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Autore: storiedellasera    14/12/2020    1 recensioni
Alcuni desideri sono fatti per cercare la felicità. Altri desideri invece sono espressi per infliggere sofferenze.
Lo sanno bene Milla e Kyleen, proprietarie di una locanda molto particolare.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Un desiderio impossibile



Il carro di Flio sussultò violentemente.
La mezza fata non si fermò. Si limitò solo a tirare le redini, ordinando ai suoi cervi silvani di rallentare. Si trovava su un sentiero breccioso disseminato di buche e altri ostacoli.
Un altro sussulto del carro fece svegliare Milla. Si era appisolata sul retro del mezzo. Aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu un limpido cielo azzurro.
“Ben alzata!” Esclamò la mezza fata con voce squillante. Era sempre di buon umore durante le giornate calde e soleggiate. Milla, assonnata, rispose con un mugugno per poi sedersi al suo fianco.
Aveva ancora gli occhi socchiusi, le spalle curve in avanti e i capelli arruffati. Diversi ciuffi d’erba facevano capolino dalla sua rossa chioma.
Flio la trovò buffa ma si trattenne dal ridacchiare, “ti sei riposata?” Chiese.
Milla alzò le spalle: “stavo ripensando al passato.”
“A cosa di preciso?”
“Sai… ecco …al mio primo incontro con Kyleen, la prima volta che ti ho vista e tutti gli anni in cui abbiamo vissuto insieme nella locanda.”
Flio, questa volta, si limitò ad annuire.

Era mezzogiorno e le due ragazze stavano percorrendo un sentiero nel bel mezzo di un’incantevole prateria. Di tanto in tanto si poteva vedere qualche albero all’orizzonte.
Faceva molto caldo e il canto delle cicale era assordante.
Sciami di moscerini creavano vari nuvolette scure e tremolanti su rigogliosi cespugli. Api, calabroni e farfalle danzavano su una moltitudine di fiori sparsi un po’ ovunque. L’ennesima buca sul sentiero fece sussultare di nuovo il carro. Milla si guardò attorno: alle sue spalle si trovava l’oscura Vecchia foresta. E ancora più in là svettava la montagna in cui si ergeva la locanda dei desideri.
“Dove siamo?” Chiese la strega.
“Siamo quasi arrivati alla porta occidentale della capitale.”
Milla annuì. Con fare annoiato incrociò le braccia sul bordo del carro. Mentre la prateria scorreva di fronte a se, la strega non poté fare a meno di pensare agli ultimi eventi che avevano sconvolto la sua vita… come l’arrivo di Anders nella locanda. Quel giovane, piccolo Anders che voleva solo studiare la magia ma il suo desiderio lo aveva maledetto e trasformato in un uccellino.
Milla pensò poi a Kyleen. Lei era fuggita dalla locanda, sparendo nel nulla, dopo aver scoperto il segreto custodito sotto le fondamenta del locale.
La strega voleva cercarla. Ma il re aveva richiesto la sua presenza a corte… e nessuno può disobbedire a un ordine del re.



