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Autore: Maqry    13/12/2020    2 recensioni
È al rientro per le vacanze di Natale che Luna Lovegood viene catturata dai Mangiamorte e portata prigioniera a Malfoy Manor, dove è tornato anche Draco.
Ed è proprio in quel periodo che l'Ordine della Fenice prende in considerazione la possibilità di trovare un informatore tra i Mangiamorte che collabori con loro.
E Draco si trova esattamente nel mezzo.
Un ultimo saluto lo raggiunse mentre si chiudeva alle spalle la porta delle segrete: “Buon Natale anche a te, Draco.”
Già, come se si potesse davvero pensare che quello fosse un Buon Natale.

[Draco/Luna] [what if? in cui Harry è morto durante la battaglia di Hogwarts]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Luna Lovegood, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice | Coppie: Charlie/Ninfadora, Draco/Luna, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da VII libro alternativo
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Due note veloci: questa storia non segue il canone di tutti gli avvenimenti del settimo libro di Harry Potter, andando a cambiarli e con essi il finale, dove abbiamo la vittoria di Voldemort e la morte di Harry. Come nella mia serie su questo finale alternativo, che vede l’Ordine della Fenice riorganizzarsi in una sorta di resistenza, anche qui ho immaginato uno scenario in cui la morte di Harry sia causata da Bellatrix, che a differenza di Voldemort non lo colpisce con la Bacchetta di Sambuco durante la Battaglia del due maggio. La storia, tuttavia, pur riprendendo dalla serie per praticità questa premessa e un personaggio originale membro dell’Ordine, non segue il “canone” stabilito là (ma chi seguisse la serie, comunque, può tenere conto che, esclusi alcuni dettagli e il destino di un personaggio, il resto della fic è comunque possibile leggerlo anche alla luce di “Cosa tiene accese le stelle”).
 
 
 
Canto di Natale di Draco Malfoy
 
 
 
 

A Mari e Music
 
 
 



{Vacanze di Natale 1997}
 


 

Shell Cottage, Cornovaglia

“Ci servirebbe un infiltrato tra i Mangiamorte, uno che prenda il posto che occupava Piton prima di tradirci,” insisté ancora una volta Bill Weasley, battendo l’indice sul vecchio tavolo a scandire le proprie parole.

“È fuori discussione,” replicò, ancora una volta, Remus Lupin dall’altra parte del tavolo, cercando lo sguardo del maggiore dei Weasley quasi in segno di sfida. “Fidarci di uno di loro ci ha portati alla morte di Silente, e non permetterò che nessuno dei nostri rischi la vita provando a inserirsi tra i loro ranghi.”
“Lascia decidere a noi cosa siamo disposti a rischiare!” si oppose Charlie Weasley, alzandosi con enfasi dalla sedia e facendola strisciare sul pavimento. Charlotte Sheridan, una dei nuovi membri dell’Ordine diplomatisi da appena un anno e seduta poco più in là, digrignò i denti per il fastidio provocato da quel suono e scosse la testa: come se fosse possibile per un Weasley passare inosservato. Sembrava che Charlie volesse impressionare qualcuno, rifletté la ragazza, forse proprio Tonks che stava fissando in quel momento con ardore, mentre la donna annuiva alle sue parole.
“Remus ha ragione, ragazzi, è troppo pericoloso,” si intromise Molly Weasley, poggiando solidale una mano sul braccio dell’uomo.
“Perché brancolare nel buio cosa è?” fece notare Tonks prendendo la parola. Charlotte non poté trattenere la curiosità di sbirciare la reazione di Charlie, i cui occhi parevano brillare mentre contemplava ammirato l’Auror. Contemplava… sì, Charlotte pensò che fosse la parola migliore per descrivere lo sguardo di Weasley Numero Due: le vecchie cotte erano dure a morire, a quanto pareva, anche se l’altra era ormai sposata.
“Non possiamo fidarci e nessuno di…”
“Hanno preso Luna Lovegood!”
La porta si spalancò, mentre Oliver Baston e Katie Bell, di rientro dal loro turno di ronda, riportavano la terribile notizia: “I Mangiamorte sono saliti sull’Espresso mentre rientrava a casa per le vacanze e l’hanno catturata, siamo riusciti a scoprire che è stata portata nelle segrete di Malfoy Manor.”
“Dobbiamo liberarla, è solo una ragazzina!”
“Non abbiamo abbastanza uomini per fare incursione dai Malfoy, non ora che il loro maniero è diventato il Quartier Generale di Voi-Sapete-Chi.”
Charlotte pensò che fosse proprio una coincidenza fortuita: ora sapeva dove provare a cercare il loro informatore. E come riuscire a liberare la Lovegood, se lo avessero avuto dalla loro parte. Nessuno dell’Ordine avrebbe mai approvato il suo piano, ma doveva agire in fretta se non voleva farsi sfuggire l’occasione: lo avrebbe comunicato a cose fatte al resto del gruppo, al momento le serviva solo sapere dove fosse la residenza dei Malfoy e come raggiungerla.
E sperare che anche da loro, a Natale, valesse la tradizione per cui si è tutti più buoni.
 
