fosse. La stella, libera dal contatto visivo, serrò la mascella e tornò a respirare, maledicendo sé stessa per quella reazione decisamente fuori luogo.
    Era inutile fingere, quell’elfo era in grado di destabilizzarla con un solo sguardo.
    Ma per tutti i Valar, odiava constatare ogni volta quanto potere lui esercitasse sulla sua mente. E sul suo corpo.
    Essersi innamorata di lui, pensò, era la cosa peggiore che potesse capitarle.
    Scrollò la testa, cercando di snebbiare la mente in subbuglio.
    Purtroppo, l’elfo dorato al suo fianco si era goduto tutto lo spettacolo con un allarmante ghigno stampato sul viso d’alabastro: non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione.
    Mentre aiutava un’infagottata Sillen a issarsi sull’aquila, si fece fastidiosamente malizioso, il tono compiaciuto: -Puoi anche fare finta di niente se vuoi, Stella dei Valar. Ma non ti stacca gli occhi di dosso nemmeno per sbaglio.- La stella, sussultando per la sorpresa, non poté fare altro che lanciargli un’occhiataccia di sbieco, arrossendo violentemente.
    Non intendeva subire le sue battutine a riguardo.
    Glorfindel si stupì quando, alla reazione della stella, il suo cuore accelerò lievemente il ritmo pacato dei suoi battiti. Si portò una mano al petto, pensieroso.
    Forse stava cominciando a farsi coinvolgere troppo, da quella storia. Non era già sceso a chiari patti con sé stesso, quando aveva compreso i sentimenti della stella?
    Fu la voce tagliente di quest’ultima a distoglierlo dai suoi pensieri turbati: -Certo, quello mi sta con il fiato sul collo. Deve controllare che l’inutile umana non sia d’intralcio.- Commentò, a denti stretti. L’elfo dorato scosse la testa, salendo davanti a lei con movimenti fluidi: -Se lo dici tu, inutile umana.-
    Quando tutti e quattro i viaggiatori furono saldamente sistemati sui dorsi caldi delle aquile, Re Elessar sollevò una mano, in un ultimo e solenne saluto: -Vanya sulie, mellyn. I venti vi siano favorevoli! Affidiamo a voi la nostra speranza.-
    E i grandi Maiar, rapidamente, si lanciarono oltre il bordo del cortile di pietra, dritte nel vuoto. Presero quota tanto velocemente da far girare la testa alla stella, dandole le vertigini. Per fortuna, Glorfindel era più che stabile e le bastò aggrapparsi al suo mantello grigio per ritrovare l’equilibrio. Abbassando lo sguardo, poté ammirare Minas Tirith nella sua interezza per un’ultima volta: era ancora vistosamente deturpata dalla passata battaglia ma lucente come un gioiello bianco tra le montagne rocciose.
    Lasciarla alle proprie spalle, fu tremendamente doloroso.


 
**

    Thranduil, arrendendosi al suo stesso istinto, si voltò per l’ennesima volta verso la stella, studiando le sue condizioni.
    Persino da venti piedi di distanza riusciva a vederla tremare di freddo[2] ma la giovane non aveva osato dire una parola: come al solito, stava mettendo la riuscita del viaggio prima di sé stessa, con un fastidioso altruismo assolutamente non richiesto.
    Volavano ormai da mezza giornata e si erano fermati solo per una breve sosta, trovando uno spiazzo sulle alture più vicine. Fino ad ora, i viaggiatori non erano mai scesi di quota, accompagnati solo dal fianco grigio degli Ered Nimrais, alla loro sinistra, e dalle grandi pianure rigogliose dell’Ovestfalda, al di sotto.
    E la stella sarebbe morta congelata prima di sera, se non si fossero decisi ad atterrare in fretta.
    Thranduil scrutò il paesaggio davanti a loro, riflettendo velocemente: quello era un luogo abbastanza tranquillo. Si rivolse a Glorfindel, perentorio, levando la sua voce oltre il persistente rombo del vento: -Fermiamoci qui per un po’.-
    L’elfo dorato si voltò a guardarlo, sorpreso. Sorrise tra sé e sé: da quanto aveva capito, sarebbe dovuto essere lui il capo della compagnia, non Thranduil. Quel giovane Re degli Elfi si prendeva sempre troppe libertà, forse era il caso di farglielo notare.
    Fece per ribattere, quando sentì la mano della stella stringergli il mantello con più vigore. La voce di lei uscì a scatti, interrotta dal battito frenetico dei suoi denti: -N-non ascoltarlo. And-d-diamo avanti.-
    Glorfindel aggrottò le sopracciglia, voltandosi verso di lei con aria interrogativa. La stella sollevò a fatica il viso dorato, scostando leggermente il cappuccio che le celava i lineamenti contratti: -P-pensa che io n-non s-sia in grado di continuare.- Tremò, stringendo i pugni: -C-ce la faccio.-
    In effetti, erano ore che i suoi tremori andavano intensificandosi, ammise l’elfo dorato. Pensava che il suo calore corporeo, superiore anche a quello degli esseri umani, potesse bastarle per resistere a quelle basse temperature ma i pesanti indumenti che le aveva fatto indossare li isolavano troppo.
    Non era stato abbastanza attento, abituato a non avvertire il freddo anche in quelle condizioni estremamente rigide.
    Strinse le labbra: -Sillen…-
    Thranduil sentì i muscoli contrarsi in uno spasmo nervoso, irritato dalla patetica scena. Anche se il vento gli impediva di sentire la sua voce, il Re degli Elfi sapeva che la stella aveva testardamente dato contro al suo ordine: -Le aquile devono riposare.- Dichiarò, cercando di far leva sulla seccante inclinazione che la portava a preoccuparsi per gli altri.
    I grandi Maiar, intanto, non si espressero in merito alle sue parole. Erano ben nutriti e riposati e potevano di certo volare ancora a lungo ma non avrebbero protestato all’ordine del Re degli Elfi: un’altra pausa era più che gradita, con tutto quel peso addosso.
    Sillen guardò Thranduil con bruciante disappunto e cercò di alzare la voce: -N-non decidi tu!- Ma Glorfindel, al quale invece la decisione spettava di diritto, aveva già ponderato la situazione:
-Atterriamo!-
    Sillen si morse il labbro inferiore, ferita. Non erano nemmeno a metà del viaggio e già lei si sentiva di troppo.
    Per contro, l’unico membro della compagnia a rallegrarsi della notizia fu il Re nanico. Poco dietro di loro, rispose all’ordine di Glorfindel con voce tonante, superando senza difficoltà il frastuono delle correnti: -ERA ORA DANNAZIONE, HO FAME.-

