Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: 8iside8    15/12/2020    2 recensioni
La Fata Nera è stata sconfitta e Storybrooke credeva di essere salva. Dopo poche settimane di pace, Killian Jones scompare ed Emma non si da pace.
La svolta arriva quando una nuova pista si palesa grazie a Tremotino.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Emma era a casa di sua madre, seduta sul letto. Aveva preparato tutto per stare comoda e Biancaneve la guardava con la speranza nelle iridi.  
«Andrà tutto bene, Emma. Lo troverai.» disse dolcemente.  
«Sì, ora mangio la mela stregata e partirò per trovarlo.» fissò il copriletto per qualche istante, poi si voltò verso la madre «E se non lo trovassi? Io come potrei andare avanti?» 
Biancaneve si sedette sul bordo del letto e prese le mani della figlia tra le sue.  
«Lo troverai. Ce l'hai nel sangue. Noi troviamo tutti e nessuno può impedire al Vero Amore di ritrovarsi, nemmeno la morte. Sei stata negli inferi per lui, questo non sarà diverso.» 
Emma annuì e l'abbracciò. Prese lo spillo dal comodino e si punse la punta dell'indice e lasciò cadere tre gocce rosse e brillanti sulla mela, che vibrò nel momento in cui la terza goccia si era posata sulla buccia.  
Le diede un solo piccolo morso, prima di cadere addormentata sui cuscini. Il viaggio era iniziato.  
 
--- 
 
«Emma!» gridò il Capitano Jones, svegliandosi da un sogno strano. Era in una città, strana, con palazzi colorati e vedeva una fanciulla bionda, con una giacca di pelle rossa e dei pantaloni neri aderenti, che lo chiamava per nome.  
Era madido di sudore. Tremava. Allungò la mano e prese la fiaschetta buttando giù un sorso di rum con foga. Chi diavolo era quella donna? Come sapeva che si chiamava Emma? Doveva cercarla. Era ormai da diverse notti che la sognava, sempre in quella strana città e aveva la sensazione che quei sogni avrebbero avuto spiegazione solo una volta che l'avesse trovata. Forse era una strega. Forse era una sirena. Era impazzito a dare adito a quella donna che lo chiamava per nome? Solo i suoi familiari e Milah lo avevano chiamato "Killian", per tutti gli altri era Capitan Uncino.  
Si sedette sul bordo della cuccetta e si guardò attorno. La cabina spoglia era stata luogo di divertimento con pulzelle di facile costume, come anche di tristi notti a piangere la donna che amava, la sola donna che avesse mai amato profondamente, la sua Emma. No, era Milah! Cosa gli veniva in mente? Quel sogno lo aveva scombussolato, doveva essersi sbagliato per quello.  
Aveva dovuto combattere per due giorni con la sua ciurma, perché era stato assaltato da navi di altri pirati. L'amarezza nel suo animo era ingombrante. Ogni attacco l'aveva previsto solo per sensazioni, non gli era mai capitato prima. Forse stava impazzendo. O qualcuno gli aveva fatto qualcosa. Forse era opera del coccodrillo! Ecco, doveva essere lui. Ma no! Cosa stava pensando? No, doveva trovare quella fanciulla. Era lei la chiave, aveva troppa esperienza per non capire che, se una donzella lo chiamava in sogno, doveva trovarla.  
«Capitano!» la voce di Reginald arrivava chiara e forte, dalla porta della cabina «Si sta avvicinando una piccola barca, pare che qualcuno abbia bisogno di aiuto!»
Uncino scattò in piedi e corse sul ponte della nave. La barchetta era ormai vicina al suo vascello e il capitano vide con stupore che vi giaceva una ragazza con capelli biondi, tanto chiari da risultare quasi bianchi.  
«Killian!» si voltò di scatto. Ancora quella voce che lo chiamava. Si riscosse e ordinò alla ciurma di recuperare la ragazza e portarla sulla nave.  
Aveva un lungo abito rosa. Veniva chiaramente dalla Foresta Incantata. Doveva essere una di quelle principessina viziate e deboli. Amava le donne, come ogni buon pirata, amava farle sentire adorate, ma non le donnette di corte. Quelle proprio no. La fece portare nella sua cabina e avrebbe deciso il da farsi quando avrebbe parlato con lei.  
 