 
  *

Malfoy Manor, Wiltshire
 
“Dove la tenete prigioniera?”
Draco provò a raggiungere la bacchetta nella tasca dei raffinati pantaloni blu, ma l’ombra che poco prima gli era piombata alle spalle, puntandogli la bacchetta nella schiena e un coltellino alla giugulare, strinse la presa, qualche goccia di sangue che faceva capolino sulla lama argentea, e lo dissuase dal compiere qualsiasi altro movimento.
“Non riuscireste mai a liberarla, nemmeno se te lo dicessi,” sibilò allora, cercando di mantenere il controllo e suonare superiore e provocatorio, nel vano tentativo di nascondere il proprio terrore. L’ombra – una donna, a giudicare dalle piccole mani che stringevano il coltello – ripeté tacitamente la propria domanda, affondandogli la bacchetta tra le scapole e spingendolo con la faccia contro il muro dell’immensa recinzione del Manor.
 “Io… io non ti dirò niente, non mi spaventa chi è tanto vigliacco da attaccare alle spalle l’avversario.”
“Sii meno moralista, Malfoy, se c’è un vigliacco tra i due quello sei sicuramente tu. Ho un ricordo piuttosto nitido della tua persona trasfigurata in furetto da Moody per aver tentato di colpire Potter di schiena. E ora parliamo di cose importanti: la Lovegood.”
“Non riuscirete mai a…”
“Sì, ho capito, non sono sorda. Infatti noi non dobbiamo fare niente: sei tu che puoi salvarla. O vuoi rimanere per sempre il viscido, vigliacco mezzo1 Mangiamorte che ha quasi ucciso Silente?” lo provocò scandendo con una certa nota di beffa le parole.
Un brivido corse lungo la schiena di Draco, un misto di sentimenti contrastanti che lo rivoltarono da dentro: il bruciore del Marchio, il terrore dell’anno precedente, le punizioni inferte a suo padre per colpa sua, l’apprensione negli occhi di sua madre…
“Essere Mangiamorte è un onore, se non te ne fossi accorta, nella nuova società,” replicò, mettendo a tacere il silenzio assordante provato sulla Torre di Astronomia che a volte tornava a urlargli nelle orecchie. Essere Mangiamorte era davvero la scelta migliore, in quel nuovo mondo voluto dal Signore Oscuro, essere un Mangiamorte in vista ancora di più. 
“Anche catturare e uccidere innocenti è un onore? Luna è una tua compagna di scuola, davvero vorresti aiutare paparino e la zietta a torturarla?”
Le urla nella testa di Draco si fecero sempre più forti, mentre si ripeteva che i Lovegood erano traditori del loro sangue, feccia che seguiva e idolatrava Potter. Per questo avevano catturato la giovane Corvonero: per zittire il padre e i suoi articoli di supporto allo Sfregiato.
“Draco!” la voce acuta di sua zia Bellatrix rimbombò per l’intero giardino, mentre l’ombra si schiacciava sempre più contro il Serpeverde stringendolo nella sua morsa.
“Pensaci, Malfoy, puoi ancora salvarla. Tornerò a vedere se hai cambiato idea,” gli sussurrò all’orecchio, prima di Smaterializzarsi e lasciarlo solo con il collo leggermente ferito. Draco sollevò la sciarpa verde e argento e se la strinse meglio attorno al collo per nascondere il segno della lama.
“Arrivo, zia.”
 


  ***


 
{Natale 1997}
 
 