    Le tre grandi aquile atterrarono con tonfi leggeri tra l’erba alta, ai confini con Isengard, sotto il caldo sole di mezzogiorno.
    Glorfindel scese per primo, guardandosi attorno: non vi era anima viva in tutta la valle, a parte qualche piccolo volatile canterino di passaggio.
    L’aquila ramata scollò il piumaggio, voltando la possente testa rapace verso la stella: -Abbiamo volato troppo in alto. Sopra i diecimila piedi, l’acqua diventa ghiaccio.- Disse con voce profonda, senza che il suo becco accennasse un movimento. Sillen, scossa da violenti tremori, sorrise: -Va t-tutto bene. Mi riprenderò in un attimo.-
    Glorfindel tese le braccia, aiutandola a scendere. Era davvero gelida e rigida come un blocco di marmo e la lasciò sedere a terra, visibilmente sfinita. Il caldo sole di Luglio, però, cominciò ben presto a scioglierle le membra e Sillen poté trarre un profondo sospiro di sollievo.
    Nel frattempo, Thorin aveva già disposto a terra tutto il necessario per cucinare, fedele al suo senso pratico: -Ah, poche storie. Vedrai che la mia carne allo spiedo ti farà tornare come nuova.- Le fece segno di sedersi vicino al fuoco e le allungò la propria borraccia: -Sai perché noi nani non soffriamo il freddo? Perché mangiamo tanto e beviamo anche di più! Parola mia, ti farò mettere un po’ di sostanza su quelle ossa.-
    Sillen non riuscì a trattenere una risata, raggiungendolo lentamente. Sfilò velocemente i pesanti mantelli freddi e si beò del calore del sole e del fuoco, che colorò le sue guance gelide.
    Bevve un sorso dalla grande fiaschetta e si ritrovò a tossire forsennatamente, sconvolta: -Che cosa accidenti è questa bevanda?- Thorin ammiccò, bevendo un sorso a sua volta: -Birra, mia venerata signora. Bella fresca!-
    Tra un sorso e l’altro, inutile dire che Sillen divorò con piacere la calda pietanza che il nano aveva abilmente cucinato per lei: erano settimane che non era così soddisfatta di un pasto.
    -Mio signore, dico davvero: sei il miglior cuoco della Terra di Mezzo!- Gemette, a bocca piena. La testa le girava lievemente e una strana sensazione di benessere le ovattava i sensi, rendendole il corpo stanco ancora più pesante e difficile da manovrare. L’altro rise fragorosamente, assestandole una pacca d’approvazione sulla spalla e facendola così barcollare in avanti, priva di equilibrio: -Che ti avevo detto!?-
    Thranduil, compostamente appoggiato alla roccia della montagna, scrollò la testa e incrociò le braccia, osservandoli.
    Ignorò il subbuglio interiore che si scatenò nel suo petto, distogliendo lo sguardo dal viso allegro della stella. Non che non conoscesse i suoi sorrisi. Anzi, conosceva benissimo ogni espressione che quel viso dorato era in grado di assumere: semplicemente, era passato troppo tempo. Doveva imparare nuovamente a farci l’abitudine senza che le sue emozioni ne rispondessero con troppa avventatezza.
    Glorfindel, apparso al suo fianco come un fantasma, introdusse nel suo campo visivo una grossa e lucida mela, facendogli alzare gli occhi al cielo: -Tu non hai fame, amico mio?- L’altro sospirò, infastidito e gli allontanò il braccio: -No, per niente.-
    L’elfo dorato addentò la mela, per nulla sorpreso da quel fare sgarbato: -Sillen pensa che tu abbia dato l’ordine di atterrare per colpa sua. È così?- Chiese, a bruciapelo.
    Thranduil soppesò le parole, prima di rispondere: -Sì. Era evidentemente in condizioni pietose. Strano che tu non te ne sia reso conto.- Sorrise appena, lo sguardo tagliente: -Perdi colpi, Alto Elfo. O forse non t’importava affatto.- Glorfindel sorrise a sua volta, seppure la frecciata del Re l’avesse fastidiosamente colpito: -D’ora in avanti farò più attenzione.-
    Seguì lo sguardo del Re degli Elfi, diretto verso gli altri due compagni: Sillen si stava allegramente massaggiando lo stomaco, soddisfatta, infastidendo il povero Thorin, che invece era profondamente impegnato a pulire ogni stoviglia con grande cura. Ancora una volta, il Re nanico dovette sottrarle uno spiedo appuntito dalle mani curiose: -Suvvia, dammi quell’affare, ti caverai un occhio.- Lei si imbronciò lievemente, arrossendo: -Ma cosa dici, non sono mica una bambina.-
    Era davvero un peccato interrompere quel piacevole momento, pensò l’elfo dorato. -Meglio non attardarci troppo, amici miei.- Li richiamò, avvicinandosi.
    Thorin si alzò, rivolgendosi all’elfo con fare ironicamente servizievole: -“Come il Portatore del Messaggio comanda”.- E Sillen ridacchiò, lanciando poi a Glorfindel un’occhiata falsamente dispiaciuta.
    Questo la tirò su di peso, provocandole un’altra risata: -Oh, lo trovi divertente? Osi ridere del Portatore del Messaggio? Beh, senti quanto ti ha rimpinzata il Re sotto la Montagna. A malapena riesco a sollevarti, sai?- La stuzzicò, divertito.
    Ancora allegra a causa della forte birra nanica, Sillen si aggrappò al suo braccio per non cadere, tentando di tornare lucida: -Aspetta che mi riprenda e vedrai. Giusto il tempo di smaltire…- Glorfindel allargò il proprio sorriso in un ghigno saputo, l’espressione maliziosa: -Non che mi dispiaccia. Le fanciulle ubriache sono sempre piacevolmente disponibili, sai?-
    Lei sollevò un sopracciglio, cercando di immaginare per cosa potessero essere disponibili le suddette fanciulle ma si limitò ad agitare una mano in segno di diniego.
    Si avviarono verso l’aquila ramata, che li attendeva placidamente accoccolata nell’erba alta.
    Fu Thranduil a fermarli, con la voce talmente bassa e profonda da far rizzare loro i peli sulla nuca: -Sillen viene con me.-
    A quelle brevi, dure parole, i sorrisi rilassati della stella e dell’elfo dorato svanirono lentamente, lasciandoli impietriti.
    Sillen, nonostante il gelo del suo corpo vuoto, sentì una vampata di calore invaderla con irruenza, facendola inevitabilmente rabbrividire: -Cosa?-
    Il Re degli Elfi non si scompose, fronteggiando il suo sguardo violetto con estrema sicurezza: -Non farne una questione personale. Tu non puoi sostenere a lungo il viaggio, nelle condizioni attuali. Tuttavia, la Maia Gwain è la più veloce e può tenere il passo delle altre anche a quote notevolmente più basse.- Indicò con un cenno del capo l’aquila bruna alle sue spalle, la stessa che lo aveva trasportato fino a quel momento.
    Glorfindel fissò il Sindar con evidente interesse, un sorriso sghembo sul viso: -Ottima osservazione, mellonamin.-
    Sillen tentò di riflettere su quelle parole, impedendosi a stento di cadere nel panico. Come aveva sottolineato il Re degli Elfi, non era una questione personale, si trattava solamente di una soluzione saggia e pratica.
    Era addirittura una buona idea.
    Ciononostante, la distante freddezza del Re le procurò una cocente delusione, che riempì i suoi occhi ametistini di lacrime amare: aveva davvero sperato che Thranduil desiderasse averla accanto.
    Che stupida, stupida ragazzina. E per giunta quasi ubriaca.
    Si passò una mano sul viso, trattenendo un respiro tremante.
    Arresa a quello svolgersi degli eventi, fece per infilarsi i pesanti mantelli ma Thranduil interruppe il suo gesto: -Solo uno.- Ordinò, tagliente. Le diede le spalle, accompagnate dal morbido fruscio del mantello bruno che ne sottolineava la linea dritta e squadrata.
    Con le gambe improvvisamente molli, Sillen lo seguì, raggiungendo Gwain con una crescente tensione a punzecchiarle lo stomaco.
    Thranduil si girò verso di lei per aiutarla a salire ma, istintivamente, la stella fece un passo indietro. Fu un gesto improvviso, forse scortese ma lei non aveva la minima intenzione di scusarsi. Attese una reazione da parte del Re, pronta a rispondere a tono a qualsiasi accusa lui avesse avuto voglia di rivolgerle.
    Invece, dopo un brevissimo moto di sorpresa, il Re degli Elfi sollevò lo sguardo su di lei, riducendo gli occhi a due fessure. Si costrinse a respirare, moderando il tono della voce che sapeva sarebbe stato duro: -Come vuoi. Ma non farmi perdere tempo.-
    Lei deglutì, stringendo le labbra con un’espressione che sarebbe dovuta sembrare risoluta. Ovviamente, l’inutile umana doveva sbrigarsi, pensò.
    Superò il Re elfico a testa alta, salendo da sola sul dorso della paziente aquila bruna, che sopportò i suoi gesti resi goffi e incerti a causa dell’alcol. Thranduil, dal canto suo, rimase immobile e aspettò che ogni fibra del suo corpo fosse pronta per affrontare l’imminente tortura alla quale si stava volontariamente sottoponendo.
    Quando Sillen, non senza una nota di panico, sentì l’elfo salire dietro di lei, s’irrigidì all’istante, con un misto di stupore e protesta ad affollarle la mente. Cosa che non impedì affatto a Thranduil di stringerla con un gesto deciso, lasciando che il suo mantello la circondasse completamente.
    Glorfindel, spettatore impassibile di quella scena, si rivolse ai compagni con voce gentile: -Ci accamperemo per la notte una volta arrivati a Tharbad.[3] Fino ad allora, non ci fermeremo.- Decretò. Le aquile gli lanciarono occhiate d’assenso, preparandosi a riprendere quota.
    Sillen incontrò lo sguardo dorato di Glorfindel per un solo istante, prima che i Maiar si alzassero in volo e, questa volta, lui non stava sorridendo.

