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Autore: kurojulia_    13/12/2020    1 recensioni
Una raccolta di vicende. Una raccolta di speciali episodi per ognuno dei personaggi del mondo di
Vampire Devil. Eventi importanti, eventi insignificanti.
[Da leggere DOPO la storia principale.]
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Heart & Became.




Meravigliata, nelle mie pupille si riflettevano scoppi di colori, simili a fuochi d'artificio. Veli rossi, tessuti dorati. Il bianco fantasma, lo scintillio di una lama. Il blu delle onde salate.

Quello fu il primo spettacolo teatrale a cui assistetti.

«Guarda attentamente, Makoto», mia nonna si era chinata verso di me, con le labbra sempre pronte al sorriso. «non è un mondo meraviglioso, questo?».

Non riuscii a risponderle. Stringevo la sua mano, sentivo il suo calore attraverso il dolce palmo, le dita gentili. Amavo quella stretta. Amavo che lei mi avesse portata lì. Che io potessi ammirare in prima persona le opere che avvenivano al teatro Minamiza.

«Nonna», bisbigliai. «È una sensazione strana».

«Quale?».

Non sapevo esprimerlo. Mi toccai il petto, senza staccare gli occhi dal palco. «Qui», non eravamo nemmeno sedute, eravamo in piedi, in fondo, quasi alle porte: tuttavia, quella era una magia che riusciva a raggiungere qualsiasi luogo, fino ai confini. «È come se fosse pieno». Non riuscivo a smettere di sorridere.

Udii mia nonna ridacchiare, chiudere le palpebre. «Si chiama emozione. Hai trovato qualcosa di molto importante». Il suono della sua risata, il buio della sala, le danze che avvenivano sul palco, gli spettatori in religioso silenzio – quello diventò il mio più grande ricordo.

«Tienilo stretto al cuore, Makoto, e ti sentirai sempre viva».

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Non dubito avesse ragione.

Furono quelle sue parole a farmi voltare verso di lei, incantata e meravigliata. Avevano avuto un forte impatto su di me. Ero così piccola, eppure avevo appena trovato il mio cammino. Sapevo chi volevo essere. Sapevo chi ero. Anche rimanendo sola, il mio sentiero era già illuminato e a me non restava altro che percorrerlo.


Forse, però, era troppo luminoso. Così tanto da accecarmi, e così... non vedevo più. Non vedevo le cose che stavano realmente accadendo intorno a me e su di me.


Non ne sapevo niente, io. Non conoscevo i miei genitori, perché loro erano scomparsi dalla mia vita, lasciandomi indietro – lasciandomi a chiedere, "quando tornano mamma e papà?". Più avanti, la domanda si era trasformata in "perché se n'è sono andati?".

Ma avevo la nonna ed era abbastanza. Avevo il teatro. Il mio sogno. Era abbastanza.

 

Avevo vissuto nel suo affetto, nella sua dolcezza e nel suo amore fino a nove anni. Dopo di ché, lei morì. Ero rimasta sola, in un fragile guscio, in una casa grande, tipicamente giapponese, con le pareti shoji che scricchiolavano ogni volta che le facevi scorrere e il tatami consumato della sala, duro sotto la pianta dei piedi. A quel punto, non mi restò altro che osservare il cielo, di notte, bevendo dalla sua tazza di tè. Pensando continuamente ai giorni passati insieme e alla passione che condividevamo.

Quindi non sapevo niente di niente. Ero così ignara ed ingenua.
 

Avevo tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo, come un bambino spaventato dagli incubi. In questo modo, avevo permesso agli orribili incubi di arrampicarsi su per la mia realtà, ed io stessa lo ero diventata. Io stessa ero ormai un incubo in carne ed ossa.

Così mi aveva rivelato.

«Sei un demone». I suoi capelli bianchi mi ricordavano la pelle marmorea e nivea degli attori kabuki. Ma lo sguardo che albergava nei suoi occhi era troppo agguerrito per l'eleganza degli attori. «Makoto, ascolta la mia voce».

 

Sorrisi. Se non potevo vivere come un essere umano – se avevo perso persino la mia umanità e il mio sogno di recitare – allora, in quel caso, non avrei più ascoltato niente.


Avevo preferito chiudere il sipario e squarciare tutte le maschere. Prima, però, avrei portato in scena il mio primo ed ultimo spettacolo.
 

Sarebbe stato un primo atto degno del suo nome.

   
 
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