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Nella capitale del regno ancora si festeggiava la nascita dell’erede al trono.
Le locande e i bordelli erano pieni di clienti. I mercati non erano mai stati così affollati. Una moltitudine di persone, venute da diverse parti del mondo, passeggiava tra le strade arroventate dal sole. Le campane suonavano a festa e nelle piazze si esibivano giocolieri, bardi e giullari.
Degli squilli di trombe attirarono l’attenzione di Milla.
La strega non stava prestando molta attenzione a tutto ciò che la circondava. Preferiva restare sul carro, vicino a Flio, immersa nei suoi pensieri.
“Cosa succede laggiù?” Chiese alla sua compagna, riferendosi agli squilli di trombe.
Flio rispose: “stanno annunciando l’imminente inizio di un torneo d’arme.”
“Di che genere?”
“Oh… il torneo d’arme reale. Sai di cosa si tratta?”
Milla scosse la testa.
Flio stirò un sorriso: “sono tanti cavalieri in un’unica arena. Tutti contro tutti.”
“Sembra brutale.”
“Lo è… lo è davvero. L’ultima volta sono morti tre lord e altri quindici sono rimasti feriti gravemente. Intendo ossa rotte, mani mozzate, occhi cavati via…”
“Per carità, Flio, basta così.”
“E’ un torneo molto atteso dal popolo.”
“Capisco la ragione.”
“Vorresti assistere, Milla?”
“Ti ringrazio, Flio, ma ultimamente ho già visto troppo sangue. Inoltre so già chi vincerà”
“Tu dici?”
“Si. L’alfiere del re sarà il vincitore.”
Flio si voltò di scatto verso Milla: “intendi sir Yarnan?”
“Esatto.”
“Ma lui non è in città.”
All’udire quelle parole, Milla sembrò destarsi del tutto.
Fissò sbalordita Flio e quest’ultima continuò: “lo so, sembra assurdo. Ma il campione della capitale non prenderà parte al torneo. E’ un peccato non vederlo combattere: gli uomini lo ammirano, i nemici lo temono e le donne sospirano il suo nome.” E con fare sognante, Flio appoggiò la testa sulla spalla di Milla.
La strega sollevò un sopracciglio: “non dirmi che ti piace sir Yarnan?”
“E’ un giovane e affascinante cavaliere dall’armatura scintillante. Secondo te?”
Milla alzò le spalle: “e come mai il re si priva del suo campione?”
“Non saprei dirti. Lo ha inviato da qualche parte con un manipolo di soldati.”
“E’ accaduto qualcosa di grave?”
Flio scosse il capo: “il re ha lo ha riferito solo ai suoi più fidati consiglieri.”

Mentre finivano di parlare, un’ombra discese sul carro e sulle due ragazze. L’ombra del castello.
Era un’imponente e antica struttura. Fu creata con pietre scure estratte dalla profondità della terra. Milla alzò lo sguardo per osservare l’edificio, così maestoso da suscitare una certa inquietudine nel suo cuore.
Il nero castello era protetto da un ampio fossato, solide mura e varie torrette difensive.
Il ponte levatoio era già abbassato. Flio e Milla lo oltrepassarono. Superarono poi il massiccio corpo di guardia e infine raggiunsero le stalle reali.
Fu lì che smontarono dal carro. Alcuni fanti si avvicinarono in quel momento alle due ragazze, ma Flio disse loro che era una maga del circolo e nessuno le diede più fastidio.
Milla intanto non la smetteva di fissare le alti torri del castello. Erano numerosissime, alte e minacciose. Alcuni stendardi, rossi come il sangue, sventolavano dalle mura interne della struttura.
La strega, in quel momento, rabbrividì. Si sentì indifesa, come una lepre di fronte a un lupo.
Pensò di esser impazzita poiché era proprio il cupo aspetto del castello a farla sentire così irrequieta.
“Vieni” le disse Flio toccandole un braccio.
Milla sembrò rinsavire. In silenzio, seguì la maga all’interno del castello.