    Gwain pareva una freccia nel cielo, sicura e costante. Era davvero più abile dell’aquila ramata e riusciva a tagliare le rumorose correnti con più facilità, rendendo il volo estremamente stabile, quasi piacevole, anche per la fragile stella.
    Certo, a contribuire vi era il fatto che volassero svariati piedi al di sotto dei compagni, dove le temperature non erano così rigide; per non parlare dell’effetto dell’alcol, non ancora del tutto svanito, e il calore prepotente del corpo del Re, dietro di lei.
    Sillen, dopo qualche ora di ostinata rigidità, si era arresa alla promessa dell’invitante tepore dell’elfo, finendo per far aderire la schiena al suo petto millimetro dopo millimetro, tentando di non farsi notare.
    Beh, poco male se così non fosse stato: l’aveva voluto lui.
    Che fosse disgustato, irritato o chissà cos’alto, non le importava. E, in secondo luogo, era ormai troppo comoda e rilassata per curarsene.
    Per fortuna, Thranduil aveva avuto il buon senso di tenerla stretta davanti a sé perché, alla fine, la stella si addormentò, abbandonata contro di lui come uno scomodo fagotto.
    Non che la cosa gli rendesse più facile sopportarne la presenza, beninteso. Nonostante lei fosse fredda e vuota come una statua, ormai priva di ogni fascino o attrattiva, Thranduil non riusciva a frenare il suo soffocante desiderio nei suoi confronti. Percepiva ogni fibra del suo essere tendersi selvaggiamente verso di lei, senza che potesse in alcun modo evitarlo. Quella stella era stata l’unica entità in grado di provocare in lui sentimenti e sensazioni che pensava di aver dimenticato da secoli, e ora doveva fare i conti con ognuna di loro.
    Sapeva dall’inizio che quella situazione avrebbe potuto metterlo alla prova più di quanto non fosse saggio… Ma preferiva di gran lunga sopprimere le proprie emozioni, piuttosto che lasciarla un secondo di più con quel maledetto redivivo dorato.
    Strinse automaticamente la presa su di lei, a quel pensiero.
    Scoprire la gelosia lo aveva profondamente destabilizzato: gli Elfi non percepivano il bisogno di essere gelosi tra di loro, poiché nulla avrebbe potuto separare due anime legate dall’amore, nemmeno in tutta una lunga vita immortale.
     Con la Stella, invece, il Re degli Elfi aveva dovuto cambiare il suo punto di vista su tante cose. Persino sull’eventualità di potersi innamorare ancora una volta.
    Chiuse gli occhi, respirando a fondo: l’essere destinato alla guerra -e che l’aveva così costretto a combattere a sua volta- era davvero colei che amava?
    L’ipotesi era oltremodo ridicola ma nella sua mente riecheggiava solo una sorda risposta affermativa.
    Sillen si mosse nel sonno e il pesante cappuccio le scivolò dal capo, liberando le sue onde corvine. Mosse dal vento che spandeva il loro esotico profumo, queste solleticarono come nastri di seta la pelle del Re degli Elfi che, con un gesto secco e nervoso, ricacciò immediatamente il cappuccio sulla testa della stella.
    Disturbata dal gesto rude, questa si raddrizzò di colpo, svegliandosi: -Cosa diamine ti prende?- Ringhiò, allontanandosi un poco e incrociando le braccia sul petto.
    L’elfo, immobile e regale, nemmeno abbassò lo sguardo su di lei: -Se ti azzarderai a dormire addosso a me un’altra volta, ti lascerò cadere di sotto. Ricorda con chi hai a che fare.- Rispose con sufficienza, prima di sospirare lievemente.
 