--- 
 
Emma aprì gli occhi. Era in un lungo corridoio, che iniziava alle sue spalle e di cui non vedeva la fine. I muri erano quelli in pietra a vista tipica dei castelli e ai lati c'erano tante, tante porte in legno massello, tra un porta a l'altra delle fiaccole accese illuminavano fiocamente il percorso. Sentiva un tepore che contrastava con le pareti grigie.  
Non capiva che luogo fosse, ma decise di mantenere la calma e ragionare in maniera lucida.  
Si era addormentata dopo aver versato tre gocce del suo sangue sulla mela e averle dato un morso. Ricapitolò nella sua mente, mentre si guardava il dito intatto, senza il foro dell'ago.  
Stava sognando ed era in un corridoio con delle porte.  
«Le porte sono dei sogni e in uno di questi, forse, c'è Killian.» sussurrò a se stessa. Doveva mettere la voce in quelle parole, perché avrebbe reso la speranza reale e non solo un'idea. Sapeva che non stava davvero parlando, era un sogno quindi era comunque nella sua testa, ma si sentì più rassicurata. Stava facendo di più restando ferma nel letto di sua madre che in tutte le ricerche fatte fino a quel momento. Sì, aveva chiaro cosa fare. Si voltò alla sua sinistra e aprì la prima porta.  
Una luce bianchissima la investì e si coprì gli occhi col braccio, l'altra mano tesa avanti come un cieco. La luce si affievolì e trovò davanti a sè un paesaggio familiare: Storybrooke. Era illuminata di una prepotente tonalità di giallo. Non c'era nessuno per la strada e lei fece un altro passo avanti. La porta alle sue spalle si chiuse, ma rimase dov'era, all'entrata del porto. 
S'incamminò verso la città e vide in lontananza Henry. Lo chiamò e il ragazzino le corse incontro.  
«Mamma! Dov'eri? Sono scomparsi tutti!» ansimava.  
«Cos'è successo?» chiese Emma.  
«Non lo so, mi sono svegliato e mi sono trovato senza nessuno. Non c'era la mamma, la nonna, il nonno, Granny! Nessuno, mamma. Ho paura.» in effetti era parecchio agitato.  
Emma sapeva di essere in un sogno e non era certa che lo sapesse anche suo figlio. Se quello era il sogno di Henry, di sicuro non c'era Uncino, ma come poteva lasciare suo figlio nell'ansia? Quel sogno era tale, perché Henry aveva paura di perdere tutti quelli che amava.  
«Ascolta ragazzino...» iniziò Emma «Troveremo un modo per riportarli tutti qui. In genere è quello che facciamo, troviamo tutti.» gli sorrise.  
Henry annuì, rinfrancato e più tranquillo.  
Si diressero verso il centro cittadino. Nessuna traccia, solo scomparsi. Entrarono da Granny e videro il desolato vuoto che regnava. 
«Ragazzino, prova a guardare in cucina, io vado a vedere le camere.»  
Emma passò in rassegna le camere, ma avevano qualcosa di strano. Ognuna aveva le tende ben piegate sul water del bagno privato. Lo trovò bizzarro, ma di certo in un sogno non aveva senso che ci fosse logica.  
«Mamma...» la stava chiamando il figlio, incerto.  
Corse nella tavola calda e appena ebbe la visuale il sangue si raggelò nelle vene. Tutti i cattivi erano in fila davanti al bancone.  
La Regina Cattiva, la Perfida Strega, Malefica, Ursula, Crudelia, Cora, Ade, Hyde, Peter Pan.  
Henry corse accanto alla madre, che lo spinse dietro di sé.  
«Che folla...» sussurrò Emma.  
«Salvatrice, non puoi proteggerlo e sai il perché.» disse Peter Pan con un ghigno e aveva ragione. Il sogno era di Henry, quindi solo lui poteva superare le sue paure.  
«Henry, ti fidi di me?» chiese Emma al figlio.  
«Certo mamma.» rispose poco convinto.  
«Questa non è la realtà. Nella realtà loro sono quasi tutti morti e a Storybrooke stanno tutti bene.» deglutì «Siamo in un tuo sogno e loro sono le tue paure, solo tu puoi superarle e farle sparire. Tu più di tutti dovresti riuscirci, hai il cuore del Vero Credente.»  
Henry non si mosse per un minuto, poi sorrise.  
«Certo che è un sogno! Ecco perché c'è il tostapane sul soffitto della cucina! Hai ragione, mamma.» le gettò le braccia al collo e la strinse forte.  
Ursula, Malefica e Crudelia s'impallidirono fino a sparire.  
«Perché non spariscono tutti?» chiese Henry.  
Emma gli sorrideva.  
«Nessuno riesce a sconfiggere tutte le paure con la fede cieca, alcune paure svaniscono solo dopo che le ferite che le hanno generare guariscono.» 
Henry rimase in silenzio, meditabondo. I cattivi erano fermi, in silenzio anche loro.  
Il ragazzino prese il libro delle favole dalla borsa e lo aprì, ma non c'erano le favole scritte, c'era...  
«Mamma, questa è la mia storia.» sussurrò stupefatto.  
Ogni pagina raccontava e illustrava le varie fasi della vita di Henry, dalla nascita fino alla Fata Nera. 
«Lei non è qui.» notò Emma.  
«Sì,» rispose il figlio tranquillo «perché lei non mi ha mai fatto paura, sapevo che l'avresti sconfitta e sapevo che dentro di te anche tu ci credevi. Gli altri ti hanno sempre lasciato dei dubbi.» 
Emma lo strinse a sé.  
«Questo è il mio sogno.» affermò Henry «Quindi devo farcela da solo. Grazie mamma, ora devi andare.» 
«Ma tu? Come farai a sconfiggere le tue paure?» chiese lei.  
«Mamma, tu non sei qui per me, devi andare a fare quello che già stavi facendo.» le sorrideva.  
«Nessuno supera le paure da solo. Mi ci è voluta tutta la mia famiglia attorno per capirlo, ma ora lo so anche grazie a te.» obiettò Emma.  
«È un sogno, non può succedermi nulla, soprattutto perché ora so che lo è. Vai, mamma.» e le diede un bacio sullo zigomo.  
Emma si sentì strana, chiuse gli occhi un istante e, quando li riaprì era davanti alla porta di legno massello. Si guardò alle spalle e vide quella Storybrooke così luminosa e sorrise, al coraggio del figlio. Lo avrebbe portato nel cuore, come un promemoria, una spilla, per ricordarle di non arrendersi mai e che non era mai sola. Non lo era più da un pezzo.  
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: 8iside8