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La sale del palazzo reale erano immense.
I pavimenti, di pregiato marmo, erano decorati con bizzarre trame di rombi e linee curve.
Le titaniche colonne di granito che sorreggevano l’alto soffitto erano rivestite con del bronzo. Sul quel metallo erano raffigurate, in rilievo, immagini di draghi o di eroi dei tempi antichi: alti e forti guerrieri dalla pesante armatura e lo sguardo rivolto verso il vuoto.
Milla rimase sbalordita dalle dimensioni di quelle sale. Ai suoi occhi apparivano solenni come la navata di una cattedrale… ma anche oscure poiché le finestre erano troppo poche poste troppo in alto. I grandi bracieri, issati dal suolo grazie a possenti catene nere, non erano in grado di illuminare la vastità di quelle stanze.
Di tanto in tanto, Milla rallentava il passo. Si guardava attorno e si soffermava di fronte ad alcune statue o altri elementi disseminati ovunque.
Il suono dei suoi passi riecheggiava per le sale e i corridoi del castello. Tale suono la faceva sentire tremendamente piccola e sperduta… sperduta in un mondo che non le apparteneva.
“Non eri mai entrata in questo castello?” Domandò Flio, sorridendo.
“Non ero mai stata in nessun castello” rispose Milla.
“E cosa pensi di tutto questo sfarzo?”
Milla ragionò un po’ prima di dare la sua risposta: “inizio a credere che il mondo sia pieno di meraviglie… forse ancora più sbalorditive delle cose che si trovano in questo posto. Meraviglie che vorrei tanto vedere.”
Flio stirò ancora di più il suo sorriso: “eccolo qui.”
“Cosa?”
“Il tuo retaggio. Le donne del deserto del sud amano viaggiare, scoprire nuovi territori, avventurarsi in terre sconosciute.”
“In effetti hai ragione.”

Flio condusse Milla verso una scala tortuosa fatta di solida roccia.
Si trattava di un luogo claustrofobico, umile e polveroso. Salirono per molti gradini prima di raggiungere una porticina di legno rinforzata con borchie metalliche.
Da una tasca, Flio estrasse una pesante chiave, aprì la porta ed entrò. Milla la seguì.
Si ritrovarono in una piccola stanzina circolare, illuminata dalla luce che penetrava da un’ampia finestra. In quella camera si trovava un vecchio letto, un tavolo di legno disseminato di pergamene, un divisorio, alcuni armadi rovinati e delle mensole piene di libri.
“Benvenuta nella mia stanza” disse Flio.
“Tu… tu vivi qui?” Chiese Milla, sorpresa.
La maga annuì. Si diresse poi verso i suoi armadi e scelte un vestito bianco e nero: “tieni, ti starà benissimo.”
“Cosa?” Milla parve confusa.
“Devi incontrare il re. Non puoi farlo conciata in quel modo.”  

La strega sospirò.
Guardò i suoi abiti: erano logori, pieni di strappi, sporchi di terra e polvere. Decise così di cambiarsi. In seguito si sedette sul letto.
Flio si accomodò dietro di lei e iniziò a spazzolarle i capelli, poiché erano pieni di nodi.
“Non capisco il motivo di tutte queste cerimonie…” disse poco dopo Milla “…se il re vuole vedermi, perché farlo attendere?!”
Flio rispose: “perché in questo momento sei impresentabile. E mostrarsi a un lord nelle tue condizioni equivale a offenderlo.”
Milla annuì. Alzò poi lo sguardo verso le pergamene sul tavolo e lesse alcune rune vergate su quelle pagine: “cosa sono?” Chiese indicandole.
“Alcuni dei miei studi…” disse Flio “…sto studiando per conto mio degli incantesimi molto complicati. La mia comunione con la natura diventa sempre più potente. Pensa che sono quasi riuscita a parlare con gli animali.”
Milla ridacchiò: “frottole! Vuoi solo farmi morire di invidia. Sono secoli che non si vede una magia così potente.”
Flio, amichevolmente, le diede una pacca sulla spalla: “non ho motivo di mentirti, ma solo felice di sapere che provi invidia.”
Risero entrambe. E provarono un senso di pace che mancava da diverso tempo nelle loro vite. Per un po’ non parlarono, si limitarono ad assaporare quel momento.