Malfoy Manor, Wiltshire
 
“Draco, scendi a portare il pranzo di Natale ai nostri ospiti,” ghignò con tono di scherno Lord Voldemort, facendogli levitare davanti agli occhi i vassoi per i prigionieri.
Non sono un elfo domestico, avrebbe voluto rispondere Draco, se solo non fosse stato troppo impegnato a soffocare il terrore che il Signore Oscuro scatenava in lui anche solo a sentirne il nome. Si alzò allora meccanicamente per far sollevare con un nervoso movimento della bacchetta i vassoi e farsi seguire fuori dal salone degli ospiti verso le scale che scendevano nelle segrete del maniero. Non aveva mai pensato, da piccolo, che ci fosse qualcosa di strano nell’avere delle celle sotto il pavimento, erano per lui solo una zona della casa in cui era proibito entrare. Ma ora l’idea di avere delle prigioni proprio sotto i piedi, per di più con prigionieri – alcuni rimasti soli pochi giorni prima di venire consegnati ad Azkaban e ai Dissennatori, altri molto di più tra grida e richieste di aiuto –, a volte gli rivoltava lo stomaco come un calzino, minacciando di fargli sputare bile e anima sui raffinati tappeti che un bisnonno aveva raccolto in anni di viaggi nel lontano Oriente.
Erano Sanguemarcio, per lo più, uomini di bassa leva, fuggiaschi e straccioni provenienti dai quattro angoli del Paese, e per Draco era giusto che non spartissero la sua stessa Magia, venissero ricacciati nel sudicio mondo babbano da cui provenivano, ma ucciderli e torturarli tra ogni tipo di tormenti… era un lavoro sporco, e lui non voleva ritrovarsi le mani davvero lorde di sangue, un giorno. Era già sufficiente svegliarsi nel pieno della notte, il pigiama di seta appiccicato al corpo sudato, l’immagine di Silente che precipitava dalla Torre e della sua bacchetta che scagliava l’anatema ancora impresse dietro le palpebre, incastrate nella piega tra incubo e realtà.
Arrivato davanti alla porta della cella occupata, socchiuse lo spioncino per far scivolare dentro le poche briciole avanzate dal loro sontuoso banchetto: sua madre aveva dato ordine agli elfi di famiglia perché preparassero un pranzo degno dei nuovi padroni del Mondo Magico.
“Oh, signor Ollivander, sentite che buon profumo!” esclamò sognante una voce di ragazzina al di là della porta sbarrata. Draco si chiese da dove potesse venirle, tutto quell’entusiasmo: erano gli avanzi scadenti della sera prima, freddi e senza condimento ad accompagnarli, e se mai avessero avuto un buon profumo, questo si perdeva sicuramente tra l’odore pungente dell’umidità e della paura che opprimevano le segrete.
“Magari ci sarà anche del pudding. Io adoro il pudding, e voi?” chiese ancora la ragazza, avvicinandosi allo spioncino per afferrare i vassoi che fluttuavano nella sua direzione e intercettando così lo sguardo di Draco al di là della grata. “Oh, tu sei il nostro Gnomo Natalizio2 venuto a portarci i doni, grazie!”
Draco si immobilizzò, abbassando subito lo sguardo per sfuggire agli enormi occhi limpidi della Lovegood che lo guardavano con una luce che gli pareva essere troppo simile alla gratitudine. E lo aveva ringraziato, per giunta: era prigioniera in casa sua e lo ringraziava per avergli portato del cibo, chiamandolo con sciocchi nomignoli. Draco non sapeva cosa fosse uno Gnomo Natalizio, e a dirla tutta nemmeno gli interessava saperlo – era sicuramente una di quelle folli idiozie in cui credevano la Corvonero e suo padre –, ma si sentì sporco, fuori e soprattutto dentro. Non si ringrazia il proprio aguzzino, che la prigione le avesse dato completamente alla testa? Doveva temerlo, implorarlo per essere liberata, non ringraziarlo per del misero cibo.
Il Serpeverde si ridestò dai propri pensieri e si voltò per tornare al più presto al piano superiore, ma la voce della ragazza lo raggiunse, facendolo nuovamente fermare con un sussulto: “Perché sei così triste? A te nessuno ha portato dei doni, oggi? Puoi dividere un po’ del nostro pudding, se vuoi.”
Draco strinse i pugni fino a far divenire bianche le nocche: non c’era nessun pudding in quei vassoi, solo delle fette di pane ormai raffermo bagnate con del latte, niente canditi, o cioccolato o rum per farcire. La ragazza doveva essere davvero tocca come si vociferava tra i corridoi di Hogwarts. E perché mai voleva condividerlo? Non era certo triste, lui: si era seduto a una tavola imbandita ore prima, sbocconcellando le raffinate pietanze tra unna risata rauca di Dolohov e un’adulazione di sua zia al Signore Oscuro, dormiva nel suo letto immacolato, nella sua stanza sotto il tetto di casa sua. Lui era quello fortunato, lei era quella che doveva essere spaventata, triste, abbattuta: tutto quell’entusiasmo per del pane raffermo lo irritava.
Riprese a camminare, iniziando a salire le scale. C’era anche altro che lo irritava: Luna Lovegood era una Purosangue, discendente di una famiglia Purosangue, figlia di maghi. E aveva solo sedici anni. Era una traditrice, certamente, ma il suo era sempre sangue magico che sarebbe stato versato, se l’avessero toccata, sangue più puro di quelle bestie che l’Oscuro Signore aveva arruolato nei suoi ranghi, di quello di tanti Mangiamorte seduti alla loro tavola, di quello dello stesso Lord Voldemort. E questa era una cosa che faticava ad accettare: i maghi come i Lovegood potevano essere messi al bando, ma sprecare il loro sangue così... non era quello in cui era stato educato a credere.
Un ultimo saluto lo raggiunse mentre si chiudeva alle spalle la porta delle segrete: “Buon Natale anche a te, Draco.”
Già, come se si potesse davvero pensare che quello fosse un Buon Natale.
Non aveva nemmeno ricevuto un regalo, quell’anno, pensò allora distrattamente: il mondo era stato rivoltato sotto sopra, da quando era salito al potere il Signore Oscuro, e la vita agiata e tranquilla che avevano condotto un tempo non era più stata garantita loro, nonostante la fedeltà e i prezzi pagati alla causa. Il mondo sotto Voldemort non era come gli era stato promesso.
 