 
**

    Nella fioca luce della sera, Tharbad si presentò dinanzi a loro come un enorme labirinto di ruderi e stradine di pietra chiara.
    Completamente disabitata da molti anni, la grande città pareva pervasa da un’inquietante aura sinistra, dentro la quale nemmeno un rumore s’azzardava a presentarsi.
    Al contrario di Minas Tirith, gli edifici non s’innalzavano su più livelli ma si perdevano nell’orizzonte come tanti megaliti, ricoperti di rampicanti rossastri.
    Sillen rabbrividì, sistemandosi meglio i bagagli sulle spalle.
    Le aquile sarebbero rimaste fuori dalla città, in modo da potersi muovere liberamente, mentre loro avrebbero cercato riparo dentro le mura, per sicurezza.
    I quattro membri della Compagnia camminarono per qualche tempo, addentrandosi nella prima cerchia fortificata.
    Solo Glorfindel pareva completamente a suo agio, in quel luogo abbandonato: -Tharbad era una città molto bella, durante la Seconda Era. Piena di vita, di colori. Ricordo i grandi mercati che si tenevano qui, famosi in tutta l’Eriador.- Sorrise, al ricordo: -Tra poco sentiremo il gorgoglio dell’Inondagrigio.-
    In effetti, non passò molto prima che i viaggiatori percepissero la presenza del grande fiume, davanti a loro.
    -Accampiamoci qui, non serve avanzare oltre. Comunque sia, all’alba dovremo ripartire e si sta già facendo buio. - Commentò Thranduil, osservando le grandi case fatiscenti attorno a loro tingersi dei colori del tramonto.
    Sillen posò le pesanti sacche, sfinita, ringraziando mentalmente il Re degli Elfi. Dato che, proprio a causa sua, non aveva potuto chiudere occhio durante il viaggio, si stava di certo facendo perdonare, anche se non intenzionalmente.
    Glorfindel, con un sorriso comprensivo, le passò le borracce vuote: -Ci pensiamo noi ad allestire il campo, tu vai a prendere l’acqua.- Le consigliò. La stella annuì, accondiscendente.
    Si lasciò alle spalle la voce ruvida del Re sotto la Montagna, intento a elencare le varie portate da lui sapientemente preparate per il viaggio, e che i due elfi dovevano assolutamente assaggiare.
    Con il sorriso sulle labbra, la stella seguì il tranquillo canto dell’acqua corrente, giungendo poco dopo sulle sponde di pietra squadrata, che fungevano da argini per il grande letto dell’Inondagrigio. Con un balzo, scese sulla sponda più bassa, ormai già avvolta dalla penombra.
    Solo quando fu ad un passo dall’acqua, esitò.
    Fissando il fiume scuro, sentì il panico soffocarle il respiro, improvviso come un fulmine a ciel sereno. Indietreggiò, cercando di riprendere fiato: aveva troppa paura per avvicinarsi ulteriormente. Le immagini frammentate e confuse del suo ultimo incontro con quell’altra la costrinsero a chiudere gli occhi, spaventata.
    Aveva paura dell’acqua. Aveva paura di affogare.
    Si lasciò scivolare sulla parete di pietra della strada rialzata, sedendosi a terra. Cercò di ragionare con un minimo di razionalità: era a miglia e miglia di distanza da Minas Tirith e, per quanto forte o veloce potesse essere quella cosa, non poteva di certo eguagliare il volo delle Aquile.
    Un po’ rincuorata da quell’evidenza, aprì di nuovo gli occhi, trattenendo il respiro. Tese le orecchie, in cerca di rumori sospetti ma le arrivò solo il quieto scorrere dell’acqua davanti a lei.
    Si tirò nuovamente in piedi, stringendo le borracce tanto da far sbiancare le nocche: -Avanti, va tutto bene.- Provò ad incoraggiare sé stessa, avanzando di qualche passo.
    Con uno scatto, si chinò sulla sponda e affondò il braccio nell’acqua, impaziente di riempire le borracce e tornare di corsa all’accampamento. Si guardò attorno, all’erta, pronta a balzare via al minimo segnale di pericolo.
    Frettolosamente, richiuse le fiasche, sudando freddo e si alzò con uno scatto rapido, ponendo quanta più distanza possibile tra lei e il fiume. Incredibilmente, non era accaduto niente.
    Si passò una mano tra i capelli con un sospiro, facendo per tornare sui suoi passi, quando, come nel più banale degli incubi, una sagoma attirò la sua attenzione, sull’altra sponda. La vide con la coda dell’occhio, appena prima di muovere il risolutivo passo verso i suoi compagni.
    Sillen sentì il proprio cuore congelarsi, avvolto da puro terrore.
    Ruotò il busto con movimenti misurati, già consapevole di cosa avrebbe visto dietro di sé: sulla sponda Ovest, quell’altra la fissava, una sagoma scura e indefinita cui spiccavano solo i grandi occhi, luminosi come stelle e terribilmente fissi su di lei.
    Sillen barcollò all’indietro, fino a toccare la parete di pietra con la schiena irrigidita. Provò a deglutire, colta da una violenta nausea: -C-chi sei? Cosa vuoi da me?!- Gridò, il tono acuto che tradiva la sua disperazione.
    L’altra rimase immobile, intenta a fissarla, come un silenzioso predatore che attende il momento opportuno per balzare sulla preda.
    Con una forza e un sangue freddo che non credeva di possedere, la stella si voltò di scatto, lasciando cadere le borracce a terra. S’issò rapidamente sulla strada, lanciandosi in una corsa disperata tra i ruderi della città.