“Ahi!” Esclamò improvvisamente Milla. Allungò una mano sulla sua testa.
“Scusa” Flio aveva trovato un nodo particolarmente ostinato tra i suoi capelli e aveva tirato il pettine con troppa forza.
La maga tornò a sorridere, ma questa volta il suo sorriso aveva il sapore della nostalgia: “Milla, siamo mai state così?”
“Cosa intendi, Flio?”
“Così vicine. Quando vivevamo nella taverna… ecco …non abbiamo mai legato. Dovevamo essere come sorelle e invece ci comportavamo come delle perfette sconosciute. E con il passar del tempo ci siamo allontanate sempre di più.”
Milla prese un gran respiro: “c’è stato un tempo, Flio, in cui ho provato persino odio nei tuoi confronti. Cieco e furente odio. Ti ritenevo in parte responsabile della morte di Zeela e Valden. Voglio dire… eri molto vicina al signore dei maghi, colui che ha pianificato l’attentato alla locanda, e non ti eri accorta di nulla.”
La strega sentì un groppo in gola. Si guardò attorno alla ricerca di una qualsiasi distrazione. Non voleva piangere o parlare con voce tremolante.
Riuscì rapidamente a calmarsi e tornò a parlare: “ma questa mattina, mentre eravamo in viaggio, ho avuto il tempo di ripensare al nostro passato. E allora mi sono detta: Flio era solo una ragazzina, come poteva accorgersi degli intenti del signore dei maghi?”
Per molto tempo le due ragazze rimasero in silenzio.
Milla anelava una risposta da parte di Flio. Tendeva le orecchie alle sue  spalle ma udiva solo il fruscio del pettine tra i suoi capelli di fuoco.
Finalmente la maga prese parola: “io invece mi ritengo responsabile di ciò che è accaduto. Di notte non riesco a dormire. Ripenso a quei giorni… quando ero vicina al signore dei maghi, mentre lui pianificava la strage nella taverna. Penso e ripenso di continuo a ogni momento passato con lui. E mi chiedo se potevo percepire i suoi intenti attraverso un suo sguardo, un movimento delle sue mani, un tremolio nei suoi occhi. Mi sarei accontentata di un sussurro appena accennato.
Ma nulla. Non mi sono accorta di nulla.  E la mia distrazione è stata la rovina delle nostre vite.”  
Flio mise via il pettine: “ho finito.”
Milla si voltò verso di lei: “torna a vivere nella taverna.”
“Cosa?”
“Tu non hai alcuna colpa. Torna a vivere con me e Kyleen. Hai detto che vuoi essere mia sorella.”
Ma Flio scosse il capo: “ormai questa è casa mia. Ora dobbiamo andare, sei pronta per incontrare il re.”


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Il sovrano del regno rispondeva al nome di Alsen III Wyorr.
Era giovane e non troppo alto… ma il suo carattere lo faceva apparire come un gigante.
Aveva capelli corvini, corti e ricci. Portava un pizzetto nero e sempre curato. I suoi occhi nocciola erano penetranti e alcuni uomini li definivano addirittura innaturali. C’è chi diceva che il re possedeva gli occhi di un lupo, sempre fissi su un punto senza mai sbattere le palpebre.

Milla e Flio lo raggiunsero in una grande stanza dall’aspetto bizzarro.
Aveva la forma di una punta di lancia. Pareti, soffitto e pavimento erano rivestiti d’ebano e di pietre nere. Era inoltre ben illuminata da un gran numero di finestre, ampie e senza imposte. Un gran numero di oggetti arredavano gli interni: armature, stature, bracieri, arazzi e tappeti, armi e corna di cervo appesi sulle pareti. Un modellino del continente era stato finemente scolpito su un tronco di un castagno e posto in un angolo. E poi piedistalli e mobili vari erano colmi di pergamene ma anche di calici e otri intarsiate con gemme splendenti.
Un lungo tavolo, scuro come la notte, si trovava al centro della sala. Era imbandito con frutta, formaggio, vino e idromele.
Lì, re Alsen e alcuni consiglieri, stavano discutendo animosamente. Milla non capì di cosa stessero parlando quegli uomini. Il sovrano si accorse immediatamente della sua presenza.
Alzò lo sguardo verso di lei e iniziò a fissarla intensamente. Milla provò un certo disagio ma gli occhi del re non conoscevano alcuna discrezione.
Lui vestiva abiti scuri, di certo lussuosi ma non regali. Poteva sembrare un ricco lord ma non n sovrano. Milla e Flio lo salutarono con una riverenza, eseguita involontariamente in perfetta sincronia.