 
 
***



{Vacanze di Pasqua 1998}
 

 
Rifugio dell’Ordine, Londra
 
“Harry, Ron e Hermione sono riusciti a fuggire da Malfoy Manor,” riportò Lupin, entrando trafelato nel cucinino storto del polveroso appartamento di Kingsley, trasformato in rifugio dopo la caduta del Ministero.
I presenti nella stanza rizzarono subito le orecchie, allontanandosi per un attimo dai fogli su cui erano piegati per preparare l’ultima trasmissione di Radio Potter che sarebbe dovuta andare in onda entro poche ore, l’elenco dei nuovi morti che faceva la sua solita e ormai quasi asettica comparsa tra gli appunti per l’intervista a Kingsley.
“Stanno tutti bene?” chiese subito Lee Jordan, togliendosi le cuffie collegate al vecchio apparecchio radio e posandole sul tavolo, mentre si sporgeva verso Lupin per sentire meglio, seduto sul bordo della sedia in precario equilibrio.
“Loro… sì, loro tre si stanno riprendendo. Hanno salvato anche Dean Thomas, Ollivander e Luna.”
“Voi-Sapete-Chi non ne sarà molto contento: Harry Potter era in mano ai suoi fedelissimi ed è riuscito a fargliela sotto il naso. Ma che ci facevano quei tre là?”
“Non possono dire nulla,” spiegò Lupin scuotendo il capo, rassegnato. Provare a capire in cosa si fossero cacciati i tre Grifondoro era impossibile, parevano fermamente decisi a non lasciar trapelare nemmeno mezza informazione sulla loro missione.
Charlotte Sheridan, sprofondata sul divano sformato poco più in là, sollevo irritata gli occhi al cielo. Tutti quei misteri la infastidivano enormemente: oltre a brancolare nel buio con i piani dei Mangiamorte, erano anche all’oscuro di quanto stessero facendo membri stessi della loro resistenza. Era come giocare una partita a moscacieca in cui le mosche erano loro – il ruolo che aveva sempre odiato anche quando si trattava solo di un gioco innocente tra bambini.
“Ci sono state, ehm, ripercussioni?” domandò incerto Dedalus Diggle dal suo sgabello in un angolino della stanza, il cappello a cilindro che sobbalzava per le gambe che continuava ad agitare freneticamente.
“Sì,” scandì lentamente Lupin, “Lucius e Narcissa Malfoy3 sono stati Cruciati e impiccati ai cancelli del Manor, sotto gli occhi del figlio.”
Charlotte non poté evitare di piegare le labbra in una smorfia a metà tra l’isterico e il compiaciuto: questa volta avrebbe portato a casa un informatore, ne era certa. Mesi prima l’avevano scoperta e le avevano impedito di continuare il proprio progetto, ma questa volta sarebbe stata attenta a sgattaiolare via dal controllo di Kingsley.
Se a Natale non erano più buoni, sperò che almeno a Pasqua i Malfoy fossero più propensi al tradimento: le macabre somiglianze con la vicenda di Giuda si sprecavano. Sperò solo che Malfoy fosse comprabile a un prezzo migliore: lei non possedeva trenta denari.

 
 