    Sapeva che quell’altra la stava seguendo, aveva percepito nel terreno i potenti balzi che l’avevano portata dall’altra parte del fiume e ora correva sui tetti sopra di lei, come un felino.
    Era sovrumana, impossibile da seminare e l’avrebbe raggiunta.
    La stella deviò freneticamente tra una casa e l’altra, prima a destra poi a sinistra, tentando di disorientare il suo inseguitore ma finì invece per perdersi nelle vie labirintiche della città, come una stupida.
    Non aveva riflettuto sul fatto che, al contrario di quanto aveva fatto per raggiungere il fiume, non aveva alcun riferimento a indicarle il luogo dell’accampamento.
    Incespicò sui ciottoli sconnessi della strada, senza fiato.
    Quella l’avrebbe raggiunta, l’avrebbe uccisa.
    E, probabilmente, nessuno l’avrebbe mai più trovata in quell’infinito dedalo di strade.
    Si voltò con un nodo in gola, senza riuscire a capire dove fosse quell’altra. Spariva nell’oscurità della città come se ne facesse parte.
    Come una preda braccata, Sillen sterzò di lato un secondo prima che l’altra l’afferrasse, da destra. Lo schianto della pietra che si spezzava dietro di lei gelò il sangue della stella, che gridò per la paura. Sperò davvero che la sola adrenalina che le scorreva in corpo bastasse a tenerla lontana dalle mani mortali di quella cosa. Questa, come se niente fosse, tirò via il pugno dal muro in cui si era violentemente impiantato e tornò all’inseguimento, spietata.
    Improvvisamente, Sillen vide una calda luce provenire da una stradina laterale e si gettò con tutta sé stessa in quella direzione. Abbassò la testa, per evitare un nuovo pugno distruttivo di quell’altra, ormai sopra di lei.
    Un centimetro più in basso e le avrebbe sfracellato il cranio come una noce.
    Con un ultimo sforzo, Sillen sbucò nella strada illuminata, rovinando addosso all’individuo che reggeva la grande torcia. Caddero entrambi a terra, in una sinfonia di tonfi e gemiti doloranti.
    La stella si tirò su freneticamente, urlando: -Arriva! Arriva!-
    Thranduil, portandosi una mano alla testa dolorante, la fissò, senza parole. Era stravolta, gli occhi sgranati pieni di paura. Chiunque l’avesse spaventata in quel modo, non andava sottovalutato. Sguainò la spada, tirando la stella dietro di sé.
    Rimase immobile, teso, pronto a fronteggiare chiunque si fosse presentato. Ma non si presentò assolutamente nessuno.
    Per parecchi minuti, i due rimasero in ascolto, cercando altre presenze al di fuori delle loro. Attorno, solo il muto sguardo della città.
    Sillen crollò in ginocchio, tremando: -Se n’è andata.- Mormorò, stringendosi le braccia attorno al corpo. Thranduil rinfoderò la spada, raggiungendola rapidamente: -Sei ferita?- Le scostò le braccia con un gesto delicato, cercando tracce di sangue. -Sto bene.- Sussurrò lei, respirando a fondo.
    Era sopravvissuta, ancora una volta. Sarebbe stata altrettanto fortunata, in futuro?
    Il Re elfico le prese il viso tra le mani calde, costringendola a guardarlo negli occhi: -Chi ti ha attaccato?- Chiese, serio. Lei fissò i suoi occhi chiari, improvvisamente più tranquilla.
    Suo malgrado, strinse le labbra: -Nessuno.- Mentì, di nuovo.
    Thranduil, come colto da un terribile pensiero, contrasse la mascella, sollevandola di peso con un movimento fluido ma nervoso. Sillen spalancò gli occhi, tra le braccia dell’elfo: -T-Thranduil…-
    -Non prendermi in giro.- Ringhiò lui. -Se non vuoi dirlo a me, va bene. Ti porto da Glorfindel.- Il suo tono duro fece sobbalzare la stella, ancora scossa dall’inseguimento.
    Raggiunsero l’accampamento in breve tempo, segno che la corsa folle della stella l’aveva condotta più vicino di quanto pensasse.
    Sentendoli arrivare, Thorin sollevò lo sguardo, spalancando poi gli occhi in un’espressione allarmata: -Mia signora! Che cosa è successo?- Si avvicinò, mentre Thranduil riponeva la stella sul suo giaciglio improvvisato, accanto al fuoco.
    In quel momento, apparve anche Glorfindel, con le borracce piene in mano. Cercò subito la stella, ansimando, con i capelli dorati scompigliati. Doveva aver corso molto, per trovarsi in quello stato. -Per grazia del cielo, cosa diamine è successo?- Esclamò: -Ci stavi mettendo una vita, siamo venuti a cercarti!-
    Tuttavia, quando incontrò lo sguardo spaventato della giovane, sentì l’irritazione per l’ansia appena provata tramutarsi in preoccupazione: -è successo di nuovo.- Constatò.
    Thranduil gli rivolse un’occhiata tagliente come schegge di ghiaccio: il redivivo sapeva.
    Fantastico.
    Sillen annuì, seria e l’elfo dorato si abbandonò sulle coperte sottili, passandosi una mano sul viso pallido: -Speravo non fosse vero.- La stella si sporse verso di lui, gli occhi spalancati: -Sai cosa sta succedendo?! Sai cos’è quella cosa!?- Lui scrollò la testa, dispiaciuto: -No. Ma l’ho percepita. Un ammasso di energia oscura, rancore e rabbia. Era in camera tua, quando…-