“Lasciateci” disse re Alsen suoi consiglieri. La sua voce era calda e squillante.
Tutti i lord si inchinarono al suo cospetto prima di congedarsi.
Superarono Milla senza degnarla di uno sguardo e abbandonarono la sala.
“Anche voi” continuò il re, ma questa volta si rivolse a Flio.
La maga esitò. Non si aspettava un simile ordine ma fu costretta a obbedire. Milla sentì i passi della sua amica farsi sempre più lontani.
Flio infine uscì dalla sala e richiuse la porta.

Fu solo in quel momento che il re si rivolse alla strega: “ho un indovinello per voi” disse mentre riempiva una coppia di calici dorati con del vino.
Milla sorrise nel tentativo di calmarsi:  “Mio signore…” non aveva voglia di cimentarsi in qualche indovinello. Ma il re la interruppe: “questa stanza ha una particolarità che la rende unica rispetto a tutte le altre stanze del castello. Sapete dirmi di cosa si tratta?”
La strega si morse il labbro inferiore.
A lungo rimase a studiare la sala. Avrebbe voluto risolvere l’indovinello per mostrarsi acuta e intelligente. Eppure non trovò alcuna risposta.
Scosse il capo e sorrise di nuovo: “desolata, mio signore.”
Il re trovò quel sorriso esternamente dolce e seducente… anche se Milla non aveva alcuna intenzione di provocarlo.
Lui la invitò ad accomodarsi al tavolo e lei si sedette.
“In questa stanza…” continuò il re “…c’è una sola porta. Tutte le altre camere del castello hanno almeno due passaggi.”
“Tutte quante?” Chiese Milla, questa volta sinceramente interessata.
Il re annuì.
“Persino la camera da letto di sua maestà?”
Re Alsen si sedette sopra il tavolo, vicino a Milla, e rispose: “oh si. C’è un passaggio segreto proprio a pochi passi dal talamo nuziale. Non potete immaginare l’angoscia che provo quando mi trovo in intimità con mia moglie.”
Milla ridacchiò: “sua maestà vuole burlarsi di me.”
“Sono serio. Secondo voi perché sono riuscito ad avere solo un figlio? E dopo tutto questo tempo?”
Questa volta risero entrambi.

Il sovrano cambiò poi espressione: “come state, Milla?” Anche il suo tono di voce era mutato. Si era fatto più confidenziale.
La strega rispose: “sono stanca” sorrise di nuovo… e, ancora una volta, quel sorriso incantò il sovrano. Lui annuì: “posso farvi una domanda?”
“Certamente, mio signore.”
“Davvero sono stato il vostro primo cliente? Il primo a cui avete esaudito un desiderio.”
“Si, mio signore.”

All’epoca, Zeela e Valden erano morti da diversi giorni, e Milla si era data da fare per ripulire il locale. Kyleen, ancora stremata, passava le sue giornate a letto.
Alsen si accomodò nella locanda, incuriosito nel trovare un simile edificio in un luogo così sperduto. Milla gli servì il pranzo e molta birra.
Fu un quel momento che il re, stordito dal troppo bere, confessò di voler diventare il re il prima possibile. Non appena il principe finì di parlare, Milla avvertì, per la prima volta nella sua vita, la magia della locanda scorrere nel suo corpo.
Fu pervasa da tremori incontrollabili mentre fu costretta a lanciare l’incantesimo. Il principe la soccorse poiché credeva che si trattasse di un malore.
Ma il desiderio era stato espresso e Milla, a sua insaputa, lo aveva appena realizzato.>