*

Malfoy Manor, Wiltshire

 
“Hai ripensato alla mia proposta?”
Anche questa volta, il primo istinto di Draco sentendosi braccato dall’ombra fu quello di raggiungere la bacchetta, ora sistemata più comodamente in un’apposita fondina sul fianco – proprio simile a quella che aveva avuto suo padre. Ma la sconosciuta lo immobilizzò nuovamente, pungolandolo sempre nella schiena con la bacchetta.
“Sprechi fiato inutilmente, ci ha già pensato San Potter a salvare la svitata. Arrivi tardi.”
Charlotte pensò che ci fosse troppo autocontrollo in quella voce per poter suonare sincero, ma non si stava nemmeno sprecando troppo per celare altro: era solo svuotato, la voce incolore e rivoli freddi che gli colavano lungo la schiena. Aveva paura, eppure era come se, tutto sommato, in fin dei conti non lo toccasse più di tanto. Era una paura come un’altra, dentro o fuori le mura di casa, in un mondo che si era rivelato solo guerra e in cui ora gli pareva difficile capire da che parte schierarsi per restare vivo.
“Arrivo giusto in tempo, invece. Puoi vendicarli, se ti unisci a noi e tradisci Tu-Sai-Chi: la mia proposta era per essere nostro informatore.”
“Io… cos...”
Questa volta il panico era chiaramente udibile, invece, la voce che tremava e veniva meno, perdendosi nella gola secca. Dalla sua posizione, Charlotte non poteva vederlo in faccia, ma non le serviva per immaginarsi gli occhi spalancati di Malfoy, il colorito terreo e le occhiaie sempre più marcate.
“Non ho troppo tempo da perdere, Malfoy, quindi vedi di darmi una risposta in fretta: vuoi vendicarti di quelli che hanno ucciso i tuoi genitori o preferisci seguirli al più presto?”
La bacchetta scivolò in un sinistro avvertimento sulle scapole di Draco, che deglutì a fatica cercando la voce per rispondere, in un vano tentativo di riscatto: “È una minaccia, questa? Vi credete tanto i buoni, voi amichetti di Potter, ma alla fine non siete tanto diversi… Sempre che tu abbia il coraggio di uccidermi, certo.”
“Non parlavo di noi, amadán4, ma dei tuoi amichetti,” specificò laconica Charlotte, roteando gli occhi e serrando di più la stretta sulle braccia del ragazzo. “Prima o poi ti manderanno a seguire mammina e papino, stanne certo.”
Un fremito, questa volta di rabbia, attraversò il corpo del Serpeverde, facendo quasi perdere a Charlotte la presa. Non le era difficile immaginare che parlare di suo padre e sua madre, soprattutto in quel modo, fosse per lui una ferita ancora troppo fresca – o meglio, una ferita che non si sarebbe mai rimarginata –, ma aveva poco tempo per convincerlo a passare dalla propria parte. Non sapeva se avesse mai parlato con qualcuno dei suoi tentativi di assoldarlo per conto dell’Ordine, ma sperava ci fosse ora più che mai una speranza per realizzare il suo piano.
“Se collaborerò con voi, poco ma sicuro.”
“Noi verremmo a salvarti, Malfoy, se ti trovassi in una situazione simile, o almeno ci tenteremmo. Quanti dei grandi amici di tuo padre sono invece accorsi in suo aiuto, quando implorava che lo risparmiassero? E tua zia ha alzato un dito per salvare la sua amata sorellina?”
Un respiro più affannoso degli altri le fece comprendere che era sulla strada gusta.
“Questo non me lo garantisce nessuno.”
“Beh, meglio un dubbio che la certezza che verrai lasciato a morire come un cane, no? Noi i nemici che catturiamo li uccidiamo subito, comunque, nessuno ti torturerebbe mai se dovessi cadere nostro prigioniero. Nemmeno se dovessi tradirci, a meno che mi incarichino della punizione.”
“E San Potter che ne pensa di questa tua intraprendenza?”
Charlotte sbuffò irritata: detestava quei falsi tentativi di apparire spocchioso e arrogante quando se la stava letteralmente facendo sotto.
“Siamo l’Ordine della Fenice, Malfoy, al massimo l’Esercito di Silente, nessuno di noi fa parte dell’Esercito di Potter: quello che pensa il ragazzo conta fino a un certo punto, almeno per me. Ora, smettila di divagare con chiacchiere inutili e ascoltami bene: quei fottuti bastardi hanno ucciso i tuoi genitori, vuoi davvero che restino impuniti con te che lecchi loro i piedi per tirare avanti? Sapevo che eri opportunista, ma non credevo fino a questo punto.”
Lasciò andare appena la presa che immobilizzava le braccia del ragazzo dietro la schiena, tenendo sempre la bacchetta ben puntata contro la scapola, proprio dietro al cuore.
“Sei stato un vigliacco per tutta la vita, ma spero che almeno per loro saprai fare un’eccezione: guardati bene attorno, non sarai mai un vero Mangiamorte per gli altri, solo un ragazzetto che non ha avuto il fegato di uccidere un vecchio. Tornerò tra una settimana, tu pensaci. Ah, e fossi in te non ne parlerei con zietta: non credo sarebbe contenta di sapere che ti sei fatto immobilizzare e sorprendere da uno dell’Ordine per ben due volte. Metti caso io sia una Nata Babbana, poi!”
Charlotte praticò su di sé l’incanto di Disillusione, mentre scioglieva la presa ferrea dai polsi di Malfoy e si allontanava per trovare un’area adatta alla Smaterializzazione.
“Lei sta bene?” chiese Draco in un soffio, mentre si girava massaggiandosi i polsi, il volto incavato e gli occhi carichi di terrore che si agitavano alla ricerca della sua assalitrice.
“Sì, ti manda i suoi saluti,” rispose Charlotte, scomparendo nei boschi e lasciando Draco allucinato guardarsi intorno alla ricerca della direzione da cui proveniva la voce.
 