    Lasciò la frase in sospeso, irritando ulteriormente il Re degli Elfi: -Parla chiaro, maledizione.- Glorfindel gli rivolse uno sguardo serio, concludendo laconicamente: -stavi per annegare nella stramaledetta vasca da bagno.-
    Nell’accampamento piombò un silenzio teso, interrotto solo dallo scoppiettare del fuoco.
    Thranduil si voltò verso la stella, sentendo i muscoli tremare per lo sforzo di trattenersi dallo sgozzare tutti i presenti: -Hai visto la stessa cosa di quella volta?- Chiese, a denti stretti. Lei annuì nuovamente: -Non posso sbagliarmi.-
    -Allora ti sta seguendo. Non puoi più rimanere da sola.- Decretò lui, con voce dura. -Non dovrebbe risultarti difficile, visto che non ti allontani da questo dannato nemmeno per fare il bagno.-
   Glorfindel fece per correggerlo ma la voce di Sillen lo anticipò. -Non azzardarti a parlare in questo modo di lui.- Ringhiò, alzando la voce.
    L’elfo dorato si batté la mano sulla fronte: ah, pessima mossa.
    Thranduil strinse i pugni, visibilmente alterato: -Mi permetto di fare quello che voglio.- Thorin cercò più volte di entrare nella conversazione ma, subito, fu trattenuto dallo stesso Glorfindel:
-Vieni amico mio. Andiamo a cercare altra legna per il fuoco.- Il Re sotto la Montagna non parve dello stesso avviso: -Amico tuo un accidente, pervertito. E poi quel folletto dei boschi sta alzando un po’ troppo la voce e- L’elfo dorato lo prese per le spalle, trascinandolo con sé: -Sono certo che sapranno cavarsela senza di noi.- E, dopo aver lanciato un ultimo, esitante sguardo verso la stella, si allontanò con il Re nanico nelle stradine della città.
    Sillen si era alzata in piedi, i pugni serrati: -Glorfindel c’era quando avevo bisogno di lui. Tu dov’eri?- Gridò, puntandogli il dito contro.
    Il Re degli Elfi sembrò diventare ancora più imponente, attirando su di sé l’oscurità attorno, tanto da consumare parte del fuoco accanto a loro. -Ero nel mio Regno, tradito come un povero idiota!- Sillen storse la bocca: -Smettila di comportarti come una vittima, non ti si addice. Sapevi sin dall’inizio che non sarei mai potuta rimanere nel Reame Boscoso!-
    Lui contrasse la mascella, i tendini del collo marmoreo che guizzavano sotto la pelle chiara: -All’inizio, forse. Ma non dopo tutto ciò che è accaduto in seguito.- Lei sentì le lacrime pungerle gli occhi ma le ricacciò indietro, spazientita: -Di cosa stai parlando, Thranduil? Ti sei divertito a portarmi a spasso per il tuo Palazzo come un animaletto, ecco cos’è accaduto. Io ho cercato di esserti amica, di comprenderti! E tu sei stato solo un cinico egoista, troppo preso da sé stesso per accorgersi di ciò che stava succedendo fuori dai suoi stupidi confini! Sono io quella tradita!-
    Thranduil fremette, minaccioso e incontenibile: -Tu fai finta di non capire. Non volevo questo. Sono sempre stato chiaro, con te.- Sillen gli assestò diversi flebili pugni sul petto, troppo arrabbiata per starlo a sentire: -Chiaro?! Prima mi minacci di portarmi via tutto, assicurandoti di scavalcarmi in ogni momento; poi te la prendi con Glorfindel, che non c’entra assolutamente niente! Vuoi potere? Ricchezza? Il mio pentimento? Cosa diamine vuoi, Thranduil?!-
    Lui le afferrò i polsi, frenando il suo debole attacco e lei abbassò la testa, senza riuscire a sottrarsi dalla presa ferrea del Re degli Elfi: -Basta, non voglio più parlare con te.- Singhiozzò, adirata. Crollò in ginocchio e lui la seguì, senza lasciarla.
    Vederla in quello stato lo mandava in confusione: perché adesso sembrava lui quello dalla parte del torto?
    Perché, dannazione, lo era.
    La consapevolezza che s’era fatta strada in lui dal suo arrivo a Minas Tirith, prese possesso dei suoi pensieri, suo malgrado.
    La verità era sempre stata una soltanto: Thranduil, con il suo dannato orgoglio ferito, non riusciva ad accettare che lei fosse riuscita a lasciarlo. Perché lui non ne sarebbe mai stato in grado, nemmeno per una nobile causa come salvare la Terra di Mezzo.
    Lei non lo amava come lui amava lei.
    Lei era migliore.
    E lui si era perso ogni suo cambiamento, ogni sua sfaccettatura. Correndo da lei, in battaglia, aveva solo seguito il suo bisogno di incontrarla ancora una volta, per ricominciare tutto daccapo. Per farsi perdonare, per accettare quel destino che l’aveva costretta a lasciarlo. Purtroppo, stava davvero fallendo miseramente.
    -Io ero sincero.- Scandì: -Ciò che provavo per te, era sincero.- Deglutì, conscio di aver rivelato nuovamente il suo lato più debole.
    Sillen s’irrigidì, sorpresa. Sollevò lo sguardo lentamente, in confusione e lui si costrinse a chiarirsi, ormai inevitabilmente esposto: -Credi che io permettessi a chiunque di parlarmi, guardarmi o toccarmi come facevi tu? Davvero non ti sei resa conto di ciò che stava succedendo?-
    Quella finì in iperventilazione seduta stante. Perché adesso quell’elfo egoista le diceva quelle cose?
    -Mi stai confondendo, Thranduil.- Balbettò, gli occhi violetti sgranati. Lui ricambiò per un attimo il suo sguardo, quasi esasperato: -Non è difficile- E, con un gesto secco, la tirò a sé, stringendola con irruenza.