“Voi siete stato il primo” continuò Milla.
Il re reggeva ancora la coppia di calici. Ne porse uno alla strega: “assaggiate questo vino.”
Milla si bagnò appena le labbra: “è… delizioso!”
“Un vino così pregiato non si trova in nessuna locanda.”
Lei sorrise di nuovo: “oh, no. Solo un re o un lord può permettersi un simile nettare.”
Ridacchiarono entrambi per poi sprofondare in un silenzio irreale.
Il sovrano bevve un lungo sorso dal suo calice, senza mai smettere di fissare la strega: “mia cara Milla…” disse “…vi ho chiamato per chiedervi una cosa.”
“Dite pure” rispose la ragazza, sistemandosi meglio sulla sedia.
“Voglio che bruciate la vostra locanda dei desideri.”
Milla non provò nulla. La richiesta del  re era così assurda che la strega non fu in grado di elaborarla.
Ma il re continuò:  “un anno fa entrai nella vostra locanda e desiderai di diventare il re. Quel giorno, quando tornai al castello, i medici di corte dissero che mio padre era stato colto da un male misterioso. Lo aveva ucciso in poche ore. Non si era mai visto un morbo così aggressivo e letale in tutto il regno.”
“Mio signore…” Milla esordì con un sussurro.
Ma re Alsen continuò: “Allora non feci alcuna domanda. Io avevo desiderato di essere re e lo stesso giorno mio padre morì. Non volevo sapere altro.
Non volevo neanche incolparvi di regicidio o tornare nella vostra strana locanda. Non volevo sapere se avevate volontariamente tolto la vita a mio padre o se neanche voi sapevate cosa sarebbe accaduto.
Ma ora sono padre. Ho un figlio… l’erede al trono. E mi sono chiesto: cosa accadrà se, un giorno, mio figlio entrerà nella vostra locanda dicendo di voler succedere a me?
Morirò come mio padre? La vostra magia o il volere degli Dei saranno clementi con me? O patirò delle sofferenze che mio padre non provò nel momento del trapasso?
Intendo vivere il più a lungo possibile. E la vostra locanda è divenuta un pericolo per la mia persona. Lo capite questo, Milla?”
“Io… capisco” balbettò la strega. Ansia e terrore si stavano rapidamente impossessando del suo animo. Distruggere la locanda significava uccidere Kyleen.
Poggiò il suo calice sul tavolo: “ma… mio signore. La locanda è tutta la mia vita.”
Il sovrano si aspettava una simile risposta.
Ispirò a fondo e si diresse verso una finestra. Con un cenno della mano fece cenno a Milla di raggiungerlo. Lei obbedì nonostante le sue gambe tremassero per la paura.
Oltre la finestra si poteva ammirare uno scorcio nella capitale. E ancora più in là sorgeva un incantevole boschetto.
Il re indicò proprio quella zona verdeggiante: “laggiù…” disse “…si trova un castello circondato da laghi e foreste. Il suo padrone è morto molti anni fa.
Io ordinerò di ristrutturare il castello. Lo riempirò di servitori, cavalieri e dame di corte… e lo donerò a voi.”
Milla si voltò di scatto verso di lui.
Il re la fissò negli occhi: “vi renderò una lady. Sarete servita e riverita fino alla fine dei vostri giorni. Potrete passare le estati sulle rive di meravigliosi laghi. E potrete farmi visita, in questo castello, tutte volte che lo desiderate.”
In quel momento, Milla avvertì le dita del sovrano chiudersi attorno alla sua spalla.
Si ritrasse istintivamente. Sperimentò una nuova forma di paura. Fu come sprofondare in acque buie e gelide. Lo sguardo del re si era fatto lascivo e minaccioso.
Lui avanzò e lei indietreggiò fino ad incontrare il lungo tavolo al centro della stanza.