 
 
 
  ***


{Natale 1998}
 

 
La Tana, Devon
 
“Ripetimi perché mi sono fatto trascinare in questo ritrovo di babbanofili, Longbottom.”
“Perché ormai sei un babbanofilo anche tu, Malfoy,” sorrise irriverente Neville dando un’allegra pacca sulla spalla a Draco e guadagnandosi una penetrante occhiata in tralice per l’appellativo e l’aver rischiato di sgualcire la piega perfetta con cui la camicia ricadeva sulle spalle ossute del ragazzo.
“Questa è seta di gelso5, Logbottom, più costosa di tutti i vestiti che hai mai posseduto da quando sei nato messi insieme. Se solo osi sfiorarla ti faccio tagliare quelle manacce da giardiniere che ti ritrovi da Macnair, la prossima volta che lo incrociamo in una missione. E non osare più dire cose simili, o ti faccio tagliare anche la lingua.”
“Come siamo irritabili. È Natale, su con la vita, Malfoy!”
“Siamo nel mezzo di una guerra, Longbottom,” puntualizzò piccato Draco, guardandosi bene attorno e distribuendo generose occhiate torve di disappunto ai vari membri dell’Ordine stipati nel salotto di casa Weasley, la metà sfatti per le notti insonni di ronda e alcuni anche alticci. E tutti, orribilmente, vestiti con abiti di tutti i giorni per un cenone di Natale. Roba da far venire la pelle d’oca, pensò Draco, cercando di concentrarsi su quel dettaglio per non pensare al resto, alla guerra che infuriava fuori dalle finestre con le tendine sfilacciate di trina.
“Appunto per questo, per una sera, potresti provare a toglierti quell’aria da Kneazle bastonato e unirti ai brindisi e ai canti natalizi.”
“Un Malfoy non canta,” lo rimbeccò ancora Draco, guardando al gruppo di maghi al centro della stanza, seduti su sedie, divani e mezzi di fortuna e intenti a sciorinare più carole possibili in una notte sola. A vivere per una notte sola.
Non che lo avrebbero accolto con calore, se avesse avuto l’intenzione di unirsi a loro, rifletté. Nonostante fossero una decina di mesi che collaborava con loro, erano ancora tutti sospettosi nei suoi confronti, guardandolo spesso come se fosse stato sterco di drago. Non Longbottom sussurrò una vocina nella sua testa. Non Longbottom si ritrovò a constatare Draco, sbirciando di sottecchi… il compagno? Definirlo amico gli pareva troppo; sì, compagno sarebbe potuto andare bene per descrivere quello strano legame che avevano creato: condividevano la stanza in un rifugio dell’Ordine nello Yorkshire, condividevano i turni e le missioni, una volta avevano anche dovuto condividere i vestiti, con sommo ribrezzo di Draco – vestiti indossati da un altro, di cotone poco lavorato e non stirati con precisione?
“Ben trovato, Malfoy,” sorrise Charlotte Sheridan dandogli a sua volta un colpetto sulle spalle con la sua proverbiale delicatezza e facendolo sobbalzare: gli era rimasto un certo terrore dai loro precedenti incontri ogni volta che lo sorprendeva alle spalle. La ragazza indossava un orribile maglione di lana troppo grande per la sua figurina e reggeva in mano non un bicchiere, ma addirittura una bottiglia di quello che sembrava Whisky Incendiario. Draco estese il suo sguardo aristocraticamente disgustato anche a quell’immagine: nessuno aveva insegnato a quegli zotici a bere dagli appositi bicchieri? Grugnì un saluto in risposta, mentre la ragazza senza prestargli troppe attenzioni si dirigeva verso il centro della stanza per raggiungere i propri amici. Nei mesi a fare da spia per l’Ordine, Charlotte era sempre stata il suo contatto, sia prima che dopo la Battaglia di Hogwarts e la morte di Potter, ma non l’aveva mai vista sorridere – probabilmente era tutta opera dell’alcool. Era sempre stata burbera e scontrosa, con lui, ma doveva ammettere di doverle la vita: quando i Mangiamorte avevano scoperto il suo doppio gioco qualche mese prima, aveva davvero tenuto fede alla parola datagli ed era arrivata a salvarlo, rischiando di rimetterci a propria volta l’osso del collo.
“Cosa c’è di tanto divertente?” domandò Draco stizzito rivolgendosi a Neville, che era scoppiato a ridere.
“Niente, stavo solo pensando alla tua pregiata seta di gelso stropicciata dalla delicatezza della Sheridan. Lei non l’hai minacciata con MacNair.”
“Sarebbe stato fiato sprecato, sarà sicuramente brilla.”
“Oh, lo dubito fortemente: credo che regga l’alcool meglio di me e te messi insieme. Mia nonna dice sempre che gli irlandesi hanno il whiskey nelle vene, invece che il sangue.”
“E da quando tua nonna ha in tasca la verità del mondo, Longbottom?” ribatté annoiato Draco, facendo correre lo sguardo sui membri dell’Ordine alla ricerca di una chioma dorata. “Lun… ehm, la Lovegood,” tossicchiò con studiato disinteresse, “non è ancora arrivata?”
Neville lo guardò con un sorrisetto malizioso, che Draco si premurò subito di spegnere: “Dovrei parlarle di certi ingredienti che mi servono per una pozione e…”
“Ah sì, ma davvero? Ed è così urgente, questa pozione, per doverne parlare proprio a Natale? Io non mi ricordo di nuove pozioni che tu dovre…”
“Taci, Longbottom,” lo zittì prontamente Draco con stizza, le orecchie leggermente imporporate. “Se poi muori in missione perché non ho preparato un antidoto sono affari tuoi, io non verrò certo a piangere sulla tua tomba.”
“Molto cortese da parte tua, Draco. E comunque, la Lovegood che ti serve solo per una pozione sta vendendo proprio verso di noi.”