    Sillen trattenne il respiro, trovandosi premuta contro il suo petto ampio. Il profumo di sole e terra del Re la avvolse, facendola precipitare nei ricordi. Il loro primo incontro, i racconti nella Sala del Trono, la notte di Mereth en Gilith… il loro addio nella Sala delle Udienze.
    -Per me non è stato un gioco.- Mormorò il Re degli Elfi, accorato: -Quando ti ho lasciata andare, ero spezzato. Perché tu hai scelto di partire, invece che restare al mio fianco. Solo dopo la battaglia, provando ad allontanarti, ho capito che non avresti potuto fare altrimenti. Non eri tu, a volermi ferire. Piuttosto, eri la prima a soffrire, a causa di questo infausto destino. Sono stato così cieco, Sillen.-
    La stella era sconvolta. Emozioni violente trascinavano un pensiero dopo l’altro ma i tasselli nella sua mente stavano cominciando a combaciare tra loro. Il comportamento di Thranduil, adesso, acquistava significati nuovi. Era stata ingenua, forse superficiale, e non aveva capito proprio niente. E comprendere la lasciò senza fiato.
    Lui l’amava. Allora, la sua rabbia verso quel destino infausto che li aveva separati, era identica alla sua.  
    Con il cuore che pareva volerle uscire dal petto, la stella si aggrappò con tutte le sue forze alla camicia candida di lui, stringendolo a sua volta. Affondò il viso nell’incavo della sua spalla, sentendosi fragile come vetro: -Io so che Bosco Atro è il mio posto.- Gli disse, con la voce spezzata attutita dalla sua pelle e Thranduil espirò, colpito da quella rivelazione: -Ma ti prego, permettimi di compiere il mio destino.-
    Il Re sentì un profondo rimorso bloccargli il respiro. Se solo fosse rimasto con lei, se solo l’avesse seguita, forse non avrebbero sprecato tutto quel tempo a scontrarsi. Quel fato, avrebbero dovuto affrontarlo insieme, sin dal primo giorno.
    Lei si scostò, facendo scivolare le mani fino al viso dell’elfo. Lo accarezzò con le dita fredde, cercando il suo sguardo adamantino: -Capisco che sei ferito e che hai sofferto, nel tuo lungo passato.- Sussurrò, le guance solcate da numerose lacrime: -Ma se non porto a termine il mio compito, non potrò stare con te, Thranduil. E devi credermi, io voglio farlo. Ho sempre desiderato solo questo, nella mia breve vita.-
    Lui schiuse le labbra, cercando di frenare le proprie, folli emozioni: -Lo so. Adesso lo so.- Lei non era fuggita come suo figlio. Non lo aveva abbandonato, aveva solo accettato il compito assegnatole.
    Perché lei, prima di ogni cosa, era la Stella dei Valar: doveva, anzi, voleva compiere il suo destino per poter essere libera di scegliere.
    Il Re impiegò qualche secondo a realizzare ma la stella era stata chiara. Una volta assolto il suo compito, sarebbe rimasta. Avrebbe scelto lui. E tanto bastò.
    Un’emozione violenta gli incendiò il petto, lasciandolo con il fiato corto. Senza attendere oltre, le sollevò il mento, chinandosi su di lei con un’impazienza divorante.
    La stella gli strinse le braccia al collo, ricambiando quel bacio che tanto aveva sognato di ricevere. Sentì le grandi mani affusolate del Re accarezzarla, accompagnate da un calore quasi doloroso, che si propagò dentro di lei, riscaldandola come un intimo incendio. Per la prima volta dopo la battaglia, non si sentì pesante, né fredda, né vuota. Era solo Sillen, esattamente dove doveva stare.
    Affondò le dita nei suoi capelli d’argento, sopraffatta dalle sensazioni. Quando il bacio della stella si fece istintivamente più esigente, Thranduil si costrinse a interrompere il suo assalto, il respiro accelerato. Meglio fermarsi quando lui era ancora in grado di intendere e volere, pensò.
    Pose la fronte su quella fresca della stella, respirando a fondo. Presto, si disse. Presto avrebbero potuto ricominciare, insieme.
    Sillen si schiarì la voce, cercando di frenare la folle corsa del suo povero cuore. Non era sicura di poter sopravvivere a tutto ciò.
    Si scostò leggermente dall’elfo, lisciando il tessuto della camicia stropicciata e, in quel momento, il suono distinto dei passi degli altri membri della compagnia li costrinse a separarsi velocemente. Thranduil si appoggiò con scioltezza alla parete grigia di un vecchio rudere, le braccia conserte, e Sillen, più che mai imbarazzata, tentò inutilmente di sistemare i capelli scompigliati.
    Glorfindel apparve per primo alla luce del debole fuoco, con una grossa e probabilmente inutile catasta di legno sulla spalla:
-Scusate, ci siamo fatti prendere la mano.- Finse, con un sorriso tirato, sedendo sul proprio giaciglio. Non poté fare a meno di soffermarsi sui boccoli selvaggi della stella, sulle sue labbra arrossate, ma non disse niente.
    In effetti, non era proprio in vena di fare battute.
    Thorin III Elminpietra, poco lontano, trascinava dietro di sé altrettanta legna, con cipiglio contrariato. Quando incontrò gli occhi violetti della stella, si fece altezzoso e pungente: -La prossima volta che dovete discutere, ve ne andate voi due.- Poi afferrò una coperta, deciso a mettersi finalmente a dormire.
 