Milla si sentiva paralizzata dalla paura.
Lei che aveva affrontato troll, barbari e assassini. Lei che aveva dormito in foreste oscure e osservato gli spiriti fluttuare fuori dalla sua locanda. Lei che più volte aveva visto da vicino la morte… ora tremava di fronte a una singola persona, per giunta disarmata.
Il re le accarezzò una ciocca di capelli.
Milla si sporse ancora di più all’indietro e dovette puntare i palmi sul tavolo per non cadere. Fu in quel momento che la sua mano toccò la fredda lama di un oggetto.
Poteva essere un coltello, un tagliacarte o un pugnale lasciato lì da qualcuno.
La voce nella sua testa le ordinava di impugnare quell’arma e di affondarla nel collo del re… lì dov’era visibile una grossa vena pulsante.
Il sovrano continuò a fissarla come un lupo famelico: “brucerete la locanda oggi stesso.”
“M-maestà…”
L’uomo si allontanò finalmente da Milla.
Lei si apprestò a chinare il capo e ad uscire rapidamente dalla stanza.


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Mentre scendeva in fretta e furia una lunga scalinata di marmo, Milla ebbe l’impulso di tornare indietro dal re per affrontarlo. Pensò a decine di modi per aggredirlo, per fargli del male. Lei sapeva che aveva il coraggio e la forza per farlo..
“Milla” una voce in fondo alle scale la fece riemergere dal mare dei suoi pensieri.
Era Flio a chiamarla: “allora, com’è andat…” ma la maga si zittì non appena notò lo sguardo sconvolto della sua compagna.
“Il re mi ha chiesto un desiderio impossibile” disse lei.
“Non aggiungere altro” concluse Flio, che aveva intuito cos’era accaduto in quella stanza. Prese immediatamente Milla per le spalle e la portò fuori dal castello.
Raggiunsero rapidamente le stalle reali.
Flio sellò i suoi cervi silvani e li assicurò al suo carro. Salì sul mezzo insieme a Milla e ripartirono alla volta della locanda dei desideri.


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La luna era alta nel cielo e le cicale riempivano la notte di acuti stridii.
Milla e Flio tornarono sulla montagna a poche ore prima dell’alba.
Diverse piante, incantate moltissimo tempo fa dalla maga, nascondevano l’edificio quando nessuno si trovava al suo interno. Ma in quel momento, quelle piante iniziarono a ritirarsi, scoprendo la locanda. Milla fu la prima ad entrare. Si diresse subito verso una stanza al primo piano e si gettò su uno dei letti.
Flio, timidamente, fece capolino in quella camera: “vuoi che resto con te?”
Milla non rispose. Non aveva voglia di parlare. Del resto era rimasta in silenzio durante tutto il viaggio di ritorno.
Flio le diede la buonanotte e scelse un’altra stanza in cui dormire.

Per diverso tempo, Milla rimase immobile con il volto premuto contro il cuscino.
Ascoltò i suoi della notte: il frinire delle cicale, il verso di un gufo reale… poi uno strano picchiettio sulla sua finestra. Le imposte erano spalancate, dato che si tratta di una calda notte, e Milla alzò pigramente lo sguardo verso l’origine di quel rumore.
Un uccellino si era posato sulla finestra. Saltellava e cinguettava.
Milla, perplessa, lo fissò per qualche secondo. Si mise poi a sedere sul letto, mentre la luce lunare rischiarava la sua stanza.
La strega socchiuse gli occhi: “A-Anders? Sei proprio tu?” Sussurrò.
L’uccellino sbatté le ali e cinguettò più forte.
Milla avvertì una fitta allo stomaco: “Oh, Anders… potrai mai perdonarmi?”
Anders rimase immobile, fissando la strega dritta negli occhi.
“Vedrai, ragazzino, in qualche modo riuscirò a farti tornare umano. E’ una promessa.”


 

fiore

   
 
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