Le orecchie di Draco arrossirono ancora di più mentre rivolgeva lo sguardo nella stessa direzione di quello di Neville. Le orecchie in fiamme erano tutta colpa del caldo soffocante della stanza, si convinse, mentre uno strano senso di colpa misto a sollievo e inadeguatezza gli stritolava lo stomaco alla vista della Corvonero che saltellava verso di loro, agghindata come l’albero al centro del salotto e con al seguito due scatole incartate alla bell’e meglio con carta di giornale ricoperta da scarabocchi colorati. Era sempre così ogni volta che la incrociava, anche per sbaglio e anche da lontano, la mente che subito correva ai terribili mesi di prigionia che la ragazza aveva trascorso rinchiusa in casa sua. Eppure, una parte di lui che non aveva mai conosciuto prima di allora, ogni volta si smuoveva come spinta dal volerla proteggere, interessarsi a lei per assicurarsi che, almeno ora, stesse bene. Per quanto si potesse dire di stare bene in guerra. Un’altra vocina nella sua testa, però, gli sussurrava sempre che fosse il contrario, che fosse lei ad assicurarsi che lui stesse bene e ad averlo iniziato a cambiare, un granello alla volta, cellula dopo cellula, e ancora continuasse a farlo. Come, Draco non lo sapeva.
“Neville, Draco,” li chiamò la giovane raggiante. “Tantissimi auguri di buon Natale, ragazzi!”
Draco borbottò qualcosa imbarazzato, mentre una delle due scatole gli veniva posta tra le mani e Neville stringeva in un caloroso abbraccio Luna per ringraziarla. Qualcosa si aggiunse alla morsa che gli contorceva lo stomaco: fastidio? Gelosia? Draco scacciò subito quel pensiero concentrandosi sulla bizzarra carta regalo, dove pupazzi di neve, gnomi, draghi e stelle coprivano le testate della Gazzetta del Profeta.
“L’ho decorata io, ti piace?” gli chiese Luna distogliendolo dai suoi pensieri. “Non potevamo permetterci della vera carta da regalo per incartare i doni, così ho pensato di crearla: il Profeta non manca mai in giro, e costa molto poco. Ma cosa aspetti, su, apri il tuo!”
Draco la guardò imbambolato, spostando lo sguardo confuso dalla ragazza al pacco più volte. Neville, al suo fianco, riprese a ridacchiare sotto i baffi e per farlo tacere Draco cercò di ricomporsi, scartando il regalo con tutta la buona educazione insegnatagli da sua madre.
“Io, ehm, è molto bello… credo. Grazie, Lovegood,” tentennò il Serpeverde rigirandosi tra le mani il maglione di lana contenuto nella scatola, su cui spiccava un’immensa D ricamata sul petto. Lana, lui odiava la lana, era così scomoda da portare, pizzicava collo e braccia. Ma piegò le labbra in un piccolo sorriso per compiacere Luna che lo squadrava trepidante con quei suoi profondi occhi grigi – forse un po’ troppo sporgenti ma affascinanti, per Draco – in attesa della sua reazione.
“Lo ha fatto a mano Molly, uno per ogni membro dell’Ordine, ma a te non piace tanto, vero?” domandò infatti lei con un sorriso dolce.
Draco avvampò, preso in contropiede, e cercò in qualche modo di tirarsi fuori dall’impiccio: “Io, no, è molto bello, io… ecco…”
“Allora mettitelo, Malfoy!” esclamò uno dei gemelli Weasley passando di lì in quel momento con un ghigno malandrino sul volto e il suo maglione addosso. Il Grifondoro mosse la bacchetta e con un incantesimo non verbale Draco si ritrovò infilato nel maglione che sì, non gli pizzicava la pelle, protetta dalla camicia di seta, ma che gli avrebbe lasciato peletti rossi e verdi sulla suddetta bianchissima camicia elegante. Draco fece per aprire in risposta la bocca, pronto a lanciare a sua volta qualche incantesimo e molti improperi, ma il sorriso sul volto di Luna che lo guardava – ammirava? – mentre arrossiva sempre più, infagottato in quel maglione di pessima fattura, lo fece desistere da ogni tentativo di vendetta ai danni di Weasley e grattarsi imbarazzato la testa.
Gli occhi di Luna, a quel punto, saettarono poco sopra il suo capo, aprendosi per la sorpresa.
“Oh, no, Draco! Sei finito sotto un rametto di vischio, ora sarai tutto pieno di Nargilli! Dobbiamo assolutamente fare qualcosa per scacciarli.”
Il giovane rivolse un’occhiata assassina a Neville e arrossì, se possibile, ancora di più, balbettando frasi sconnesse al pensiero di cosa significasse il vischio per chiunque sano di mente, e terrorizzato da questi Nargi-qualcosa. Luna prese ad armeggiargli intorno, mettendogli al collo un’orrenda collana di tappi di bottiglia e dandogli da tenere in mano dei vecchi bottoni mezzi rotti.
“Gira su te stesso per tre volte, ora,” gli ordinò la ragazza, continuando a scrutare sopra la sua testa e con un tono fermo che fece muovere istintivamente i piedi di Draco, restii a disubbidire alla sua voce. Si sentiva un emerito cretino a girare così agghindato sotto gli occhi di mezzo Ordine che avrebbe potuto prenderlo in giro per tutti i mesi a venire, ma non riusciva nemmeno a dire di no a quella ragazzina strampalata, mannaggia a lui e a quello che gli stava succedendo a frequentare quella banda di spostati.
“Ecco, bravo,” lo fermò Luna, prendendolo per i gomiti e alzandosi sulle punte dei piedi per verificare più da vicino che nessun Nargillo fosse rimasto impigliato nei capelli del giovane. “Ce n’è ancora uno, dovremo allontanarlo con il vecchio metodo babbano,” gli spiegò seria, annuendo convinta delle proprie parole.
Draco tremò – non sapeva se di imbarazzo, terrore o aspettativa –, maledicendo in ogni lingua a lui conosciuta i babbani e i loro metodi per scacciare i Nargi-cosi. Sperò che fosse un metodo diverso da quello dei maghi con il vischio, perché altrimenti tanto valeva che andasse a sotterrarsi da solo nel giardino incolto dei Weasley.
Luna, però, non doveva essere della sua stessa idea, perché sollevandosi di più sulle punte lo baciò leggera sulla guancia, mentre lo stomaco di Draco faceva una tripla capriola, liberandosi dal nodo che lo aveva stritolato fino a quel momento. Ebbe appena il tempo di registrare il delicato tocco delle sue labbra screpolate, prima che la Corvonero tornasse a terra e con un sorriso saltellasse via, andando a distribuire regali a tutti gli altri.
Rimase impietrito sul posto, gli occhi vacui e spalancati che fissavano dritto davanti a sé, ignorando per qualche attimo ancora il ghigno di Neville poco più in là. Avrebbe pensato più tardi a lui e tutti gli altri, ora aveva in testa altro.
 