 
[1] Ephel Dùath: (nome Sindarin delle Montagne d’Ombra) è la catena montuosa che circonda Mordor a Sud e a Ovest, fino al cancello del Morannon che la collega agli Ered Lithui. Si ergono come una muraglia rocciosa ad Est del regno di Gondor.
 
[2] Una normale aquila è davvero in grado di superare i 4000 metri di altitudine, sfruttando le correnti. In questo preciso caso, i Maiar stanno volando a più di diecimila piedi, che corrispondono ai nostri 3000 metri. A queste altezze, le temperature scendono anche sotto lo zero e la stella, ormai definibile una quasi-umana, non può davvero sopportarle a lungo.
 
[3] Tharbad: (segnata come Sarbad in alcune versioni italiane della Mappa della Terra di Mezzo) è una città fortificata dei Dùnedain, edificata nella Seconda Era. Al tempo della sua fondazione, fu forse la più importante città commerciale dell’Eriador e, come tutte le città di “gusto” numenoreano, è quasi interamente costruita in pietra. Al pari di Osgiliath, sorge su un grande fiume, in questo caso l’Inondagrigio (Gwathlò, in Sindarin) e probabilmente si estende su entrambe le due sponde. Decadde in seguito alla vittoria del Re Stregone di Angmar,= =all’inizio della Terza Era e successivamente fu del tutto abbandonata a causa alle scorrerie degli Orchi di Sauron. In realtà non si sa di preciso cosa accadde alla città dopo la riunificazione dei Regni di Gondor e di Arnor, da parte di Elessar. Essendo passati relativamente pochi anni, ho interpretato la zona come ancora disabitata.
 



 



N.D.A

Bentrovati carissimi,
sono felice di aver pubblicato anche questa settimana!
BEH, che dire XD Sono davvero ansiosa di sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo ^_^” Succedono tante cose, è pressappoco infinito, quindi spero di essermi espressa in modo comprensibile e non troppo dispersivo T-T


Spero comunque che la lettura sia stata piacevole!
Un grande grazie a chi è arrivato sino a qui, sono felice di star volgendo al termine insieme a voi!

​alla prossima,
Aleera



 
   
 
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