 
 
 
 
 




 

Note alla storia: questa storia partecipa all’iniziativa “Una storia tutta per te” del gruppo fb Caffè e calderotti, in particolare vuole essere un piccolo regalo per Mari Lace e MusicDanceRomance che mi hanno fatto scoprire e imparare ad apprezzare – almeno nelle loro storie, che vi consiglio di cuore – la coppia formata da Draco e Luna (due, tra l’altro, dei personaggi che meno considero nel fandom). Ragazze, spero che questo piccolo pensierino vi sia piaciuto, mi rendo conto che voi ne sapete scrivere mille volte meglio, con caratterizzazioni sempre riuscitissime (io, per tirarmi fuori d’impiccio, ho messo OOC e what if? a gogo perché temo di aver fatto un pastrocchio e metto le mani avanti), e che a confronto la mia storia è ben poca cosa. Non è felice e spensierata come avrei desiderato riuscire a scriverla, ma come credo sappiate il fluff non è proprio nelle mie corde. Vi ringrazio per scrivere storie tanto belle e vi auguro un sereno Natale, nonostante i tempi.
La fic, inoltre, partecipa anche alla “Sfida di scrittura”, sempre indetta su Caffè e calderotti, dove Mari mi aveva sfidata a scrivere una Druna. Spero non ti spiaccia se ho unito le due cose.
Infine ringrazio tutti voi che avete letto pazientemente fin qui, spero che la storia possa essere stata di vostro gradimento. Un abbraccio e buone feste!



[1] Mezzo perché solo un ragazzo, mi immagino gli altri fedelissimi, Mangiamorte da anni, guardarlo con superiorità.
[2] L’ho pensato come un’altra delle “invenzioni” dei Lovegood, la loro versione magica di Babbo Natale.
[3] Non so quanto questo possa essere coerente: pensando a questo dettaglio, nella mia serie l’unico a morire è Lucius perché ho sempre pensato che, a meno di tradimenti da parte sua, Bellatrix avrebbe protetto Narcissa. Qui per alcune esigenze pratiche ho scelto di sacrificare anche lei, spero mi si perdoni questa licenza in caso non perfettamente compatibile con Bellatrix.
[4] Gaelico irlandese: idiota.
[5] A quanto ho scoperto dalle mie ricerche sarebbe uno dei tipi più costosi di seta, spero proprio si usi anche per le camicie dei maghi.

   
 
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